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10/06/2012 13:11 CEST - Rassegna Nazionale

La Sharapova è troppo per la Errani (Tommasi); Una Errani troppo piccina per la crudele Sharapova (Clerici); Sharapova troppo forte (Martucci); La magnifica seconda (Semeraro), Sara, inchino alla regina (Giorni). Parigi applaude la Errani (Grassia)

10-06-2012

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A cura di Davide Uccella

CRONACHE FINALE FEMMINILE RG


Sharapova troppo forte, la Errani si arrende (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 10-06-2012)

Poi è Maria Sharapova, come da pronostico, con tanto di teatrale discesa in ginocchio sulla sacra terra rossa del Roland Garros: le mani giunte in viso e quindi stese a ringraziare il cielo cui appartiene, come decima dea di sempre che s'aggiudica tutt'e quattro gli Slam e torna legittima numero 1 delle tenniste. Poi è la divina Masha che scala la tribuna per abbracciare coach Hogstedt, l'unico svedese vincente dei nipotini di Borg, e alzare in cielo la neonata Olivia (figlia del preparatore atletico) come un dono del Signore, prima ancora della famosa coppa Suzanne Lenglen. Poi è la studiatissima, pomposissima, premiazione, guastata dalla speaker che annuncia come finalista, e non come regina, la divina Masha, scatenando la reazione ilare dei 15mila in tribuna e della sconfitta, la nostra Sara Errani, di cui l'Italia tutta deve andar fiera, come esempio di impegno, capacità, intelligenza, compostezza ed orgoglio, al di là della sconfitta per 6-3 6-2 in un'ora 29 minuti. Poi è Saretta che si rivela: «Non mi sento "top 10", ma lo sono, spero che la mia vita non cambi, la voglio così com'é». Poi è tante altre cose ancora, sulla scia della terza finale consecutiva italiana e lo storico trionfo del doppio Errani-Vinci, la prima coppia azzurra sul trono di Parigi. Ma prima?


Gambe e cuore Quanto sono lontani gli ultimi 195 metri di un maratoneta che ha già corso 42 chilometri? Chiedetelo alla minuta romagnola che ha fatto la gara della vita, col triplo della fatica delle altre 127 al via - considerati stress e impegno anche dei sei match di doppio, con lo scarico emotivo di quel successo -, col sovrappeso di inesperienza e avversarie dure come montagne (da Ivanovic a Kuznetsova, da Kerber a Stosur). Dai microfoni tv, l'ex regina delle piccolette di successo, Justin Henin, si sgola per Sara («Per me, vince in tre set») e la mitica Manina Navratilova scommette sul «gioco di piedi, importante soprattutto col vento». Ma la Errani arriva sgonfia alla prima finale Slam, contro un'avversaria più potente, più fresca e più esperta, alla settima finale Slam (con già tre trofei). Si vede dalle gambe meno vivaci, si nota dall'elettricità a basso voltaggio in campo, come al suo angolo. Al di là dell'umanissima tensione, la sua palla non ha peso perché i piedi non spingono e il braccio non può scatenare la famosa Escalibur (la racchetta più lunga e più pesante del miracoloso 2012), mentre quella della Sharapova fende l'aria come una scimitarra, sorretta - finalmente - da una condizione fisica da terra rossa.


Ritmo Il primo set va via troppo in fretta per far dubitare la favorita, già scottata dalle ultime finali Slam con Kvitova (Wimbledon 2011) e Azarenka (Melbourne 2012). Sara paga al servizio e nella risposta, subisce la russa «made in Usa», scivola 0-4 in 15 minuti, lottando insieme al pubblico compassionevole, recupera un break per due doppi falli, ma accusa il 6-3. «Voleva, cercava, ma ne aveva al 60%», chiosa il suo coach spagnolo Pablo Lozano. E così, allunga i games, scivola 0-2, non acciuffa i12-2 e si deprime. «Magari poteva agganciarla lì, lei giocava un po' corto e la Sharapova comandava sempre», la conforta la gemella di doppio, Roberta Vinci. «Magari poteva cercare di tenerla di più dalla parte del dritto, ma ha vinto il suo torneo e ha perso con la numero 1», l'assolve Corrado Barazzutti. Mentre Francesca Schiavone, nostra signora dello Slam - al Roland Garros 2010 (e finalista 2011) -, riapparsa come un fantasma dall'Italia, non commenta 1'1-4, di impotenza, il 2-4, da fiera ferita, le due smorzate sul 2-5 e i due match point salvati, canto del cigno. Ma ora Sara, pensa al poi. Da Valencia, riparti verso l'erba di 's-Hertogenbosch e dei due Wimbledon. E Grazie.


La Sharapova è troppo per la Errani (Rino Tommasi, Il Fatto Quotidiano, 10-06-2012)

Nessun rimpianto, nessuna scusa. Come spesso succede nello sport, ha vinto il migliore, in questo caso la russa Maria Sharapova che ha così conquistato l'unico titolo del grande slam che le mancava, avendo già vinto Wimbledon nel 2005, l'Open degli Stati Uniti nel 2006 e l'Australian Open nel 2008. Ancorché intervallata da alcune stagioni meno brillanti, una tale continuità di risultati garantisce la qualità di questa campionessa che nobilita il libro d'oro di questo torneo.
 

A Sara Errani i complimenti per essere stata capace di giocare al meglio delle sue possibilità tutte le partite, battendo nel suo percorso verso la finale due giocatrici (Ivanovic e Kuznetsova), che avevano già vinto questo torneo, tre avversarie classificate meglio di lei e tre partite dopo aver perso il primo set.
 

PER POTER battere la seconda giocatrice del mondo, che la sovrastava in centimetri e in esperienza di gioco, bisognava che la nostra giocatrice trovasse la collaborazione della sua avversaria che, non essendo mai stata un modello di regolarità, le poteva lasciare la speranza di una giornata di quelle che hanno caratterizzato la sua carriera.


Campionessa di Wimbledon e numero uno nella classifica mondiale a 17 anni era scesa fino al numero 18 tre anni fa. Per sua sfortuna la Errani si è trovata di fronte una giocatrice in grande condizione e in grande fiducia. E onestamente non c'è stato un solo momento in cui si è potuto sperare che la Errani potesse rovesciare il pronostico.
All'avvio la Sharapova ha preso un vantaggio di 4 a 0, ha vinto il primo set per 6-2 e ha mantenuto il controllo del gioco e del punteggio anche nel secondo set nel quale è stata in vantaggio per 4 a 1 prima di chiudere per 6-2 al terzo match point dopo un'ora e 29 minuti di gioco. La Errani è stata brava a tenere alcuni scambi su livelli molto alti e si è anche concessa alcune felici iniziative offensive, ma quando la Sharapova ha portato il livello del gioco troppo in alto la nostra giocatrice è rimasta senza difese. E pur continuando a battersi con grande dignità ha dovuto arrendersi, anche se non le sono mai mancate la simpatia e il sostegno del pubblico tradizionalmente portato, nei casi di neutralità, a sostenere il giocatore meno favorito.


"VORREI vivere altre settimane come questa" ha detto la Errani in conferenza stampa, ma cercherò di rimanere quella di prima. Essere la numero 10 in classifica non mi farà cambiare il mio rapporto con il gioco e con le mie ami-che".


Tre finali consecutive in questo torneo, senza dimenticare il successo del doppio, confermano la buona salute del nostro tennis femminile anche in prospettiva olimpica.
 

Attendiamo quindi conferme da Wimbledon e dai Giochi di Londra, pur sapendo che l'erba non è la superficie più amata dalle nostre giocatrici. Nella speranza, naturalmente, che anche il settore maschile sappia trarre ispirazione ed esempio dalle nostre ragazze, che si sono confermate anche in questa occasione, la parte migliore e più solida del nostro movimento tennistico.
 

