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20/04/2012 12:09 CEST - Rassegna

Djokovic non molla mai Neanche se è in lacrime (Martucci); Questa Italia si aggrappa alla Errani (Crivelli); Le lacrime di Djokovic in campo con il lutto (Clerici); Djokovic vince e piange per il nonno scomparso (Palizzotto);

20 aprile 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 20.4.2012

Djokovic non molla mai Neanche se è in lacrime

È uno di quei giorni in cui devi essere forte, ma forte davvero. Un giorno grigio, in cielo, con la pioggia che va e viene, e anche nel vicinissimo mare che s'incupisce accanto al Country Club. Un giorno nerissimo, dentro il fortissimo numero 1 del mondo, Novak Djokovic. Che, alle 11, mentre s'allena per l'ennesima partita — gli ottavi contro Dolgopolov —, risponde al cellulare col sorriso e, all'improvviso, si blocca in mezzo al campo, sconvolto, si accascia in terra, si rialza coprendosi il volto con l'avambraccio e se ne va sotto coperta, piangendo, accompagnato dall'amico e manager, Dodo Artaldi. L'amatissimo nonno Vladimir, il papà di papà, è morto. E per il serbo, così religioso e attaccato ai valori della famiglia, è una mazzata più forte che per un qualsiasi altro ragazzo di 24 anni. Di più: nonno ospitava lui e la sua famiglia nella cantina di casa durante i bombardamenti della Nato di Belgrado del 1999. «Ci alzavamo ogni notte più o meno alle 2-3 del mattino, e per due-tre mesi, ma quando ricordo quei momenti cerco sempre di farlo in positivo... Non dovevamo andare a scuola e giocavamo di più a tennis», ha raccontato a «60 Minuti», rivelando, col ricordo dei suoi 12 anni, il segreto del guerriero che è oggi. «La guerra ci ha reso più forti, più affamati di successo».

Istinto Un altro farebbe armi e bagagli, e saluterebbe l'allegra compagnia, con la comprensione di tutti. Come fai a giocare a tennis dopo una notizia così? Tutto scompare davanti alla morte. Eppoi una persona così importante. Un altro, non Nole, non il numero 1 della forza e della perseveranza, non a Montecarlo, dove risiede e dove ha già rinunciato l'anno scorso. Il re decide subito che giocherà, comunque, il suo ottavo di finale. Indossa la solita armatura, abbraccia l'amica racchetta, non sorride, sembra un automa, rimugina, ha lo sguardo vacuo come il serbatoio della concentrazione, tira forte, e basta, negli spazi più vuoti che intravede di là del net dove corre lo scoiattolo Dolgopolov. Non partecipa, è lì e non è lì, come il pubblico capta benissimo. Il primo set gli va via in nemmeno mezz'ora con 6 vincenti e 17 errori gratuiti, una pagella irreale come il 2-6 di «mister continuità». La rabbia pura lo riporta 3-0, «Dolgo» il folle gli dà una mano col solito, assurdo, tira e molla di colpi unici ed errori inspiegabili. Poi sul 6-1 Serbia, 1-1, la pioggia abbassa il sipario per la quarta volta.

Sprint La disciplina è una gran bella abitudine, ma vive solo se ha continue conferme. Djokovic l'ha allevata quando si rifugiava, sotto le bombe, nella cantina del nonno, e l'ha allenata mentre raccattava i resti dei padroni, Federer e Nadal. Così, nell'oretta sottocoperta, si estranea, si concentra sulla routine: corde, manico, scarpe, maglietta, pantaloncini, palline, e ancora, e ancora. È l'unico sistema per non accartocciarsi su se stesso, sotto la coperta di Linus, soffocato dai ricordi. Perciò, al rientro in campo, quando il match è equilibrato, «Dolgo» si esalta con i suoi mulinelli illeggibili al servizio, con accelerazioni e smorzate, cambi di ritmo e tutto il repertorio che manda in sollucchero i comuni mortale, mentre Nole è freddissimo, cinico, concreto, implacabile nel rispondere, sempre, nel giocare lungo e profondo a cercare le righe, sempre, nel giocare punto dietro punto, sempre. Il 4-4 a zero è ineluttabile, il break del 5-4 con tre errori dell'ucraino dal braccio d'oro è consequenziale, il 6-4, decisivo, con due ace e tanto servizio, è ovvio. Poi, finalmente libero, re Nole alza le braccia il cielo, grato per qualcuno Lassù che l'ha aiutato a onorare nonno Vladimir. Si copre il viso e le lacrime, vaga ancora un po' intorno alla panchina, scarabocchia sulla telecamera solo una mezza sigla, a fotografare il mezzo Djokovic che abbiamo visto. Nadal si complimenta: «E stato fortissimo di testa». Ma lui dribbla i media, «esausto fisicamente, mentalmente ed emotivamente». Chiede: «Capitemi». Capiamo.

Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport del 20.04.2012

Questa Italia si aggrappa alla Errani

Lei era il sole al centro del nostro tennis in rosa. Dal 2003, la Schiavone ha sempre giocato da titolare in Fed Cup, tranne che in due occasioni, contro la Cina nel 2007 e contro la Russia l'anno scorso. Ma perché non c'era. Al suo talento, alla sua abilità di trasformare le gare a squadre in una disfida quasi sempre vincente di nervi e ruggiti ci siamo spesso affidati e a volte aggrappati, ottenendone tre memorabili trionfi. Ora l'orbita si è rovesciata: è Francesca a chiedere alla trasferta di Ostrava, in casa delle campionesse uscenti e della Kvitova regina di Wimbledon, la scossa per raddrizzare una stagione balorda.

Cambiamenti Per la leonessa ferita, di certo, è un momento delicato: dopo il successo sulla Bondarenko a inizio febbraio nel primo turno contro l'Ucraina, ha perso cinque partite vincendone una. Soprattutto, ha ceduto senza quasi lottare ad avversarie che le stavano dietro in classifica. Quasi una nemesi, che lei spiega così: «Alla fine dell'anno scorso ho cambiato staff e modo di allenarmi, evidentemente non mi sono ancora adeguata. Questo è un periodo "down", sicuramente, e quando non vinci non puoi essere soddisfatta. L'obiettivo — prosegue — adesso è soltanto quello di provare a giocare meglio». Una grande rivale, una grande arena, il pubblico che ti ulula nelle orecchie finendo per accendere l'orgoglio della campionessa: dunque ci sono le condizioni perché Fra' ritrovi lo spirito guerriero. E' una speranza: «Tutte le partite — ammette — sono buone per recuperare la forma, certo affrontare la Kvitova che è numero 3 del mondo aiuta, perché le motivazioni vanno a mille e l'adrenalina pompa nelle vene. Anche se non sono sicura di essere scelta per giocare».

Confessione Con la Errani titolare inamovibile, capitan Barazzutti nelle due giornate può muovere le altre tre pedine a seconda della superficie (molto veloce), del risultato in divenire, della condizione e convinzione di ognuna. Ma, anche se non svela ancora chi giocherà domani («Però le ragazze lo sanno già»), la parabola sulla Fed Cup che sciorina in conferenza stampa è una mezza confessione a favore della Schiavone: «Questa, e lo dico anche a costo di ripetermi per la millesima volta, è una competizione particolare in cui le motivazioni vengono fuori perché non giochi solo per te stessa, ma per la squadra. Quindi, la classifica o il momento contano poco. E comunque è bello poter avere diverse carte a disposizione». Insomma, il gruppo va oltre la somma delle individualità, la peculiarità che ha fatto grande l'Italia di questa generazione: «Il tabellone—dice Barazzutti indicando il cartello appeso alla porta della sala conferenze — non mente: siamo primi nel ranking, questo significa che siamo una squadra solida, forte, affiatata, in cui ciascuna è in grado di portare il contributo decisivo». E' quasi un urlo di battaglia: e perfino i missili della Kvitova, che si allena qualche passo più in là, sembrano meno invadenti.

