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04/06/2012 13:16 CEST - Rassegna Stampa del 5 Giugno 2012

Sara fa sognare l’Italia. Battuta la russa ora la Kerber (Clerici), (Martucci), (Valenti), (Azzolini), (Semeraro), (Piccardi)

4.06.2012

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Les Italiens, favola a metà impresa della piccola Sara

Gianni Clerici, la repubblica del 4.06.2012

E’ stato un momento in cui mi è parso di trovarmi inghiottito dal passato, un momento in cui mi sono sentito il tennista Clerici del '54, nascosto in un angolo della tribuna giocatori a fare tifo per la ragazza che amavo, Silvana Lazzarino da me soprannominata Minnie, deliziosamente piccina e, quel giorno, giunta in semifinale, prima italiana a riuscire in una prodezza più tardi superata soltanto dalla Leonessa. Mentre svaniva quell'immagine del tempo perduto, mi son sentito chiedere dalla mia vicina di banco, «Ma quello non è Pietrangeli?» e infatti, sotto una cuffia di capelli ormai candidi, nella tribuna delle autorità, faceva un tifo compostissimo per Andreas Seppi il vecchio Nic, un habitué del Centrale come pochi, lui che aveva vinto due volte la Coupe des Mousquetairs, e due altre l'aveva sfiorata: sempre sotto i miei occhi ammirati di unico cronista italiano presente, quando si dice la provincia. Ho scritto provincia nel suo aspetto negativo, mentre oggi bisogna sottolinearne le virtù, grazie a due ragazzi che si sono superati, anche se solo una, Sara Erra-ni, è rimasta in gara. Aveva difronte, Sara, quella che, secondo le definizioni dei miei amati attori legnanesi, avevo osato chiamare Miss Brutt. Una sorta di virago muscolatissima, una russa ormai ispanizzata, oggi più singolare del solito nella sua nuova capigliatura, simile a Judy Foster. Una tipa che ha vinto, scusate, gli Slam di Parigi e New York. Nell'ammirare la nostra ragazzina, tale che, in uno scontro di wrestling, sarebbe stata stroncata, mi dicevo con quale animo avrebbe mai potuto affrontare una di quelle che, nel dialetto del suo paese emiliano viene definita "rasdora". Ma non conosco abbastanza la determinazione, il coraggio, la positività di Sara, che ogni volta si supera nello stupirmi. Quasi a contraddire le mie poche speranze di un suo successo, eccola inanellare un punteggio onirico, non soltanto un irreale 6 games a O, ma addirittura 8 a O, prima che, d'un tratto, regalasse uno sull'altro quattro punti, e poi una striscia di tre games, per uno svantaggio di 3 a 5. Di qui iniziava l'autentica partita che mi faceva temere il paradosso dell'avvio, ma, sotto la dolcezza dello sguardo azzurro, la nostra donnina nasconde una grinta guerriera. Dodici punti finali a tre, semi credete, di fronte alla rasdora schiumante ancor più incredulità che rabbia. Ma non era finita. A prendere il posto della nostra nuova eroina, sul Centrale intitolato al mio povero partner Philippe Chatrier, scendeva Andreas Seppi. Un ragazzo che, a ventotto anni, età quasi pensionabile per un tennista professionista, ha scoperto dentro di sé nuovi stimoli, addirittura una visione nuova del gioco, inteso non solo come tattica, ma come umana avventura. Aveva davanti, Andreas, un Djokovic forse lievemente inferiore a quello irresistibile dell'anno passato, ma tuttora quasi impossibile da superare, per chi non si chiami Nadal. Tra due specialisti dell'attacco da fondo, la soluzione. di ribaditi palleggi mostrava, agli increduli spettatori, quorum ego, . maggiore incisività da parte di Seppi. Con un totale di 51 erroricontro60, edi22vincentia 16, Andreas riusciva così a crearsi un handicap positivo di due set. Pareva, dunque, che simile Djokovic, retrocesso a regolarista falloso secondo una famosa antitesi di Tommasi, fosse disponibile per la prima grandissima sorpresa dell'anno. Ma, giunto il match a tre pari nel terzo, vedevo Nole battersi sulla fronte, dopo un tiro peraltro vittorioso, quasi gli fosse balenata un'apparizione. Da quell'istante, i suoi colpi avrebbero acquistato maggior penetrazione e varietà, mentre la fatica rendeva Seppi un pochino ripetitivo. Maratona di due ammirevoli podisti appaiati, il match si srotolava verso una fine altrimenti prevista all'avvio, sotto gli applausi equamente ripartiti del pubblico. Ma, alla fine, il giocatore più avvezzo a estreme vicende trovava in sé un filo di creatività, di riserve nervose, di lucidità superiori. E Andreas Seppi smarriva quello che, gli auguro, potrebbe non rimanere il match della vita. Di fronte a simili eroismi del nostro Club, mi scuseranno i lettori per non far altro che citare l'eliminazione della favorita N.1 Azarenka da parte della meno titolata Cibulkova (16) eledifficoltà di Federer, che ci ha permesso di conoscere un lucky looser belga, David Goffro, qui giunto dalle sagre di paese, ma che tutti ci auguriamo di rivedere tra i VIP per le sue qualità umane e sportive.

