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29/06/2012 11:11 CEST - Rassegna

Che botta! Nadal distrutto Il numero 100 Rosol lo manda a casa (Tommasi, Clerici, Semeraro); Quattro azzurre al 3º turno: eguagliato il record 2005 (Martucci, Azzolini, Ferrero); Simon: «Troppi soldi alle donne» (Marianantoni)

29 giugno 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Che botta! Nadal distrutto Il numero 100 Rosol lo manda a casa

Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport del 29.6.2012

Poche volte nella storia di Wimbledon una sorpresa — e che l'eliminazione al secondo turno di Rafael Nadal in un torneo che ha vinto due volte e in cui è stato finalista anche l'anno scorso lo sia non ci sono dubbi — si è verificata in modo così confuso ma alla fine anche legittimo come quello di ieri sera.

Tetto maledetto Si potrà discutere in eterno in quale modo le particolari ed assolutamente inedite situazioni attraverso le quali si è sviluppato un risultato che nessuno avrebbe potuto prevedere. A Lukas Rosol, ceco di Brno, classe 1985 e numero 100 nella classifica mondiale, nessuno avrebbe potuto concedere probabilità di vittoria soprattutto quando, dopo aver mancato tre set point, ha perduto il primo set, ma soprattutto quando dopo essere andato in vantaggio per due set a uno ha perso nettamente il quarto. Qui, gli è arrivato l'aiuto indiretto del giudice arbitro, che ha deciso di chiudere il tetto per consentire che il match finisse nonostante l'oscurità, consentendo al ceco, che aveva appena subito la rimonta, di riordinare le idee, raffreddando il momento positivo dello spagnolo.

Altalena La storia di questo gioco maledetto insegna che quando il giocatore favorito viene rimesso due volte in vita è quasi impossibile che possa perdere. Oppure, rovesciando i termini del discorso è ancora meno possibile che un outsider che si è trovato per due volte nella situazione di controllare il match riesca ugualmente a vincerlo con un'altalena di colpi di scena che non hanno né riscontri, né precedenti nella storia del gioco. E' quasi incredibile che un guerriero come Nadal, che malgrado la giovane età ha un'esperienza solidissima, non sia riuscito a sfruttare le situazioni che la partita gli ha proposto e soprattutto non sia riuscito a sfruttare le situazioni molto particolari che tutto sommato gli avevano consentito di riemergere almeno due volte e di diventare il padrone del match. In particolare l'aspetto più difficile da capire e spiegare è come mai Nadal si sia fatto sorprendere all'inizio del quinto set subendo un break che non è più riuscito a recuperare.

Troppo tempo? In quanto a Rosol è quasi incredibile come un giocatore che aveva avuto una carriera abbastanza modesta con solo sei presenze nei tornei del Grande Slam ed era esordiente a Wimbledon sia riuscito a mantenere lucidità e freddezza, tirando sempre a tutto braccio e non tremando al servizio nel quinto set, in una situazione così difficile fino al punto da far ritenere alla fine quasi regolare uno dei più clamorosi risultati nella storia più recente del grande tennis. Che Rafa accetta pur togliendosi qualche sassolino: «Troppo bravo lui? Troppo semplice, nel quinto non ho potuto far nulla, ha giocato più che incredibile. Nei primi tre set io non ho giocato bene, non ho avuto l'ispirazione giusta, che su una superficie come l'erba paghi caro, soprattutto contro chi picchia duro senza avvertire pressione. Qualsiasi cosa dicessi ora suonerebbe come una scusa, certamente la decisione di chiudere il tetto non è stata la migliore per me. Ci hanno messo 35-40 minuti, non sapevo che ci volesse tanto tempo. Ma è solo un match di tennis, non è una tragedia». E Rosol non sta nella pelle: «Certo, mi dispiace per lui, ma io ho giocato il miglior match della mia carriera, è una sensazione fantastica. Ma non ho ancora fatto nulla, adesso devo dimostrare di poter giocare una partita di questo livello anche contro il prossimo avversario». Ma intanto è già nella storia.

