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25/04/2012 10:05 CEST - Personaggi

I migliori anni della nostra vita... e poi?

TENNIS - Arrivare in cima è più facile che restarci. I grandi campioni e l'anno successivo alla loro migliore stagione. Laver dopo il Grande Slam del 1969, McEnroe nel 1985, Federer dopo il 2006, il 2011 di Nadal. Alessandro Mastroluca

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LAVER, 1969-70
Se si parla di grandi stagioni, di stagioni importanti, non si può non partire dal 1969 di Rod Laver. Una stagione chiusa con 106 vittorie e 16 sconfitte, con 18 trofei conquistati su 32 giocati, ma soprattutto una stagione che lo proietta nella storia come l’ultimo giocatore capace di realizzare il Grande Slam.

Durante i major viene portato cinque volte al quinto set, e in due deve rimontare uno svantaggio di due set, peraltro contro avversari non impossibili (Crealy al secondo turno del Roland Garros e Lall a Wimbledon, sempre allo stesso punto del torneo). Batte Roche in una semifinale epica, da 90 game, in Australia e in finale a Forest Hills su un’erba fradicia di pioggia. Piega Rosewall a Parigi e Newcombe a Wimbledon.

Il 1970 inizia male. Debutta il 23 gennaio al Madison Square Garden ma, pur in vantaggio 2 set a 1, perde al quinto da Pancho Gonzales in una sfida che dà al vincitore 10 mila dollari e niente allo sconfitto. Con la benedizione della moglie Mary non vola in Australia per difendere il titolo. Entra nel Wct, nato nel 1967 grazie a Dave Dixon e Lamar Hunt che ha assorbito la National Tennis League dove giocava Laver. Jack Kramer, che ha creato un circuito parallelo patrocinato dalla Federazione internazionale, ha imposto il divieto per gli iscritti al WCT di partecipare al Roland Garros. Il primo Slam del 1970 di Laver sarà dunque Wimbledon. Ma in ottavi cede 46 64 62 61 al mancino britannico Roger Taylor, con tanto di doppio fallo sul match point, e interrompe un’imbattibilità che durava ai Championships dal 1961. Perderà in ottavi anche a Forest Hills, da Denis Ralston. Vincerà comunque 15 tornei compreso il “Tennis Champions Classic” , ma sarà indicato come il quarto miglior giocatore nelle classifiche di fine stagione dietro Newcombe, Rosewall e Roche.

CONNORS, 1974-75
Forse Jimmy Connors anziché il tennista avrebbe dovuto fare il pugile” scrive Rino Tommasi nella sua Storia del Tennis. In una carriera che lo mantiene sul campo fino a oltre 40 anni, il picco arriva nel 1974. Vince tre Slam su quattro (Australian Open, Wimbledon e US Open) e, come già successo per Laver, non gioca Parigi solo perché iscritto al WCT. Agli Us Open, in finale, lascia due game a Ken Rosewall: finisce 6-1 6-0 6-1 nel title-match più squilibrato nella storia del torneo. Perde 4 partite su 97: è la seconda miglior percentuale di vittorie stagionali dopo quella di McEnroe nel 1984.

Nei grandi appuntamenti, l’anno successivo va peggio, ma non così peggio. Arriva comunque in finale negli stessi tre Slam. Con la differenza, però, che queste le perde tutte. Simbolica la sfida di Wimbledon contro Arthur Ashe, presidente della neonata Atp e primo campione di colore ai Championships.

BORG, 1979-80
Difficile individuare la stagione migliore per Borg, ma dovendone trovare una diremmo il 1979. Chiude con la miglior percentuale di vittorie della sua carriera, 93,3% (84 vittorie e 6 sconfitte), anche se in altri tre anni salirà oltre il 90%. Completa la seconda accoppiata consecutiva Roland Garros-Wimbledon (quarto titolo assoluto in entrambi gli Slam), batte la sua antica nemesi Connors sei volte su sei e per la prima volta finisce la stagione in vetta alla classifica. La sua unica sconfitta degna di nota arriva contro agli Us Open contro Roscoe Tanner, che riscatta la sconfitta in finale a Wimbledon, in un match giocato sotto le luci artificiali che Borg ha sempre detestato.

