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17/05/2012 14:57 CEST - Internazionali d'Italia

Seppi e Pennetta
a chi più chances?

TENNIS _ Flavia ringrazia la Cetkovska che ha fatto fuori la Radwanska e l’unico precedente con la ceca  le è favorevole. Per Andreas però sembra più dura: ci ha perso le ultime 5 volte senza vincere un set. Ma forse questo è un nuovo Seppi. Si può diventare …nuovi a 28 anni?  La crisi del tennis femminile.Da Roma, Ubaldo Scanagatta

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A 28 anni compiuti Andreas Seppi si ritrova per la prima volta oltre il secondo turno al Foro Italico, e per la prima volta vittorioso su un top-10 dopo 4 anni. Da quando, cioè, battè Nadal a Rotterdam. “Una delle mie più belle vittorie insieme a quella su Ferrero a Torre del Greco nel match di Davis contro la Spagna” ha detto Andreas che qualche altro scalpo eccellente lo ha attaccato alla cintura, Hewitt, Gasquet, ma in modo troppo sporadico per essere più regola che eccezione.
E a 30 anni compiuti Flavia Pennetta rischia di centrare per la seconda volta i quarti di finale in un torneo in cui non ha mai troppo brillato. Invece della mission impossible con la Radwanska le tocca un’altra giocatrice con desinenza finale “ska” la Cetkowska che è certo alla sua portata. Quando ci ha giocato ci ha vinto nell’unico duello.
Davide Sanguinetti raggiunse la sua miglior classifica, n.42, a 33 anni. Gianluca Pozzi il suo best ranking, n.40, a 35, Silvia Farina n.11 nel 2002 aveva 30 anni, Francesca Schiavone è diventata n.4 a 31 anni. Adriano Panatta fu n.4 a 26, stessa età in cui Nicola Pietrangeli conquistò il primo Roland Garros.
Insomma i tennisti italiani maturano decisamente tardi. Quindi ha speranze pure Fabio Fognini che se dovessimo confrontarne l’attitudine con tutti i sopra citati alla sua stessa età, 25 anni compiuti, risulterebbe certamente il più immaturo, sia in campo dove gioca spesso come se fosse ancora uno junior, sia fuori dal campo dove non riesce a rendersi simpatico che in rare occasioni (e comunque con i suoi amici, difficilmente con gli altri).
Molto spesso si matura in ritardo perché si risente di un ambiente educativamente e culturalmente poco stimolante. Buona parte dei giocatori italiani che ho appena citato sono cresciuti in famiglie di brava gente ma anche di background, conoscenze ed esperienze piuttosto limitate e limitanti. E questo non li ha certo aiutati. Se ce l’hanno fatta ugualmente ad emergere sono stati doppiamente bravi, per certi versi, ma ci hanno messo più tempo di altri cresciuti in situazioni più favorevoli.
Adesso Seppi dà l’impressione di essere un altro, sbaglia meno dritti facili, èmeno pesce fuor d’acqua quando viene a rete a seguito di un affondo, serve meglio, non solo la prima, ma anche la seconda. “Il tennista che ha i nervi saldi si vede dalla seconda palla di servizio: un ragazzino che ha qualità la gioca con coraggio” soleva ripetere l’avvocato Vanni Canepele, campione d’Italia nel ’39 e nel ’49, nonchè capitano di Coppa Davis all’epoca delle prime finali di Davis giocate dall’Italia intorno al 1960. E la percentuale di punti trasformati da un tennista quando serve la seconda è quasi sempre il termometro di una vittoria come di una sconfitta, forse il dato più significativo.
Isner quest’anno ha colto risultati importanti, battendo sia Federer in Davis che Djokovic in torneo, dopo aver costretto Nadal al quinto al Roland Garros come non era mai riuscito a fare nessuno prima di lui (Soderling aveva battuto un Rafa un tantino menomato in quattro set).
E’ vero che la terra rossa del Foro Italico è più lenta di quella dove Isner aveva costruito le sue vittorie, però Seppi ha avuto la determinazione di non lasciarsi abbattere da una valanga di servizi vincenti che gli piovevano addosso quando si conquistava una pallabreak. Di dodici ne ha avuto bisogno Andreas per trasformarne una, decisiva, sul 5 pari nel terzo set. Fino a un anno fa si sarebbe demoralizzato e avrebbe finito per perdere, fra mill rimpianti.
Ieri non è accaduto. Certo il pubblico romano gli ha dato una bella spinta. Come l’aveva data a Flavia Pennetta l’altro ieri quando si era trovata indietro 5-1 nel secondo set con la Kirilenko.
