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07/06/2012 11:30 CEST - Rassegna

Errani da finale (Martucci); Spagna super Ferrer rompe la regola dei 4 (Tommasi); Forza Sarita È il tuo giorno (Azzolini); Insaziabile Sara, pure il doppio ora la sfida alla muscolosa Stosur (Clerici); Il fenomeno Errani è partito da qui (Strocchi)

7 giugno 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Errani da finale

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 7.6.2012

Chi non è mai stato piccolo non può sapere. Come chi non ha mai portato gli occhiali o non ha mai avuto i brufoli. Chi è sempre stato piccolo, come Sara Errani, l'ultima eroina azzurra del Roland Garros oggi in semifinale contro Samantha Stosur che non ha mai battuto, ci mette molto di più a sentirsi grande. Deve capirlo due volte, verificarlo, quindi confermarlo, e poi ancora, chissà. Perché comunque, c'è quel dolcemente «Saretta», del mentore spagnolo, Pablo Lozano, e quel teneramente «Ciqui», della sorella di doppio, Roberta Vinci, con cui giocherà domani in assoluto la prima finale femminile tutta italiana sulla terra rossa dell'immortalità sportiva. Comunque diminutivi, reali, affettuosi, ma diminutivi. Come quei 164 centimetri appena che contrappone alle wonder woman del tennis moderno. La più muscolata, la più potente, la più atletica è proprio l'avversaria di oggi nella sua prima semifinale a Parigi, la seconda grande partita di singolare nello Slam dopo i quarti di gennaio a Melbourne, in un altro scontro fisicamente impari, contro Petra Kvitova.

Sogno Chi non è mai stato piccolo, non può capire il sogno ricorrente dell'azzurra che ha preso il testimone dalla finalista degli ultimi due Roland Garros, Francesca Schiavone (regina 2010). Non bastano i tre tornei vinti quest'anno sulla terra, la scalata assicurata, dal numero 24 del mondo pre-Roland Garros al 14 post-Roland Garros, le eclatanti conferme in doppio (dopo la finale degli Australian Open quella in Francia), la considerazione degli altri, le affermazioni di questi giorni contro totem prima imbattibili (Ivanovic e Kuznetsova), il primo urrah contro una «top ten» (Kerber), dopo 28 bocciature. Lei, Nanà, continua a fare lo stesso sogno, che non è la coppa Suzanne Lenglen, ma è un incubo: «Sogno sempre la stessa cosa, che sto giocando una partita, vado in bagno, mi perdo per il circolo e mi danno scretch. Non arrivo più in tempo, succedono cose e quando torno non c'è più nessuno. E ho perso. Me lo sarò sognato almeno cinquanta volte».

Nervi Sara merita tante coccole: coach Pablo, il gemello-tecnico, Pedro, il preparatore atletico (David Andres), il clan Vinci, con coach Francesco Cinà e famiglia, il gruppo di Fed Cup, con in testa capitan Barazzutti. Sara è sotto tante tensioni: «In doppio ero molto nervosa, sapevamo che le spagnole sono forti e che sarebbe stata una partita dura, infatti anche fra i punti e fra i game abbiamo esultato come non mai». Sara si difende: «Non sono stata travolta dal dopo-Kerber, ho solo ricevuto 1000 messaggini, ho risposto a quasi tutti, ho pensato solo al doppio, sono contenta, ma tranquilla, le percentuali non mi piacciono, contro la Stosur sono 50 a 50, siamo comunque una contro l'altra. Ovviamente sono un po' stanca, ma c'è tanta motivazione che la fa un po' sparire». Sara rigetta il ruolo di numero 1 italiana: «Guida, io? Magari lo sarò quando sarò la più grande con le più giovani. Ma oggi non mi vedo la leader con Schiavone, Pennetta e Vinci. Proprio non ci riesco. Nemmeno in Fed Cup: il capitano non mi ha lasciato fuori nè a Biella né con la Repubblica Ceca. Siamo una squadra anche perché sappiamo accettare le decisioni di Barazzutti». Sara sorride ai complimenti dell'amica-Roberta: «E' ovvio, se il capitano - che decide - mi chiede con chi voglio giocare il punto decisivo in doppio, io dico Sara, senza esitazione. Un anno fa? Sììììì, anche l'anno scorso. Piano piano si cresce». Sara è piccola, ma lo pensa ancora solo lei.