L'incredibile crollo di Nadal battuto dal numero 100 del mondo

Gianni Clerici, la Repubblica del 29.6.2012

La virilità dei machos italici, nel tennis, si è definitivamente assopita, mentre le Sorelle d'Italia li hanno sostituiti. Pare tuttavia che anche quella di Nadal, forse in crisi per gli spread, sia in fiero dubbio. Irriconoscibile, il macho dei machos si è difeso disperatamente, ma invano, dalle insidie alle quali lo sottoponeva uno sconosciuto boemo, Lukas Rosol, n.100 del mondo, che l'ha inchiodato sul Centre Court per cinque ore, arrivando a condurre, spesso dominando, per 2 set a 1, e spaccando letteralmente il povero spagnolo nel quinto.
Quasi tutti gli addetti ai lavori avevano lasciato lo stadio, per assistere ad Italia-Germania, quando Rafa cominciava il match privo del piglio abituale, e riusciva a conservare il primo set, salvandosi da due avversi set point nel tiebreak del'avvio.Incoraggiato dall'accessibilità del mostro, che non aveva mai incontrato, quell'omone di Rosol iniziava, dall'alto del suo metro e 97, una serie di aces irragiungibili, doppiati da un diritto mortifero, sino a mettere in pericolo non solo Rafa, ma quei bookmakers che l'avevano offerto a 31. La vicenda pareva talmente paradossale da non poter continuare più di un'oretta.
Con ammirevole umiltà, addentando proietti incandescenti, Nadal riusciva tuttavia a profittare di una pausa del gigante, e a recuperare il quarto. Lì giunti, i due decidevano, insieme al giudice arbitro, di terminare l'incredibile match alla luce dei riflettori, sotto il tetto richiuso. Un nuovo break a favore del boemo nel secondo gioco avrebbe deciso una partita in cui, negli ultimi due turni, Rosol metteva a segno qualcosa come 5 aces.
Ma non vorrei che simile inattesissima vicenda mi spingesse a trascurare le Sorelle d'Italia. Cichi Errani e Roberta Vinci avevano contro, guarda caso, due eredi di famiglie costrette a fuggire da paesi vittime della guerra. Una è diventata inglese, anche se di inglese certo non ha il colore, né il nasino, leggiadramente schiacciato. La famiglia di Anne Keothavong raggiunse l'ospitale Gran Bretagna fuggendo dal Laos sconvolto dalle vicende del contiguo Vietnam, e si inserì felicemente nel tessuto sociale e urbano di Londra. L'altra avversaria, Marina Erakovic, aveva anch'essa sfuggito un conflitto, l'atroce guerra civile che lacerò in pezzetti etnici la Jugoslavia del Maresciallo Tito. Viaggio, il suo, non meno drammatico, iniziato da Spalato e terminato addirittura in Nuova Zelanda. Ma, per le due ragazze emigrate, non ci sarà nulla da fare contro le Sorelle d'Italia. Salvatasi da Coco Vandeweghe, Cichi è stata rinominata Shorty da qualche collega british. Ma le sue progressioni dal fondo son troppo penetranti e regolari per la povera laoziana di Londra, che dovrà presto limitarsi alla vergogna dei tipici applausi di compassionevole incoraggiamento.
Sul campetto vicino, il 5, Robertina Vinci offre l'abituale spettacolo ai nostalgici del tennis da erba, quello giocato, sino all'avvento di Borg, con le racchette di legno. È la sua, di racchetta, leggerissima, e Robertina la manovra con una maestria ormai insolita, tagliando basso il rovescio e concludendo con voleè che paiono troncare i fili d'erba.E si rimane increduli nel rendersi conto che un talento simile abbia tardato a manifestarsi solo sulla trentina. Autostima, si chiama probabilmente. Non dimenticherò, alla fine di simili modeste annotazioni, sconnesse dall'inattesa partita di Nadal, il match della Leonessa, ormai risanata, tanto da addomesticare una belvetta quale Kristyna Pliskova, che vinse due anni addietro lo junior. Ma, contro la Schiavone di oggi, sarebbe stata necessaria la collaborazione della gemella di Kristyna, Karolina. E forse insufiicente.

