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10/05/2012 20:28 CEST - L'INTERVISTA

Blake corre
verso Londra

TENNIS - Dopo un periodo ricco di infortuni, James Blake è pronto finalmente a ripartire. Con il sogno delle Olimpiadi di Londra, per migliorare il quarto posto raggiunto quattro anni fa. Traduzione di Massimiliano Di Russo

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Era un James Blake pieno di sorprese quello che si è presentato recentemente a Manhattan al cospetto del New York Road Runners per  l’inizio dei preparativi che culmineranno il 4 novembre con la Maratona di New York.
Per prima cosa è trapelata la notizia che l’americano si stesse allenando proprio per la Maratona, nell’anno che tra le altre cose vedrà svolgersi a Londra quelle Olimpiadi che a Pechino lo avevano visto giungere a ridosso del podio (dopo aver sconfitto Federer nei quarti di finale). Inoltre, sempre in quella circostanza, Blake ha mostrato ai presenti la sua fidanzata Emily, attualmente incinta.

Cosa puoi dirci riguardo la tua partecipazione alla Maratona?

Alla fine ho deciso di non correre, almeno finché giocherò a tennis. Al mio posto comunque si presenteranno i membri del mio team.

A chi ti riferisci?

Al mio fisioterapista, alla migliore amica della mia ragazza, a chiunque riesca a coinvolgere. Si tratta di un’occasione per raccogliere fondi per la James Blake Foundation, che si occupa della ricerca sul cancro finalizzata alla diagnosi precoce. Mio padre è morto nel 2004 di cancro allo stomaco. La mia fondazione ha preso il via nel 2005. Verso la fine di ogni anno a seguire ho sempre organizzato un evento legato ad essa. Quest’anno la NYRR mi ha concesso cinque posti nella Maratona che spero ci diano la possibilità di raggiungere la cifra di venticinquemila dollari.

In passato ti è mai capitato di partecipare a una maratona o di volerlo fare?

Non sono molto bravo a correre sulla distanza. Al massimo ho corso per cinque o sei miglia. In generale non ne vedo la necessità perché il mio sport si basa essenzialmente sugli scatti. Solo l’anno scorso ho guardato per la prima volta la Maratona di New York. E’ stato incredibile, per non dire impressionante se penso alla distanza che viene percorsa.

Cosa puoi dirci riguardo le Olimpiadi di Londra? Rientrano nei tuoi programmi?

Certamente. Dovrò prima qualificarmi, visto che in classifica sono precipitato a causa degli infortuni e di qualche sconfitta di troppo, ma farne parte in passato è stato incredibile. Ero a Pechino nel 2008, la classica esperienza unica nella vita che spero possa diventare “due volte unica”. E poi mia madre è inglese: è nata e vissuta a Banbury (65 miglia a nord-ovest di Londra) prima di trasferirsi negli Stati Uniti quando aveva 17-18 anni.

Per qualificarti nel singolare dovresti entrare entro l’11 giugno tra i primi 56 del mondo ed essere tra i primi quattro tennisti americani. Oggi sei numero 73 e il sesto miglior americano. Prima hai menzionato alcuni infortuni…

A novembre ho subito un intervento chirurgico al ginocchio che mi ha costretto a saltare il resto della stagione passata e l’inizio di quella attuale. Ho sofferto inoltre di tendinite al ginocchio destro, mentre parte del tendine rotuleo è andata in necrosi ed è quindi stata rimossa. Non ho giocato in Australia, in quel momento riuscivo a malapena a camminare. Il mio fisioterapista è venuto a vivere con me a Tampa il 4-5 gennaio. Poi, dalle stampelle sono passato alla bicicletta. Sono passate altre otto settimane prima che potessi ricominciare a correre. Non ho iniziato a giocare prima di febbraio. Adesso mi sento a posto fisicamente, anche se i risultati non nono stati buoni.

I Giochi si disputeranno sull’erba di Wimbledon, dove sei andato per nove volte. Quali sono i tuoi sentimenti al riguardo?

Non è la mia superficie preferita, ma neanche quella dove mi trovo peggio. Sono cresciuto giocando sul cemento, che naturalmente è diventata la mia superficie di riferimento. L’erba si adatta al mio gioco, i problemi vengono quando non mi sento a mio agio con i movimenti da compiere su di essa. Inoltre la stagione sull’ erba è molto corta, appena un mese, cosicché la tendenza è quella di dedicare davvero poco tempo alla preparazione su questa superficie.

Parlaci della difficoltà di doversi muoversi sull’erba. Rispetto al cemento, richiede più spostamenti orizzontali o verticali?

E’ un problema di aderenza che riguarda qualsiasi tipo di spostamento. Sul cemento hai maggiore stabilità, inoltre non devi preoccuparti dei cattivi rimbalzi. Ma per me l’erba è comunque migliore della terra battuta, che mi da maggiori problemi con i movimenti da compiere.

Ti piacerebbe giocare a Londra anche il torneo di doppio? A Pechino con Sam Querrey arrivaste diciassettesimi.

Certo che mi piacerebbe! Ora sono focalizzato sul singolare, ma ottenere in qualsiasi modo una medaglia per gli Stati uniti mi renderebbe orgoglioso.