Spagna super Ferrer rompe la regola dei 4

Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport del 7.6.2012

I due quarti di finale del singolare maschile che ancora rimanevano da giocare dovevano stabilire se anche in questo torneo potesse essere applicata la regola del quattro alla quale pare che in questo momento il tennis maschile non possa sottrarsi considerata la differenza che il computer e i risultati degli ultimi tornei hanno determinato al vertice della classifica.
Sia pure tra molte difficoltà, Novak Djokovic e Roger Federer avevano rispettato le gerarchie ed il parere degli esperti anticipando fin dal giorno prima per le semifinali il duello più atteso. Per completare il quadro mancavano Nadal e Murray dove lo scozzese rappresentava, per ragioni ambientali (leggi superficie) e di forma, l'incognita più complicata da risolvere. Nadal aveva sorvolato i primi turni con un'autorità che solo il miglior Borg, vincitore di questo torneo nel 1978 lasciando agli avversari 38 giochi poteva permettersi.
Ieri Nicolas Almagro gliene ha strappati undici, impresa comunque notevole considerata la severità con cui Nadal tratta i regolaristi. Andy Murray ha fatto di tutto per annullare contro un mastino come David Ferrer lo svantaggio del fattore campo ma è riuscito solo ad allugare la partita al quarto set senza poterne cambiare il destino e togliere al torneo l'impronta spagnola.

Forza Sarita È il tuo giorno

Daniele Azzolini, Tuttosport del 7.6.2012

Questa è la storia di un'amicizia. Ed è anche una storia di tennis. Un tennis di alta qualità, che vale una finale al Roland Garros, la seconda dopo quella di Melbourne. Un tennis da Grande Slam, che fra tutti è il più esigente. Cosparge il sentiero di trappole e pretende che il fisico non avverta la stanchezza. Sara Errani e Roberta Vinci sono state costrette a misurare la solidità del loro affetto fraterno sul campo più difficile, quello del gioco, e ne sono uscite ancora più amiche, ancora più unite. Condividono pensieri e risate, quegli irrefrenabili fourire con i quali le ragazze usano cementare la loro sorellanza. Risate esclusive, che nascono da racconti e pensieri comuni, da un modo d'intendersi tutto loro, impenetrabile, invidiabile. Hanno anche un appellativo che le unisce, un breve nickname di gruppo che cancella i loro nomi e le ripropone come le ciqui, quasi fossero una sola persona. E forse in parte è così. Perché sono uguali e diverse, anche nel tennis che esprimono, e tutto lascia pensare che sarebbero state amiche comunque. C'è intesa negli sguardi, complicità nei gesti. Il tennis le ha solo consegnate l'una all'altra, obbligandole a misurare la loro alleanza fra le righe di un campo. Ed è l'alleanza più vincente sbocciata fra due tenniste italiane:

10 MATCH IN 11 GIORNI Singolo e doppio valgono lo stesso, dice Sara. Ed è sincera nel dirlo. Scoprirsi così brava nel gioco di coppia l'ha convinta che valeva la pena di tentare anche in singolare. Sono queste le motivazioni che l'hanno spinta così in alto in questa stagione. Oggi, se fosse possibile unire le due classifiche di specialità, quella del singolo che la vedrà al numero 13 da lunedì, e quella del doppio, dove oggi è ottava, ma presto sarà fra le prime cinque, ne dovremmo dedurre che Sara è la numero uno del tennis femminile, almeno per quanto riguarda la completezza, l'insieme dei match e degli sforzi sin qui condotti. Non è facile, tutt'altro. Per raggiungere la finale del doppio, e salire sino al penultimo gradino del tabellone del singolare, Sara ha giocato finora dieci match in undici giorni e nessuna delle avversarie le ha regalato nulla. È stata in campo 943 minuti, vale a dire 15 ore e 43 minuti ed ha avuto un solo giorno di riposo. I set sono stati 23, venti quelli vinti, e il match più lungo l'ha giocato in doppio, contro le russe Makarova e Vesnina, nei quarti: 161 minuti e un set perso. L'ultimo di questa sua lunga rincorsa. Al confronto, la semifinale di ieri con le spagnole Martinez Sanchez e Liagostera Vives (erano in due, non in quattro), è stata quasi una passeggiata. Due set, 91 minuti.
Dominio completo.
«Un po' stanca, sì. Ma molto motivata», riassume la Errani. «Ho fatto un sogno», aggiunge divertita. «Ero uscita dal campo per fare la pipì, e mi ero perduta, non riuscivo a ritrovare il campo da gioco». Ha un significato? C'è da preoccuparsi? «Oh, lei va in bagno dieci volte a notte», butta li la Vinci, come a dire che il problema è la toilette, mica il campo. E Sara si trova costretta a precisare, piccata: «Stanotte solo cinque volte». E si va avanti così, con le due che se la ridacchiano beate.

