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09/06/2012 11:46 CEST - Rassegna

R.St. Roland Garros - Cronache e Rubriche di Martucci, Crivelli, Bertolucci, Tommasi, Faggioni, Valesio, Azzolini, Piccardi, Clerici, Palizzotto, Semeraro, Grassia; Interviste di Marianantoni, Monari, Giorni

8 giugno 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

ROLAND GARROS - CRONACHE E RUBRICHE

Clamorosa Sara - Errani d'acciao la finale è tua!

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport dell'8.6.2012

Sara Errani in finale al Roland Garros - domani con la neo n.1 del mondo Maria Sharapova - è il più clamoroso risultato, in assoluto, del tennis italiano. Per la crescita tecnica della straordinaria 25enne romagnola (da un anno), per le caratteristiche fisiche (è alta 1.64), per le avversarie che ha superato in queste due settimane e per il modo con cui c'è riuscita, qualificandosi anche alla finale di doppio, insieme a Roberta Vinci.

Hingis Intelligenza, personalità e resistenza prendono quindi il testimone dell'estrosità di Francesca Schiavone portando per il terzo anno consecutivo un'azzurra sotto il traguardo di Parigi. Ma spiegare il fenomeno-Errani non è facile. Meno che mai per Sam Stosur, la iper-muscolata australiana, già beffata due anni fa dalla Schiavone nella finale di Porte d'Auteuil, che picchia talmente forte la palla da piegare le mani a Saretta, facendola adottare dal pubblico del Philippe Chatrier: «Quel che fa lo fa molto bene, usa intelligenza e tattica, come Martina Hingis, certo, e ti sorprende con qualcosa che non t'aspetti e rubandoti un punto che sembrava tuo». Certo, l'ormai famosa racchetta, più lunga di un centimetro, che Chiqui — scusate se finora l'abbiamo scritto male — ha adottato a costo di una penale di 30mila dollari. Certo, la fiducia che le viene dai quarti agli Australian Open, dalle due finali di doppio Slam (Melbourne e Parigi, oggi) e dai tre tornei vinti quest'anno sulla terra rossa. Certo, la determinazione (fuori campo) e la freddezza (dentro) di una ragazza da sempre serissima e con le idee chiare che a 13 anni ha lasciato Massa Lombarda per diventare compagna di corso da Bollettieri, proprio con quella Sharapova che ritroverà domani in finale. Certo, l'alchimia con l'allenatore-motivatore spagnolo della scuola di Valencia, Pablo Lozano, la dedizione al preparatore atletico David Andres (che ha portato in alto Andreeev e David Ferrer), la crescita umana e professionale per mano della sorella maggiore, Roberta Vinci. Ma stiamo parlando di un miracolo. Niente a che vedere con la Schiavone finalista a Parigi, un fenomeno annunciato dal talento che cercava il collante dell'organizzazione. «L'ordine», come ripete lei facendo eco al deus ex machina Corrado Barazzutti.

Favola Per arrivare dove nemmeno lei aveva mai osato sognare, Saretta soffre al primo turno la modesta Mancina Dellacqua, stritola l'ex promessa Oudin, poi fa un deciso salto di qualità contro Ivanovic, Kuznetsova (due ex regine del Roland Garros), e Kerber (la prima «top ten» che batte dopo 28 k.o.) facendole giocare contro natura, lavorandole ai fianchi, spingendole sul terreno della tattica che lei predilige e che per il 90% delle avversarie equivale alle sabbie mobili. Piccolina, inesperta a questi livelli, spremuta in parallelo anche dal doppio, sempre sfavorita dalla classifica, l'italiana che non t'aspetti in fuga, dopo un torneo duro come uno Slam con 128 al via, s'ispira al credo del «passo dietro passo» di Rafa Nadal, si abbevera alla fonte della curiosità e della sorpresa, si nutre di freddezza ed equilibrio. E poi, davanti alla montagna Stosur, che lei rispetta e teme più di altre, nel parallelo con le sue caratteristiche, compie il capolavoro che pochi s'attendevano.

Pantani Perché Sara e Sam s'erano appena affrontate a Roma, e l'australiana aveva vinto per la quinta volta su cinque. Perché Saretta era stanca anche agli occhi di mamma e papà arrivati a Parigi in barba alla superstizione. Perché Samantha col bicipite che mette paura e il servizio kick come un uomo sembra fatta apposta per irridere una piccoletta come lei. Come del resto con quei colpi da fondo, dritto e rovescio, pesantissimi, capaci di riaprire in qualsiasi momento il match. Così è, a tratti, anche la semifinale di Parigi, e quasi fino all'ultima palla. Ma, nemmeno fosse Pantani, armata di uno stuzzicadenti contro un cannone, la Errani sa sempre ripartire: scatti brevi, secchi, che lasciano sui pedali l'australiana. Fino a quel crollo finale sulla sacra terra: le mani a coprirsi il volto sconvolto dall'incredula felicità. Puoi crederci piccola-grande Sara: sei in finale al Roland Garros e sei anche la numero 10 del mondo. Proprio il tabù che non riuscivi a sfatare.

«E' cresciuta e ha lottato Tiferò per lei»

Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport dell'8.6.2012

E' solo un passaggio di consegne: sullo sfondo, si staglia nitida la forza del nostro tennis in rosa. Da Francesca a Sara, dalla leonessa a Nana, per il terzo anno consecutivo un'italiana giocherà la finale del singolare al Roland Garros. Emozioni su emozioni, brividi che la Schiavone trasmette così a colei che ne ha raccolto l'eredità parigina: «Sono molto felice per Sara, ha lavorato duro e con grande determinazione. E' cresciuta molto e sta ottenendo grandi soddisfazioni ama combattere e sa divertirsi in campo, una grande marcia in più». E poi: «Mi guarderò sicuramente la finale in tv e ovviamente farò il tifo per lei».

Gruppo La vincitrice del 2010 e finalista del 2011 su Sky ha un'analisi tutta personale sulla maturazione impetuosa di «Chiqui»: «Sicuramente contano molto la famiglia e l'allenatore, che le hanno dato grande serenità, ma credo che sia stato fondamentale per lei crescere in un gruppo come il nostro di Fed Cup. E' sempre stata la sorellina minore — sorride Francesca — e all'inizio un po' l'ha pagata, perché la trattavamo un po' come in caserma, però l'abbiamo resa più forte e adesso è capace di tirare fuori il cuore in ogni situazione». Quanto ai consigli su come affrontare la partita più importante della vita, la Schiavone divide i momenti: «Tatticamente, contro la Sharapova deve arrotare la palla, cambiare ritmo e rotazioni, giocare una difesa attiva. Sul piano emotivo, deve solo essere se stessa, lasciar scorrere le emozioni, convivere con la paura e con la gioia e non farsene travolgere».

Lacrime E se la Pennetta ha espresso la sua felicità su twitter («Grande Sara, non ci sono parole. Sei grande!»), Robertina Vinci, l'amica del cuore con cui oggi giocherà la finale del doppio, si è commossa fino alle lacrime: «E' vero, ho pianto e non riesco a farmi passare l'agitazione. Sara ha vinto con il carattere ma anche con la forza del suo tennis, non si è abbattuta quando la Stosur ha alzato di molto il livello. Adesso mi ha chiesto di rimanere per la finale, anzi mi ha quasi obbligata (dopo il doppio, Roberta dovrebbe volare al torneo di Birmingham, ndr): come faccio a dirle di no?». Anche Corrado Barazzutti, capitano di Fed Cup, si è emozionato: «Sara ha compiuto una grandissima impresa, è andata sotto 3-0 subito e la partita sembrava già chiusa, ma sta meritando questi risultati perché sta giocando benissimo. Sono felicissimo per lei, perché ama il tennis, è una straordinaria lavoratrice e ci mette una fantastica passione. E' troppo forte».