Brava Sara, ma troppa Sharapova (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 10-06-2012)


Troppa Sharapova per la piccola grande Errani. La divina Maria è tornata tigre siberiana, lei che è nata a Nyagan, e nella finale del Roland Garros ha azzannato di brutto Sara la romagnola. Alla settima finale di uno Slam, anche se ormai non ne vinceva uno dal gennaio 2008 (Australian Open), "Masha" s'è aggiudicato l'unico mancante facendo subito valere la maggiore prestanza fisica ma soprattutto la grande esperienza: pronti, via, e 4-0 per lei in un appena un quarto d'ora. A quel punto è diventata una partita, con "Santa" che tuttavia veniva messa sotto da un'avversaria davvero spietata anche quando riusciva a imporre il suo gioco, ed è finita 6-3 62 dopo 1h29'.
 

La Errani magari ha da recriminare su alcune occasioni sprecate nel secondo set, quando finalmente è riuscita a giocare le palle corte tanto ammirate fin qui o piazzare attacchi improvvisi, ma è stata schiacciata da numeri che parlano chiaro. La Sharapova, forte di 37 vincenti, s'è potuta permettere il lusso di 29 errori non forzati, approfittando soprattutto della seconda di servizio dell'azzurra (media 113 km/h...).
 

PARLA MARIA - In premiazione la russa è stata generosa di complimenti con l'azzurra. «Ha disputato un torneo fantastico, e in questa partita è stata comunque un'avversaria difficile per me. Spero proprio che di giocare ancora contro di lei in futuro., ad augurarle quindi di restare stabilmente tra le più forti giocatrici del mondo. Maria ha salutato il pubblico in un discreto francese («Vi voglio ringraziare per avermi supportato in questo momento splendido della mia carriera-) e ha poi ribadito come la sua gioia non fosse dettata soprattutto dall'aver chiuso il cerchio dei quattro Slam, quanto essenzialmente dall'essere riuscita a tornare ai massimi livelli e aver conquistato un torneo di grande prestigio come questo. È un momento unico della mia carriera, ancora più speciale dell'aver vinto Wimbledon a diciassette anni. Sono riuscita a migliorarmi, sulla terra, e finalmente ce l'ho fatta: nel 2010 strappai un set a Justine Henin, che allora era la migliore di tutte su questa superficie, e quel giorno pensai che prima o poi avrei potuto aggiudicarmi il Roland Garros-. Per lei anche la soddisfazione di essere premiata da Monica Seles. -E' sempre stata la mia ispirazione, quando ero piccola. Ho sempre desiderato di giocare con lei, ricordo bene quando l'ho affrontata e ci ho perso (accadde nel 2002 al primo turno di Indian Wells, quando Maria non aveva ancora 15 anni, e fini 6-0 6-2 per l'ex jugoslava- ndr).


PARLA SARA - Nonostante la vittoria della siberiana, ieri tutto il pubblico del Roland Garros è stato dalla parte della Erravi, conquistato dalle sue imprese dei giorni precedenti. "On t’aime Sara!" (Ti amiamo, Sara!), ha gridato qualcuno in francese durante la cerimonia di premiazione, dopo che nelle fasi finali della partita l'arbitro era stato costretto a chiedere agli spettatori di fare silenzio per i ripetuti incoraggiamenti rivolti all'azzurra (“Mi veniva un po' da ridere, mi sembrava surreale che urlassero il mio nome sul Centrale con la Sharapova”).
 

“Questo premio - ha poi detto la Errani tenendo stretto il piatto d'argento riservato alla perdente, rivolgendosi in particolare ai genitori in tribuna - va a tutti quelli che mi hanno fatto essere la persona che sono e che mi hanno permesso di essere qui per vivere questa esperienza straordinaria”.
 

E quando le è stato chiesto se magari adesso la sua vita cambierà, da finalista del Roland Garros e da numero 10 del mondo, nella risposta c'è stata tutta Sara Errani: “Spero che la mia vita non cambi, mi piace così com'è. Ancora non mi sento una Top Ten, è qualcosa di altrettanto incredibile, ma cercherò di abituarmi. Ho perso, ma non sarebbe neppure giusto piangere lacrime tristi: ne ho avute cosi tante di felicità negli ultimi giorni... Ho iniziato male, questa è l'unica cosa che mi dispiace: con giocatrici così forti non te lo puoi permettere, si sciolgono e poi ti scappano via. Penso anche di non aver giocato questa finale al massimo delle mie possibilità, ma anche per merito della Sharapova”.
 

Una Errani troppo piccina per la crudele Sharapova (Gianni Clerici, La Repubblica, 10-06-2012)

Se non vedevo anale col mio dinoccolino Zeiss, quel-lo che uso peri dettagli nelle volte coperte di affreschi, Sara stava piangendo. Non era possibile, certo, individuare le lacri-mucce, ma i begli occhi azzurri erano lucidi e sbarrati, quasi di fronte a un incubo. L'origine dell'incubo era anch'essa seduta a qualche metro, al di la del seggiolone dell'arbitra Alison Lang, e risplendeva di un autentico sorriso, lei tanto attrice, e tuttavia, per un istante, rapita nella sincerità dei momenti di gioia.


Mi spiaceva perla piccola Sara, ma, sin dall'inizio ero rassegnato a quanto le sarebbe toccato, dal momento che il mio amico dell'Equipe, Pascal Coville, era venuto a chiedermi un pronostico: non tanto perla mia indubbia genialità, ma perché sembra che io sia il povero vecchio che ha assistito al maggior numero di finali del Roland Garros.
6/3 6/2, gli avevo profetato. E 6/3 6/2 è stato. In realtà, per uno dei solito lapsus, ritenevo che il punteggio dei due set andasse invertito. E vi spiego perché. Avevo messo in conto l'emozione di Sara su uno storico campo, in cui hanno giocato tutte le Dive del Tennis, quelle che la formichina già ammirava alle medie, sperando di poterle un giorno imitare.
 

Di fronte a lei si ergeva una sorta di valchiria scintillante, un fenomeno di irresistibile muscolarità e, insieme di invidiabile bellezza. Non ancora placata, ma piuttosto incattivita dal destino che l'ha privata, insieme ad un ossicino della spalla, di due anni di vittorie. Già non era certo una filogina, Maria Sharapova, ma, dopo quella sventura, non è screditante definirla crudele.


Era dunque non solo attendibile, ma più che umano, che una ragazza sensibile come Sara pagasse quello che i teatranti chiamano il Trac dell'esordio. Non pensavo, infatti, che riuscisse a riprendersi se non dopo aver perduto quantomeno un set. La realtà si dimostrava ancor peggiore delle mie previsioni.


Nei primi tre games la Formichina intimidita avrebbe raggranellato soltanto tre punti contro dodici, dei quali ben sette effetto di errori gratuiti (unforced per gli anglomani). Contrariamente alle mie previsioni, Formichina si smagava pur perdendo il quarto gioco, tuttavia con tre punti a cinque, e i generosi applausi di un pubblico umanitario la aiutavano a raggranellare addirittura tre games, prima della conclusione del set. Se non che il gioco si livellasse, speravo almeno divenisse meno univoco. Era uscita tra l'altro dal campo perla pipì, Sara, e come aveva confessato l'altro giorno, riusciva a rientrarvi grazie al filo di Arianna.
 

