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03/05/2012 18:24 CEST - Rassegna nazionale

Ora tagliamo la casta del Coni

TENNIS - Questo il titolo di un articolo dell'Espresso, a firma di Gianfrancesco Turano, sui rapporti tra Coni e federazioni sportive. E su rimborsi e consulenze utili a riempire le tasche di politici di secondo piano.

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Gianfrancesco Turano, L'Espresso

Mancano un centinaio di giorni all'Olimpiade di Londra, eppur bisogna tagliare. La circolare 134 spedita urbi et orbi dal segretario generale del Coni, Raffaele Pagnozzi, parla chiaro. Le riduzioni di costi varate nel 2008 e rubricate alla voce "rimborsi Stato per riduzioni spese" non bastano più. Nel 2011 il comitato olimpico ha faticato parecchio a fare quadrare i conti, senza riuscirci. Il presidente Gianni Petrucci, giunto alla fine di un lungo regno sullo sport italiano e pronto a diventare primo cittadino di San Felice Circeo, ridente località di villeggiatura nel basso Lazio, ha presentato ricavi per 462 milioni di cui 448 in contributi statali con un risultato negativo di 18 milioni di euro. Le previsioni per il 2012 sono in linea con l'austerità del governo tecnico: i trasferimenti dello Stato allo sport nazionale scenderanno a 409 milioni di euro e il risultato sarà - si spera - positivo per 3,5 milioni di euro.

Il miracolo del profitto con meno entrate sta appunto nella circolare 134. Un miracolo concentrato in poche righe e in un paio di raccomandazioni. La prima è che i presidenti delle 45 federazioni sportive affiliate dovranno accontentarsi di un gettone giornaliero lordo massimo di 130 euro e per non più di 240 giorni all'anno. In totale, 31.200 euro. E' una somma ben lontana dalla diaria di 400 euro quotidiani percepita, per esempio, dal presidente della Fip (basket) Dino Meneghin e pari a un massimo di 146 mila euro complessivi all'anno.

Del resto, i contributi allo sport sono gestiti come i contributi alla politica. In teoria, i bilanci dovrebbero essere pubblici e trasparenti. In pratica, spesso non sono né l'uno né l'altro. Né c'è da stupirsi. In Italia sport e politica sono sempre andati a braccetto. Ai tempi della prima Repubblica, Giulio Onesti ha tenuto il timone del comitato olimpico per oltre 30 anni grazie alla benedizione di un altro Giulio, di cognome Andreotti. Lo stesso Petrucci ha fatto carriera sotto la protezione del sette volte premier democristiano. A sua volta, Petrucci ambisce a lasciare il testimone al suo braccio destro, il firmatario della circolare 134 Pagnozzi, detto Lello, una vita trascorsa nei corridoi del palazzo sul Tevere progettato da Enrico Del Debbio ai tempi del Duce.

Anche oggi gli uomini alla guida delle federazioni sportive hanno bisogno di patronage politici, tanto che a volte i politici si occupano direttamente della questione. Per limitarsi a pochi esempi, quando la Fisi (sport invernali) è finita nella tempesta, il suo presidente Giovanni Morzenti si è dimesso dopo un braccio di ferro con l'allora ministro degli Esteri Franco Frattini e una condanna in primo grado per concussione. Alla fine, la Fisi è stata commissariata e affidata per quasi un anno al Gran Ciambellano dello sport nazionale Franco Carraro, in passato presidente della Federazione sci nautico e della Federcalcio ai tempi di Calciopoli, membro del Cio (comitato olimpico internazionale) e sindaco di Roma ai tempi della Triade Craxi-Andreotti-Forlani.

Paolo Barelli della Federnuoto è alla terza legislatura come senatore del Pdl. Stessa casacca, ma alla Camera, per Sabatino Aracu (pattinaggio e hockey a rotelle), coinvolto nell'inchiesta sulla Sanitopoli abruzzese e sotto accusa per la gestione di spese e rimborsi della sua federazione.

Proprio spese, rimborsi, consulenze dubbie del Coni e delle federazioni sono attualmente al vaglio della sezione della Corte dei conti che ha il compito di vigilare sugli enti pubblici. Nella lista è inclusa Coni servizi, società per azioni creata nel 2002 in pieno tsunami berlusconiano, quando andavano di moda le spa a controllo pubblico che disponevano di libertà d'azione e discrezionalità maggiori. Coni servizi doveva risolvere la crisi finanziaria del Coni dopo il crollo dei ricavi da Totocalcio. Il risultato è che la spa, partita con oltre 2.600 dipendenti nel 2003 ha dovuto girare buona parte dei suoi lavoratori alla casa madre e alle federazioni per ridurre i costi del personale da 104 a 54 milioni di euro nel 2010. Così è stato evitato il tracollo e, grazie allo scarico di costi sulle federazioni, Coni servizi ha potuto chiudere i conti in attivo nel 2010 per 5 milioni di euro. Il profitto sarebbe stato più alto senza gli oltre 5 milioni spesi dalla spa per perizie, consulenze e prestazioni professionali non meglio identificate. Pesano inoltre i 10 milioni messi nel calderone "altri costi per servizi". Non poco per una società che i servizi dovrebbe essenzialmente venderli e che, al di fuori dei trasferimenti di fondi dal Coni e delle concessioni per impianti sportivi, dai servizi ricava appena 4 milioni di euro contro i 10 spesi. Anche per il 2012 il Coni sosterrà la sua spa con contributi per 138 milioni di euro in crescita rispetto ai 134 versati nel 2011.