Errani così diversa dalle colleghe per ritmo, gioco e solidità mentale

Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport dell'8.6.2012

Il punteggio con il quale la nostra Sara Errani ha battuto l'australiana Samantha Stosur raggiungendo la finale parigina, non fotografa con esattezza la differenza che c'è stata sul campo sotto l'aspetto tecnico-tattico tra le due giocatrici.

Per avvicinarsi alla scoperta di Sara, forse dovremmo partire dalle sue origini, dal luogo dove è nata, composto da gente cordiale ma decisa, allegra e fondamentalmente lavoratrice. Queste qualità, unite all'atteggiamento sul campo e alla vivacità mentale, contribuiscono a renderla indigesta alle avversarie che debbono confrontarsi con lei. Lasciata giustamente a riposo la smorzata, ieri nella semifinale vinta in tre set dall'azzurra, Sara ha focalizzato l'attenzione sulla percentuale di prime palle di servizio, per non cedere l'inerzia dello scambio. Inoltre ha aperto il campo con il dritto per pizzicare il rovescio della Stosur fino ad irrigidirla in lunghi e faticosi scambi. Determinante è risultata la posizione assunta nella risposta con il compito di addolcire il servizio lavorato dell'avversaria optando spesso per un movimento corto e bloccato. L'australiana ha cercato fino all'ultima palla di ribellarsi alla sconfitta, profondendo aggressività nel secondo set (vinto nettamente), ma ha dovuto soccombere a quello scricciolo italiano, alimentato con batterie dalla durata illimitata nel terzo.

Il nuovo attrezzo ha confermato la sua affidabilità, ma è la varietà del gioco, i cambi di ritmo e la solidità mentale a renderla così diversa dalle colleghe. E il sogno continua.

La ribalta - Torneo maschile Nadal che cammino E' lui il favorito

Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport dell'8.6.2012

Manca solo Andy Murray, il meno attrezzato per la terra battuta, tra i primi quattro giocatori del mondo, nelle semifinali odierne del Roland Garros. Tuttavia il cammino dei favoriti verso le semifinali non è stato dei più tranquilli se solo pensiamo ai quattro match point salvati da Novak Djokovic contro Tsonga e alla rimonta cui è stato costretto Roger Federer per recuperare due set di svantaggio contro l'argentino Del Potro. L'unico a sorvolare il torneo con la disinvoltura che, almeno su questa superficie, gli è abituale è stato Rafael Nadal, che in cinque partite ha lasciato ai suoi avversari 30 games che sono troppi per consentire al campione spagnolo di insidiare il primato di Bjorn Borg che nel 1978 ha ceduto, semifinale e finale comprese, soltanto 38 giochi. La regolarità del torneo trova riscontro nell'alto numero dei precedenti che coinvolgono i quattro semifinalisti, abituali frequentatori delle fasi conclusive dei tornei dello Slam. Federer vanta un vantaggio di 14 vittorie ed 11 sconfitte nei confronti di Djokovic. Come spesso succede quando tra due campioni c'è una sensibile differenza di età (in questo caso sei anni) il più anziano sfrutta all'inizio la maggiore esperienza. Questo spiega come mai Djokovic, che ha vinto contro Federer cinque degli ultimi sei incontri, non sia ancora riuscito a recuperare lo svantaggio accumulato nella prima fase della loro rivalità. Per quanto riguarda il derby spagnolo tra Nadal e Ferrer è inevitabilmente la meno affascinante delle due semifinali perché il bilancio è favorevole a Nadal per 15 vittorie a 4 con un parziale di 11 vittorie per Nadal negli ultimi 12 confronti diretti.

La Errani continua a (far) sorridere

Rino Tommasi, Il Fatto Quotidiano dell'8.6.2012

Per il terzo anno consecutivo un'italiana giocherà la finale del Roland Garros, il torneo più importante del mondo tra quelli che si disputano sulla terra battuta. Dopo Francesca Schiavone che aveva vinto questo torneo due anni fa mentre era stata battuta in finale dalla cinese Na Li l'anno scorso, è toccato alla bolognese Sara Errani, che all'inizio del torneo era soltanto la numero 45 nella classifica mondiale, la ventiduesima testa di serie e la quarta italiana a regalarci questo importante risultato. Corro volentieri il rischio di esagerare, ma considero questo successo il più importante ottenuto da un tennista azzurro in rapporto alle previsioni della vigilia e alle obiettive difficoltà dell'incontro. La Errani, che nei quarti di finale aveva battuto la tedesca Kerber, numero 10 in classifica, ha sconfitto in semifinale la prima tennista australiana, Samanta Stosur sesta testa di serie e vincitrice l'anno scorso dell'Open degli Stati Uniti.
La Errani ha costruito la sua vittoria giocando un primo set al limite delle sue possibilità e commettendo soltanto due errori gratuiti.
Vinto il primo per 7-5 in 46 minuti, la Errani ha dovuto subire nel secondo la reazione della Stosur che ha dominato il gioco grazie a un servizio più potente e preciso (10 ace).
La Errani, che da quattro anni si allena in Spagna, è stata bravissima ad arginare la sua avversaria nel secondo set nel quale ha preso un vantaggio di 3 a 0, è stata raggiunta sul 3 pari ma ha giocato il suo miglior tennis quando dal 3 pari ha conquistato gli ultimi tre giochi chiudendo in 2 ore e 4 minuti. "Non avrei mai pensato di poter arrivare in finale" ha detto la Errani che ha anche avuto la modestia di dire di non sentirsi una top ten, la classifica che il computer le attribuirà lunedì prossimo a prescindere dell'esito della finale. Dove la Errani incontrerà la russa Maria Sharapova che vanta tre vittorie nei tornei del Grande Slam, ma le manca proprio il Roland Garros.
Ieri, la Sharapova ha battuto la ceca Petra Kvitova che l'anno scorso aveva vinto il torneo di Wimbledon e che in virtù di questo risultato tornerà a occupare il primo posto nella classifica mondiale che era già stato suo il 22 agosto 2005 appena vinto il suo primo Wimbledon. La finale del singolare femminile è in programma sabato con inizio alle 14. Non ci sono precedenti tra la Errani e la Sharapova ma ci sono 22 centimetri di differenza in altezza e qualche milione di dollari nel conto in banca. Azzardare un pronostico, dopo averne fortunatamente indovinati tre, è un rischio che non vorrei correre. Comunque vada, grazie lo stesso, piccola Sara.

Storica finale a Parigi sogniamo con Sara - Fantastica Sara

Claudia Faggioni, Corriere dello Sport dell'8.6.2012

Lacrime di gioia a bagnare quei grandi occhi azzurri. Sara Errani è in finale al Roland Garros. Non ci crede ancora neanche lei quondo si accinge a stringere la mano all'australiana Samantha Stosur, n.6 del mondo, subito dopo averla battuta in tre set (7-5 1-6 6-3) sul Centrale dello torneo francese. La pioggia aveva provato a rimandare tutto. Ma poi il sole è tornato su Parigi, permettendo alla nostra Sarita di scendere in campo per giocarsi la sua prima semifinale di uno Slam.