NADAL IN SEMIFINALE Discorsi più seri li merita Sam Stosur, l'australiana. «Ce la può fare», dice subito Roberta, indicando a Sara la strada da imboccare, quando si fa un po' di marketing su se stessi. Ma Sara un po' recalcitra. «Quando penso a lei, mi vengono in mente i bicipiti. Li ha grossi e forti come quelli di un uomo. E sul servizio si sentono, eccome se si sentono. Ha una pallata che farebbe invidia a molti giocatori». Sarà importante rispondere bene, ovvio. «Non solo. Sarà importante anche aggiungere qualche variazione al gioco, per sottrarsi alla sua violenza». Ci ha giocato cinque volte. Ci ha perso sempre. «Ma tutta la pressione è sulla Stosur», rilancia la Vinci. «Per me Sara ha il 51 per cento di possibilità». Sara ha ancora due match da giocare. Se sarà brava saranno tre. Una finale è raggiunta, per l'altra si vedrà. Ma il miracolo ha già una sua forma precisa. Quella, a esempio, di relegare Nadal alle ultime due righe. E di nuovo in semifinale, lo spagnolo, che ha travolto l'amico Almagro in tre set. Ma qui siamo nel campo dell'ovvio. Ai miracoli quest'anno ci pensa Sara.

Insaziabile Sara, pure il doppio ora la sfida alla muscolosa Stosur

Gianni Clerici, la Repubblica del 7.6.2012

«Dove vai, tu che snobbi le conferenze stampa?» mi domanda il mio amico Mark Winter, uno che, come me, ha giocato qui, e ritiene quindi di capirci, almeno un poco.
«Vado a sentire le nostre eroine» rispondo.
«E chi sarebbero? E cos'hanno fatto?».
«Sono Miss Italia taglie piccole, Sara Errani, e Miss Rovescio a una mano, Roberta Vinci. Faranno la finale del doppio femminile».
«Esiste ancora?».
Esiste, amici. La specialità a suo tempo osteggiata dal machismo britannico, tanto che il doppio esordi addirittura nel 1913 a Wimbledon, 29 anni dopo il singolare, non rappresenta nemmeno ora il clou di un Grand Slam. Pare tuttavia il caso di prender nota, senza delirare, della presenza in finale delle nostre donnine.
«È la prima volta?» s'informa l'amico.
«Aveva già vinto qui cinque anni fa la per me straordinaria Mara Santangelo, ora infortunata, insieme all'australiana Alicia Molik. E l'anno scorso, a Melbourne, la Pennetta, con la bella argentina Gisela Dulko. Ma due italianine, insieme, non si erano mai viste».
«Hanno qualche chance?».
«Direi di sì. La Formichina Sara sbaglia una palla nei giorni dispari, e Roberta è una piccolo genio al volo. Non solo, ma senza essere i gemelli Bryan, hanno adottato anche qualche trucchetto, tipo formazione in fila indiana, con la Vinci di punta».
«E a proposito. Come vedi la Formichina, in semifinale, contro Samantha Stosur, una vincitrice di Slam?».
«Ha dichiarato che dell'australiana teme soprattutto i muscoli».
«In realtà, Sara può anche riuscire in quella che, per chi non la conosce, sembrerebbe una clamorosa sorpresa: purché riesca a coinvolgere la Stosur in un match di regolarità, e di spostamenti orizzontali. Ed eviti il filo di Arianna».
«Come sarebbe?».
«Sara ci ha raccontato oggi di un sogno ricorrente. Chiede l'interruzione per ragioni fisiologiche, esce dal campo e, percorso una sorta di labirinto, non riesce più a rientrarvi».
«Ti sembra il caso che consulti uno specialista?».
«Ci ho pensato, ma mi pare più semplice regalarle un filo».
Al di fuori di queste modeste considerazioni, ho ammirato, al solito, il probabile vincitore del torneo, Rafael Nadal, che ha compiuto un impegnativo allenamento agonistico con il suo riluttante amico Almagro. E ho anche partecipato ad un concorso indetto da uno sponsor, per attribuire un nomignolo ai campioni.
Ho modestamente suggerito "Chele", per Rafa. Non è, tra l'altro, un pescatore?

Il fenomeno Errani è partito da qui

Gianluca Strocchi, Tuttosport del 7.6.2012

Gli "allenamenti" in questi pomeriggi di inizio giugno sono davanti al televisore e non, come al solito, sul campo. Provate voi, se ci riuscite, a impedire ai ragazzi del gruppo agonistica del Circolo Tennis Massa Lombarda di seguire in diretta le imprese parigine di Sara Errani, la loro beniamina che sta facendo conoscere in tutto il mondo questa piccola cittadina della Bassa Romagna (poco meno di 11mila abitanti).