La Errani incanta Parigi Seppi spaventa Djokovic

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 4.06.2012

Viva l’Italia. L’Italia che lavora. L’Italia di Sara Errani ed Andreas Seppi. Non l’Italia classica, talmente bella che è impossibile non notarla per quanto abbaglia. Ma quella alacre, silenziosa, seria, che conquista il cuore del Roland Garros, il mitico Philippe Chatrier, e lo tiene inchiodato dalle 11 alle 17.30, costringendolo agli applausi. Sara vince e convince in due set da cineteca contro Svetlana Kuznetsova, potente ex numero 3 del mondo, più famosa come dilapidatrice di occasioni che come regina di 2 Slam, e bissa i quarti degli Australian Open meritandosi un’occasione domani contro Angelique Kerber; Andreas vola due set a zero e cede solo dopo 4 ore e più alla stanchezza del terzo match di fila al quinto set, ai nervi e al vento più che al numero 1 del mondo Novak Djokovic, brutto, un po’ di suo - in cattiva giornata - , molto per l’ottima partita dell’allievo di Massimo Sartori.

…. In quella «bella testa», come la definisce il c.t. di tutte le nazionali, Corrado Barazzutti, il pericolo è prima, non dopo, quando scivola 3-5, perché a quel punto la tensione è diventata insopportabile sulle spalle della Kuznetsova alla ricerca del tempo perduto con l’ennesimo coach, Hernan Gumy. Parola di «Sciagura»: «Nel primo set, orribile, non riuscivo a muovermi, poi quando potevo andare un set pari, ho avuto troppa fretta mentre Sara ha giocato come non mai». Il 5-5 sono quattro errori russi, ma provocati da Sara. Il sorpasso decisivo del 7-5, dopo un’ora e 33’, sono ancora tre dritti russi «n’emporte quoi», come dicono qui, cioé, a caso. Per non star lì a fronteggiare sempre una palla o molto alta o molto bassa sul dritto, e una sempre tagliata ed esterna sul rovescio, per non fare uno scatto in più dopo aver corso chilometri di qua e di là dell’enorme centrale. Come a gettare la spugna.
Racchetta / Come Chang, più simpatica di Michelino, che sconvolse il Roland Garros nel 1989, la Errani s’è allungata la racchetta (lei Babolat, Pure Drive): «Non potevo allungarmi il braccio. Tecnicamente cerco di migliorare e allenarmi al meglio, ma con quest’attrezzo, dall’inizio dell’anno, ho più forza, un po’ più di servizio, velocità e pesantezza di palla. E così queste avversarie mi venivano sopra e non riuscivo a gestirla. Ora, invece, anche per la fiducia che ho, non mi sento così sottomessa, di forza, riesco ad essere a un livello un po’ più simile alle altre. E posso mettere il match sul piano tattico, finalmente». E così s’è allungata la vita fin dove nemmeno lei sa: «Ho battuto due ex regine di Francia, dopo Ivanovic, Kuznetsova, ma resto coi piedi per terra, concentrata, le somme l tirerò a fine torneo. Sono contenta, non spaventata, ma piuttosto curiosa di vedere dove posso arrivare. Non lo so neanch’io». Prima c’è l’incrocio con Kerber: «A Hobart, ci ho perso netto, e io soffro le mancine, con quegli effetti al contrario. Me la studierò su Youtube». Ci troverà almeno due volte la povera Flavia….