TESTA - La Errani non aveva mai battuto la Stosur, nei cinque precedenti: lo ha fatto nella sfida più importante. In una partita giocata con la testa e l'atteggiamento di una grande campionessa, l'azzurra non si è mai persa d'animo, coraggiosa, lucida e sicura su ogni punto, anche quando il match non girava dalla sua parte. Prima di arrivare a Parigi, Sara aveva un record di 28 sconfitte e nessuna vittoria contro le top-10. In una settimana ha battuto la n.10 Angelique Kerber e la Stosur, e adesso sarà una di loro. Con questa vittoria la Errani entrerà infatti tra le prime dieci del ranking mondiale.
Arriva così la nona finale in carriera per la 25enne romagnola, e arriva anche la terza finale consecutiva al Roland Garros con un'azzurra in campo: nel 2010 l'indimenticabile vittoria di Francesca Schiavone proprio sulla Stosur, nel 2011 di nuovo la milanese sconfitta dalla cinese Na Li.

STAGIONE SUPER - Un 2012 da incorniciare, l'anno delle imprese per la Errani. Quattro anni passati a ridosso delle top-40, poi Sarita è esplosa. Esplosa in singolare, con i titoli ottenuti ad Acapulco, Barcellona e Budapest, ed esplosa in doppio, con la serie positiva di diciotto vittorie e i cinque titoli conquistati (Roma, Madrid, Monterrey, Acapulco e Barcellona) al fianco di Roberta Vinci.
Un anno che ha registrato anche il cambio di racchetta, in favore di una più lunga (di un centimetro) e un po' più pesante, cambio che le è costato una penale con il vecchio marchio di circa trentamila dollari. Mai soldi sono stati così ben spesi.

SPAGNOLA - Durante la sfida contro la Stosur di ieri, Sara gridava Vamos!, come da iberica tradizione, lei che si allena a Valencia col suo coach Pablo Lozano. Ma "Chiqui", come viene chiamata, è italiana a tutti gli effetti. Nata a Bologna per caso, cresciuta a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna. E ora è in finale nel singolare del Roland Garros, ma anche nel doppio con Roberta Vinci. Nessuna azzurra ci era mai riuscita. L'ultima giocatrice ad aver raggiunto la finale sia nel singolare che nel doppio è stata la belga Kim Clijsters nel 2003. L'ex n.1 del mondo riuscì poi a conquistare solo il titolo di doppio. Sollevò invece il trofeo in entrambe le prove la francese Mary Pierce nel 2000.

TIFO - Ieri Sarita ha conquistato il cuore dei tifosi francesi, tra i quali si erano mescolati anche i genitori, mamma Fulvia e papà Giorgio, volati a Parigi per l'occasione sfidando la scaramanzia che fino ad ora li aveva tenuti lontani. La loro piccola Sara è in finale al Roland Garros, non potevano mancare.

 

 

 

 

FavaloSara! - Il miracolo Errani un affare di famiglia

Piero Valesio, Tuttosport dell'8.6.2012

«Quel giorno? Lo ricordo benissimo. Come se fosse ieri». Il giorno è quello in cui una bimba che di nome faceva Sara Errani rispose affermativamente ad una domanda del padre, Giorgio. La bimba aveva dieci anni e il genitore l'aveva accompagnata in America. «Eravamo a Bradenton, in Florida per giocare l'Orange Bowl. Mi guardai intorno e dissi a mia figlia: ti piacerebbe venire qui a imparare come si fa a diventare bravi tennisti? Lei mi guardò un attimo e poi rispose: sì, certo. La presi in parola. Poco dopo era su un aereo che la riportava in Florida. Tutto è cominciato da lì». La famiglia Errani non ricorda se Sara viaggiò in prima classe o in turistica: ma di certo che la figlia ne provò tanto di spavento quando si rese conto che era da sola su un aereo che la stava portando in un posto dov'era migliaia di chilometri lontana da casa. «Ma non l'abbiamo mica forzata noi. L'abbiamo solo aiutata a fare quello che lei voleva fare. A percorrere la strada che aveva scelto. Perché Sara sceglie, sceglie sempre» spiega la signora Fulvia che di professione fa la farmacista mentre Giorgio è titolare di una società che si occupa di import-export di prodotti ortofrutticoli. Come è giusto che sia a Massa Lombarda località che i più ricordano per essere stata la sede di uno di quelle industrie alimentari, la Yoga, che ha segnato più di una generazione. Aggiunge il fratello Davide: «Non aspettatevi che Sara faccia chissà che con i soldini che le arriveranno dall'aver raggiunto la finale di questo torneo. Lei non è tipo da follie. A Valencia si è comprata un appartamentino perché vive lì, mica una reggia. Se volete capire com'è Sara guardatela e basta. Lei è proprio così, come appare».

SGUARDO Vivere a Valencia con lo sguardo rivolto verso l'Emilia Romagna. Facile? Difficile? Giorgio: «Ci vediamo poco ormai e dunque non ci parliamo moltissimo a voce. Ma comunichiamo con gli sms, tutti i giorni. Ho un rapporto splendido, con lei. Anche se ho smesso di tentare di aver ragione, quando discutiamo, da quando lei aveva sedici anni. Tira dritta per la sua strada ma sono sempre stato tranquillo per il suo futuro, anche quando tutti, ma proprio tutti, mi dicevamo che ero un visionario ad accettare che mia figlia si dedicasse al tennis invece che a qualcos'altro: ma, a volte, è proprio essendo visionari che ci si costruisce un posto nella vita». In effetti avrebbe dovuto essere un supervisionario per immaginare che la figlia sarebbe entrata fra le prime dieci giocatrici del mondo e che sarebbe arrivata a giocarsi una finale di Roland Garros. «All'inizio pensavo che avrebbe potuto entrare fra le prime 300 del mondo. Poi fra le prime 50. Poi quando a Portorose l'ho vista prendere a pallate la Safina per tre quarti di partita ho pensato che se si fosse impegnata avrebbe anche potuto entrare nelle prime venti. Ma fino a qui no». E se dovesse vincere? Cosa regalerà a sua figlia? «Io a lei? Penso proprio che sarà il caso che sia lei a regalare qualcosa a me». Tre parole per definirla? «Direi tenace, determinata, intelligente. E non necessariamente in quest'ordine».

FIDUCIA Allenarsi e vivere in Spagna si diceva. Possibile, è lecito domandarsi, che non ci fosse una soluzione più comoda? Che non ci fosse in Italia un coach o una struttura che le permettesse di allenarsi più vicino a casa? «A Valencia lei ha trovato la sua dimensione. E poi, diciamolo, in Italia non tutti hanno creduto in lei. C'è stato anche chi era scettico sulle sue possibilità di diventare una giocatrice di livello. E comunque Sara non ha trovato Lozano; l'ha scelto. E' diverso». Ma fra le tante scelte che ha compiuto, Sarita, c'è anche quella di un fidanzato? «Non esiste un fidanzato, almeno che io sappia. Non lo avete visto perché semplicemente non c'è». Fidanzato no, ma amici si tanti. Anche Francesca Schiavone che si è fatta viva con Sara tramite sms (tra l'altro si vocifera che il sodalizio sportivo con Francesco Elia sia già morente) e ieri, dopo il successo sulla Stosur lei che conosce bene cosa si prova quando si gioca una finale a Roland Garros, ha idealmente abbracciato la compagna di Fed Cup.