Perduto dunque il game d'avvio, iniziava coraggiosamente ripetuti palleggi che, nei successivi cinque games, le avrebbero consentito un minimo scarto negativo di 23 punti contro 25. Lo score avrebbe comunque segnato, pur troppo, a quattro, divenuti due a sei dopo un'ora e 36 minuti, al terzo match point, dopo i primi due evitati con drop.
Ecco, proprio questa è, forse, un'ipotesi di rimprovero per Sara o per il suo coach. Non aver tentato di interrompere le progressioni in velocità di Maria con un'accentuazione delle parabole, o con rotazioni tagliate. Ma si fa presto a dirlo. Sul campo, tentare una tattica contro una simile furia scatenata era ben oltre le possibilità attuali di Sara Errani. Che è rimasta umana, modesta, ben educata e insomma ammirevole nella sconfitta. Vogliamole bene, amici.


La magnifica seconda, Errani commuove Parigi (Stefano Semeraro, La Stampa, 10-06-2012)

Con l'azzurrissimo dei suoi occhi, due pozze di luce assorbente, Sara guardava Maria scalare la tribuna del Roland Garros e alzare al cielo Olivia, la figlia del suo fisioterapista Juan Reque. Miss Siberia che sale sopra lo zero (delle vittorie a Parigi) e si scioglie, come aveva fatto poco prima in campo inginocchiandosi sulla terra e spargendo lacrime dopo il punto della vittoria.
 

«No, non stavo pensando che un giorno lo farò anch'io - spiega la Formichina Errani, con le iridi improvvisamente di un azzurro ancora più tenero e liquido, la voce un po' tremula - ma solo che era così bello, così emozionante stare sul centrale di Parigi dopo una finale Slam».
 

Verso la fine del match, vinto dalla russa con merito e grinta assoluta, ma con più fatica di quanto dica il punteggio (6-3 6-2 in un'ora e 29), tutto lo stadio aveva iniziato a scandire il nome di Sara: «che sorpresa: era quasi surreale...».
 

La giornata eccezionale della campionessa della porta accanto, che, dopo aver scherzato con spontaneità travolgente alzando le braccia quando la speaker, durante la premiazione, l'aveva data per vincente, ha ribadito il suo mantra umile: «Non mi sento la n.10 del mondo (da domani, oltre che n.4 del ranking stagionale, ndr), ma lo sono. Dopo questa partita voglio restare la stessa di sempre. Anche se forse da n.10 - ha concesso - dovrò cambiare un pochino la mia mentalità». Beata normalità.
 

Sara è l'anti-Vasco Rossi, una che non vuole una vita eccezionale, una vita fatta come quella della sua rivale Maria. Anche se dietro l'enorme squilibrio - di gioco, denaro, fama, carriera - le due ragazze in fondo si assomigliano. Stessa determinazione, stessa voglia di continuare un viaggio iniziato insieme una decina d'anni fa all'accademia di Nick Bollettieri, in Florida. Masha, la decima donna a vincere in carriera i 4 tornei dello Slam, ha smentito chi dopo l'operazione alla spalla del 2008 e il n.126 del ranking toccato nel maggio del 2009 l'aveva dava per persa. Ieri ha approfittato di tre game iniziali di sbandamento emotivo di Sara, accelerando da fuoriclasse e agonista pura - l'unica rimasta, ora che le Williams paiono in disarmo. Anche nel secondo set, specie in quell'interminabile quarto game, Maria ha stretto i denti continuando a fondare proiettili piatti sulle righe. Ha finito per vincere con qualche goccia di sudore, ma senza dubbi. Sara ha fatto quello che ha potuto, non quello che avrebbe voluto. «Mi spiace aver iniziato male, con le più forti non puoi permettertelo, ma ero tesa. Avrei dovuto giocarle più sul dritto, più smorzate, ma alle botte piatte di Maria non sono abituata, non riuscivo a far girare la palla».
 

Ora si tratta di girare pagina. Quattro giorni di stacco totale a Valencia («il telefono glielo sequestro io», specifica il fratello manager Davide), poi 's-Hertogenbosch, Olanda, e Wimbledon, Inghilterra. Comunque erba. «Non vi aspetterete mica che vinca tutti i tornei, adesso? - sorride -. Arriveranno anche le sconfitte, lo so, e non dovrò buttarmi giù. Non sarà facile adattarsi al nuovo ruolo, ho iniziato l'anno da 40 del mondo, questo torneo da n.23. Ma dovrò farlo, anche se continuerò a fare le stesse cose di sempre, quelle che mi hanno portato fin qui». L'impresa eccezionale, cantava uno nato a Bologna come lei, è essere normali.
 

Grazie lo stesso, Sara (Federico Ferrero, L’Unità, 10-06-2012)

NON CE L'HA FATTA, E VERO, MA UNA SCONFITTA COSÌ TI INCUPISCE FINO A SERA PER RINASCERE-RE IN TRIONFO AL MATTINO. Sara Errani si sveglia da top ten: non ci vorrebbe credere, sa meglio di chiunque altro che il suo tennis dovrebbe sgretolarsi sotto i colpi di vanga di due campionesse del Roland Garros come Ivanovic e Kuznetsova. È nell'ordine delle cose. Secondo regola, il braccio nadaliano dell'australiana Stosur la dovrebbe spezzare. Ma conosce le debolezze di Ana, Sveta e Samantha, le loro giornate no: è nata piccolina e ha saputo infilarsi nel sistema nervoso di tre pesi massimi. Ed è toccato a lei, sotto il cielo dispettoso di Parigi, il clamoroso privilegio di lanciare la sfida a Maria Sharapova. Un duello impari per peso, classe, esperienza come il punteggio ha fissato - 6-3, 6-2 - sullo schermo sotto cui una Monica Seles in gran spolvero ha premiato la decima donna della storia a vincere almeno una volta tutti e quattro i grandi eventi del tennis.


“Like a cow on ice», cammino sulla terra rossa come una mucca lanciata su una lastra di ghiaccio. Questo lo Sharapova-pensiero fino al giorno in cui fece a meno della compagnia di un padre ineducato e aggressivo come mister Yuri e si diede una seconda possibilità: tornare grande dopo un intervento alla spalla destra su cui il chirurgo aveva mantenuto serie riserve. Una surgery ordinaria per una studentessa sedentaria, un probabile termine della carriera per una tennista. Con un servizio ricostruito da zero, lo spettro dei doppi falli e la consulenza di un raro esempio di coach di alto profilo nel tennis rosa, Thomas Hogstedt, Masha si è scoperta donna capace di scegliere da sé e vincere anche sulla dannata terra. Una vera numero uno, la nona in cinque anni di turbolenta La finale persa, la reputazione vinta: da oggi per l'emiliana sarà tutta un'altra carriera decadenza, torna in cima al mondo dopo una raffica di traversie che avrebbe fiaccato chiunque non fornito dell'ambizione incandescente degli eletti. Per il tennis è una buona notizia.
 

COSI DIVERSA

Sara Errani, così diversa e così testarda nel voler credere di far parte della stessa famiglia, è riuscita a dimostrare che i sogni vanno inseguiti con la stessa perseveranza di un grande amore non corrisposto. Fin dai tempi in cui prese la sacca per lasciare Massa Lombarda e bussare alla corte di Bollettieri, che poi erano i mesi in cui Yuri Sharapov da Nyagan, Siberia, viveva di stenti per permettere alla sua Maria di giocare a tennis su quegli stessi campi con l'apparecchio ai denti e le scarpe consumate. E poi di nuovo via, dalla Florida a Valencia, perché la Spagna ha trovato una delle preziose ricette per creare tennisti vincenti negli ultimi vent'anni, e pazienza se non è vicina a casa. Per Salita non si è mai posto il problema, anche senza ottenere nulla in cambio è valsa la pena tutta la fatica del mondo. Pur di continuare a sognare. Sara, col suo racchettone e i “vamos”. agguerriti, ha perso perché ad armi pari non poteva spuntarla, nonostante il suo tennis non sia, come contrabbandano gli esperti da osteria, un gioco di pura volontà. Per eccellere il lavoro non basta, servono qualità rare. Ma in questo tennis in gonnella che ha scioccamente dimenticato il cervello e la varietà c'è posto per quelle ragazze che sanno fare altro e di più che schiaffeggiare la palla. La Errani reginetta di Parigi ha fortissima-mente amato il tennis, anche quando le raccontavano che quello delle corazziere era un altro sport. E da oggi, grazie a lei, tutti noi lo amiamo un po' di più.