Le lacrime di Djokovic in campo con il lutto

Gianni Clerici, La Repubblica del 20.4.2012

Ho tirato, una volta, la mia Olivetti Lettera 22, in faccia al giornalista americano che aveva data la notizia della positività di Arthur Ashe. Devo essere davvero invecchiato perché non ho reso lo stesso servizio, con il computer, a un altro presunto collega che insisteva perché Nole Djokovic si presentasse alla conferenza stampa, dopo aver battuto Dolgopolov. Questa mattina, mentre si allenava, Nole aveva avuto la notizia della morte dell'amatissimo nonno Vladimir. In una parentesi tra il pianto e l'intenzione di ritirarsi, si era lasciato convincere a scendere in campo. Il match che ne era seguito era oscillato tra i sentimenti che ci prendono alla morte di un congiunto: la disperazione, il desiderio di annullarci, oppure la sollecitata voglia di vivere. Alla fine, sorta di imitazione afflitta di se stesso, Nole aveva assistito alla perdita del primo set, poi forse grazie agli automatismi, aveva preso a giocare, aveva vinto il secondo, e iniziato il terzo mentre uno dei cinque acquazzoni della giornata sommergeva il campo. Alla ripresa, sul 2-1 per un ottimo Dolgopolov, avevamo alfine assistito a un match di tennis, e non a uno psicodramma. Quel talento creativo dell'ucraino era arrivato sino al 4-3, ma poi, con 13 punti a 4, il n.1 aveva chiusa la partita. Provo disagio nello scrivere di più, e passo a un'altra storia. Nonostante il più vecchio controllore del Montecarlo Country Club affermi di ricordare il match del facile successo dei fratelli Doherty, Reggie e Laurie, otto voIte vincitori di Wimbledon tra il 1897 e il 1906, contro tali gemelli Dupont di Nizza, resto molto in dubbio circa le prossime affermazioni di molti giovani colleghi, che ritengono di aver assistito a qualcosa di simile a un record. Giocavano, infatti, su un campetto ricoperto da teloni antipioggia, quattro giovanotti travestiti da ciclisti, la cui peculiarità era di essere fratelli. Ma non solo fratelli, fenomeno verificatosi più volte, bensì addirittura fratelli gemelli, come nel caso dei Bryan, i più affermati specialisti contemporanei. Bryan's contro Murray's, dunque, Bob e Mike, mancino il primo, destro il secondo, contro Andy e Jamie Murray, destro il n.4, sinistro il numero, al suo meglio, 834. Ho scritto sinistro, anche per sottolineare le sue qualità negative, determinanti nella sconfitta dei due inglesi, seppur avvantaggiati dall'assenza della mamma Judy, e dalla presenza del padre adottivo e stipendiato, quell'Ivan Lendl che tuttavia, nel doppio, non ha mai brillato. Infatti, seppure in un match equilibrato, Jamie si è mostrato negativamente determinante, incappando in doppi errori di un servizio con lancio di palla stratosferico, alla Steffi Graf, nei games decisivi. La drammatica giornata si è conclusa con la frattura, più comune nel calcio, del braccio destro del francese Benneteau. E ora aspettiamo il bel tempo.

Daniele Palizzotto, Il Tempo del 20.4.2012

Djokovic vince e piange per il nonno scomparso

Braccia al cielo, nessuna esultanza ma solo tante, irrefrenabili lacrime. Così Nole Djokovic ha salutato nonno Vladimir, «il mio eroe e il mio guerriero, la persona che fin da bambino mi ha trasmesso energia positiva e mi ha insegnato a non mollare mai». Per questo, probabilmente, il numero uno mondiale ha deciso di scendere in campo per sfidare l'ucraino Dolgopolov negli ottavi di finale del Masters 1000 di Montecarlo, nonostante poche ore prima avesse ricevuto la brutta notizia della morte del nonno.
Quando un uomo del suo staff gli ha mostrato il telefonino durante l'allenamento mattutino, Djokovic è scoppiato in lacrime e ha abbandonato il campo numero 10 del club monegasco tra l'incredulità dei tifosi, ignari dell'accaduto. Nel pomeriggio, quando la notizia era ormai ufficiale, Nole ha raccolto le forze e si è presentato regolarmente sul Centrale. Per un set il numero uno sembrava assente, incapace di lottare, naturalmente distratto dalla terribile notizia ricevuta.
Poi, però, la partita è cambiata. L'altalenante Dolgopolov si è distratto e Djokovic ne ha approfittato, finché nel terzo set la pioggia ha interrotto l'incontro. Al rientro in campo, il serbo ha ritrovato concentrazione e soprattutto determinazione, chiudendo 2-6 6-1 6-4 e alzando le braccia verso il cielo, in lacrime. Oggi Nole tornerà in campo per i quarti contro l'olandese Haase (6-2 6-3 al brasiliano Bellucci).
Prosegue intanto senza problemi la marcia del numero due Rafa Nadal, vincitore delle ultime sette edizioni del torneo monegasco: lo spagnolo ha superato con un doppio 6-1 il qualificato Kukushkin e nei quarti sfiderà Wawrinka (6-3 6-3 ad Almagro). Fortunato Murray, favorito dal ritiro di Benneteau nelle fasi conclusive del primo set: lo scozzese inaugurerà oggi il programma (diretta Sky Sport 2 dalle 10.30) contro Berdych (2-6 6-2 6-4 a Nishikori). L'ultima sfida dei quarti sarà invece il derby francese tra Tsonga e Simon.

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