«Chapeau». I 15mila del Philippe Chatrier applaudono convinti «l’italien», Andreas Seppi. Che va avanti due set a zero contro il numero 1 del mondo e poi cede al quinto, ma non crolla, alza bandiera bianca solo dopo 4 ore e 18 minuti, tenendo sul chi vive Djokovic fino all’ultima palla. Parola di re: «Applaudo sempre i miei avversari, e lui se l’è meritato, ha fatto un’incredibile prova, non ha mai avuto paura, ha tirato i colpi, così come aveva dimostrato prima, battendo tanti forti e vincendo Belgrado. M’ha fatto vedere perché è così difficile batterlo. Sono stato fortunato a cavarmela»…….
Ma un asso nella manica, l’esperienza: «E’ un’arma che non puoi allenare, più grandi match e grandi tornei giochi, più ti senti a tuo agio e vieni fuori da situazioni difficili». Seppi è lo sa, lo sente: «Non dovevo perdere quel primo game del terzo set, invece ho servito male. Nole ne ha fatte mille di queste partite, io solo qualcuna. Se ne gioco una decina così, riesco a fare qualcosa di diverso e portarla a casa. Sento che sono lì, che riesco a mettere in difficoltà anche i primi 10 e questo mi dà ancora più fiducia».
Reazione / Andreas, l’altoatesino che si sta sciogliendo di testa e di fisico (mobilità e flessibilità), recupera subito il break, certo. E si ripete per il 3-3. Ma, anche secondo Corrado Barazzutti: «Il servizio doveva dargli un aiutino in quel momento del match, quando strappi due volte la battuta a Djokovic, poteva essere la chiave decisiva. A coronamento di una partita bellissima e di un salto di qualità enorme». Perché poi, comunque, Nole esce dalla trincea di fondocampo dove l’ha costretto il nostro («Ho giocato una partita troppo difensiva»), e si apre sempre più il campo per chiudere decisamente dall’altra parte, «alla Djokovic». E, dopo 2 ore e mezza, strappa il terzo set per 6-3 e vola anche 2-0 al quarto. Si fa riprendere sul 3-3, ma ha ormai conficcato denti ed artigli nel match e, soprattutto, nel servizio italiano. Che strappa insieme al 7-5.
Stanchezza / Andreas nega: «Non ero poi così stanco, a parte la schiena un po’ dura». Ma sconta, anche di nervi, le maratone in 5 set contro Kukushkin e Verdasco, perché perde via via lucidità. E, da padrone del campo, ne diventa vittima, tentenna già al secondo game, regala con un doppio fallo svirgolato il 4-2, manca il contro-break, perde il dritto che, insieme al servizio, è il segnale più importante dei suoi miglioramenti, e alla fine si arrende, per 6-3, sul dritto al volo del numero 1. «Bel gesto Nole. Dopo una partita del genere ci può stare l’applauso, magari più dal pubblico che da parte sua. Cose così non si vedono tutti i giorni, magari ha sentito anche lui che ha rischiato». Ai primi ottavi dello Slam, a 28 anni, meritava un abbinamento più felice. Ma, comunque, chapeau.