Sharapova spaziale Sara prima degli umani (Daniele Azzolini, Avvenire, 10-06-2012)

La più forte era lei, Maria, anche 13 anni fa. E vinceva. Era impaziente. Straripava. Ma non era così tanto più alta di Sara, così forte, e nemmeno così ululante. Aveva l'apparecchio ai denti e preferiva nasconderlo, stare a bocca chiusa. Se una deve diventare l'icona della bellezza tennistica, perché lasciare tracce di un passato nel quale si scorgano segni di umane imperfezioni?


È stata una finale tra emigranti, quella di Parigi, e l'ha vinta la ragazza che nei geni aveva più centimetri, chili, muscoli dell'altra. Non c'è spazio per le scelte tattiche, quando si gioca contro Maria Sharapova, né per mettere in campo tutti i buoni propositi che si sono coltivati nei quindici giorni più speciali della propria avventura sportiva. Ora Sara Errani lo sa. La russa concede molti errori, ma non tollera che il confronto si allunghi. Così lo chiude, picchiando e accompagnandosi con berci da camallo, ululati che aggiungono forza emotiva a colpi già di loro esagerati. Servizio e punto, al massimo un servizio e due scambi. La marziana sa contare sino a tre, e non sempre ne ha bisogno.
 

Ma le storie non sono mai troppo simili, anche se nascono sotto uno stesso segno. Tredici anni fa due ragazzine si ritrovarono in Florida, sui campi dell'Accademia Bollettieri. Avevano 12 anni e caratteri opposti. Sara faceva tesoro di tutto. Maria sapeva quale fosse il tesoro da raggiungere. Giocavano anche insieme, ma se lo ricorda solo una delle due, la nostra Sara. L'altra guardava oltre, l'obiettivo ultimo era quello di diventare famosa, ricca, magari anche numero uno.
 

Il nuovo incontro delle due, tredici anni dopo, non ha cambiato una sola virgola a una storia già in parte scritta. Maria Sharapova, altissima, purissima, bellissima, aveva il compito di aggiungere un titolo a quelli conquistati, l'unico che dicevano non fosse in grado di conquistare. Se l'è preso con i modi che le sono propri. Lo ha ghermito sin dai primi scambi, se n'è appropriata con l'autorità di chi non ha mai avuto dubbi sull'esito finale. Il quarto titolo Major, a completare il suo Grande Slam: Wimbledon nel 2004 (aveva 17 anni), Us Open nel 2006, Australian Open 2008, ora il Roland Garros. Una delle dieci che sono riuscite a tanto. E in più ora è la numero uno al mondo, di nuovo, come quattro anni fa.
 

Non se la prenda Sara. Il suo Roland Garros non verrà dimenticato. Due finali, una vinta, una persa con onore. Tredici match in quindici giorni. Si è fatta conoscere come una ragazza positiva, ricca di buoni propositi e di umanità, amica fedele e pronta a sacrificare in doppio quel pò di energie che in singolare sarebbero state preziose. Una dedica ai terremotati della sua Romagna. Una ai genitori. «Maria mi ha sovrastato. Non ho giocato male, ma lei impone ritmi forsennati e non dà modo di pensare». Da domani sarà la nuova numero uno italiana, numero 10 in classifica. Diventerà più complicato il confronto con l'opinione pubblica, perché ora in molti la conoscono e le chiederanno di continuare a sorprendere. «Sono pronta - dice lei -. Ho vissuto un'esperienza straordinaria: spero non mi cambi la vita. La mia, a me piace già così com'è».
 

Al momento della premiazione, la speaker ha chiamato la Sharapova al posto di Sara, come finalista battuta di questa edizione del torneo. Sara ha riso, ha inneggiato facendo divertire il pubblico e la stessa Sharapova. Magari è una gaffe che porterà bene.

Il bombardamento della Sharapova sulla piccola Sara (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 10-06-2012)

Le lacrime sgorgano quando l'adrenalina si prosciuga, la tensione evapora, la musica finisce e gli amici se ne vanno, Maria Sharapova sta scegliendo il ristorante dove annaffiare di champagne il titolo del Roland Garros («E il giorno più bello della mia carriera») mentre Sara siede svuotata da due settimane che non dimenticherà (non dimenticheremo) facilmente, con occhi che mandano ancora scintille, blu, di vita. Piange. «E più la gioia per la finale raggiunta che il dispiacere di averla persa» dice, ed è sincera, travolta dagli eventi che lei stessa ha creato, il trionfo in doppio con Roberta Vinci e l'incursione nel territorio della Sharapova, «è successo tutto così in fretta, non ho avuto un attimo per pensare, ora ho bisogno di fermarmi, riposare, metabolizzare le emozioni, rivedere i match e rivivere il torneo da fuori, a freddo», perché il magma è ancora incandescente e Saretta ha paura di ustionarsi. «Non è normale, per me, giocare una finale Slam: voglio tornare alla mia routine, alle giornate come piacciono a me».
Nessuna missione è impossibile. E volere è potere. Ma vincere a Parigi richiedeva quello sforzo d'immaginazione, quell'impudicizia di idee e azioni che Francesca Schiavone si concesse nel 2010 e la Errani non ha osato esprimere nel pomeriggio in cui, ahinoi, la Sharapova ha giocato sulle righe (37 vincenti), servito da maschiaccio, dislocato agilmente per il campo i suoi 188 cm (lei che anni fa diceva di muoversi sul rosso «come una mucca») e bombardato Puffetta di messaggi definitivi, colpi senza ritorno, carisma da vera numero i, perché prima di conquistare uno Slam devi convincerti di poterlo fare. Per Maria è il quarto, e nella storia è solo l'ottava donna, dall'antenata Little Mo Connolly alla contemporanea Serena Williams, a riuscire nell'impresa. Sara, da domani n. 10, pur eccezionale sin qui, prima che nel fisico (164 cm) e nel tennis, è lontana nei pensieri. Lo sa, lo ammette. «Il mio servizio (ieri 78% di prime palle, brava Sara, ndr) non è all'altezza delle migliori, però per me non è facile migliorarlo. Non mi sento ancora una top io, certe cose richiedono tempo per essere assorbite. Dovrò cambiare mentalità».
È partita piano (0-4, poi 3-6 in 36'), ha provato a disinnescare Maria, letale da ferma, spostandola, ma la ragnatela non è stata sufficientemente vischiosa e la differenza di potenza è emersa eclatante quando Puffetta, sotto 2-5 nel secondo con lo stadio che urlava Sa-rà Sa-rà («Surreale!»), si è guadagnata una palla break con una smorzata d'antan che ha mandato in solluchero il centrale, prima di essere spazzata via da un rovescio bimane e da un ace (6 in totale).
 

Resta l'esultanza teatrale della divina, premiata da una Monica Seles che a colpi di chirurgia plastica ha quasi completato il suo processo di identificazione con Celine Dion (guardare per credere, sigh).
 

