25/06/2013 12:12 CEST - Wimbledon

Clamoroso ai Championships: grandi sorprese a Wimbledon

TENNIS - Vi riproponiamo in versione aggiornata una breve storia del torneo di Wimbledon attraverso le più grandi sorprese dell’era Open. Storie di carneadi, eroi per un giorno come Curren, Doohan, Lori McNeil o Bastl. Alessandro Mastroluca

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Wimbledon 2001: il trionfo di Goran Ivanisevic
Wimbledon 2001: il trionfo di Goran Ivanisevic

Eroi per un giorno, carneadi alla ribalta della gloria o giovani campioni destinati a futuri luminosi che iniziano a brillare. Wimbledon ha vissuto momenti unici, sorprese sportive straordinarie, storie di uomini che hanno stravolto un destino che sembrava già scritto nel tempio della tradizione.

Carneadi perfetti come Lukas Rosol, che non aveva mai vinto sull'erba prima dell'anno scorso, o Steve Darcis.. Sono storie in cui la sorpresa è tanto nella forma quanto nella sostanza. Non abbiamo incluso partite pure sorprendenti per sviluppo e risultato ma non per l'identità del vincitore. Per questo non fanno parte di questo articolo Edberg-Stich, la semifinale del 1991 persa da Edberg 46 76 76 76 senza mai perdere il servizio: e non c'è perché il tedesco era numero 6 del mondo. Per la stessa ragione non ci sono le vittorie di Tsonga su Federer dell'anno scorso e di Cash in finale su Lendl nel 1987, il trionfo di Maria Sharapova nel 2004 e la finale di Marion Bartoli.

1970 – Rod Laver si arrende a Roger Taylor
Aveva completato il Grande Slam solo un anno prima, a Wimbledon non perdeva da 31 partite di fila ed era due volte campione in carica. Niente lasciava presagire che Rod Laver potesse arrendersi al britannico Roger Taylor, nato a Sheffield nel 1941 e mancino come "The Rocket", al quarto turno dell'edizione del 1970. La stampa nazionale, molto poco patriottica, arriva a suggerigli che avrebbe fatto meglio a stare a casa. Ma Roger, che nel 1967 ha perso la grande occasione di arrivare in finale facendosi rimontaare un vantaggio di due set a uno dal tedesco Bungert, diventa re per un giorno. Vince 46 64 62 61 con doppio fallo di Laver sul match point. Perderà poi in semifinale da Rosewall. Torna in semifinale anche nel 1973, battendo anche un diciassettenne svedese di belle speranze. Si chiamava Bjorn Borg.

1983 – Kathy Jordan, l'unico neo di Chris Evert
Chris Evert è arrivata almeno in semifinale in tutti i precedenti 34 tornei dello Slam disputati. Figura stabilmente tra le prime quattro a Wimbledon da 11 anni e lo sarà ancora per i successivi sei. Ma nel 1983 Kathy Jordan, che era stata semifinalista agli Australian Open, perdendo da Martina Navratilova, riscrive la storia e vive il suo momento di fama. In due soli set, 61 76, diventa la prima giocatrice a battere Chris Evert prima delle semifinali di uno Slam (è infatti il terzo turno). Perderà nei quarti di finale.

1985 – McEnroe a lezione da Curren
"In certe pose, di diritto soprattutto, o peggio quando giocava la palla corta pareva un tizio scoordinato e chiaramente negato per lo sport, immortalato da qualche buontempone su un campo da tennis di periferia. Occhi chiusi, bocca aperta, racchetta impugnata a ‘canna da pesca’ o a padella per la smorzata, braccio sinistro ripiegato su sé stesso con mano penzolante all’infuori al momento dell’impatto. Non un bello spettacolo". Inizia così il bel profilo che Federico Ferrero sul suo blog Wild Card ha dedicato a Kevin Curren.. Nel 1985, però, con il suo servizio piatto, preceduto da un lancio di palla bassissimo e un mulinello fulmineo, impallina Edberg prima di trovare McEnroe nei quarti. La legge di Curren, che gioca con una Kneissl Wihite Star Pro Mid in grafite proseguiì: 62 62 64, la peggior sconfitta di BigMac da numero uno del mondo. In semifinale Connors raccoglie ancora meno giochi, cinque; ma la sua epopea non arriva alla lesa maestà e nella domenica della finale lascia strada a Becker, che palleggiando durante i cambi campo e battendogli una mano sulla spalla con aria strafottente, diventa il più giovane vincitore di uno Slam (primato che perderà nel 1989 quando Chang commuoverà Parigi).