L'italtennis c'e'

Gianni Valenti, la gazzetta dello sport del 04.06.2012

Il sapore dolcissimo di una doppia impresa ci ha accompagnato per gran parte della giornata di ieri. Sara Errani aveva appena entusiasmato per l'autorità con cui s'era presa i quarti di finale del Roland Garros, che già Andreas Seppi stava mettendo alla frusta il numero uno al mondo, Novak Djokovic, come mai si sarebbe potuto pronosticare. Quando, dopo oltre quattro ore e cinque set giocati in apnea, l'azzurro s'è dovuto arrendere, inevitabile è arrivato un pizzico d'amarezza, perché già pregustavamo il capolavoro. E' stato un attimo, presto cancellato da un dato di fatto: il tennis italiano ha vissuto una grande giornata dimostrando una volta di più d'essere presente, anche nel settore oggi più fragile, quello maschile. Dove abbiamo avuto la conferma di come è maturato l'attuale alfiere azzurro. La vittoria di Belgrado, i quarti di finale raggiunti a Roma e la grande partita giocata ieri consentono di guardare con fiducia al prossimo futuro. Seppi c'è, può giocarsela con chiunque e ambire ad entrare tra i primi venti del mondo (da lunedì prossimo occuperà la posizione n 24). Chi rimane a Parigi è, comunque, Sara Errani. La vittoria che la proietta nella fase calda del Roland Garros, da tutti considerato il campionato del mondo della terra rossa, è un traguardo a più dimensioni. Innanzi tutto siamo di fronte al secondo quarto di finale consecutivo raggiunto in un torneo del Grande Slam dopo quello di gennaio in Australia. Poi permette alla nostra piccola grande atleta di varcare la soglia delle prime venti giocatrici al mondo (mal che vada occuperà nella prossima classifica la 17esima posizione) consacrandosi sul campo la numero uno in Italia. Per il nostro tennis femminile è il pressoché definitivo cambio di generazione. Ironia della sorte, Francesca Schiavone cede definitivamente lo scettro proprio a Parigi il torneo che in carriera le ha dato più soddisfazioni e fama. L'incedere dell'eta, le crescenti difficoltà nell'approccio mentale ai match fanno si che la Leonessa non sia più quella di un tempo. I numeri della stagione parlano chiaro. Se si eccettua la vittoria nel torneo di Strasburgo, che aveva fatto sperare in un Roland Garros al galoppo, e la semifinale raggiunta a Brisbane all'inizio dell'anno, ci troviamo davanti a statistiche desolanti (mai due partite di fila vinte negli ultimi tre mesi e mezzo) che la faranno precipitare in classifica dove lei, e noi, non eravamo più abituati. Dà segnali di resistenza Flavia Pennetta, ma il divario di rendimento con la Errani è notevole. Il passaggio di testimone, dunque, giunge quasi fisiologico ma non così scontato. Nessuno si aspettava una stagione del genere da parte della 25enne emiliana che a guardare solo il 2012 è per punti guadagnati la numero sette del mondo. Lo squillo agli Australian Open di quest'inverno, è vero, ci aveva fatto sobbalzare non poco. Ma poteva essere anche il tipico fulmine a ciel sereno. Le vittorie nei tornei di Acapulco, Barcellona e Budapest hanno invece consolidato la crescita dello scricciolo azzurro, accrescendo in lei fiducia e convinzione. Nel suo tennis, oggi, è lievitata notevolmente anche la componente tattica. S'è visto chiaramente prima nella vittoria con la Ivanovic e ieri nel successo con la Kuznetsova, lavorata e sfiancata al corpo, tanto per usare una terminologia presa in prestito dalla boxe. Ora la tedesca Kerber per provare ad abbattere un altro muro.