Sara perché ti amo «E io non cambio»

Piero Valesio, Tuttosport dell'8.6.2012

Sara perché ti amo. E la mancata accentazione della prima parola non è un refuso: è un urlo e un nome di battesimo assieme. E' un'emozione, che cresce piano piano: cade una stella ma dimmi dove siamo. Chi l'avrebbe mai detto che saremmo arrivati a usare il più pregevole testo dei Ricchi e Poveri per celebrare quanto l'ltalia del tennis, e a ben vedere dello sport in generale, sia ebbra di gioia: Sara, senza l'accento, è in finale al Roland Garros. Il campionato del mondo sulla terra rossa, lo Slam parigino. Terza finale italiana nel giro di tre anni dopo la vittoria di Schiavone nel 2010 e la sconfitta sempre di Francesca contro Na Li l'anno scorso. Sara, Sara, Sara: impossibile non amarla. Avevano ragione la brunetta e la biondona, il fighetto e il nasone con la voce baritonale. Impossibile non scattare sulla sedia assistendo allo sfoggio di costanza e umiltà, di tocco e di follia che la Errani ha messo in campo contro Samatha Stosur, numero 6 del mondo, colei che meno di un anno fa fece polpettine di Serena Williams nella finale di Flushing Meadows. Forse non s'è capito bene: la Errani ha sconfitto in due ore di gioco la stessa che otto mesi fa ha tritato a casa sua colei che (lo dicono tutti) è la più forte giocatrice al mondo anche se si fa vedere un mese si e quattro no. E domani sfiderà Maria Sharapova in finale. Dando vita ad un confronto unico non solo fra due stature ma fra due stili di vita, due atteggiamenti, due modi di pensare, due bellezze. Fiorite entrambe, per gli strani scherzi del destino, in Florida nello stesso college che non è propriamente un hotel a cinque stelle gestito dal quel furbone di Nick Bollettieri.

DUE UOMINI Sara, Sara, Sara. Lei che non ha mai dovuto svegliarsi, vendittianamente parlando, perché sveglissima lo è stata sempre. Anche quando dorme e, racconta il suo fratello-manager Davide «dorme parecchio. E' la cosa che le piace più fare quando non gioca a tennis. Si sdraia sul divano magari mentre le sto parlando e si addormenta». Davide e Pablo sono i due uomini chiave della vita di Sara. Il fratello ex calciatore (è arrivato fino alla serie C con la Pro Vercelli dopo aver giocato nelle giovanili del Bologna) che ha preso in carico il management della sorella e Pablo Lozano, il coach da otto anni che la segue con base a Valencia in giro per il mondo. Erano sveglissimi Davide e Pablo ieri mattina quando Sara si è presentata a colazione e ha detto loro: «Non sto una meraviglia. Mi duole un po' la gamba destra, su verso l'inguine, non so. Forse è solo stanchezza». Pablo ha guardato Davide, Davide ha guardato Pablo e tutti e due hanno immediatamente portato Sarita dal fisioterapista. Non si può arrivare ad una semifinale di uno Slam e poi doversi tirare indietro perché fa male una gamba. Fuori il cielo è nero, diluvia. Però qui siamo a Parigi e qui la lumière è di casa. E alle tre del pomeriggio le nuvole prendono a rincorrersi nel cielo e il sole inonda il Chatrier. Il sole di Austerlitz, quello che illuminò la vittoria di Napoleone, scalda le gambe di Sara e le trasmette energia. E per contro si pianta come un accetta negli occhi dell'australiana, coperti da occhialoni scuri che più che altro servono a celare le sue insicurezze. E il sole di Roland Garros saluta Sarita che arriva in semifinale servendo a 130 l'ora, rispondendo sulla righe a una che serve a 180 l'ora, andando a rete a prendersi i punti, pressandole il rovescio, cambiando di continuo pressione alla palla: alternando randellate alla Joe Di Maggio a pallette che sembrano Slaim con vermi, quella pastella colante che faceva impazzire i ragazzini qualche anno fa. Sarita che da oggi sarà numero 10 al mondo. Di-e-ci. «Se ripenso a quando era 300, magari non vinceva una partita e per fare punti andava a giocare i 10.000 dollari in Uzbekistan...» dice Davide con lo sguardo rivolto da nessuna parte e da tutte le parti.

SOPRANNOME Piccola parentesi. Sapete qual è il soprannome di Sara? Non è Sarita, che è quasi solo in Italia che la chiamiamo così perché ci piace l'idea di lei che si allena in Spagna epperò resta italianissima a tutti gli effetti. Il suo vero soprannome è Chiyui e chissà se questa è la grafia giusta. «Mi chiamano così perché a Valencia hanno preso a chiamarmi Chiquita ma la banana non c'entra niente. C'entra il fatto che sono piccolina e Chiqui rende bene l'idea». La apostrofa così David Ferrer suo grande amico e compagno di allenamenti che si fionda in players lounge appena concluso il match per abbracciarla. «Piccolina un cavolo - dice David - col braccio che si ritrova se mi mena mi fa del male visto che è grosso il doppio del mio». Ma il punto non sono le affettuose risse tra fratello e sorella: il punto è che senti quel Chiqui e pensi: dove ho già sentito una cosa del genere? E dopo un po' ti viene in mente: era l'82, Sara manco era nata e in Spagna si svolgeva un campionatino da niente, sapete, di quello sport in cui due squadre di undici in mutande tirano calci ad un malcapitato pallone. In quella Italia giocava allora uno che sembrava uscito da un figurina, magrolino, saltellante che da un giorno all'altro prese a segnare gol a raffica, si chiamava Paolo Rossi e gli spagnoli lo ribattezzarono pichichi, che vuol dire goleador ma anche uccellino. Sapete come è andata a finire quella volta; e da Pichichi e Chiqui suono e passo sono brevissimi.

PAROLE «Come ho fatto? Non lo so nemmeno io. Devo dire che forse non mi sento nemmeno adeguata a stare così in alto, a vivere quello che mi sta succedendo. Ma una cosa la voglio dire, subito: una finale al Roland Garros non cambierà quello che sono dentro e fuori dal campo. Perché è proprio quello che sono che mi ha permesso di arrivare fino a qui», Chiqui (ma avrà la «h» oppure no? Mah) ha i piedi radicatissimi nella sua terra, nella sua tradizione di famiglia che è di una semplicità disarmente: lavori, poi lavori ancora un po' e poi lavori per mantenere quello che sei riuscita a costruire. Ed è questo che la guida. Un esempio? Eccolo: «Dopo aver perso il set ho ricominciato a giocare. Dopo che ero avanti 3-0 nel terzo e lei mi ha rimontato ho ricominciato a giocare. Studio prima la strategia da seguire, poi la applico. Questo ho imparato a fare». E le avversarie (Ivanovic, Kuzneteova, Kerber, Stosur) arrivano a dare di matto perché lei gioca a scacchi più che a tennis e non ai ferma, non molla nemmeno quando cercano di farle male scagliandole addosso delle V2 in forma di palle da tennis magari sulla sua tenera seconda di servizio. Ma l'hai imparata in Spagna tutta questa strategia Sara? «L'ho imparata lavorando con Pablo, giorno dopo giorno. Ma se Pablo fosse stato italiano io sarei rimasta a lavorare in Italia. Non contano i paesi, conta il lavoro. E io lavoro tanto».

VOLO A inizio anno era oltre la trentesima posizione mondiale. Ora è dieci. La crescita di Chiqui Errani è un fenomeno antropologico più che sportivo. Lei forse ancora non lo sa ma sta rivoluzionando il mondo del tennis. Prima non batteva le top ten, ora è attesa in campo da una che è stata numero 1 e può tornare in vetta. Ma la Chiqui non ha paura. Del resto sarà (con l'accento) proprio per questo che la amiamo: perché vola vola chissà sempre più alto si va. E allora vola, Sara.

