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04/06/2012 11:35 CEST - Roland Garros

Tennis, sport
per vecchi?

TENNIS – Il Roland Garros stabilisce un record: nel tabellone maschile ci sono 37 giocatori dai trent’anni in su. E Haas approda al terzo turno. Quali sono i motivi? Passione, paura di annoiarsi, rivincita sugli infortuni, o solo i soldi? Da Parigi, Alberto Giorni  

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Da queste parti li definiscono “trentenaires”, con una traduzione non strettamente letterale li potremmo chiamare irriducibili. Sono quelli che non se la sentono di appendere la racchetta al chiodo: anche se hanno superato la trentina, continuano a frequentare il circuito e a battersi con i più giovani, alcuni dei quali potrebbero essere i loro figli. Da Gicquel (35 anni, eliminato all’ultimo turno delle qualificazioni) a Clement (34, questo è stato il suo ultimo Roland Garros), da Haas (34, approdato al terzo turno), fino a Federer (30), i “vecchietti” terribili ai nastri di partenza erano ben 37, record nell’Era Open, contro i soli 11 di dieci anni fa. Adesso a scarseggiare sono i teenager: solo Tomic non ha ancora soffiato su 20 candeline, mentre ad averlo appena fatto sono unicamente Harrison e Krajinovic.

Una volta parecchi giocatori, arrivati a 26-27 anni, dicevano basta, stressati dopo stagioni passate a viaggiare e giocare tornei: anche un fuoriclasse come Borg ha avuto una crisi di rigetto. Oggi è tutto diverso ed è interessante cercare di capire i motivi di questa inversione di tendenza. Nelle conferenze stampa dopo i match, non è raro che ai più esperti venga chiesto “chi glielo faccia fare” a continuare l’attività e le risposte sono state differenti. Su una cosa tutti concordano: si va avanti per la passione: si vuole continuare a esercitare un mestiere che si adora. “Amo la competizione e detesto perdere – ha spiegato Gicquel –. Dopo una sconfitta, ancora oggi è meglio aspettare un po’ prima di rivolgermi la parola. Adoro correre, respirare l’atmosfera di un torneo importante, esibirmi su un prestigioso palcoscenico e magari fare uno scherzetto a un avversario più quotato di me. Cosa c’è di meglio?”. E’ un coro unanime: abbiamo sognato da piccoli di diventare tennisti professionisti e vogliamo godercela il più possibile.

Desiderio legittimo, ma il sospetto è che in molti casi a scatenare la passione per il gioco sia il desiderio di guadagnare il più possibile, Come dicono i nostri cugini transalpini, “c’est l’argent qui fait la guerre”. Ma è difficile trovare qualcuno disposto ad ammettere che sì, anche il vil denaro ha la sua importanza nella voglia di spingere il proprio limite sempre un po’ più in là. “Non è mai stata una priorità”, ringhia Clement, mentre Ferrero sottolinea che “il denaro è uno stimolo a inizio carriera, ma raggiunta una certa soglia non è più il chiodo fisso”. Solo Gicquel si discosta dalla massa: “Non posso dire che per me non conti. Non ho avuto una carriera da campione, sono entrato tra i primi 100 solo a 29 anni, e quindi…”.

Un’altra chiave importante riguarda gli infortuni. Rispetto a un po’ di anni fa, si cura molto di più la preparazione fisica ed è più facile allungarsi la carriera. E chi ha sofferto molti problemi fisici prova un piacere particolare a fare bella figura negli ultimi anni di carriera. Ne sa qualcosa Tommy Haas, che ha perso il conto degli interventi alla spalla, ma può dire a testa alta: “E’ come se avessi 39-30 anni, non 34”. Anche Ferrero sta vivendo il proprio crepuscolo con dignità, senza provocare compassione, timore legittimo che dovrebbe sfiorare un ex campione che non può più reggere i ritmi di quando era allo zenit della carriera.

Si pensa anche che per la maggior parte dei tennisti chiudere la carriera sia un salto nel buio: non tutti possono schioccare le dita e reinventarsi un’altra attività. Anche qui però quasi tutti negano. “Non mi annoierò – assicura Clement –, mi inventerò nove sfide, come sta facendo Amélie Mauresmo”. “Non sono sicuro che infuturo starò bene come adesso che sto giocando – concede Ferrero –, questo è il più bel lavoro del mondo”.

Molti pongono l’accento sul gusto che si prova a battere ragazzi di vent’anni e sentirsi ancora sulla cresta dell’onda. Ma c’è qualcuno che è spinto da una motivazione ancora più speciale. Haas ha una figlia di un anno “e mi piacerebbe giocare finché lei sarà grande abbastanza da avere un ricordo diretto di qualche mia partita a un torneo importante. Sarebbe una delle più grandi soddisfazioni della mia vita”. Perché anche questi terribili vecchietti, in fondo, hanno un cuore grande così.

LA DISTRIBUZIONE DEI 128 GIOCATORI PER CLASSI D'ETA'

La distribuzione dell'età dei partecipanti intorno alla media di 26.4 anni si avvicina alla normale, con lieve tendenza a "schiacciarsi" più lentamente dal lato dei decani.

Ringraziamo per questo grafico i nostri assidui lettori Lalà e Giovanni da Roussillon)

Alberto Giorni

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