La piccola Sara vola in alto a Parigi

Daniele Azzolini, tuttosport del 04.06.2012

Non manca davvero di palpitante bellezza lo slancio armonico di una ragazza verso una pallina che da quell'impeto ne trarrà una più affilata traiettoria, né appare priva di una solida intelaiatura epica il ragionato procedere verso l'ultimo approdo di un ragazzo che abbia deciso di conquistarselo a piccoli passi, trattenendo in sé la gioia di quel solido miracolo che sembra poter prendere forma. Non è il mito una narrazione priva di risvolti e di distinguo, non di soli eroi senza paura esso si compendia, non di gesti unicamente votati al coraggio, di pugni che percuotono il petto, di furore incontrollabile. C'è spazio per chi al fisico sostituisce gli alti pensieri, e per chi dentro di sé trovi la voglia di migliorar- LE VOLTE in cui ha conquistato i quarti di finale di un torneo dello Slam. In gennaio ha centrato l'obiettivo a Melbourne dove è poi stata sconfitta da Petra Kvitova, testa dl serie n.2. Ieri ci è riuscita a Parigi si in corso d'opera. E bellissima Sara Errani, così piccola sul Centre Court, che traccia logiche linee geometriche costruite sui colpi e sulle corse, che cattura l'attimo nel quale l'impatto risulterà più duro per l'avversaria, e che intigna nella ricerca di quel colpo in più, quello che strapperà alla russa Kuznetsova la voglia di insistere ancora. Bella e commovente, senza avere niente dell'amazzone che punta dritto al cuore dell'avversaria, brandendo la racchetta come un gladio. E merita il plauso di chi sa emozionarsi la costruzione agonistica cui dà vita Andreas Seppi, ricco di risorse un tempo insospettabili, di soluzioni che non gli erano proprie. E che pure aveva, da qualche parte, perché oggi le sciorina con la composta armonia di chi ben le conosce, e le frequenta da tempo. Poi le strade si dividono, ed è un peccato. Per quattro set c'è solo l'Italia al centro del Roland Garros, a rendere festosa di azzurro una domenica che trascina dalla nostra parte anche gli allibiti cugini di Francia. I due set che sono serviti alla Erravi per battere Svetlana Kuznetsova, e i primi due di Seppi, che strattonano Djokovic e lo spingono lontano dalla meta ago- LA POSIZIONE che attualmente occupa nella clssifica Race, quella che qualifica al Masters di Istanbul. Oggi sarebbe la prima riserva per il, torneo delle Maestre. Sara è all'ottavo posto della graduatoria di doppio, la vittoria nello Slam mai vinto, il quarto Slam di seguito che gli offrirebbe il suo personalissimo Grand Slam, cui il numero uno ha già deciso di dare il proprio nome, Nole Slam. Sono sensazioni di gioiosa pienezza, e restano tali, anche se il secondo miracolo non si compie, ma si limita a mostrarsi in una forma quasi definita, dando modo di immaginare quanto sarebbe stato bello e prezioso. Il fatto è che Noie si riprende: il match che gli ha cucito addosso Seppi lo avverte come un'insopportabile strettoia, e si ribella il numero uno, perché ha l'orgoglio per farlo e i colpi per rimettere a posto le cose. Ma la paura deve essere stata tanta, e il modo in cui Seppi lo ha contrastato, giocando lungo, sui bordi del campo, ed entrando dentro le righe a seguire le traiettorie meglio riuscite, per chiudere il punto con qualche azzeccata volée, deve averlo lasciato allibito. Mai l'italiano aveva osato tanto contro di lui. Ma qualcosa è cambiato in questi due ragazzi non più giovanissimi. Non sono più la Sara brava e fragile di una volta né l'Andreas un po' goffo di tanti match buttati, che incespicava sulle sue stesse occasioni. Lei ha spinto subito sull'acceleratore, incurante di un Centrale che per la prima volta la proponeva fra le protagoniste. Via di forza contro una che di forza ne ha il doppio di lei. Sei zero, addirittura, a rimarcare una distanza ormai abissale con una giocatrice che a Parigi vinse nel 2007, e che fu numero due del mondo. Svetlana non sarà più quella di una volta, ma prenderla di petto comportava innumerevoli rischi. Sara li ha affrontati, li ha trasformati. E nel secondo set, quando la russa si è rimessa in cammino, fino a condurre 5-3, ecco Sara serrare di nuovo le fila, stringere i tempi, tornare ad assumere quell'aria inflessibile, insieme ardente e concentrata. Un muro, l'azzurra. Quasi imbattibile nel palleggio. E per questo capace di un recupero portentoso: quattro game tutti suoi, dal 3-5, al 75 finale. Per un sogno che continua.