Ora l'aspetta SuperMaria

Daniele Azzolini, Tuttosport dell'8.6.2012

In fondo, il ceppo è quasi Io stesso. Se ci ragiona, Sara, ne converrà e forse ne trarrà ottimi auspici. Masha e Samantha sono simili, da un certo punto di vista. Appartengono allo stesso genere. Regno: forzute. Sottoregno: superdotate. Classe: scriteriate. Carolous Linnaeus (d'accordo, Linneo basta) si sarebbe divertito a classificarle. E Charles Darwin con lui. Rappresentano, di fatto, un tennis che sa contare soltanto fino a tre. I colpi che bastano o dovrebbero bastare a stordire l'avversaria. Dal quarto in poi è un'altra storia, un altro tennis, e non è detto che le due provino un reale interesse a che cosa avvenga dopo quella linea fatidica. Tre bastano. E Sara, lo si è visto ieri, se tiene duro sa contare fino a 4, o 5, e magari fino a 20 se è necessario.

MENO SPRECHI Maria Sharapova un po' meno di Samantha Stosur, però. Meno sprecona. Meno esagerata. Meno spericolata. Così è da qualche tempo. Due anni, circa. Quelli trascorsi dal ritorno in campo dopo l'operazione alla spalla che la tenne ferma un'intera stagione. Li è successo qualcosa di particolare, qualcosa che ha cambiato il gioco della bellissima. E spesso, ai cambiamenti del gioco corrispondono mutazioni più profonde, di indirizzi e convinzioni personali. Da due anni, Masha ama la terra rossa. Prima ne rifuggiva, forse addirittura la odiava. Cosi come faceva con tutto ciò che frenasse il suo impeto, e non desse seguito logico a quel suo ostentato vociare da mercato del pesce. Dite, che gusto c'è a urlare su un gran colpo, quando la pallina non scatta come dovrebbe e nel rimbalzo frena fino a rientrare nei limiti di velocità? Ecco, queste forzature, oggi Masha le ha messe da parte. Vinse Roma, due anni fa. E quest'anno ha vinto a Stoccarda, e poi di nuovo a Roma. Ora è in finale a Parigi, vittoriosa - guardate un po' - contro una Kvitova che non è diversa dalla Masha giovane, né dalla Stosur vista con la Errani. Un'altra che in tre colpi vuole distruggere il mondo.

GESTI «Ora amo questa superficie», cinguetta la bellissima. «Prima, lo ammetto, non era così». Dicono che l'operazione alla spalla l'abbia migliorata proprio sul rosso, e forse è vero. Oggi Masha è costretta a gesti più contenuti di una volta. La terra le dà il tempo di caricare bene e sforzare meno i tendini aggrovigliati dal troppo sfrigolio agonistico. Masha e Sara non si sono mai incontrate. Si limitano a messaggi di stima. «Lei è la storia del tennis», dice Sara. «Ha giocato un torneo incredibile, è in gran forma», dice Maria. Molto conteranno le motivazioni. Quelle di Sara, che vuole portare a compimento un'impresa già oggi da annali tennistici. Quelle di Masha, che vincendo sarà la nuova n.1 e conquisterà lo Slam che non aveva mai pensato di vincere, l'unico che le manchi per il Career Grand Slam. E insieme, l'ingresso nel club esclusivo di cui fanno parte le più forti di sempre.

Impresa di Sara Errani. Finale con la Sharapova - L'impresa della piccola Sara In finale sfiancando le valchirie

Gaia Piccardi, Corriere della Sera dell'8.6.2012

Chiedimi se sono felice, dicono due occhi rotondi da bambina diventata adulta in tre set, c'è un'altra italienne in finale al Roland Garros e non è Francesca Schiavone (che invia un affettuoso messaggio: «Hai una marcia in più, farò il tifo per te!»), la rivoluzione francese manda in finale contro la neo n.1 del mondo, Maria Sharapova, il tennis schietto e romagnolo della Errani e con lei quell'Italia con la schiena dritta come il naso di Saretta, che non si sente «adeguata all'enormità del risultato» e sorride delle domande degli stranieri, saettando lampi azzurri per Parigi. Una tradizione italica al Roland Garros? «Non so, maybe...». Ti senti una paladina? «Mi piace rappresentare la mia terra, soprattutto in questi giorni difficili, ma paladina no, dai...». Come cambierai, Sara, dopo una finale Slam? «Questa è facile: non cambierò».
Sara resterà la stessa anche da top- 10 (da lunedì, comunque vada) ma c'è qualcosa di non più riconoscibile nei tratti somatici di questo sport in cui Pollicina (164 cm) sbaraglia le valchirie, la vittoria sulla Stosur in semifinale è un capolavoro di taglio e cucito, con la Errani costretta a un'opera certosina di rammendo, da quella straordinaria artigiana della racchetta che è, contro un'avversaria dissennata (48 errori non forzati, solo il 59% di punti vinti sulla mostruosa prima di servizio) e tremebonda nonostante il look da guerriera, che l'azzurra è brava a far giocare male mentre dagli spalti del centrale piovono manciate di allez Sarà, perché questa è una favola troppo accattivante per non piacere ai francesi, la mome contro le gigantesse, from Romagna (Italy) con furore. Da Massa Lombarda sono arrivati papà Giorgio, grossista di frutta e verdura, mamma Fulvia, farmacista, il fratello Davide accompagna Sara per tornei, l'ha vista crescere come donna ed evolversi come atleta, le ha trovato un contratto con la Nike quando nessuno sponsor sembrava interessato (pare mille anni fa: era solo gennaio) e ieri l'ha guardata sgonfiare i muscoli della Stosur, servire bene, rispondere limitando i danni, affondare nelle fragilità dell'australiana dentro un ventaccio che ha strappato via le nuvole ma ha lasciato intatti i sogni, perché l'impresa di Sara sa di cuore caldo, gambe di caucciù e brodo dolce, come quello in cui Fulvia tuffa i passatelli fatti in casa.
E una bella famiglia, la famiglia Errani. Unita, semplice, vera. Non si è scomposta quando Sara a 11 anni è partita per gli Usa, in cerca di una storia giusta per sé ( «I figli vanno lasciati liberi ma la tenevo d'occhio anche a distanza» sottolinea Fulvia), non polemizza oggi che Sara ha trovato l'America a Valencia, in Spagna, con coach Pablo Lozano («A 15 anni era la più forte Under 18 italiana ma da noi tutti gli espertoni del settore l'hanno snobbata» precisa, pacato, Giorgio), non perde la testa adesso che mademoiselle studia da regina, Sharapova permettendo: «Il nostro amore per lei non è diverso da quando Sara era numero 300 del mondo e non vinceva un match» dice con gli occhi lucidi Davide, il fratellone che diede origine a tutto trascinandosela dietro sul campo al principio di questo viaggio che nessuno, ma proprio nessuno, credeva potesse arrivare fin qui.
«Ho addosso una sensazione che non so descrivere, è meglio che non mi fermi a pensare perché il torneo non è finito, continuerò a fare cose semplici, a dormire prima della finale: quella di doppio con Roberta Vinci e quella di domani, con la Sharapova».
Tra Sara e Maria, gli opposti che si attraggono, non esistono precedenti. Inedito, in effetti, è il titolo di questa vicenda umana e sportiva. Mai, da n. 24 del ranking, Sara Errani aveva battuto due ex regine (Ivanovic, Kuznetsova), mai aveva spaventato le top-10 (Kerber e Stosur), mai la sua Babolat da 300 grammi ribattezzata Excalibur, più lunga di un centimetro per aiutare Puffetta a trovare potenza, aveva prodotto traiettorie così efficaci, in grado di cambiare il corso delle cose. Sara ha ancora la forza di un sorriso: «Non esistono finali Slam facili, ma io ci provo».