1987 - Peter Doohan sconfigge Boris Becker
Bum Bum è imbattuto a Wimbledon, ma al secondo turno dei Championships 1987 Boris Becker impara che non si può vincere sempre. Sul campo n.1, il tedesco si arrende all'australiano Peter Doohan 76 46 62 64. Curiosa la carriera di Doohan: quattro anni all'Università dell'Arkansas, una tendinite alla spalla destra che lo ha costretto nel 1986 a giocare solo sette partite, perdendole tutte. Due settimane prima del match, ha affrontato Becker al Queen's e raccolto appena sei game.

Ancora oggi, l'australiano allora 26enne è ricordato come “il brocco che ha azzeccato la partita della vita”. In quell'edizione dei Championships arriverà fino al quarto turno, dove perderà dal serbo Zivojinovic.

1991 – La “lesa maestà” di Martina Navratilova
Martina Navratilova ha scambiato il centrale di Wimbledon per il giardino di casa. Ha già vinto nove volte, ed è arrivata stabilmente in finale dal 1981. La 15enne dall'altra parte della rete, Jennifer Capriati, nei quarti di finale dell'edizione 1991, potrebbe essere sua figlia. Martina ha da poco rotto con la compagna di sempre, Judy Nelson, e questo forse un po' la condiziona. Ma in pochi dubitano che possa vincere. Il match è spalmato su due giorni per la pioggia. Il gioco si interrompe sul 64 23 Capriati; alla ripresa l'americana più giovane va sotto 2-4 0-40 ma riemerge e inizia a farsi strada la sensazione che l'esito potrebbe anche non essere quello più logico. La ferocia dei colpi è costante, Jennifer vince 64 75. Martina Navratilova non perdeva così presto a Wimbledon dal 1977 (ai quarti, contro Betty Stove). Mai prima di allora una tennista così giovane aveva raggiunto le semifinali dei Championships.

1994 – Steffi Graf eliminata da Lori McNeil
Si sono strette la mano nel bel mezzo di una tempesta. E l'immagine rende bene l'idea di quanto accaduto quando Lori McNeil completa il 75 76 a Steffi Graf nel 1994. Mai, in 108 anni di storia del torneo, la campionessa uscente era stata eliminata al primo turno. La Graf, poi, non perdeva così presto in un torneo dal 1992, al Virginia Slims Open, anche allora da Lori McNeil, che aveva perso tutti i primi otto confronti diretti. Negli Slam era successo solo due volte che Steffi uscisse tanto repentinamente, a 14 anni, all'esordio assoluto in un major, gli Australian Open del 1983 e agli Us Open l'anno successivo.

La McNeil, dopo aver fatto colazione, preparata da Ruth Roper, la madre dell'amica Robin Givens, prendetutte le decisioni giuste. Flirta con la rete mentre Steffi opta per la prudenza (solo due serve and volley in tutto il match). Troppi gli errori della tedesca: su tutti il doppio fallo sul set point che, dopo un'interruzione di 100 minuti sul 5-5 ha regalato alla McNeil il primo set. Nel secondo set, dopo la seconda pausa forzata, sale 4-2 ma subisce il break. Si procura un set point nell'undicesimo gioco, ma lo vanifica con un rovescio in rete che si rivela fatale. La 22enne interrompe così la serie di 21 vittorie di fila della tedesca nel tempio del tennis. “Non fa male perdere il titolo, fa male perdere” dirà la Graf a fine gara.

1999 – Jelena Dokic tradisce Martina Hingis
La vittoria della Dokic su Martina Hingis ha qualcosa del dramma familiare, un sapore di tragedia greca. Non è sugli spalti Melanie Molitor, la madre della campionessa svizzera, ma è presente più che mai. E' lei, capace di vincere un torneo mentre era incinta di Martina di sette mesi,che l'ha portata dalla Slovacchia alla Svizzera e che l'ha allenata da quando ha preso in mano una racchetta. Ha invitato tante giocatrici ad allenarsi con Martina nella villa di Trubbach. Tra le giovani sparring partner figura anche Jelena Dokic, che ripaga la Hingis con un indimenticabile 62 60 in 54 minuti.

2000 – La favola di Voltchkov
Gli hanno prestato i pantaloncini e regalato le scarpe. Londra è lontana da Minsk e Vladimir Voltchkov ha già prenotato il volo di ritorno, ma deve rimandare la partenza perché è arrivato dove nemmeno lui credeva possibile. Anno 2000, il 22enne, che quattro anni prima aveva vinto il torneo junior, diventa il primo qualificato dopo John McEnroe (1977) ad arrivare fino in semifinale. Per trovarlo nel ranking bisogna scendere fino alla posizione numero 247: mai un tennista con una classifica così bassa era arrivato tanto in alto. “Vladiator”, che ha imparato a giocare a tennis fuori al dopolavoro della fabbrica di auto dove lavorava il padre, si arrenderà a Pete Sampras ma scrive una pagina indelebile nella storia del torneo.

