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23/05/2012 11:09 CEST - ROLAND GARROS

Chi o cosa
può fermarlo?

TENNIS - La domanda di tutti è la stessa degli scorsi anni: Nadal confermerà a Parigi la sua forza dopo i successi di Montecarlo, Barcellona e soprattutto Roma? Quali sono i pericoli a cui Rafa dovrà fare attenzione? Claudio Maglieri

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Rafael Nadal (Photo by Clive Brunskill/Getty Images)
Rafael Nadal (Photo by Clive Brunskill/Getty Images)

Per leggere l'articolo originale di Bleacher Report, clicca qui.


Può un giocatore che ha vinto praticamente tutto sulla terra (rossa, of course) incontrare degli ostacoli seri durante la sua ennesima cavalcata verso il suo ennesimo titolo e, perché no, inciampare tra lo stupore generale? Domanda da cento milioni di euro. Il soggetto in questione è, tanto per cambiare, Rafael Nadal da Manacor, 26 anni da compiere tra pochi giorni ed un elenco di tornei vinti così lungo che la metà basta. Nel corso della sua carriera il tennista spagnolo è passato più volte dalla polvere all’altare e viceversa, ma anche nei momenti più oscuri ha sempre trovato la forza di reagire e di tornare ad imporre la sua legge fatta di topspin esasperati. Dopo un 2011 difficoltoso (fa un certo effetto definire "difficoltoso" un anno in cui hai vinto uno Slam, hai fatto finale negli altri tre e ti sei portato a casa anche un Master 1000) Nadal partiva in questo 2012 con parecchie incertezze, Djokovic sembrava decollato verso altri pianeti ed il dolorosissimo ko di Melbourne assomigliava tanto al colpo di grazia dal quale non ci si alza nemmeno con una gru. E invece guarda un po’: sono ricominciati i tornei sull’amato mattone tritato e il toreador iberico ha prontamente innestato la sua marcia, vincendo tre tornei su tre (Madrid è volutamente non considerato e non serve nemmeno spiegare il motivo). La domanda, a questo punto, è: cosa accadrà agli Open di Francia che scatteranno tra meno di una settimana? Gli interrogativi sono moltissimi: in teoria Nadal partirà con indosso gli scomodi panni del superfavorito, ma le variabili sono molteplici. In primis Novak Djokovic, che non ha mai vinto il torneo parigino e dunque verserà ogni goccia di sangue pur di alzare la coppa dei moschettieri. Poi c’è un certo Roger Federer, non esattamente un tennista di primo pelo ma pur sempre in grado di piazzare il colpaccio da maestro (vedi l’edizione del 2011, anche se contro Nadal la storia è molto diversa). Dietro loro tre, sgomita un gruppo di volenterose seconde linee pronte a subentrare qualora uno dei primi incespicasse lungo il suo percorso. Tanti dubbi, ma siamo tutti d’accordo nell’affermare che Nadal (già vincitore del Roland Garros in ben sei edizioni) sarà l’uomo da battere a Parigi: i successi a Montecarlo e Roma, in finale contro Djokovic, gli avranno certamente dato una carica pazzesca, eliminando quella sorta di complesso di inferiorità nei confronti del serbo. Ma ritornando alla frase iniziale: un tennista che su terra ha vinto anche il torneo di badminton, può correre dei seri pericoli durante la sua rincorsa al settimo RG? Cosa deve temere Rafa sui campi parigini? Proviamo a scoprirlo.

Giocatori dal gran servizio
Primo turno del RG 2011, Nadal non ha un sorteggio benevolo e deve vedersela con John Isner, ragazzone che non avrebbe sfigurato nel basket o nella pallavolo. Ma invece ha preferito il tennis e in questo match fa impazzire Nadal a furia di battute vincenti e seconde di servizio cariche come una molla. Nadal non risponde affatto bene, è in difficoltà a contenere le botte dell’avversario e va sotto due set a uno: mai successo a Parigi. Poi è noto, Rafa sfrutta il calo di Isner e ritrova la retta via, recupera e vince al quinto. Gran partita e grande spavento per i tifosi dello spagnolo. Il Nadal del 2012, per la verità, appare più in forma rispetto a dodici mesi fa, ma i giocatori come Isner possono comunque creargli non pochi grattacapi: i grandi battitori come lui, Berdych, Del Potro, il fu Soderling (quando lo rivedremo?) e Raonic sono probabilmente gli unici (insieme a pochi altri eletti) ad avere le caratteristiche giuste per far sudare freddo l’iberico. Per batterlo, poi, ci vuole la partita perfetta, ça va sans dire.

Giocatori dai colpi piatti
I tennisti che fanno parte di questo gruppo sono praticamente gli stessi citati qualche rigo fa. Nadal, storicamente, ha sempre sofferto contro quei giocatori in grado di rubargli il tempo con traccianti a fil di rete. Mettersi a palleggiare con lui è una tattica da alcolizzati, soprattutto sulla terra: l’unico modo per fargli mare e giocare sull’uno due e tentare di sfondarlo con un vincente, inutile stare lì ad attendere un suo errore. Ai nomi di prima si potrebbero aggiungere Davydenko (quello vero, non l’ectoplasma visto negli ultimi tempi), Nalbandian, Tomic (perché no?), Murray (siamo sicuri?). Giocare in questo modo è molto rischioso, ma è uno dei due modi per avere chance di vittoria (l’altro è chiamarsi Novak Djokovic).