Al Masters, che però si gioca a gennaio del 1980, in semifinale rimonta un set a McEnroe e chiude 67 63 76. Nel tiebreak decisivo Superbrat inizia con un ace ma poi prosegue con tre errori e si vede tornare quattro passanti superlativi dello svedese. Scontato l’esito della finale con Gerulaitis. Borg ha finalmente vinto un torneo a New York.

Raggiunto il punto più alto, Borg semplicemente ci rimane un altro po’. Nel 1980 vince il quinto titolo al Roland Garros in finale su Gerulaitis e senza perdere un set in tutto il torneo. Per la terza volta di fila, dopo Parigi trionfa a Londra in una delle finali più belle di sempre, contro McEnroe. Perso il tiebreak del quarto set 18-16, dopo aver visto svanire cinque set point e averne salvati sei, si ritrova sotto 15-40 nel primo game del quinto. Ma infila un parziale di 19 punti di fila per chiudere 16 75 63 67 86, con un passante incrociato di rovescio all’ottavo match point. E’ l’ultima volta che Borg batte McEnroe in un torneo dello Slam.

Il 24 luglio sposa Mariana Simionescu e si riserva altri due successi sul suo grande rivale. In finale a Stoccolma e nel round robin del Masters (vince 64 67 76 davanti a oltre 19 mila spettatori), prima di conquistare il secondo titolo consecutivo lasciando otto giochi in finale a Lendl.

MCENROE, 1984-85
Scrivi “McEnroe 1984” e leggi “la miglior stagione di sempre”. Con un po’ più di ordine nella vita e una nuova racchetta in grafite, John perde solo tre partite. La prima, la più dolorosa di tutte, dopo 42 vittorie consecutive, contro Lendl in finale al Roland Garros dopo essere stato in vantaggio di due set e di un break nel quarto. Le altre arriveranno contro Amritraji in quello che si chiamava ATP Championships (e che ora è il Masters Series di Cincinnati) e contro Sunstrom in finale di Coppa Davis.

A Wimbledon sfodera quella che molti considerano la prestazione più vicina alla perfezione che si sia mai vista su un campo di tennis. Domina Connors 61 61 62 con appena due errori gratuiti. Ma non basta. A fine partita dirà: “Penso, spero di poter giocare ancora meglio”. È un tratto che ha ereditato dalla madre, Kay. Quando suo marito (il padre di McEnroe) le disse di essere il secondo della sua classe alla Fordham Law School, lei commentò: “Se avessi studiato di più saresti arrivato primo”. McEnroe chiude la stagione con una delle sue proteste più note, quell’”Answer the question, jerk!” urlato durante il torneo di Stoccolma.

Confermarsi a quei livelli è praticamente impossibile. Nel 1985 gioca 10 finali vincendo 8 tornei ma nessun titolo dello Slam. Esce umiliato nei quarti degli Australian Open da Slobodan Zivojinovic, gigante serbo e attuale presidente della federazione, 2-6 6-3 1-6 6-4 6-0. Nel quinto set, in cui ha raccolto undici punti, ha urlato all’avversario: "Me la pagherai per questo, vedrai". Alla fine dell'incontro McEnroe esce senza stringergli la mano. Esce per mano di Wilander a Parigi e di Kevin Curren a Wimbledon. A New York gioca la sua ultima finale Slam, ma non raccoglie nemmeno un set contro Lendl.

WILANDER 1988-89
Mats Wilander non aveva mai avuto una stagione così. E mai ne avrebbe vissuta un’altra simile. Inizia il 1988 con il titolo agli Australian Open, nell’attuale location al Melbourne Park. Supera Edberg in semifinale e in finale batte Cash 8-6 al quinto. Sotto 4-5 nel set decisivo, per due volte fa qualcosa di decisamente inusuale per lui, serve and volley, e per due volte fa punto. “Prima non avrei potuto farlo” dirà. “Ai miei vecchi coach non sarebbe piaciuto. Mi dicevano sempre: se sei sotto, gioca come sai fare meglio”. Rivince il Roland Garros, dopo i trionfi nel 1982 (a 17 anni) e 1985. In finale sfida Leconte, che alla vigilia svela il suo piano: attaccherò sempre sulla seconda di Wilander. Le ultime parole famose: Wilander serve 71 prime su 73 e chiude 75 62 61. Inizia una nuova routine di preparazione, corre e solleva pesi con Matt Doyle, un laureato a Yale che gioca con la nazionale irlandese di Davis. E a Flushing Meadows interrompe il regno del campione che ha portato il tennis nell’era moderna sul piano dell’allenamento, Ivan Lendl, che non batteva dalla finale del Roland Garros 1985. Per la prima volta in carriera finisce l’anno da numero 1 del mondo.