E del doppio misto che ne pensi? Era addirittura dal 1924 che non veniva disputato in un’Olimpiade.

Ho giocato qualche incontro per la Hopman Cup. Una volta ero con Serena Williams, un’altra con Lindsay Davenport. Mi sono divertito molto, perché no?

Chi è la tua partner ideale per il doppio misto?

Serena Williams. Ma la concorrenza è agguerrita, anche Roddick e Isner vorrebbero poter giocare con lei.

Ovviamente lei è brava, ma perché tutti scelgono lei?

E’ molto divertente. E poi è estremamente competitiva, motivo per cui è una delle migliori tenniste di ogni epoca. Che per me è un’ottima cosa perché anch’io sono fatto allo stesso modo. Fuori dal campo è bello stare con lei perché ride e scherza, così come in campo proprio perché si impegna a fondo in quello che fa.

Torniamo a Pechino. Dopo aver battuto Federer nei quarti, in semifinale contro Fernando Gonzalez ricevesti una chiamata dubbia. Dopodiché perdesti esprimendo tutto il tuo disappunto. Poi hai affrontato Djokovic per la medaglia di bronzo, perdendo e arrivando quarto. Hai avuto quattro anni per ripensare a tutto questo. Qual è il tuo ultimo ricordo?

Indimenticabile la vittoria contro Federer, l’unica in carriera ottenuta contro di lui. E’ stato bello una volta tornato al villaggio olimpico trovare sulla mia porta i biglietti di congratulazioni da parte degli altri membri del team: di solito quando vinci una partita in un torneo è una questione tra te, il tuo allenatore e la tua famiglia. A nessun altro interessa. Così, ricevere l’affetto di così tante persone mi ha riempito d’orgoglio. Ovviamente avrei voluto portare a casa una medaglia, però devo dire che non riesco a concentrarmi sugli aspetti negativi. Ho attraversato un ottimo momento, ho fatto il massimo e credo che tutto sommato possa andare bene così. L’importante è che sia riuscito a fare del mio meglio.

Hai trovato più dura la sfida contro Federer o quella per il bronzo contro Djokovic?

Probabilmente quella contro Nole, perché quando ho affrontato Federer la pressione era tutta su di lui. Era il numero uno del mondo, inoltre avendo perso contro di lui credo sette volte su altrettanti match, non avevo grandi aspettative. Anche l’emozione di giocare le Olimpiadi era diminuita dopo i primi incontri. Anche contro Nole non mi aspettavo di vincere, ma sappiamo tutti che il quarto posto è la cosa peggiore che possa capitare a un atleta impegnato nei Giochi. E’ stata anche una situazione singolare, perché di solito una sconfitta pone fine al tuo torneo, e a me di solito capita di aver problemi a dormire la notte. In questa circostanza invece avrei dovuto giocare anche il giorno successivo, una cosa che non mi era mai successa.

Quali eventi hai seguito durante i giorni di riposo?

Siamo andati alla cerimonia d’apertura. Ho seguito il nuoto, il calcio, una volta anche il badminton: ho accompagnato Jarkko Nieminen a vedere la moglie che rappresentava la Finlandia. Mi sono trovato talmente bene che sono rimasto nel villaggio olimpico, sebbene la USTA avesse prenotato per noi un hotel. Ma io volevo vivere questa esperienza fino in fondo.

Hai visto Dara Torres?

Sì, l’ho incontrata. Davvero carina, non potevo credere che stesse mangiando da McDonald’s. Devo dire che non era l’unica, per me era incredibile che tutti mangiassero McMuffin o roba del genere a colazione. Quella è stata l’unica volta nella mia vita che abbia mai mangiato un Big Mac!

Davvero? Neanche da bambino?

No, sono cresciuto come vegetariano.

Chi era il tuo compagno di stanza?

Sam Querrey. Avevamo stanze comunicanti: Davenport e Craybas alloggiavano nelle altre. Poi, una volta chiusa la porta, eravamo solo noi ragazzi: Querrey e Ginepri.

Sei ancora allenato da tuo fratello Thomas?

No, ho appena iniziato a lavorare con Craig Boynton, che a sua volta si occupa di Isner. In realtà è l’allenatore di Isner a tutti gli effetti, ma lavora presso Saddlebrook dove mi alleno, così ha iniziato ad aiutare anche me.

Quando hai intenzione di sposarti?

Il 9 Novembre a San Diego.

Anche la tua fidanzata gioca a tennis?

No, ma stiamo provando a darle qualche lezione.

L’hai conosciuta grazie al tennis?

Sì, più o meno. Ci siamo incontrati quando ho giocato un incontro di esibizione con Sampras, lei lavorava nella compagnia di pubbliche relazioni che seguiva Pete.

Un atleta che si è appena qualificato per le Olimpiadi nelle discipline di lotta, probabilmente sarà costretto ad assistere alla nascita del figlio durante la cerimonia d’apertura via Skype.

J.B.: Sarebbe molto snervante, per fortuna sarò a casa.
Emily: Speriamo…
J.B.: Fidati, sarò a casa.
 

Massimiliano Di Russo

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