Se una società per azioni come Coni servizi riesce a essere vaga con le poste di bilancio, figurarsi le federazioni. Anche qui, in teoria i bilanci sono pubblici e dovrebbero essere consultabili dal cittadino contribuente, magari on line visto che tra i costi delle federazioni ci sono anche i siti. Di fatto, l'inchiesta de "l'Espresso" ha suscitato un campionario di risposte alquanto varie, a volte bizzarre. Anche in alcuni sport molto seguiti, come la pallavolo, la disponibilità a mostrare i conti è scarsa e la completezza dell'informazione è impossibile.

L'elenco delle spese pubblicato nelle tabelle isola alcune voci che sono apparse significative, a cominciare dai costi del personale e degli organi federali, quelli messi nel mirino dalla circolare 134 ispirata alle norme del decreto "mille proroghe" di fine febbraio. Il tentativo di contenere stipendi e collaborazioni è riuscito poche volte (sport invernali, scherma) con aumenti consistenti per pallacanestro e ciclismo. Il taglio ai compensi degli organi federali è realizzato con decisione dalla Figc di Giancarlo Abete, di gran lunga la federazione più ricca e, in proporzione, una delle meno dipendenti dai trasferimenti del Coni (82,5 milioni di euro su 176 di ricavi complessivi). A dispetto dei problemi giudiziari, anche Aracu ha seguito la stessa politica, mentre aumentano i gettoni di presenza per la federnuoto del collega di partito Barelli. Renato Di Rocco del Federciclismo è intervenuto drasticamente sulle spese di comunicazione, più che dimezzate rispetto al 2009.

Un capitolo che ha visto tagli generali è quello delle spese per i controlli antidoping. La maggior parte delle federazioni investe poche migliaia di euro di budget nel contrasto alle pratiche farmaceutiche illecite. Sono numeri che, ovviamente, vanno sommati ai controlli degli enti sovranazionali specializzati come la Wada. Ma sorprende che nel tiro a volo (Fitav) si spenda poco meno di quanto è a bilancio della scherma e quasi il triplo dei 2.500 euro della ginnastica che investe oltre 14 mila euro in coppe e medaglie.

Di gran lunga in testa all'elenco dei test antidoping è la Federcalcio che, però, ha dimezzato l'investimento in modo drastico da 2,5 a 1,3 milioni di euro. La Fidal (atletica leggera) è scesa da 174 a 107 mila euro. Altre federazioni, come nuoto e pesistica, nemmeno evidenziano i costi dell'antidoping nelle scritture contabili a disposizione del pubblico.

L'unica eccezione a questa tendenza è il ciclismo che passa per una delle discipline più colpite dal doping ma, secondo i tecnici e gli appassionati delle due ruote, è soltanto uno degli sport più controllati. La Fci di Di Rocco ha aumentato le spese per il contrasto ai medicinali proibiti fino a circa 200 mila euro all'anno. In ogni caso, una goccia nel mare.
 

E i bilanci restano misteriosi, Giulia Parravicini, L'Espresso

Il bilancio di un ente pubblico dovrebbe essere consultabile da ogni cittadino. Ma su 45 federazioni sportive affiliate al Coni non sono molte a metterlo a disposizione dei contribuenti sul sito federale, come è previsto dagli statuti. Alcune si rifiutano di farlo consultare. Il pretesto più in voga è il mancato rinnovo dello statuto. Il vecchio ordinamento, infatti, non prevedeva l'obbligo di pubblicare il bilancio. Così niente conti dalla Federazione italiana judo lotta karate e arti marziali, dalla Federpesistica e dalla Federazione di pugilato. La boxe, secondo il segretario generale, oltre allo statuto non ha approvato nemmeno il bilancio del 2010. La Fir (rugby) non invia documenti per un "vuoto normativo".

Ma se proprio si vuole, una soluzione ci sarebbe: farsi accompagnare da un presidente di società o da un parente tesserato. La contabilità, insomma, è un'esclusiva degli iscritti. Sia la Federazione Hockey (Fih) sia la Ferdervolley (Fipav) confermano che "il bilancio federale può essere consultato, ovviamente dietro formale richiesta, solo dagli associati". Altre federazioni collaborano, apparentemente. La Federbocce dopo numerose sollecitazioni acconsente a inviare il bilancio, ma solo la parte riepilogativa: "Indicazioni dell'amministrazione". Simile risposta, in toni più aggressivi, arriva dalla Federpesistica. Non manca chi corre ai ripari.

La Federazione Hockey e Pattinaggio (Fihp) del deputato Pdl Sabatino Aracu comunica di aver "provveduto ad inserire il bilancio consuntivo 2010 sul sito federale" dopo le telefonate ricevute da "l'Espresso". Mentre l'Aero Club d'Italia spiega di aver cambiato sito un anno fa. "Bisogna avere ancora un po' di pazienza", dice la segreteria prima di staccare il telefono.

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