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10/05/2012 16:55 CEST - Personaggi

Groth: Ho servito
a 263 kmh

TENNIS - Sam Groth, ex marito di Jarmila Gajdosova, annuncia su Twitter che avrebbe battuto il record del servizio più veloce di sempre. Ma l'ha fatto in un Challenger e quasi certamente non sarà omologato. Ma come funzionano i sensori? Alessandro Mastroluca

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Sam Groth (Getty Images AsiaPac Mark Dadswell)
Sam Groth (Getty Images AsiaPac Mark Dadswell)

Ho servito a 263 km/h al Challenger di Busan”. Parola di Sam Groth. Peccato che oltre alla parola ci sia poco altro. Groth ha fatto parlare di sé più per il burrascoso divorzio con Jarmila Gajdosova. Lei è stata accusata di averlo sposato solo per avere la cittadinanza, lei ha scritto su Twitter: “L’ho amato, gli ho dato tutto, lui si è preso quello che voleva e se n’è andato”. Pochi giorni dopo il divorzio è stata protagonista di un match commovente, vinto al Roland Garros contro Virginie Razzano che aveva appena perso il compagno e coach Stephane Vidal dopo una lotta contro il cancro durata nove anni e una storia d’amore iniziata due anni prima.

In caso di omologazione, sarebbe il servizio più veloce di sempre, anche più della prima a 262 km/h che avrebbe servito Bill Tilden in una competizione non ufficiale del 1931. Una velocità non irrealistica: consideando la lunghezza media del campo e il peso di una racchetta di legno, è compatibile con un movimento di servizio intorno ai 27 centesimi di secondo, 4-6 in più di quelli necessari oggi ai migliori “bombardieri” del circuito. All’epoca, però, la misurazione avveniva manualmente, attraverso l’uso di cronografi o macchine fotografiche ad altissima risoluzione (84 frame al secondo).

Nemmeno i 246 km/h che avrebbe fatto registrare Roscoe Tanner nella finale di Palm Springs nel 1978 rientrano nella classifica ufficiale. Erano i primi anni in cui venivano sperimentati i sensori per la misurazione automatica che però avveniva quando la pallina era vicina alla rete. Perciò risultava influenzata dall’altitudine, dall’umidità, dalle condizioni di gioco (al coperto o all’aperto) in quanto l’attrito che la pallina incontra dal momento in cui lascia il piatto corde è direttamente proporzionale alla densità dell’aria.

I sensori, anche quelli attuali, si basano sull’effetto Doppler, lo stesso principio degli Autovelox. Ci sono due rilevatori, alle spalle dei giocatori, puntati verso il centro del campo, che emettono onde a frequenza nota. Quando le onde intercettano la palla in movimento vengono rifratte a una frequenza diversa: dalla differenza si deduce la velocità.

Ci sono, però, due ordini di problemi ancora non risolti. Da una parte, questo metodo ha un effetto collaterale che ancora non è stato eliminato del tutto. Le misurazioni, che avvengono nell’arco del primo metro percorso dalla pallina in uscita dalla racchetta, sono più affidabili per i servizi centrali che per le traiettorie esterne, soprattutto se il giocatore si sposta dal centro del campo per andare a battere.

Ma soprattutto non esiste uno standard né di marca né di montaggio per cui basta variare di poco l’altezza del rilevatore per ottenere misure di velocità diverse. I tornei dello Slam, ad esempio, utilizzano sensori IBM mentre la Davis ha usato fino al 2009 i radar della EDH, una compagnia sudafricana specializzata nella produzione di strumenti militare per la tracciatura delle traiettorie dei proiettili. Nel 2001 la EDH ha lanciato il RacquetRadar, montato tra gli altri in Davis e al Queen’s dove Roddick si è superato per ben tre volte in uno stesso anno, nel 2004: 245 kmh in Davis contro Jonas Bjorkman, 246 kmh contro Srichaphan al Queen’s, 249 kmh nella competizione a squadre contro il bielorusso Voltchkov.

Recentemente l’ITF ha cambiato e adesso in Davis usa i radar della spagnola MSL, acronimo di Microsistemas Lagasca, con cui il 6 marzo 2011, nel doppio perso contro la Germania a Zagabria, il croato Ivo Karlovic ha registrato il servizio-record a 251 kmh (156 mph).

Vista la difficoltà di verificare l’affidabilità dei sensori, gli eventuali record fatti registrare nei tornei che non appartengono al circuito maggiore non vengono omologati. È già successo, per esempio, ad Albano Olivetti che ha vissuto la sua settimana di gloria a febbraio a Marsiglia. Nel 2010 avrebbe servito a 254 kmh al Challenger di Segovia ma il primato non è stato registrato nelle statistiche ufficiali. Qualche giorno dopo la storica semifinale all’Open 13, si sono diffuse voci incontrollate su una supposta prima a 258 kmh contro Dusan Lajovic. La partita, però, si è giocata sul secondo campo del torneo, ad Alzano, dove non ci sono nemmeno i radar.

Perciò è praticamente impossibile che Sam Groth possa vedere il suo record riconosciuto. Gli resterà solo il ricordo e la sua parola.
 

Alessandro Mastroluca

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