Impresa Errani va in finale al Roland Garros - C'è un'Italia sempre in finale la piccola Sara sogna a Parigi

Gianni Clerici, la Repubblica dell'8.6.2012

Sara Errani, la nostra Formichina, ha continuato la sua onirica succesione di vittorie battendo anche Samantha Stosur, una Grand Slammer. Al vecchio Scriba, umanamente felice per questo meritatissimo successo, rimane da chiarire le ragioni di questo nuovo inatteso successo, che porta, dopo le due finali della Leonessa, un'altra italiana in finale, in soli tre anni.
Comincio da qui, per chiarire che nessun sistema scolastico sportivo ha mai prodotto Premi Nobel, e che quindi le affermazioni delle eroine tricolori sono dovute ad iniziative squisitamente individuali, famigliari direi, e i grandi meriti delle due non appartengono dunque a un sistema, per molte ragioni non superiore ai nostri, sciagurati, ultimi governi. Sgombrati questi sospetti, che moltissimi colleghi stranieri sospettavano risiedessero in una immaginaria fabbrica di talenti, mi resta da parlare, con umana ammirazione, della Formichina, rappresentante di un paese in cui ancora vigono, con troppe riserva machiste, le quote rosa.
La Formichina, all'inizio di questo torneo, partiva con il n. 23 della classifica, ed era ritenuta, dai bookmakers, parte di quel gruppo la cui vittoria era offerta a centoventi. Dopo aver superato, una dopo l'altra l'australiana Dell'Acqua (108) perdendo un set, l'americana Oudin (qualificata, 266) lasciandole 5 games, la vincitrice di Roland 2009 Ivanovic rimontando da 1/ 6, la russa Kuznetsova (Grand Slammer, ora n.28) perdendo 5 games, la tedescona Kerber n.10 in due set, ecco Sara battere, sempre contro pronostico, la Stosur, n.6, Grand Slammer, una che l'aveva battuta 5 volte lasciandole un solo set.
La spiegazione, che nessuna delle due avversarie è stata in grado di chiarire a sufficienza, dopo una partita in cui gli errori hanno superato i colpi vincenti, potrebbe essere racchiusa nel latinetto "Errani umanum est, perseverare diabolicum", proverbio del quale la seconda parte è riservata all'australiana. Cieca vittima di bicipiti che pareva aver sottratto a Nadal, Stosur ha esordito con tre aces — sul rosso rallentato dalla pioggia! — per poi ottenere il record in errori gratis, con ben 15 colpi scentrati nel primo, soprattutto con un rovescino a una mano, probabilmente suggeritole da un idiota, lei che è bimane naturale. A simile atroce esordio è seguito un secondo set in cui la scialacquatrice pareva ritornata al buon senso, riadottando il colpo bimane, e martellando col diritto, sino ad un duro 6/1.
Temevo che simile parentesi di soli 36 minuti fosse l'inizio della fine per Sara ma, ammirevole nel giocare punto su punto, la formichina fruiva di undici errori gratuiti in tre soli games. Simili omaggi di una sorta di pugile suonato, opposto a una ammirevole amministratrice, avrebbero influenzato il conto finale, quando, dal recupero dello 0-3, Stosur ricadeva ancora una volta nel suo cupio dissolvi finale.
Dopo simile psicodramma, avremmo assistito ad un match più attendibile, nel quale Sharapova finiva per sottolineare la pochezza dell'intero tennis femminile contemporaneo nei confronti di quello immediatamente precedente, voglio dire Williams, Clijsters, Henin. A meno che, come spero ma non credo, sia Sara Errani a dimostrarmi che sbaglio, sabato.

La Errani sogna ancora - A Parigi continua il sogno di Sara

Daniele Palizzotto, Il Tempo dell'8.6.2012

II Roland Garros è ancora azzurro. Dopo le imprese firmate da Francesca Schiavone - regina 2010 e finalista 2011 - il campionato del mondo su terra battuta incorona la piccola gigantesca Sara Errani, nuova imperatrice del tennis italiano: con l'ennesima, mirabile prestazione la 25enne romagnola ha superato 7-5 1-6 6-3 in semifinale l'australiana Samantha Stosur e domani inseguirà il trono parigino contro Maria Sharapova.
Sembra incredibile, forse addirittura impossibile, ma è tutto vero. La Errani «è senza parole» ed è naturale, perché quanto fatto è eccezionale: dopo le difficoltà patite all'esordio contro la modesta Dellacqua, le lamentele sulle palline troppo pesanti e la rivelata idiosincrasia verso il Roland Garros - torneo dove la Errani aveva vinto appena una partita in cinque partecipazioni - Sarita ha ingranato la quinta e centrato un risultato storico.
Il cammino della Errani, diciamolo in silenzio, presenta tante analogie con quello della Schiavone nell'anno di grazia 2010: un esordio complicato, poi la svolta al terzo turno - Francesca superò la cinese Li, mentre Sara ha recuperato un set alla Ivanovic - e un climax culminato, almeno per ora, nella semifinale contro la Stosur. Prima del Roland Garros la Errani - tre titoli nel 2012 su terra battuta (Acapulco, Barcellona, Budapest) senza dimenticare il quarto di finale raggiunto all'Australian Open - mai aveva battuto una top ten. A Parigi Sara ha messo in fila le ex regine del Roland Garros Ivanovic e Kuznetsova, poi la numero 10 Kerber e infine la numero 6 Stosur, mai battuta in cinque precedenti incroci. «Non mi sento una paladina - ha sorriso Sara ancora incredula - ma questo è un risultato enorme: voglio condividerlo con la mia famiglia, con il mio allenatore e il mio preparatore. Quando giochi queste partite così grandi, hai così tanta motivazione e sei talmente carico da giocare tutti i punti a duemila. Per capire ciò che ho fatto mi dovrei fermare, ma forse è meglio non farlo perché il torneo non è finito».
Meglio non fermarsi davvero, perché il sogno impossibile ora è dietro l'angolo. Per meritare il trono di Parigi, la Errani deve soltanto - si far per dire - ripetere l'eccezionale prestazione mostrata contro la Stosur: fantastica nel restare incollata all'avversaria nel primo set, fredda nei momenti decisivi (due diritti vincenti per chiudere 7-5), bravissima nel ritrovare la concentrazione dopo la pausa del secondo parziale, eccezionale nel mantenere la calma dopo aver perso il vantaggio nel terzo (da 3-0 a 3-3) e piazzare l'allungo decisivo.
Sara «merita davvero questa finale», come osserva emozionato papà Giorgio a fine partita. E non solo perché «è una grande atleta, una persona fantastica ed è sempre stata snobbata in Italia», ma anche per gli incredibili progressi tecnici compiuti. «Davvero sarò numero 10 a fine torneo? Mamma mia - ha sorriso la Errani - dovrò guardare bene la classifica per rendermene conto».
Per il ranking, però, c'è ternpo. Domani Sara ha un appuntamento con la storia sul campo Philippe Chatrier contro Maria Sharapova, già sicura del ritorno in vetta alla classifica dopo la semifinale vinta 6-3 6-3 contro la Kvitova: «E la prima volta che l'affronto - ha spiegato la Errani - tira forte e spesso dritto per dritto.
Ora però non devo essere troppo contenta perché il torneo non è finito, devo restare carica e concentrata. E poi domani (oggi, ndr) c'è la finale del doppio con Roberta Vinci». Sognare la doppietta è troppo?