Il caso di Flavia è un po’ diverso, però. Intanto ha 30 anni e non 28, intanto lei è figlia di un genitore tennista, non eccelso ma pur sempre tennista. E la sua è sempre stata una famiglia benestante, di medio alta borghesia. Non a caso ha cominciato a vincere prima.
Ultimamente, a differenza di Seppi, sembrava essersi un po’appannata. E non possono essere soltanto due vittorie con la Kirilenko e la Stephens a garantire una svolta al periodo di crisi che sembrava averla sommersa. Era solo una crisi di fiducia o qualcosa di diverso, magari un po’ di usura? Vedremo che cosa succederà oggi con la Cetkovska. Ma non dimentichiamo che Flavia vinse con la Vinci un titolo junior al Roland Garros e sono trascorsi dodici anni, non due o tre. Un po’ di stanchezza euna naturale flessione, dopo aver centrato prima l’obiettivo del top-ten, poi il n.1 del mondo in doppio, sarebbe più che legittima.
Direi che oggi Flavia, pur eventualmente attesa da Serena Williams (o dalla Medina Garrigues, anch’essa tipo ostico) si gioca una carta importante perché ogni anno che passa diventa tutto più duro. E’ un peccato che sia lei sia la Francesca degli ultimi periodi non siano in grado di approfittare del momento modestissimo del tennis femminile che ha avuto quattro delle ultime cinque n.1 del mondo, Jankovic, Ivanovic, Safina e Wozniacki capaci di vincere complessivamente un solo Slam, che ha visto andare in pensione o in riproduzione le belghe Henin e Clijsters, la francese Mauresmo, impegnarsi molto a sprazzi per un paio di mesate l’anno le sorellone Williams, perdersi per strada le due serbe Ivanovic e Jankovic, sparire di scena ufficialmente o informalmente tre russe di talento come Dementieva, Kuznetsova e Safina, mentre la Sharapova gioca la metà di come giocava 4/5 anni fa. Insomma se si pensa che tenniste tutto sommato limitate come la Radwanska, la Stosur, la Bartoli sono riuscite ad approdare su posizioni di altissima preminenza, beh non si può negare la crisi tecnica dell’intero microcosmo tennistico femminile. La Kvitova avrebbe un potenziale da supercampionessa, però _ come ho scritto altre volte _ non sembra avere una grande personalità. Non le ho mai sentito dire qualcosa di particolarmente intelligente, originale, interessante. Non è nemmeno parente alla lontana, per capirsi, di una Navratilova, tanto per fare un paragone con l’altra grande mancina ceca. Mentre la Azarenka ha cominciato alla grande il 2012, ma dà la sensazione d’avere limiti piuttosto evidenti.
Perché poi la n.1 del mondo, se proprio non era in grado di andare avanti, non si sia ritirata consentendo alla Peer di andare avanti non si capisce tanto, salvo che ritenesse o di recuperare o di avere necessità di qualche spicciolo in più. Su la favorita per un posto in semifinale è forse la cinese Li, che pure non sembra più quella del 2011 in Australia e a Parigi. Li-Serena una semifinale e Kvitova-Sharapova l’altra? Forse sì.
Per finire, nel registrare quest’ecatombe di teste coronate fra le donne, ma sono corone di cartone (e di spine) _ non esistono più le mezze stagioni _ osservo la strana programmazione di questo torneo che ha visto esibirsi ieri sul Pietrangeli (campo per il quale non si paga che il biglietto ground) sia la Errani sia gli ultimi due superstiti del tennis italiano Pennetta e Seppi _ degli undici alla partenza _ mentre in quello a pagamento della Supertennis Arena l’unico italiano ad esibirsi è stato Lorenzi, chiuso dal pronostico e da Gasquet che è di un’altra categoria, anche se dispiace dirlo. Una scelta democratica e promozionale quella di far vedere i tennisti italiani più attesi e con maggiori prospettive sul campo dove il biglietto costava meno? Forse, ma se io fossi fra coloro che hanno acquistato il biglietto della Supertennis Arena non avrei goito. L’avrei trovato ingiusto.
Nel programma di oggi, anzi di stasera, ne spicca uno per la qualità estetica delle protagoniste: Sharapova-Ivanovic. Roba d’altra categoria, da concorso di bellezza. Voi, e la domanda è rivolta ai maschietti, chi preferiresti portar fuor a cena? E dopocena? Pregasi evitare volgarità.
 

Ubaldo Scanagatta

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