Giocatori in fiducia
In questo caso è più complicato fare nomi, ma è chiaro come l’acqua il fatto che un tennista al massimo delle proprie convinzioni sia sempre una brutta gatta da pelare, per chiunque. Non fa eccezione Nadal: affrontare a Parigi un tennista (magari francese) convinto più che mai di vincere è sempre una trappola da evitare con il massimo della cautela. E’ sufficiente fare un salto all’indietro: anno 2006, Nadal trova al terzo turno il perdente per antonomasia Paul Henri Mathieu e tutti si aspettano la solita vittoria in scioltezza. Il francese tuttavia la pensa diversamente, si sente in forma come non mai e, spinto dal suo pubblico, inizia a bombardare Rafa con vincenti da ogni angolo del campo ma soprattutto dimostra di reggere i ritmi imposti dallo spagnolo. La partita è molto intensa, Mathieu vince il primo set e continua a pigiare sull’acceleratore: Nadal deve fare uso di tutta la propria forza psicofisica per stringere i denti, lottare oltre 4 ore e vincere in quattro parziali tiratissimi.

Novak Djokovic
Il numero uno al mondo non è più imbattibile come lo scorso anno, RoboNole per il momento è finito in cantina: di questo ne siamo tutti convinti. E’ vero, Nole ha vinto gli Open d’Australia e a Parigi cercherà il successo con una volontà spaventosa (del resto il RG è l’unico Slam che gli manca), ma il suo gioco (pur sempre incredibile) è leggermente meno efficace rispetto a un anno fa. Nadal ha già dimostrato due volte di aver ritrovato le armi per battere il serbo e sulla distanza dei tre set su cinque, sulla terra, partirà con i favori del pronostico. Lo spagnolo, forse, deve ancora fare i conti con le scorie del 2011, in cui il serbo gli ha fatto perdere il sonno in parecchie occasioni: il pensiero di beccare in finale Novak non farà certo bene a Nadal, anche se lui dichiara ogni volta di ragionare partita per partita e di non guardare mai troppo avanti.

Negatività
E’ curioso associare questa parola a Nadal, giocatore che fin dagli esordi scende in campo con una fiducia in sé stesso incrollabile, anche nei momenti peggiori. Eppure lo spagnolo ha mostrato in più di un’occasione di non essere infallibile dal punto di vista psicologico. Intendiamoci: quando Nadal si sente bene ed è sicuro di ogni cosa, entra in campo ed è convinto di vincere in ogni fase della partita. Ma se c’è qualcosa che non funziona (il campo sgradito come a Madrid, un acciacchino fisico, un avversario che risponde con i vincenti ad ogni servizio esterno, un raccattapalle sbadato che cambia involontariamente la disposizione delle bottigliette) allora il discorso prende un’altra piega. Lì Nadal inizia a borbottare, si muove con meno fluidità ed anche i suoi colpi perdono di potenza e di lunghezza. Un po’ come una slavina: appena la pallina di neve inizia a rotolare nel suo cervello c’è il rischio che la situazione possa precipitare. Non succede spesso, ma è un fattore da tenere in considerazione.

I campi di Parigi
Tutti continuano a criticare l’erba di Wimbledon, rallentata vistosamente negli ultimi dieci anni. Molti tifosi accusano i vertici del tennis di aver <frenato> i campi di tutti i grandi tornei. La verità è un’altra: il problema non è il rallentamento, ma l’omologazione. Se è vero che i campi un tempo rapidi sono stati resi meno veloci, è altrettanto vero che le paludi di qualche anno fa non esistono più. Al RG, ad esempio, la terra rossa è talmente veloce che non è raro vedere giocatori d’attacco che praticano serve&volley, capita sempre più spesso che i giocatori dai colpi piatti facciano strada nel torneo. Provate a pensarci un attimo: Agassi (non certo un terraiolo) ha vinto nel 1999 contro Medvedev (tutto fuorchè un pallettaro), Verkerk ha raggiunto la finale nel 2003, Federer ha fatto ben quattro finali consecutive (di cui una vinta battendo nell’ordine Haas,Del Potro e Soderling), lo stesso Soderling ha fatto due finali battendo Nadal e Federer. Sono solo alcuni esempi, che dimostrano però quanto scritto poco fa. Nadal è un fantastico interprete della terra battuta, ma le condizioni del RG sono forse le peggiori per esaltare le sue caratteristiche.
In questo elenco non sono stati citati gli infortuni (quelli possono capitare a tutti) e Roger Federer: sulle immense qualità dello svizzero c’è poco da aggiungere e le sue zampate sono sempre dietro l’angolo, ma visti i precedenti è difficile pensare a lui come una seria insidia per Nadal, soprattutto in un torneo come quello parigino. Staremo comunque vedere.

Claudio Maglieri

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