Errani, una favola a Parigi - Errani, la favola continua Parigi è per le italiane

Stefano Semeraro, La Stampa dell'8.6.2012

Le nuvole si spostano veloci nel cielo sopra il Roland Garros ma la geografia del tennis, sotto, non cambia. Paris, Italia. Da tre anni il tabellone femminile del più europeo e chic degli Slam è diventato una provincia azzurra. Nel 2010 la vittoria di Francesca Schiavone, l'anno scorso la finale bissata dalla Leonessa, stavolta la possibile impresa è ancora più inattesa. A sbretellare lo stupore è Sara Errani, la Formica Atomica, che dopo Ivanovic e Kuznetsova ha sfiancato in tre set (7-5,1-6, 6-3) un'altra signora dello Slam, la body-builder dal cuore fragile Samantha Stosur, campionessa in carica degli Us Open, conquistando la terza finale made in Italy in tre anni. Domani dovrà sfidare la più pericolosa di tutte le creature dotate di racchetta, la Medusa siberiana Maria Sharapova, da ieri nuovamente n.1 del mondo; ma con la vittoria strappata ai muscoloni ciechi dell'australiana, Cichi, la sorellina di ferro di Pennetta e Schiavone, è già sicura di diventare la terza top-10 italiana di sempre dopo Flavia e Francesca. Quest'anno aveva già raggiunto i quarti in Australia e a Roma, vinto tre tornei, eppure a Parigi era arrivata «solo» da n. 24 del mondo. «Non so se mi sento adeguata a questa impresa enorme», dice Sara, che in campo ha pianto di gioia ma ha subito ritrovato la sua calma dolce, un poco zen, molto emiliano-romagnola, da ragazza abituata a non staccare mai troppo le suole da terra. «Riflettere su quello che sto facendo non aiuta. Devo solo continuare a pensare a giocare a tennis, che è poi la cosa che mi piace di più. I conti li farò a fine torneo. O forse a fine carriera». Cuore largo, cervello fino. La sua giovane ava Schiavone le ha mandato un messaggio: «Sara sa divertirsi in campo, è la sua arma in più. Ha lavorato tanto, con determinazione, è cresciuta. Guarderò la finale, forza Sara». Eravamo abituati al caos incantevole di Francesca, ai suoi nervi perennemente tesi. Ci stiamo adattando alla pazienza da scacchista, al fosforo sublime di Sara. Due modi di guardare allo stesso progetto: in un tennis femminile fatto quasi solo di botte omogeneizzate anche la donnina Errani spariglia, scombina, varia. Con giudizio. Usa il cervello per dominare avversarie costruite per schiacciarla fisicamente. «Sembrano tutte più forti di lei - sogghigna Corrado Barazzutti - ma alla fine è lei che le sta tritando tutte».
«Se fosse un calciatore direi che assomiglia a Pirlo», sorride il fratello manager Davide, un passato da pedatore nelle Nazionali giovanili. «Due anni fa nessuno avrebbe mai immaginato un risultato del genere, ma Sara è sempre stata così, talento e determinazione». Anzi, come dice mascherando l'emozione con gli occhiali scuri papà Giorgio, grossista di frutta e verdura, «tenacia, determinazione e intelligenza. A 12 anni già sceglieva lei gli allenatori, è successo così anche con Lozano quando è andata in Spagna. Negli Stati Uniti a 13 anni ce la mandai quasi per scherzo: eravamo in Florida per l'Orange Bowl, le chiesi se voleva rimanere, mi disse di si. Da Bollettieri (dove c'era anche la Sharapova, l'avversaria di domani, ndr) piangeva tutte le sere, ma non ha mai mollato. Rifarei tutto, tutti i sacrifici, l'unica cosa che mi spiace è che in Italia quando era piccola è stata snobbata dagli esperti del settore. A 14 anni e mezzo era la più forte di tutte, ma nessuno la considerava». Cervelli in fuga. Anche nello sport siamo bravi a fare gruppo, famiglia, non a fare scuola.
Entrata in campo con un'ora di ritardo per colpa di un temporale, Sara contro la Stosur è stata brava due volte. Sullo 0-2 del primo set, non scoraggiandosi e finendo per imbrigliare tatticamente il tennis selvaggio, potente (12 ace) ma stolido della cangura. E all'inizio del 3° set, dopo la bufera del 2°, perso 6-1 nel vento davanti a una Stosur rinfrancata. «Per un attimo Sara è tornata italiana - dice coach Lozano, da 8 anni con lei -. Si lamentava, diceva "che sfiga". Dopo la sosta al bagno ho rivisto la Sara che conosco, quella che fa sempre la cosa giusta anche quando l'emozione si fa sentire». Però due anni fa Sara era una "normale", ora è in finale a Parigi. «Non mi sento trasformata - assicura lei -. Il merito è della racchetta Babolat, più lunga di un centimetro, che mi dà più forza. Appena l'ho provata ho capito che avrei potuto finalmente giocarmela con le più forti e questo ha aumentato l'autostima. Per il resto ho fatto sempre le stesse cose. Non me l'aspettavo neanch'io, ma ora sono qui». Una piccola impresa, diventata enorme.

Sara seduce Parigi (Filippo Grassia, Il Giornale)

Con il suo gioco coraggioso e vario ha conquistato il pubblico del Philippe Chatrier, con le lacrime sugli occhi celesti ha commosso i milioni di fan che l’hanno seguita in tv. Nel cuore di Parigi c’è Sara Errani, la più piccola e dolce e tignosa tennista di casa nostra, che ha conquistato la finale degli Internazionali di Francia infliggendo una lezione memorabile all’australiana Samantha Stosur: 7-5 1-6 6-3 lo score neanche immaginato alla vigilia. Lo speravamo, non ci credevamo. Il nostro tricolore può continuare a piegarsi al vento malandrino sul campo principale di Bois de Boulogne: fino a ieri sventolava in onore di Francesca Schiavone, finalista delle ultime due edizioni con una storica vittoria, da oggi rende onore a colei che insegue il titolo più prestigioso sulla terra rossa. Se a questo aggiungete che l’allieva di Pablo Lozano è decima al mondo in singolo e prima in doppio, vi renderete conto di quanto e come sia maturata in questo fantastico 2012. Mai una italiana aveva raggiunto le finali in entrambe le specialità: Sara c’è riuscita vincendo tutte e undici le partite giocate fino a ora. Arrivasse a tredici, entrerebbe di diritto fra le migliori sportive di sempre nel nostro paese. Accanto a Vezzali e Pellegrini per capirci.
Nella finale del singolare la Errani affronterà Maria Sharapova che ha dominato la Kvitova con un duplice 6-3 ed è ritornata meritatamente sul tetto del mondo. E’ lei la favorita. Ma lo erano anche Kerber e Stosur. E allora continuiamo ad avere fiducia sulla ragazza di Massa Lombarda che, infischiandosene della scaramanzia, ha voluto accanto a sé i genitori. Immaginatevi la commozione.Più agevole il compito nel doppio dove, in coppia con Roberta Vinci, contenderà il titolo alle russe Kirilenko e Petrova.
Nella semifinale, che ha portato un’italiana all’ultimo atto del Roland Garros per il terzo anno consecutivo, Sara non s’è fatta irretire dal rinvio di un’ora e mezza per la pioggia e tanto meno condizionare dai precedenti negativi (0-5). Anzi ha interpretato alla perfezione lo spartito togliendo ritmo e certezze all’avversaria, più forte fisicamente, avete visto che bicipiti, ma anche più fragile psichicamente. E’ stato così per due/terzi della gara. A riprova di come faccia giocare male le rivali, l’australiana ha firmato più vincenti (48 a 22), ma ha commesso un numero maggiore di errori non forzati (48 a 21). Nel primo set, caratterizzato in avvio da un break per parte, la nostra giocatrice ha impresso un’accelerazione nell’undicesimo gioco quando ha portato via il servizio alla Stosur: ed è stato 7-5. Il secondo (1-6) è evaporato dopo un avvio tosto ma sfortunato. Nel terzo la Errani è stata padrona assoluta degli scambi, mai in difficoltà sulle risposte al servizio: da 3-0 a 3-3 fino al definitivo 6-3. L’australiana ha bisogno d’uno psicologo più che di un tecnico: ha vinto 48 partite su 48 aggiudicandosi il primo set, ne ha perdute 35 su 41 quando ha dovuto rincorrere l’avversaria. Sara come Francesca, chissà. Intanto è arrivata in due finali a 25 anni, l’altra fece bingo a 30. E poi può migliorarsi, specie nel servizio: “Cosa ho provato nel momento della vittoria In quei momenti non si pensa niente, non so neppure descrivere quello che ho sentito. Mi dovrei fermare per capire quello dhe ho fatto, ma forse è meglio non farlo perché il torneo non è finito. Adesso c’è la finale del doppio e poi la Sharapova: non l’ho mai incontrata, so che tira forte…”. .
 

