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17/06/2012 22:18 CEST - IL RITORNO

Una promessa,
una resurrezione

TENNIS - Tommy Haas ha sempre saputo tornare nonostante seri infortuni che l'hanno accompagnato lungo la carriera. Quest'ultima rinascita è frutto di una promessa fatta alla figlia Valentina: "non mi ritiro, vorrei mi vedesse giocare". Diego Barbiani

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Prendete un dizionario inglese-italiano, andate alla lettera “f”. Alla voce “fighters” troverete scritto “Tommy Haas”. Il tedesco è l’esempio pragmatico di chi, nell’arco della propria carriera, molto spesso è stato preso a pugni dalla sorte. Eppure a 34 anni è già stato in grado di ricominciare più e più volte, non volendo mai abbandonare uno sport che gli ha dato molto, ma non abbastanza da potersi considerare sazio.

Questa che sta attraversando è una sorta di quarta carriera, a cui è sempre mancato il grande successo, nonostante un talento da fare invidia a molti. Però il tedesco, con cittadinanza statunitense, non è uno di quelli che non dorme la notte sopra questi pensieri. È probabilmente conscio di come molti altri al suo posto avrebbero appeso la racchetta al chiodo, o non sarebbero stati in grado di ricominciare con la stessa voglia e caparbietà che ha. L’ultima volta che è stato costretto ad un lungo stop, nel 2010, poteva dirsi stanco di tutti i mille problemi che lo hanno accompagnato nella sua carriera, ed era lecito da parte di molti pronosticare un suo addio triste, lontano dalle luci della ribalta.

Invece Tommy ha sorpreso tutti con un’affermazione molto tenera, una promessa alla propria figlia nata da pochi mesi: “Mi rimetterò in sesto, non penso al ritiro. Vorrei tanto che mia figlia Valentina potesse vedere il proprio papà giocare”.

Ha ripreso a marciare verso la metà del 2011 e grazie soprattutto agli ultimi risultati ha riconquistato una classifica più dignitosa e compatibile alle sue caratteristiche, rientrando tra i primi 50 giocatori al mondo. Nell’ultimo torneo di Halle è tornato a riassaporare l’atmosfera e la tensione che si vivono nelle finali, lui che ne ha disputate ben ventidue e le ultime due proprio sull’erba tedesca , vinte contro giocatori di altissimo livello: l’attuale n.1 al mondo Djokovic e l’ex leader della classifica ATP Federer.

È doveroso citare due particolari dati statistici contrastanti tra di loro: 1) era dall’Australian Open del 2002 che il tedesco non vinceva contro il suo amico-rivale, da quell’ottavo di finale conclusosi in cinque set (7-6 4-6 3-6 6-4 8-6); 2) Haas, nelle finali, non perde dal lontano torneo di Roma del 2002 (ko con Agassi) e la sua serie positiva è arrivata ad 8 vittorie. Sicuramente una statistica di tutto rispetto per lui che, come già detto, è stato sempre ostacolato da infortuni più o meno gravi.

Nel 2012, è tra Roland Garros ed Halle che il tedesco ha dato grandi segnali di ripresa, raggiungendo prima il terzo turno a Parigi partendo dalle qualificazioni e cedendo solo in quattro set al talentuoso francese Gasquet, ottenendo poi la grande ed inattesa vittoria ottenuta in casa sconfiggendo in serie l’astro nascente Tomic (anche grazie al ritiro dell’australiano), Granollers, poi in serie tre detentori del titolo come Berdych, Kohlschreiber e appunto il pluricampione svizzero Federer, vincitore di ben 5 edizioni dell’evento.

Nella piccola cittadina di poco più di 20.000 abitanti, situata a nord-ovest di Leipzig nella Renania Settentrionale-Vestfalia, è tornato ad imporsi a tre anni di distanza, lui che è entrato in tabellone grazie ad una wild card concessa dagli organizzatori. Aldilà dell’azzeccata scelta vanno comunque dati tutti i meriti del caso al vincitore, capace di ottenere quasi l’80% di punti in media con la prima di servizio e di perdere la battuta in 2 sole circostanze, contro Federer in finale e contro Berdych nei quarti.

Il suo gioco è sempre quello, non è stata modificata una virgola. Sempre in progressione per conquistare campo, rovescio ad una mano stilisticamente inappuntabile e tocco delizioso in occasione di precise smorzate o volee. Non si sta parlando certo del miglior Haas, quando raggiunse la seconda posizione mondiale nel 2002, o gli ottimi piazzamenti nei tornei dello Slam, certamente però questa serie di risultati sono l’ennesima dimostrazione di un giocatore che non si è mai arreso nonostante i ripetuti ostacoli che ha trovato sul suo percorso e che spera di avere ancora un ruolo di guastafeste in questo tennis così duro, fisico e mentale, dominato dai maratoneti o da giocatori creati con lo stampino.

La sua alchimia è di giocare ogni partita con la voglia di un ragazzino ma con la maturità e l’esperienza che si è acquisita girando il mondo per tornei dal 1998. Per il valore del giocatore in questione, e per il peso della sua assenza nei troppi momenti che ha trascorso tra infermeria e riabilitazione, Haas è un giocatore che seppure a 34 anni vale sempre la pena di seguire con ammirazione, e anche un po’ di invidia. Bentornato Tommy!

Diego Barbiani

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