Raggiunto l’apice, presto le motivazioni calano e i risultati peggiorano. La discesa inizia con la finale di Davis a Goteborg, persa contro la Germania, e dalla sconfitta contro Steeb. Non vince nemmeno un torneo in tutto il 1989. Negli Slam perde da Krishnan al secondo turno degli Australian Open, da Chesnokov nei quarti a Parigi, da McEnroe nei quarti a Wimbledon, da Sampras al secondo turno degli US Open.

Potrebbe riscattarsi nella finale di Davis, che come l’anno prima la Svezia gioca contro la Germania. Nel primo singolare ritrova Steeb, e stavolta vince in rimonta 57 76 67 62 63 dopo 4 ore e mezza. Ma perde il singolare decisivo, il primo della domenica, contro Becker che lo umilia 62 60 62. “E’ il più bel match della mia vita” dice Becker. “E’ la più bella partita che qualcuno abbia mai giocato contro di me” commenta Wilander, che non un 6-0 in Davis dal suo match d’esordio contro Paul McNamee nel 1981.

FEDERER, 2006-2007
Per Federer vale il discorso fatto per Borg. Dopo la sua migliore stagione, il 2006, ne gioca un’altra che è pur sempre tra le migliori della storia. Tra il 2004 e il 2005 aveva vinto cinque Slam e perso 10 partite su 165. Nel 2006 chiude con un record di 92 vittorie e 5 sconfitte, la quarta miglior percentuale di vittorie di sempre. Completa tre quarti di Slam, fermato solo da Nadal in quattro set al Roland Garros. Vince Wimbledon per la quarta volta di fila, sempre in finale con Rafa, portando a 48 il record di imbattibilità sull’erba, dalla sconfitta con Ancic al primo turno dei Championships del 2002. Gioca 17 tornei in stagione: in 16 arriva in finale, 12 li vince. Chiude piegando Nadal al Masters di Shanghai.

Che succede nel 2007? Vince il suo terzo Australian Open e il suo quinto Wimbledon, eguagliando il record di Borg, in un’epica finale con Nadal, chiusa 7-6 4-6 7-6 2-6 6-2 salvando quattro palle break in avvio di quinto set. Diventa il primo nell’era Open a vincere quattro volte di fila gli Us Open: in finale piega 76 76 64 Novak Djokovic. Trionfa al Masters, in finale su Ferrer dopo la vittoria in semifinale su Nadal. Chiude con 68 vittorie e 9 sconfitte, due contro uno straordinario Nalbandian a Madrid e Parigi Bercy. Pesa quella, di nuovo in quattro set, di nuovo contro Rafa in finale a Parigi.

NADAL 2010, 2011
La storia lascia il posto alla cronaca. Nel 2010, dopo la sconfitta ai quarti a Melbourne, Rafa diventa il primo tennista capace di vincere tre Masters 1000 di fila (Montecarlo, Roma e Madrid), trionfa a Parigi senza perdere un set, conquista il suo secondo Wimbledon e firma il capolavoro agli Us Open, dove in sette partecipazioni era al massimo arrivato in semifinale. L’ottava è quella giusta. Con il successo su Djokovic diventa il terzo giocatore più giovane a completare il career Slam, il primo dopo Laver a vincere tre major di fila, il primo a riuscirci su tre superfici diverse.

Il 2011 è l’anno dei dubbi, della passione da ritrovare, delle sette finali perse con Novak Djokovic. Nole sì, alla miglior stagione della sua carriera e atteso alla conferma dopo aver vinto la finale più lunga di sempre in un major e perso quella di Montecarlo. Una finale senza storia, troppo condizionata dalla morte del nonno di Nole, che non cambia nulla nella rivalità e non aggiunge o toglie nulla al giudizio che verrà sul 2012 del serbo.

Alessandro Mastroluca

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