Sara è diventata grande "Devo ringraziare la Spagna"

Stefano Semeraro, la stampa del 04.06.2012

Sara Errani sulle tracce di Francesca Schiavone: dopo i quarti in Australia arrivano quelli a Parigi. Più sorpresa o eccitata? «Molto contenta. E curiosa di vedere dove posso arrivare. Non lo so neanche io». Ha battuto due ex campionesse del Roland Garros, Ivanovic e Kuznetsova. L'esempio della Schiavone aiuta a sognare? «No, a tenere i piedi per terra. Ho giocato delle belle partite ma i conti si fanno alla fine». Adesso le tocca Angelique Kerber, tedesca, mancina, n.10 del mondo che qui ha eliminato la Pennetta. Preoccupata? «E solidissima, ci ho giocato a Hobart a inizio anno e ho perso facile. Le mancine mi danno fastidio, ti cambiano gli schemi e gli effetti. Ne parlerò con il mio allenatore, e mi riguarderò il match con Flavia». A proposito di tecnica: ci spiega cosa ha cambiato quest'anno per diventare così forte? «La racchetta. Mi ha dato più pesantezza e velocità di palla, un aiuto al servizio. Prima, quando giocavo con le più forti, mi "salivano" sopra. Ora non mi sento più sottomessa e posso giocarmela tatticamente». Cosa ha di speciale? «E un modello più lungo: o allungavo la racchetta, o mi allungavo il braccio». A 13 anni si è trasferita negli Usa, ora vive in Spagna: casa sua dov'è? «Massa Lombarda, in Romagna. Dove c'è la casa dei miei. Ho comprato un appartamento tre anni fa a Valencia, sto bene anche lì, ma a Massa c'è la mia camera. Anche se ci sto due giorni l'anno». Cosa ha preso da sua madre e cosa da sua padre? «Da mamma la testardaggine, da papà il coraggio» Nella squadra di Fed Cup fino all'anno scorso era la mascotte a fianco di Pennetta e Schiavone. Ora le cose cambieranno? «Ma no, anche se nel ranking qualcosa è cambiato io mi sento ancora la più piccola». Le straniere la guardano in maniera diversa? «In campo sì. Mollano psicologicamente, pensano che ho vinto tante partite. E un vantaggio importante». Ora è l'italiana più forte? Ha già scavalcato la Schiavone, se batterà la Kerber supererà anche la Pennetta. «Non ci penso». Era necessario andare in Spagna per diventare Sara Errani? «Vivere lì mi ha aiutato molto a diventare quello che sono adesso. Lo consiglierei a chi inizia». Come ci si diverte a Massa e come a Valencia? «A Massa mangiando, soprattutto i passatelli in brodo caldi caldi: li adoro. A Valencia giro poco...Però c'è la Mascletà, una gara di petardi che dura una decina di giorni, divertente». Guarda la Race, la classifica che si basa solo sui risultati del 2012? Lì è la n.9 del mondo in singolare e n. 8 in doppio. Mica male, no? «La guardo, la guardo. Per ora penso al Masters di doppio. Quello di singolo mi sembra lontano». Quanto può migliorare ancora? «Ho ancora potenziale. In campo devi solo badare a dare il massimo». Che regalo si è fatto per celebrare questo inizio d'anno straordinario? «Un braccialetto della Dodo». Cosa le piace fare quando non gioca? «Dormo...». Cinema, letture, uomini?... «Internet. Sul web seguo Maria De Filippi, "Uomini e donne" o 'Amici". E un po' di musica. Ma mi piace anche starmene in camera da sola ». Potendo avere compagnia: meglio Brad Pitt o Johnny Depp? «Matri. E' un bel ragazzo, e mi sembra anche una bella persona». Juventina? «Simpatizzo Milan, ma non ho una vera squadra del cuore». L'amica del cuore è Roberta Vinci? «Per me è fondamentale. Giocare in doppio insieme ci ha legato tantissimo, è importante avere un'amica con cui dividere gioie, sconfitte, confidenze. Qualcuno che non sia l'allenatore. Roberta sa tutto di me».