Rimangono l'enorme salto di qualità di Sara Errani («Lei il suo torneo l'ha vinto», sottolinea c.t. Barazzutti), l'umiltà nella vittoria e la fierezza nella sconfitta, il bel gesto di Francesca Schiavo-ne volata a Parigi per tifare l'erede («Non parlo: è il giorno di Sara...»), il legittimo orgoglio di papà Giorgio («La nostra vita non cambia: siamo persone semplici»), mamma Fulvia («La mia bambina ha fatto anche troppo») e del fratello Davide, il bozzolo d'amore e di rispetto da cui è sbocciata l'italienne che non si è presa Parigi, ma di certo ha conquistato noi.
 

Sara niente sogno (Marco De Martino, Il Messaggero, 10-06-2012)

Troppo forte. Maria Sharapova tira giù dalla scalall’ultimo tracciante di rovescio e dopo Roma conquista anche il Roland Garros, mentre gli occhi celesti di Sara Errani, sin qui scintillanti di sogni, si riempiono di paradisi perduti e di lacrimoni giganti. Niente da fare, una tempesta contro un ombrello,risultato 6-3; 6-2: anche se il punteggio è bugiardo perché Masha ha sofferto e Sara ha lottato perdendo game appuntiti come spade nel cuore e smarrendo qualche piccola occasione vagante. Il fatto è che a questi livelli non puoi giocare senza servizio; e il secondo insegnamento è che Maria se non la sposti di continuo alla fine di prende a sberle, ti fa i buchi sul campo, ti fa giocare troppo sopra ritmo, ti spazzola le righe di risposta. Swoosh, quando servire è un po’ morire: da 1.64 fai quello che puoi, metti in campo la palla e poi cominci a correre. Gargamella batte Puffetta: grazie lo stesso, hai fatto miracoli con tutti, non con lei.
 

Hanno vinto tutte e due, comunque. Maria che era andata via e che ora torna a vincere uno Slam dopo quattro anni, che ritorna numero 1 del mondo dopo quattro anni, che vince per la prima volta lo stregatissimo Roland Garros, l'unica figurina che mancava al suo album. E Sara perché con questa finale diventa numero 10 del mondo e numero 1 d'Italia, perché diventa più ricca di 795.000 euro che sono il premio più alto, perché da oggi entra in una nuova dimensione. «Ora la sua vita cambierà...» le chiede lo speaker. E lei: «Spero proprio di no, io voglio continuare a vivere questa. Sono state due settimane incredibili, ho vissuto un'avventura pazzesca, ma adesso tiro dritto. Però voglio fare una dedica ai miei genitori, questo premio è per voi che mi avete fatto essere la persona che sono». Wow. Quasi meglio di Maria, abitino nero e mutande fucsia da civetta, capace alla fme di scalare la tribuna per ringraziare il suo staffe quindi confessare: «E' il giorno più bello della mia vita, sono più felice oggi di quando vinsi Wimbledon nel 2004 a 17 anni».
 

Sara non ha nulla da rimproverarsi se non il catatonico avvio di match, 8 minuti di gioco (si fa per dire...) paralizzata dall'emozione e subito 4-0 per Masha con un parziale-punti di 17 a 6. Poi la Errani è fmalmente entrata nel match, ha cominciato a comandare qualche scambio, a spostare la Sharapova, e la differenza si è vista anche se ormai la strada per il 6-3 era spianata. Male anche in avvio di secondo set, subito 2-0 sotto e poi 4-1, anche se il percorso che ha portato al fuorviante 6-2 è stato tutto lastricato di scambi avvelenati e vantaggi non sfruttati, compresa la palla del 2-2 e un'altra del 2-3. Invece Masha è scappata e non c'è più stato spazio per riprenderla. Perché la Sharapova avrà anche messo giù 5 doppi falli, ma nel complesso ha servito bene oltre ai 6 ace, e poi sparato la bellezza di 37 vincenti contro i 12 della Errani. Sara ha sbagliato poco, appena 11 errori non forzati contro 29, ma la Sharapova ha sempre comandato il gioco. Il tennis femminile cercava disperatamente una numero 1 vera, stabile, autorevole, e ha trovato la migliore che c'era. Quanto a Sara, questo 2012 resta un sogno e questo torneo un miracolo. Ma contro la Sharapova non poteva bastare la Babolat più lunga, ci voleva la racchetta telescopica. Oggi alle 15 si chiude con il botto Djokovic-Nadal. Nole cerca il quarto Slam consecutivo e il primo Roland Garros; Rafa è a caccia del 7° titolo per battere anche Borg.
 

Sharapova super ma Parigi applaude una Errani da slam (Filippo Grassia, Il Giornale, 10-06-2012)

Sara Errani dovrebbe essere orgogliosa di cosa ha realizzato agli Internazionali di Parigi vincendo il doppio con Roberta Vinci e chiudendo la sua corsa in singolare contro sua maestà Maria Sharapova, la più forte del momento. Solo Pietrangeli, degli italiani, ha fatto meglio aggiudicandosi entrambi i titoli nel 1959 al Roland Garros.Invece la romagnola c'è rimasta malissimo dimostrando che, almeno in un angolino del suo cuore, puntava all'impresa per eguagliare Navratilova e Pierce. E' il segno di un'autostima che la porter àlontano. Ieri non è riuscita a sgretolare il talento dell'avversaria, cocktail unico di potenza e intelligenza, ma prima o poi riuscirà a fumare uno slam. Basta che migliori il servizio, il suo punto debole, con una velocità media di 130 km h con la prima palla e con la seconda, oltre 40 kmh in meno rispetto alla russa. Intanto può consolarsi con i premi vinti:625mila euro perla finale del singolare, 170mila euro perla vittoria nel doppio. E la cifra potrebbe aumentare in caso di un bonus federale.
 

Nel corso della premiazione ha dedicato le prime parole ai genitori: «Se sono qui lo devo a voi, grazie per avermi permesso di realizzare il sogno che coltivavo da ragazzina». E poi con gli occhi lucidi di commozione: «Mista accadendo qualcosa d'incredibile, devo abituarmi a essere una top-ten. Sono felice di questa svolta, voglio continuare a vivere questa vita». E giù applausi da parte del pubblico che ha come adottato la "pollicina" del tennis, capace di battere tre vincitrici di slam, Ivanovic, Kuznetsova e Stosur, prima di arenarsi sulla ruvida sabbia della Sharapova. Il risultato(6-3,6-2in 1h29')non rende i giusti meriti all'azzurra che ha lottato fino all'ultima palla. In avvio- come poteva essere diversamente? - ha faticato a entrare in partita, poi ha ritrovato il feeling con i colpi e ha fatto capire a "quella lì" che il trofeo era tutto da conquistare:sotto 0-4, s'èarrampica-tafinoa3-5ehaannullatodueset-bal-ls prima di cedere il primo set in 36'. In quello successivo è stata brava e sfortunata: lo raccontano i 6 game portati ai vantaggi, le due palle-break mancate sul servizio di Maria e i due match-balls annullati nell'ultimo gioco, il secondo addirittura con una palla corta. Ecco perché lo score è bugiardo.
 