Wimbledon "indoor" Nadal esce al 2º turno

Stefano Semeraro, La Stampa del 29.6.2012

Il suo primo Wimbledon lo aveva vinto quasi nel buio, contro Federer, stavolta sul Centre Court Nadal ha perso (6-7 6-4 6-4 2-6 6-4) sotto le luci del nuovo tetto, alle 10 di sera inglesi, in un clamoroso 2º turno lasciato a Lukas Rosol, ceco, n.100 Atp. Cinque set iniziati nel sole e finiti dopo le 22 inglesi, sotto il tetto che è stato chiuso alla fine del 4º set. Nel momento peggiore per Rafa, che dopo essere stato sotto 2 set a 1 era riuscito a rimontare nel 4º e sembrava favorito. Quando Andrew Jarrett gli ha spiegato che la procedura di chiusura richiedeva 30 minuti Rafa ha scosso la testa, ma non c'è stato niente da fare. Al chiuso, con le luci, è però un altro tennis. Una sessione notturna e mascherata, vinta dopo 40 minuti di stop dal picchiatore Rosol, più a suo agio indoor, che provocherà polemiche. Trattasi di una sorpresa enorme: Nadal è il n.2 del mondo (ma ora Federer lo sorpasserà), il finalista del 2011, e a Wimbledon non perdeva al 2º turno dal 2005, Rosol nelle ultime 5 edizioni era sempre uscito nelle qualificazioni. «Non fatemi parlare - ha detto Nadal - la chiusura è arrivata nel momento sbagliato per me, nel 5º set lui ha giocato in maniera pazzesca, ma 30 minuti per chiudere il tetto sono troppi». Un brutto Nadal (specie alla risposta) e un Rosol tanto simile al Soderling che nel 2009 inflisse a Rafa l'unica sconfitta a Parigi. Sotto i riflettori resta l'ombra di un match storico, ma un po' falsato.

Quattro azzurre al 3º al turno: eguagliato il record 2005

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 29.6.2012

Una squadra è una squadra. Un gruppo non si fa in un giorno. E il gruppo azzurro di Fed Cup ha dimostrato, negli anni, di sapere reagire a infortuni, cali di forma, partite sbagliate, crisi di fiducia. Perciò, se una delle due colonne, Flavia Pennetta, attraversa un momento difficile, viene avvicendata da un'italiana che non t'aspetti, come la ventenne Camila Giorgi e le altre del gruppo storico, Sara Errani, Roberta Vinci e Francesca Schiavone fanno fronte comune. Unite dai successi di 2º turno, tutti senza perdere set, e dal record di 4 azzurre del 2005 sull'erba più famosa dello sport. Duro soprattutto per «Cichi», finalista del Roland Garros e numero 10 del mondo, contro Yaroslava Shvedova: «Agli ottavi di Serena non ci penso. Il prossimo è più che complicato: ci ho perso a Parigi tre anni fa, è fastidiosa, spinge da fondo, anche a Parigi ha giocato bene». A 25 anni, Saretta ha già esperienza: «Mi ha fatto bene ricaricare le batterie, negli Slam il ritmo è alto, non ti fermi mai, a fine giornata sei morto, stressato, nervosissimo». Saretta non può puntare troppo sul vantaggio nei precedenti con la kazaka con gli occhiali scuri (2-1), né illudersi per il 6-1 6-1 ad Annie KO (Keothavong), beniamina di casa: «Sono contenta della mobilità in campo, delle risposte e di come sto giocando più aggressiva».

Coraggio La «gemella» di doppio, Roberta Vinci, ritrova il sorriso: «Era peggio la Bartoli, ma questa Lucic non è da sottovalutare. Sull'erba di Birmingham ci ho perso l'anno scorso, 7-6 al 3º ». Ma la miglior volée del tennis azzurro cresce: «Servo bene e gioco bene di dritto, ora devo essere più aggressiva, andare anche a rete. Dovrei essere più menefreghista del punto. Io sono tranquilla, non rischio». Il 6-4 6-3 della Vinci (contro Erakovic) è diverso dal 6-4 6-4 della Schiavone (contro Pliskova): «Nel 1º set, da 2-4 a 6-4, bene, poi da 0-2 a 4-2... Devo alzare il livello, quando gioco quei 2-3 punti molto bene, che, sull'erba, fanno la differenza. Se voglio vincere il 3º turno, contro Zakopalova che ha caratteristiche da erba, sta molto bassa, gioca piatto, ma soffre il mio tipo di gioco, devo migliorare anche la prima di servizio. Sono soddisfatta di come arrivo sulla palla, ci metto non solo velocità. Questo sport mi dà emozioni, gioie, anche tantissimi dolori, però cresco tanto in campo, e voglio rimanere qua dove sono». Parola di capo-squadra.