Sara fa l'impresa, Seppi solo a metà

Gaia Piccardi, il corriere della Sera del 04.06.2012

Troppa grazia, sant'Antonio, sarebbe stata la doppia impresa di battere un'ex regina, Svetlana Kuznetsova, e l'attuale sovrano, Novak Djokovic, ritrovandoci due italiani d'esportazione, la Sara e Andreas, nei quarti a Parigi. Eppure l'aria del Roland Garros — l'unico Slam, guarda caso, che ci siamo annessi quattro volte con Pietrangeli nel '59 e'6o, con Panatta nel '76 e con la Schiavo-ne nel 2010 -, aveva ispirato sia la Errani che Seppi e gli avversari ci avevano messo del loro, sprofondando 0-6 la russa prima di cominciare a intravvedere la luce dentro la ragnatela di Sara, addirittura cedendo due set il serbo (4-6, 6-7) al cospetto delle traiettorie letali di Andreas, glaciale come le minime di Bolzano, da dove, con furore, proviene. Poiché il tennis femminile attuale è fatto della materia su cui Francesca Schiavone, uscita nei sedicesimi, edificò il suo trionfo parigino, Saretta è sembrata ancora una volta gigantesca dall'alto dei suoi 164 centimetri, non ha permesso alla Kuznetsova (mai battuta prima in cinque confronti) di ritrovare incisività, ha chiuso 6-o 7-5 e si è concessa il diritto/dovere («Devo provarci, devo essere brava a non accontentarmi, devo restare concentrata e darmi la chance di scoprire dove posso arrivare a Parigi...») di vendicare il pennetticidio di Angelique Kerber, che eliminò Flavia nel terzo turno e l'anno scorso nei quarti dell'Open Usa, affrontando domani la tedesca (mancina) per un posto, wow, in semifinale. «Sono molto contenta, dopo i quarti all'Australian Open e i tre tornei già vinti (Acapulco, Barcellona, Budapest ndr), comunque vada questa rimarrà una stagione indimenticabile. Sono in forma, piena di fiducia, io per prima curiosa di capire fino a dove riesco a spingermi con il mio tennis. Ma resto con i piedi per terra» dice la Sara allargando il sorriso e l'accento romagnolo, appena sbafato di inflessioni spagnole data la frequentazione con Valencia («Dove vivo da single ma la mia casa è, insieme ai miei genitori, a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna») e coach Pablo Lozano, che se la mangia con gli occhi. Contro la Kerber, numero io del ranking, le è richiesto il salto di qualità che ad Andreas Seppi è rimasto sulla racchetta quando si è trattato di finire l'animale morente, un Djokovic di basso cabotaggio («È stato uno di quei match in cui nulla funzionava — ha spiegato il numero 1—, non sono mai riuscito a trovare il mio ritmo, ma se non alzo il livello dei mio tennis al prossimo turno sono fuori...»), spesso boccheggiante, a lungo perso (77 errori non forzati, solo il 69 per cento di punti vinti sul primo servizio) dentro gli schemi basici ma efficaci di un Seppi in gran spolvero, capace di vivere brillantemente al di sopra delle sue possibilità fino al 3-3 del terzo set, quando coach Sartori già pregusta il colpaccio e invece Andreas si fa sfilare l'impresa di mano da quella vecchia volpe di Nole: 6-3, 7-5, doppio fallo letale dell'azzurro per il 4-2 Djokovic nel quinto e contro break sprecato con errore di dritto (6-3). «Novak di partite così ne avrà giocate mille, io qualcuna meno, e questo ha fatto la differenza». La differenza tra noi e il resto del mondo, ora, è Sara Errani, che dalla Schiavone ha imparato a farsi corteggiare dai sogni, e a dire sempre sì.
 

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