2001 – Ivanisevic, buona la quattordicesima
Quando si dice meglio tardi che mai. Una finale giocata di lunedì, come non succedeva dal 1922. Il pubblico è il più insolito che la cattedrale del tennis abbia mai visto: a due ore dalla partita ci sono diecimila biglietti disponibili e lo stadio si riempie di giovani festosi e rumorosi. Ivanisevic, alla 14ma partecipazione ai Championships, è stato fermo un anno e mezzo per un infortunio alla spalla ed è entrato in tabellone solo grazie a una wild card. Con Patrick Rafter disputa quello che diventa il quinto set più lungo nella storia del torneo (record battuto prima dal 16-14 della finale 2009 tra Federer e Roddick e poi del tutto demolito dal 70-68 fra Isner e Mahut).

Un finale thrilling, con Ivanisevic che nell'ultimo game inizia a piangere, bacia la palla, arriva al match point e per l'emozione si inceppa: due doppi falli di fila. Ha conquistato l'unico break del set nel gioco precedente e rischia di vanificare tutto. Con un ace, il numero 213 del torneo (battuto il suo record del 1992), si procura il quarto match point. E quando Rafter affossa in rete la risposta sulla prima esterna del croato, Ivanisevic entra nella leggenda come il più basso classificato e l'unica wild card nell'albo d'oro dei Championships.

2002 - Il mercoledì nero
Escono in un giorno solo Sampras, Agassi e Safin. Pistol Pete, che alla fine del terzo set ha cercato fiducia leggendo un biglietto della moglie, non ci può credere di aver perso con George Bastl, numero 145 del mondo, e per molti minuti dopo il 63 62 46 36 64 rimane seduto sulla panchina del campo 2, il Cimitero dei Campioni. Bastl è l'emblema dell'eroe per caso, lui che per caso ha scelto il tennis. Nato a Chicago, ha studiato all'Università della Florida prima di trasferirsi in Svizzera. Suo padre giocava a hockey nella minor league con una squadra satellite dei Chicago Blackhawks. Ma George trova una racchetta da tennis in mezzo alle mazze del padre e comincia a giocare. Resta anche lui nei circuiti minori finché l'infortunio di Felix Mantilla gli regala un posto nel draw. E George si prende un posto nella storia.

Sampras era già in versione solitaria e un po' finale, comunque. Ma Andre Agassi no. Non combatteva gli stessi demoni. Eppure quel giorno ha condiviso lo stesso destino. Paradorn Srichaphan, numero 67 del mondo, figlio di un'insegnante di scuola, allenato dal padre.Il thailandese ha vinto con la pazienza e con la forza, ha retto gli scambi senza perdere terreno, e piazzato 33 vincenti che combinati con i 35 gratuti di Agassi hanno scritto il 64 76 62 finale.

Nemmeno Safin, reduce dalla finale persa agli Australian Open e dalla semifinale al Roland Garros, si salva dal mercoledì nero. Inizia con due doppi fali e regala subito il break a Olivier Rochus, che aveva battuto poche settimane prima a Parigi. Rochus al primo turno ha eliminato il fratello Cristophe e dichiarato a fine partita: "Ilv mio sogno da bambino era di diventare alto". Dopo il 7-1 con cui ha chiuso il tiebreak del quarto set e completato il 62 64 36 76 su Marat, ha provato a se stesso e al mondo che la statura non è solo questione di centimetri.

2003 – Karlovic sorprende Hewitt
In 126 anni di storia, solo una volta, nel 1967, il campione in carica era uscito al primo turno. Allora Charlie Pasarell sorprese Manolo Santana, stavolta è il gigante Ivo Karlovic a mettere al tappeto “Rusty” Hewitt. Nessuno avrebbe scommesso un euro sul croato, al debutto in uno Slam e all'undicesimo match della carriera nel circuito maggiore, ancor più dopo il primo set: 6-1 Hewitt in 19 minuti.

Ma il centrale aveva in serbo un'altra storia. Karlovic vince 16 76 63 64 con 18 aces all'attivo. Curioso come cinque anni dopo, sulla terra di Parigi, non gli basteranno due set di vantaggio e 55 aces per domare l'australiano, seppur in fase calante di carriera.

Alessandro Mastroluca

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