Italiane da record In 4 per un sogno

Daniele Azzolini, Tuttosport del 29.6.2012

E dunque, Sara, dove eravamo rimasti? Nella Parigi piovosa come e più di Wimbledon, ricordi? Ovviamente si, come potresti aver dimenticato. Eravamo rimasti a una finale persa senza colpe, a un altoparlante che chiama la Sharapova al posto tuo. A te che te la ridevi beata per la gaffe, considerandola in qualche modo benaugurante. Del resto, è vero o no che la parte migliore di te è quella che ti spinge a essere positiva e ottimista, sempre? Eravamo rimasti alle tue dichiarazioni, quando hai detto di volerti ricordare ogni secondo di quella festa, sconfitta comprese, che non c'è niente di male a perdere quando si è fatto il proprio dovere. E alla russa bellissima, altissima, purissima, che ti esprimeva gratitudine per aver portato, in quella finale, l'entusiasmo che ti aveva sospinto in quei giorni di navigazione alla scoperta di te stessa. Era lei la vincitrice, e lei sentiva il dovere di ringraziarti

IL DOVERE E poi? Quali forme sta assumendo questo "poi" che un po' ti impauriva - così dicevi - per via delle nuove vesti in cui ti saresti dovuta calare? Il numero 10 della classifica. II dovere di essere ancora protagonista. E di vincere. E di fare da guida a un gruppo nel quale c'è chi ha vinto più di te? Niente feste, ci hai raccontato. Troppo stanca per sollevare un dito, figurarsi un calice di champagne. «Tre giorni da sola, a casa mia, a Valencia. A dormire, principalmente. E a far nulla. Per riposarmi, ma non solo. Sentivo l'urgenza di riprendere dimestichezza con il mio mondo, con i miei pensieri, con la mia normalità Dovevo, come si dice?, ecco si, dovevo resettarmi». Poi di nuovo il tennis, da capo, ma senza sforzi, senza implicazioni particolari. «Volevo tornare in campo e prendermi ciò che sarebbe venuto, senza pressioni, addolcendo il ritorno senza chiedere niente a me stessa e al mio corpo. Quasi fingendo che non fosse accaduto nulla».

LA SCONFITTA Magari perdendo, come poi è successo davvero, al primo turno di s'Hertogenbosch. «Andava bene anche una sconfitta, anzi, forse andava pure meglio, per ripartire senza dare nulla per scontato». Allo stesso modo hai abbordato Wimbledon. «Ho imboccato la via dello spogliatoio, per riprendere il mio solito posticino, vicino a Roberta (ndr, la Vinci, e chi se no?), e mi sono venuti subito a dire che io dovevo andare da un'altra parte, in un altro spogliatoio, quello riservato alle prime della classifica. Per carità, ho risposto. Io là non ci vado. Io resto qui, fra tutte le altre, vicino alla Roberta. E così è stato, alla fine. II connubio procede. Le due fanno staffetta. Anche ieri. In campo alla stessa ora, il punteggio che si alterna, almeno all'inizio, con identiche cadenze. Sara sale in testa alla Keothavong, le prende un break, e Roberta Vinci, tre campi più in là, fa Io stesso con la Erakovic. Finisce prima Sara, alla fine. Doppio sei-uno. Roberta invece procede a strappi. Ma vince in due set, anche lei. E poi, di nuovo insieme per il doppio, tanto per non perdere l'abitudine. «Le batterie sono di nuovo cariche. La tranquillità che serve in tornei come questo l'ho ritrovata subito», elenca Sara. Siamo al terzo turno, e vi restano agganciate quattro italiane, Sara, Roberta, Francesca e la giovane Camila (oggi contro Petrova).

LE ACCUSE Che polemica di Ivo Karlovic: il croato battuto dal britannico Andy Murray. «E' una vergogna. I giudici di linea qui sono imbroglioni a causa dei pregiudizi. Oggi mi hanno affibbiato 11 falli di piede. L'hanno fatto apposta».

LA SORPRESA La serata si conclude con l'eliminazione di Nadal, battuto 6-7(11) 6-4 6-4 2-6 6-4 dal ceco Rosol, 26enne n.100 al mondo.