La Sharapova è stata fantastica picchiando ogni pallina con potenza e precisione, quasi disegnando il campo, specie con i colpi lungolinea. Al match-ball s'è inginocchiata, poi ha esultato saltellando per il campo, ubriaca di gioia. Nel corso della premiazione, officiata dalla Seles, s'è complimentata con la Errani(«E' forte, non si arrende mai, può migliorare, brava davvero») e ha ricordato come al Roland Garros non aveva mai superato la semifinale. Con un sorriso beffardo ha chiuso l'intervista ammettendo che in serata saprà come festeggiare lo storico successo che la porta fra le dieci giocatrici ad aver vinto tutti gli slam. Ma anche il giomo prima non s'era fatta mancare nulla per allentare la tensione passando laserata «con una cena incamera e un massaggio ... emozionante». Parole sue. Nel suo curriculum 8 finali e 4 vittorie fra il 2004 e il 2012 con un prodigioso recupero dopo l'operazione alla spalla.
Ancora qualche ora e sapremo se la storia premierà, nell'ultimo atto del singolare maschile, Rafa Nadal o Nole Djokovic. Lo spagnolo può realizzare un'impresa probabilmente inavvicinabile aggiudicandosi per la settima volta gli internazionali di Francia; al serbo manca la vittoria al Roland Garros per realizzare il grande slam a cavallo di due stagioni e appaiare due grandi del passato come Donald Budge (6 major di fila trai' 1937 e i11938) e Rod Laver (1962 e 1969). Il pronostico è dalla parte del maiorchino che finora ha perduto appena35 game, neanche 6a partita E che, particolare non trascurabile, darebbe qualcosa di suo per vendicare le sconfitte subite negli ultimi tre slam da parte del suo consueto rivale. Federer non lo è più, Murray non lo sarà mai. Ci divertiremo.
 

Sara ai piedi della regina (Daniele Palizzotto, Il Tempo, 10-06-2012)

Per ora, Maria Sharapova è più forte. Per ora, ma in futuro chissà, perché Sara Errani avrà anche nettamente perso la finale del Roland Garros (6-3 6-2), ma per due settimane ha stupito il mondo. Nonostante la sconfitta, la 25enne romagnola torna in Italia con uno storico trofeo conquistato con Roberta Vinci in doppio e domani salirà dal 24 al 10 posto della classifica mondiale, addirittura 4a nel ranking stagionale: perché non sognare in grande? Del resto chi - appena sei mesi fa - avrebbe pronosticato una finale Slam per la Errani? E chi avrebbe scommesso su un ingresso della piccola grande romagnola nelle top 10? Salita invece ce l'ha fatta: con tanta grinta, abnegazione e un cuore immenso ha scalato le montagne, migliorato la risposta e il servizio - ancora il colpo debole dell'azzurra - ma soprattutto è diventata più aggressiva in campo, condizioni indispensabili nel tennis moderno.


Peccato solo aver incontrato proprio orala miglior Sharapova degli ultimi quattro anni. Peccato perché - dopo aver utilizzato al meglio vecchie e nuove armi per superare Ivanovic, Kuznetsova, Kerber e Stosur - contro la potenza della siberiana la Errani è sembrata all'improvviso indifesa. Scappati via i primi quattro game per una tensione certo comprensibile, con pazienza e senza mai demordere Sarta ha provato a prendere in mano il gioco, senza però mai riuscirci.
 

La prima finale al Roland Garros - unico Slam ancora assente dalla bacheca della russa dopo i trionfi di Wimbledon 2004, Us Open 2006 e Australian Open 2008 - ha regalato alla Sharapova un'energia incredibile. Travolta come purtroppo si temeva nei game di servizio, per una volta la Errani non ha trovato i giusti tempi in risposta - se non nel finale - e dunque quasi mai ha potuto prendere l'iniziativa e imporre le sue variazioni al gioco.
Le lacrime versate da Sara sulla panchina del Philippe Chatrier dopo l'ultima, micidiale accelerazione della Sharapova hanno commosso anche il pubblico francese, dall' inizio al fianco della romagnola come già della Schiavone. Da oggi, però, la Errani può sorridere, degna erede del trio delle meraviglie Schiavone-Pennetta-Vinci: «Sono state due settimane incredibili - ha spiegato - non mi sento una top 10, ora lo sarò ma non voglio che la mia vita cambi. Voglio ringraziare il mio staffe soprattutto i miei genitori: questo premio è vostro».


Concluso il femminile, oggi pomeriggio va in scena l'ultimo atto del Roland Garros. In campo (Eurosport ore 15) i primi due giocatori al mondo, Djokovic e Nadal, per la stessa finale già vista negli ultimi tre Slam: a Wimbledon, New York e Melbourne ha vinto il serbo, ma stavolta lo spagnolo sembra inarrestabile.
 

COMMENTI E RUBRICHE FINALE FEMMINILE RG

La ribalta - Oggi la finale maschile Attento Djokovic, Nadal ha ritrovato il furore (Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport, 10-06-2012)


La finale proposta quest'anno dal Roland Garros è una delle più affollate in tutta la storia dei tornei del Grande Slam per numero di episodi che hanno visto di fronte gli stessi protagonisti. Non era stato difficile prevedere alla vigilia che solo tre giocatori avevano una ragionevole probabilità di vincere questa edizione del torneo per cui non è una sorpresa trovare in finale i primi due favoriti che sono anche i primi due giocatori nella classifica mondiale. Il bilancio dei confronti diretti tra Novak Djokovic e Rafael Nadal è di 18 vittorie a 14 a favore dello spagnolo che dopo sette sconfitte consecutive è riuscito ad interrompere una significativa sequenza battendo il rivale nelle due ultime sfide.
Tuttavia credo sia importante ricordare come questi due risultati si siano verificati (finali di Montecarlo e di Roma di poche settimane fa) in partite giocate sulla breve distanza dei due set su tre Come noto i tornei dello Slam si caratterizzano invece perché tutte le partite si giocano al meglio dei cinque set ed hanno quindi un valore tecnico e statistico molto diverso e più importante...
 

Abbandonando però per un momento i numeri, che pure sono importanti, e riferendosi invece all'impressione lasciata dai due campioni in questo torneo, il mio parere è 4 le finali consecutive giocate negli slam da Nadal e Djokovic (quella odierna è la quinta). Meglio solo Federer-Nadal con 8 finali. che Nadal abbia fornito, rispetto al rivale, prestazioni più convincenti in termini di sicurezza e di determinazione, pur tenendo conto di avere trovato in semifinale un avversario più comodo e probabilmente più rassegnato in Ferrer piuttosto che in Federer..
Mi pare di avere rivisto in Nadal quel furore agonistico che era sempre stata la sua caratteristica principale... Tutto questo senza fare riferimento alla superficie in terra battuta che rimane il tradizionale alleato del guerriero spagnolo. Dovendo scegliere dico Nadal ma non andrei oltre una cena nello stabilire la posta in gioco.
 

Il commento - Fieri della piccola grande Sara nuova regina del nostro tennis (Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport, 10-06-2012)

La favola di Sara Errani finisce alla penultima pagina del Roland Garros. L'ultima la scrive con merito Maria Sharapova, nuova numero uno del mondo che deve giocare una grande partita per domare lo scricciolo azzurro. Da italiani dobbiamo andare fieri della piccola grande Sara. Di come ha interpretato questa finale, del modo in cui con smorzate e volée ha scaldato il pubblico francese portandolo addirittura a intonare il suo nome. E soprattutto dei risultati che ha conseguito: la finale del singolare che porta in dote il decimo posto nel ranking mondiale e il trionfo nel doppio, in coppia con Roberta Vinci.
 