COME ALASSI «Con questa sua escalation Sara nel giro di un paio di mesi sta diventando un vero idolo per i nostri giovani, l'ho potuto constatare anche qualche settimana fa quando siamo andati al Foro Italico per gli Internazionali d'Italia», sottolinea il maestro federale Andrea Bellosi. E' lui che, venti anni fa, sui campi di via Fornace di Sopra ha insegnato le prime basi tennistiche a quella che è appena diventata la numero uno d'Italia, nata a Bologna (il 29 aprile, stesso giorno di Andre Agassi: un segno del destino?) solo perché la madre Fulvia optò per un ospedale del capoluogo regionale dopo che il primogenito Davide era venuto alla luce a Lugo. «Me la portò suo padre Giorgio, non aveva ancora 5 anni e non arrivava alla rete - ricorda Bellosi - con una racchetta grande come lei, visto che ancora non c'erano gli attrezzi da mini tennis. La misi sulla linea del servizio e mi accorsi subito che era di un altro pianeta, dopo appena un paio di colpi trovò il tempo sulla palla e nel giro di mezz'ora riusciva già a palleggiare. La cosa che più mi colpì, oltre alla grande coordinazione, fu la sua capacità di attenzione: riusciva a mantenerla 2-3 minuti quando di solito bambini di quell'età dopo qualche secondo si distraggono. Penso che con doti del genere sarebbe riuscita ad emergere in qualsiasi sport».

300 METRI DA CASA Proprio su questi campi, in linea d'aria trecento metri dalla villetta della famiglia Errani, in via Sant'Antonio, nel maggio 1998 la piccola Sara, allora 11enne, tesserata da qualche stagione per il Club Atletico Faenza, vinse il Trofeo di Primavera under 12, venendo da lì a poco convocata in Nazionale per l'Open Super 12 di Auray (Francia). E poco più che 12enne 6 mesi in Florida, all'Academy di Nick Bollettieri. Poi l'esperienza con l'Easy Tennis del maestro Michele Montalbini, una parentesi a Forli e infine, 8 anni fa, il grande passo, con la decisione di trasferirsi a Valencia per tentare di sfondare nel circuito professionistico. «Ci conosciamo da bambini e continuiamo a sentirci tutti i giorni - fa notare Nicholas Contavalli, 27 anni - anche adesso. Durante il Roland Garros sto continuando a inviarle sms in spagnolo perché porta bene, mentre lei mi dà dello stupido. Il bello di Sara è che risponde sempre a tutti, anche solo con un grazie o uno smile. Il successo non l'ha cambiata, anzi ora davanti a telecamere e microfoni si è un po' sciolta. E quando torna a casa trova il tempo per una cena con me e gli altri ragazzi che giocavano con lei».

FESTE DI NATALE Si rifugia a Massa Lombarda nei momenti di riposo Sarita, specie durante le vacanze natalizie. E tappa obbligata è il circolo tennis, per salutare Elisabetta Pasi, che con la famiglia gestisce bar e campi. Non a caso sulle pareti fa bella mostra una foto-poster dell'azzurra con dedica (A Betta e agli amici del circolo) dopo il trionfo in Fed Cup, mentre su un tavolino all'esterno, con la tecnica del decoupage, spiccano diverse immagini di Sara bambina insieme ad altri tennisti in erba locali. «Ha giocato a calcio e basket con mio figlio Marco, quindi le sono molto legata - sottolinea Betta - Domenica ho scritto alla "mia Gigetta", come la chiamo io, e mi ero congratulata con lei dopo il successo in doppio a Roma. E proprio con la Vinci era passata di qua una mattina, in febbraio, reduce dal trionfo ad Acapulco. A Natale, sapendo che sarebbe venuta e quanto le sono affezionati i nostri piccoli tennisti, a sorpresa li ho invitati qui e Sara è arrossita. E' di una modestia eccezionale, non come certi 2' categoria che passano di qui».

IN CRESCITA Già, perché il "piccolo grande circolo" (2 campi in terra più uno in sintetico coperto da struttura fissa), stretto tra lo stadio da una parte e il palasport dall'altra, ospita a fine agosto un ricco Open maschile (i dirigenti sognano un internazionale ma occorrono 3 court) e da 9 anni disputa la serie A2 maschile (domenica spareggio playoff col Tc Prato) sfidando come Davide contro Golia club di grandi città e blasone. «Siamo una realtà di eccellenza come staff e attività - conferma il vice presidente Fulvio Campomori - con 100 giovani fra Sat e agonistica e 10 squadre nei campionati, di cui sette giovanili. Però le strutture, di proprietà comunale, sono rimaste quelle di 40 anni fa e questo ci penalizza. Per continuare a crescere serve almeno un altro campo». Tanto che qualcuno, sulla falsariga di quanto avvenuto in altri sport, butta là l'idea di una struttura-premio della Federtennis a Sara da donare alla sua città. Chissà se anche questa favola avrà un lieto fine.

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