 

 

ROLAND GARROS - INTERVISTE

Intervista a Sara Errani - Stella d'Italia - Dedica di Chiqui: «Per i terremotati e la mia tribù»

Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport dell'8.6.2012

L'attacco finale di dritto la sigla di chiusura di una partita fantastica.
«Non si pensa a nulla quando ci si butta per terra in campo; non so descrivere quello che ho provato in quegli attimi. L'unica cosa che ho fatto è allenarmi sempre con la stessa intensità. Mi devo ancora fermare per assaporare realmente quello che ho fatto. Meglio continuare a giocare. Alla fine del torneo, o alla fine della carriera, rifletterò su quello che ho fatto. L'unica certezza è che sto giocando come desidero, mi sento bene in campo».

Sara Errani è in finale al Roland Garros, un tempo teatro di Francesca Schiavone la leonessa, ora di Sara Errani chi?
«Il mio soprannome preferito è Chiqui. L'ha inventato Roberta Vinci. Chiqui perché piccolina. La finale è un regalo ai terremotati, ma anche alla mia famiglia, che è venuta a Parigi superando la prova scaramantica di raggiungermi a torneo già iniziato. Questo è un risultato che premia loro, il mio allenatore, i miei amici».

Una partita dura vissuta con molti alti e bassi.
«Non c'è stato uno momento particolarmente difficile, forse l'ultimo game. Servivo io ed ero controvento, sapevo che dopo sarei andata a favore di vento, ma che avrebbe servito lei. C'era tensione e sarebbe servita la calma. Mi sentivo bene, ero concentrata e convinta. Non so perché ho vinto, ma so che è andata bene».

Sara Errani è la nuova eroina dello sport italiano?
«Mi piace il fatto di poter rappresentate l'Italia, ma non mi sento la paladina di nessuno».

A un certo punto scatta un click che trasforma una persona normale in un campione. Che cosa succede?
«L'unica cosa che ho fatto è allenarmi sempre con la stessa intensità, fare le cose semplici, non mi sento cambiata; ho sempre dato il massimo. Questo risultato è enorme, non mi sento ancora adeguata a quello che ho fatto. Non voglio che questo risultato mi cambi. Fra una o due settimane sarò lì a iniziare un nuovo torneo e magari dopo la prima sconfitta sarò a pezzi».

Una vittoria frutto dell'intelligenza.
«Studiare tatticamente le partite e trovare in allenamento soluzioni sempre nuove, è la cosa che preferisco fare di più. E' bello trovare qualcosa che va al di là del semplice tennis. Da quest'anno, grazie alla racchetta nuova, mi sento a un livello simile alle altre giocatrici. Prima mi passavano sopra e non riuscivo a portare la sfida sull'aspetto tattico. Ora è tutto diverso».

Ancora una partita, la più difficile di tutte contro Maria Sharapova, la nuova numero 1 del tennis mondiale.
«Non è una questione di crederci o non di crederci. Io penso solo a giocare, a entrare in campo e a dare il massimo di me stessa. Non ho mai pensato di non poter battere una top ten o di non poter vincere un torneo. Penso soltanto alla prossima partita. Non penso mai troppo in là. Un passo alla volta».

Affronta le avversarie con la mentalità giusta e la racchetta adatta.
«Ho provato questa Babolat quasi per caso e da subito mi è piaciuta. Pesa 300 grammi in più ed è più alta di un centimetro. Posso controllare bene la palla, mi esce veloce e questo mi ha aiutato ad accrescere la fiducia in me stessa».

Intervista a Corrado Barazzutti - "Vince da sfavorita con la testa ce la farà"

 

Intervista a Sara Errani - «Sto vivendo un sogno»

Alberto Giorni, Nazione - Carlino - Giorno dell'8.6.2012

APPENA ARRIVA in conferenza stampa nella sala interviste più prestigiosa, che trabocca di taccuini e telecamere, tutti i giornalisti la accolgono con un applauso, come si fa di solito con la vincitrice di un torneo. Sara Errani non ha (ancora) conquistato Parigi, ma è come se lo avesse fatto. Mentre papà Giorgio esulta («Se lo merita, da giovanissima in Italia è sempre stata snobbata»), lei sgrana i suoi occhioni azzurri e tiene il profilo basso.
Sara, che sentimenti si provano in un momento così?
«Non me lo sarei mai aspettata all'inizio del torneo: già il primo turno era stato complicato. E' un'emozione indescrivibile, ma è meglio non pensare a ciò che sto facendo: non aiuterebbe... Devo rimanere concentrata: c'è ancora una partita da giocare».
Qual è stato il momento più difficile contro la Stosur?
«L'ultimo game. Servivo controvento e la tensione era tanta. E' stato un match duro, perché lei ha un gran servizio ed è stato importante rispondere bene. A Roma mi aveva battuto, ma sentivo che me la potevo giocare, che l'esito della partita dipendeva anche da me».
Che cosa hai fatto durante Io stop per la pioggia?
«Mi sono rilassata ascoltando musica, senza pensare al match, per non perdere energie preziose».
Sei in finale e diventerai n 10 del mondo. Ti senti come se avessi vinto la lotteria?
«Forse sì, ma è il frutto del duro lavoro in allenamento. Non mi sento una top ten, è una strana sensazione. Prima non credevo troppo in me stessa, ora sono cambiata. Magari alla prima sconfitta verrò massacrata... Io una paladina dell'Italia? No, però mi piace rappresentare il mio Paese. Come mi presenterei a chi non mi conosce? Con il mio soprannome, "Cichi" (diminutivo di chiquita, "piccola" in spagnolo, gliel'ha dato l'amica Vinci, ndr)».
Ora c'è la Sharapova. Che partita sarà?
«Assai difficile. Lei è molto potente, ma non è abilissima negli spostamenti: cercherò di farla muovere il più possibile».
Hai parlato con la Schiavone?
«Mi ha mandato un messaggio ieri, magari ci sentiremo più tardi. Durante la sua finale del 2010 ero in volo per il torneo di Birmingham: vidi l'ultimo tiebreak in tv in albergo».
A chi dedichi questo successo?
«L'ultima volta ho rivolto un pensiero ai terremotati. Ora la dedica è per la mia famiglia, che ha sfidato la scaramanzia, per il mio coach Pablo e tutto lo staff: se sono qui è anche merito loro».

 

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