Sara ci credeva. Lo testimoniano quelle poche lacrime che le sono sfuggite alla fine del match. Quasi avesse pensato ad una occasione (forse irripetibile) che non andava persa. Era il suo cuore da grande agonista che ancora batteva forte, come se la partita non fosse terminata. Poi si è sciolta in un sorriso sbarazzino ed ha capito che più di così non si poteva fare. Davanti a lei saranno scorsi velocemente i fotogrammi dell'avventura parigina. L'arrivo in punta di piedi in uno dei santuari del tennis mondiale con le big che nemmeno la consideravano. L'australiana Dellacqua e lo spavento del primo set perso. E poi l'americana Oudin spazzata via, il test superato a pieni voti con la Ivanovic, lo spauracchio Kuznetsova regolato senza problemi e i capolavori contro Kerber e Stosur. Un rincorrersi di stress e forti emozioni che in sole due settimane ci regalano un'altra giocatrice. Parigi segna una svolta. «Spero la mia vita non cambi», ha confessato Saretta durante la premiazione. Difficile. Ora ci saranno da gestire nuove responsabilità. Come essere la regina del tennis italiano. Che ancora una volta esce a testa alta da Parigi. E deve ringraziarla.
 

Il commento – Il suo tennis è una speranza per l’Italia (Claudia Fusani, L’Unità, 10-06-2012)

QUELLA DI SARA E’ UNA STORIA CHE FA BENE ALLITAUA . PERCHÉ E’ UNA FACCENDA DI SACRIFICI, SPERAR E MERITATE RICOMPENSE. Di una che ha sudato tanto, tra solitudini e indifferenze. E alla fine vince perché lo merita. È una storia di sport, nostra epopea quotidiana dove è più facile che altrove trovare quella dose di eroi e eroine di cui siamo curiosi. Quasi ne avessimo bisogno.
 

E’ una storia di costanza e impegno. Dice Pablo Lozano, da otto anni il suo coach. «Da quando la conosco ha sempre superato le mie aspettative. In questi anni è stata più bella la strada fatta per raggiungere gli obiettivi che averli raggiunti. Sara merita questo e anche di più. E un esempio per me e per tutti quelli che amano questo sporte.
Una storia di sacrifici e volontà. Perché il tennis è sempre la sua passione (con il calcio, per inseguire il fratello Davide, ora suo manager) pur non avendo avuto in dote né un particolare talento né il fisico imponente, l'unica cosa che ieri alla fine l'ha dominata. Sara, 25 anni compiuti il 29 maggio, dimostra che talento e fisico sono categorie accessorie rispetto a volontà, sacrifico, cuore, intelligenza tattica. A 13 anni va in Florida all'accademia di Bradenton, da Bollettieri. E una prova, un assaggio. Funziona. Le piacciono quelle giornate scandite da orari, moduli di allenamento, metodo. Quando torna a casa non trova nulla di simile. A 16 anni emigra in Spagna, a Barcellona poi a Valencia, da Pablo Lozano e David Andres dove, dice, «ho trovato il lavoro fisico e tattico di cui avevo bisogno». Da allora è la sua casa.
 

Quella di Sara è una storia di umiltà. Negli anni d'oro di Flavia e Francesca, due vincenti di carattere, era dura fare breccia là in mezzo. Eppure nel febbraio 2008 esordisce in Fed Cup contro la Spagna. Nel 2007 entra nelle prime cento. Nel febbraio 2009 è 31 del mondo. In Fed Cup è l'eterna riserva. Capitan Barazzutti la convoca, lei arriva, indossa la maglia, fa la sparring e gioca il doppio con Robertina, l'altra cicki-cicki. Così per anni. L'onore di indossare la maglia azzurra. E quando qualche giornalista si ricordava di quella ragazzina con gli occhi grandi e azzurri sempre di lato e silenziosa, lei sorridente: “Per me è un onore e un privilegio essere qua. Imparo tanto da Flavia e Francesca”. Mai una recriminazione.
Una storia di orgoglio. Agli Internazionali di Roma i giornalisti le fecero notare che nei cinque tornei Wta vinti in carriera e il best ranking (24), non aveva mai battuto una top ten. Sara ci pensò un attimo. E poi: «Vero, si vede che non sono ancora pronta... A parte l'elegante risposta, a Parigi ha travolto due top ten. Ed è lei la n.10. «Spero di non cambiare» ha detto ieri. Lei resta sempre rich-cick. Consapevole che il percorso verso la vittoria é fatto di sconfitte che possono diventare preziose compagne. E che se è arrivata fin qua, lo deve solo al cuore, al coraggio e quella attitudine molto particolare a non mollare mai. Quella di Sara è una bella storia. Perché dà speranza.
 

Fieri dei “Davide” che perdono con classe (Alessandro Piperno, Il Corriere della Sera, 10-06-2012)

Il tennis non perdona. Regolato com'è da un'implacabile meritocrazia, alla fine è quasi sempre Golia a sfangarla, e Davide a soccombere. Ricordo ancora il match in cui un serafico Chang (affetto da crampi) ipnotizzò l'allora invincibile Ivan Lendl, costringendolo a una delle più beffarde batoste mai inflitte a un campione sportivo. Ma quel miracolo non fece che confermare la regola. Sospettavamo che ieri la nostra intrepida Sara Errani — dopo lo strepitoso Roland Garros che l'aveva vista protagonista — non avrebbe avuto chance in finale contro la Sharapova. E certo, vederle entrare insieme in campo, in un affollatissimo Philippe Chatrier, sotto un cielo irresoluto, non ha fatto che confermare il preventivo sospetto di un gap incolmabile. Ma guardale! Come può il nostro coriaceo scricciolo, poco più alto di un metro e sessanta, imporsi sulla statuaria valchiria siberiana? Ti viene il sospetto che le due ragazze appartengano a mondi, circuiti, milieu completamente diversi. La tutina nera della Sharapova — in pendant con la visiera griffata Nike — è allusiva fin quasi alla civetteria; mentre quella indossata da Sara, d'un improbabile color lillà, sembra esaltare la sua natura operaia. Per non dire della fasciatura che sbuca dalla gamba destra a testimonianza del tour de force che l'ha portata a giocarsi il suo primo Slam e, addirittura, a trionfare nella finale di doppio. Poi tutto è andato come doveva andare. A parte un paio di smorzate, tanta mal dissimulata emozione e una fiera caparbietà, nient'altro la Errani ha saputo (o potuto) opporre a Wonder Woman, che l'ha liquidata, da par suo, in meno di un'ora e mezza: un inequivocabile 6-3, 6-2. Chi scrive è un tizio tendenzialmente allergico alla retorica. Tranne quando c'è di mezzo lo sport. Allora sì che il cuore palpita. Sebbene fossi ragionevolmente sicuro che Sara non ce l'avrebbe fatta, sebbene sapessi che il ranking a tennis non mente, solo dopo aver visto la nostra tennista sconfitta, ho capito quanto, in una regione remota di me stesso, avessi sperato che vincesse. E, d'altronde, solo vedendo le sue lacrime (di delusione o di soddisfazione?) ho iniziato a sentirmi fiero. Già, fiero in un modo sentimentale e patriottico. C'è qualcosa di splendidamente italiano in questa ragazzina. Qualcosa che ti fa pensare ai mediani metodisti di un tempo, o a certi ciclisti d'antan. Una specie di orgoglio nella precarietà, di decoro nell'avversità. Dopotutto sono italiano: i Golia non mi piacciono. Mentre adoro i Davide, sopratutto quando perdono con classe.
 