Wimbledon, l'erba è rosa: quattro italiane al terzo turno

Federico Ferrero, l'Unità del 29.6.2012

MIRJANA LUCIC NON È STATA, EPPURE DOVEVA ESSERE, UNA CAMPIONESSA, UN CAVALLO DA CORSA. Semifinalista in quel di Wimbledon a diciassette anni, un'edizione dei Campionati di fine millenio da romanzo d'appendice, quando un destino comune accomunò la ragazzona croata dal dritto atomico e una certa Alexandra Stevenson, figlia illegittima dell'ala dei Philadelphia 76ers Julius Erving. Stevenson, da allora, si accontentò di una particina da comparsa. Lucic era evaporata. Contro le sue volontà, si sarebbe appreso. Tra un infortunio e la fuga dalla stretta di un padre manesco, aveva smesso di giocare pochi mesi dopo quel magico 1999 e per sei anni nessuno ne ebbe notizie, se non l'agenzia di management IMG che le aveva chiesto - con coraggio non inferiore alla sfrontatezza - i danni. Depressa, ingrassata, ogni fine giugno guardava Wimbledon in tivù, lacrimando. Con tredici anni di dolori da sfogare, la rivincita è giunta nel 2012 sotto la forma curveggiante di Marion Bartoli, ex finalista, attuale top ten. Mirjana non ha più la coda di cavallo ma gli occhiali, ha passato i trent'anni, non ha smarrito quel tennis che le sarebbe valso chissà quanti titoli. E dollari: una volta riequilibrata la sua vita, per ripartire con lo sport ha dovuto attendere di vincere a sufficienza per pagarsi voli aerei e spese del mestiere. La storia della povera Mirjana interessa casa Italia, limitatamente a Roberta Vinci: la più erbivora delle azzurre e una delle quattro italiane al terzo turno grazie a un match vinto con agio contro Erakovic, neozelandese d'acquisto che conosce i prati. In dodici anni di onesti tentativi, Robertina non è mai riuscita a sopravvivere alla prima settimana di uno Slam; difficile chiedere meglio di una Lucic tra sé e il premio di un ottavo di finale, in questi mesi da sogno nel doppio con Sara Errani. L'ex terraiola piccola con le grandi non si sente a casa, al SW19 di Londra. Ma questa erba tramortita e rallentata consente a Sarita di roteare la racchettona supersize e lasciare sei giochi in due turni a Vandeweghe e Keothavong (dal Laos, arruolata nello smunto esercito britannico). Prossimo impegno lavorativo per Sara, la sfinge Shvedova. Un artigliere che transita disinvoltamente dai primi turni nei tornei della lippa ai quarti di finale Slam; l'ultimo, a Parigi. I precedenti sono sfavorevoli, una vittoria a due, ma restano antecedenti all'Errani-show del Roland Garros. L'ha sfangata anche Schiavone, di fronte a Kristyna, la più forte delle gemelle Plyskova, e ben ha fatto al pensiero di trovare la unseeded Zakopalova, bravina e leggera. A precedere tutte, ieri, Camila Giorgi, prima qualificata italiana a vincere 5 partite a Wimbledon. Un donnone dal servizio quasi maschile. Nadia Petrova, la prossima prova da superare per la n.145 al mondo. Diciamolo sottovoce: a Memphis, pochi mesi fa, fu 64 62. Sì, per Camila.

Simon: «Troppi soldi alle donne»

Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport del 29.6.2012

Fresco di nomina nell'Atp Player Council, il francese Gilles Simon — n. 13 del mondo — si è scagliato contro il tennis femminile polemizzando sulla parificazione dei montepremi tra uomini e donne. «Il tennis maschile ha un livello nettamente più alto di quello femminile. Al Roland Garros il tempo trascorso in campo dai giocatori è stato il doppio di quello delle donne. La parità di stipendio non ha senso».

Replica Le risposte non si sono fatte attendere. Maria Sharapova, numero 1 del mondo, ha dichiarato che «la Wta ha combattuto per tanti anni per ottenere gli stessi premi in denaro dei giocatori. Siamo tutte orgogliose di questo riconoscimento e cerchiamo sempre di rendere il nostro gioco più affascinante. Sono sicura che le mie partite fanno più spettatori delle sue». Serena Williams dice che «Maria ha ragione, molte più persone vedono lei rispetto a Simon. Il tennis femminile è fantastico. Ognuno ha diritto di avere una opinione in merito. E questo è solo il suo parere». Sam Stosur: «La gente ama vederci giocare». L'Open Usa garantisce lo stesso montepremi dal 1973, l'Australia dal 2000, Roland Garros e Wimbledon solo dal 2007.

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