Il commento – Una campionessa di serenità (Marco Lombardo, Il Giornale, 10-06-2012)

Noi italiani che amiamo il tennis siamo stati per anni abituati a vederlo come spettatori poco interessati. Dall'era di Panatta, insomma, per lungo tempo trovare uno - o una - dei nostri nella seconda settimana dello Slam, era un evento da segnarsi per tutto il resto dell'anno. E magari per qualche stagione. Per questo, mentre Sara Errani saltava ostacoli sempre più alti al Roland Garros, in redazione la discussione verteva invece su chi potesse essere definito «buon giocatore» e chi «fuoriclasse». Per intenderci: Andy Murray continua a restare un buon giocatore, uno come Djokovic- che quando si trova a dover salvare un match point, come contro Tsonga - alza il livello di gioco finendo poi per vincere, è sicuramente un fuoridasse. Così come Nadal e Federer, sicuro, e come certamente Maria Sharapova, approdata ieri al Grande Slam della carriera e tornata (con merito) numero uno del mondo. Così, adesso, non possiamo non chiederci da che parte stia la nostra Sara, prendendo atto della piccola lezione che ci ha dato. In pratica: dopo l'impresa di due anni fa (e la finale dello scorso anno) a Parigi di Francesca Schiavone, e gli ottimi risultati della Permetta, abbiamo scoperto - colpevolmente, tutti quanti - una tennista che non essendo nata con il talento in tasca ha costruito (all'estero) la sua fortuna con semplicità, sudore, qualche lacrima, molto ottimismo e serenità. Ecco, è qui che sta il punto: Sara è un esempio per tutti, il suo sorriso e il suo modo di distribuire equamente i meriti dei suoi successi - ovvero a quelli che hanno creduto in lei fin da subito (genitori e coach), ma anche a chi è salito sul carro in corsa (federazione, tecnici ma anche giornalisti)- è un pugno nello stomaco, gentile e solare, a chi continua a dividere il mondo delle racchette tra buoni e cattivi, in nome di chissà quale proprietà esclusiva. Sara in pratica insegna che invece di inseguire «doppi da sogno» (ce n'era già uno, il suo con la Vinci, ma nessuno lo vedeva) si può tranquillamente vivere una realtà in cui gioire di quello che sicuramente verrà. E in questo- alla fine è la risposta al quesito - si è dimostrata quello che è, in campo fuori: una campionessa.

 

Errani, inchino alla regina (Alberto Giorni, Il Giorno)

Il momento più divertente è arrivato durante la premiazione, quando la speaker ha annunciato: «Un applauso per la sconfitta: Maria Sharapova!». La siberiana ha avuto un attimo di smarrimento e Sara Errani, prontissima, ha alzato le braccia ridendo di gusto. Poi però la coppa “Suzanne Lenglen”, consegnata da Monica Seles, è finita nelle mani della legittima proprietaria, mentre sul Centrale di Parigi risuonava il suo inno e la bandiera russa si alzava sul pennone più alto. E anche l’algida bionda si è un pochino sciolta.
Per la Errani è un brusco risveglio il 6-3 6-2 subìto in un’ora e 29 minuti, e resta un po’ di amaro in bocca: «Ma in me c’è più gioia che delusione». Come darle torto? Anche senza il lieto fine, è stato un Roland Garros da favola: da domani sarà n°10 del mondo (terza italiana di sempre dopo Pennetta e Schiavone), ha trionfato in doppio con la Vinci e a 25 anni il futuro è suo. Contro una Sharapova di lusso come quella di ieri, sarebbe stata durissima per chiunque. Parigi val bene una russa: “Masha” conquista l’unico Slam che le mancava (dopo Wimbledon 2004, US Open 2006 e Australian Open 2008) e torna n°1. Dopo il matchpoint si inginocchia sulla terra rossa, braccia al cielo, poi scala la tribuna e la vediamo da vicino abbracciare il coach Thomas Hogstedt e tutto lo staff: non è una vittoria come le altre.
Stavolta l’intelligenza tattica di Sara non ha avuto la meglio sulla forza bruta. La tensione si è fatta sentire e in un lampo la Sharapova è volata 4-0. «Ho iniziato male – ammette Sara –, ma anche per merito suo. I suoi colpi piatti e profondi mi facevano male. Non riuscivo ad allungare lo scambio come piace a me, lei ha fatto un sacco di punti con il servizio e i primi colpi». La russa, ingiocabile, tirava un vincente dopo l’altro (ben 37 in totale). «Sara, Sara!», hanno intonato i 15mila del “Philippe Chatrier”: «Mi veniva da ridere – sorride lei –, sentire scandire il mio nome sul Centrale contro la Sharapova è stato surreale».
C’è poco da recriminare: «Lei ora è la più forte di tutte – sottolinea Sara –, ma non dimenticherò mai questo torneo. Non mi sento una top ten: adesso non aspettatevi che vinca facilmente con tutte! Ora mi dedicherò all’erba, non certo la mia superficie preferita». Anche il presidente del Coni Gianni Petrucci, presente in tribuna, la applaude: «Sara esce a testa alta, ci darà altre soddisfazioni»
Per la Sharapova è una rinascita. Quattro anni fa si è operata a una spalla scendendo al n°126 del ranking, ora è tornata sul tetto del mondo: «Sono più emozionata di quando vinsi Wimbledon a 17 anni. Ho avuto parecchie difficoltà e potevo mollare: ormai ero ricca e famosa. Invece amo il tennis più di tutto e mi sono sempre rialzata».
Oggi finale maschile tra Rafael Nadal, favorito, e Novak Djokovic (Rai Sport 1 ed Eurosport alle 15, ma è prevista pioggia). Comunque vada, arriverà un record: il settimo Roland Garros per lo spagnolo o il quarto Slam di fila per il serbo.

 

Parigi applaude una Errani da Slam (Filippo Grassia, Il Giornale)

Sara Errani dovrebbe essere orgogliosa di cosa ha realizzato agli Internazionali di Parigi vincendo il doppio con Roberta Vinci e chiudendo la sua corsa in singolare contro sua maestà Maria Sharapova, la più forte del momento. Solo Pietrangeli, degli italiani, ha fatto meglio aggiudicandosi entrambi i titoli nel 1959 al Roland Garros. Invece la romagnola c’è rimasta malissimo dimostrando che, almeno in un angolino del suo cuore, puntava all’impresa per eguagliare Navratilova e Pierce. E’ il segno di un’autostima che la porterà lontano. Ieri non è riuscita a sgretolare il talento dell’avversaria, cocktail unico di potenza e intelligenza, ma prima o poi riuscirà a firmare uno slam. Basta che migliori il servizio, il suo punto debole, con una velocità media di 130 kmh con la prima palla e 110 con la seconda, oltre 40 kmh in meno rispetto alla russa. Intanto può consolarsi con i premi vinti: 625mila euro perla finale del singolare, 170mila euro per la vittoria nel doppio. E la cifra potrebbe aumentare in caso di un bonus federale.
Nel corso della premiazione ha dedicato le prime parole ai genitori: «Se sono qui lo devo a voi, grazie per avermi permesso di realizzare il sogno che coltivavo da ragazzina». E poi con gli occhi lucidi di commozione: «Mi sta accadendo qualcosa d’incredibile, devo abituarmi a essere una top-ten. Sono felice di questa svolta, voglio continuare a vivere questa vita».

E giù applausi da parte del pubblico che ha come adottato la “pollicina” del tennis, capace di battere tre vincitrici di slam, Ivanovic, Kuznetsova e Stosur, prima di arenarsi sulla ruvida sabbia della Sharapova. Il risultato(6-3,6-2in1h29’ ) non rende i giusti meriti all’azzurra che ha lottato fino all’ultima palla. In avvio – come poteva essere diversamente? - ha faticato a entrare in partita, poi ha ritrovato il feeling con i colpi e ha fatto capire a “quella lì” che il trofeo era tutto da conquistare:sotto 0-4, s’è arrampicata fino a 3-5e ha annullato due set-balls prima di cedere il primo set in 36’. In quello successivo è stata brava e sfortunata: lo raccontano i 6 game portati ai vantaggi, le due palle-break mancate sul servizio di Maria e i due matchballs annullati nell’ultimo gioco, il secondo addirittura con una palla corta. Ecco perché lo score è bugiardo (…)

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