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02/07/2012 15:47 CEST - Rassegna Stampa del 2 Luglio 2012

Murray eccita i soliti ultras (Clerici), Inter. alla Giorgi «Sono carina e brava e dentro ho un vulcano» (Martucci), La seconda vita di Camilla (Azzolini), "Sarò presto la numero 1" (Semeraro)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Murray eccita i soliti ultras

Gianni Clerici, la repubblica del 2.07.2012

Sono stufo di scrivere per l'ottava volta lo stesso articolo, che per fortuna i miei 25 lettori hanno dimenticato. Ne ho scritti non meno di quattro per il semifinalista Tim Henman, sto iniziando l'ultimo riguardo al suo compatriota Andy Murray, già tre volte in semifinale, ed ora negli ottavi dopo il successo contro Baghdatis del la n otte di venerdì, sotto il nuovo tetto del Centrale. Non ne posso più dei sentimenti che un tennista britannico è capace di sollecitare nel pubblico, non ne posso più di veder snaturato questo gioco che dovrebbe essere d'esempio ai bambini, non ne posso più di dover constatare che sciovinismo non è soltanto una parola francese, malauguratamente originata dal caporale Chauvin dell'armata conquistatrice di Gioacchino Murat. Ogni volta che si profila la pallidissima speranza di una vittoria britannica il pubblico si identifica in quello che fu il complesso di superiorità dell'Impero, che dovrebbe essere accantonato da sessant'anni, così come sono scomparse le colonie. Non dico che sia scorretto, il pubblico di Wimbledon, quanto lo furono quelli di Milano e di Roma della CoppaDavis, che passai una vita a combattere. Ma gli applausi di almeno metà degli spettatori del Centre Court, quando un avversario peraltro sportivo come Baghdatis, ma che ha la colpa di giungere da un paese mediterraneo quale Cipro, sbaglia una palla, mi affliggono profondamente. È dal 1936, dai tempi in cui quel figlio di un laburista qual era Fred Perry—ormai confuso con una camicetta — venne ammesso nella upper class, e ne divenne l'idolo con l'ultima vittoria, che i padroni di casa tentano invano di alzare la Coppa che fu dei Fratelli Doherty, quando il gioco era appannaggio di chi nasceva in un paese di lingua inglese. Ora il tennis è divenuto globale, e ricerche universitarie che mi onoro di aver iniziate hanno dimostrato che in Gran Bretagna è stato importato, lungi dall'esservi nato. E un gioco rinascimentale, come dimostrano il primo testo di Antonio Scafino da Salò, filosofo tomista, il Trattato del Giuoco della Palla,(1555) eil bassorilievo ligneo di Pere Salgada (1493) della Cattedrale di Barcellona Trasportato su prato dalle lastre di pietra dove era iniziato, reinventato insieme alla scoperta della palla di gomma, rinominato Lawn Tennis da Gioco di Rachetta e da Jeux de Paume, il nostro sport trovò ospitalità in quello che Giorgio Bassa-ni chiamò il Vaticano del tennis, nello All England Tennis and Croquet Club. La reinvenzione va storicamente riconosciuta e umanamente ammirata. Ma non si può evitare di indignarsi, come lo Scriba, quando esplode un entusiasmo calcistico per un colpo fortunato dell'enfant du pays, o quando al contrario un vincente dell' ospite ottiene soltanto l'approvazione d ei catecumeni qui giunti in pellegrinaggio. Stiano comunque tranquilli i tifosi. Il loro beniamino, nonostante gli isterismi, i pugni stretti rivolti al cielo insieme a sorta di latrati, non vincerà Wimbledon. Andy Murray

Inter. alla Giorgi «Sono carina e brava e dentro ho un vulcano»

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 2.07.2012

Camila Giorgi, chi era costei? Wimbledon si interroga sulla veloce ventenne di Macerata dai lineamenti delicati che, da numero 145 del mondo, è passata dalle qualificazioni agli ottavi, oggi, da intrusa nell'élite mondiale, contro la numero 3 del mondo Agnieszka Radwanska. «Sto facendo un'esperienza speciale e spero che non finisca qui. Sin da piccola volevo Wimbledon, è il mio torneo preferito, da piccolina vedevo in tv Rafter, Agassi e Sampras, ma cerco di non darmi limiti, mi piace andare sempre andare avanti e quindi spero di fare meglio ancora: con Radwanska ho una chance». Camila ha sempre giocato d'anticipo, d'attacco, picchiando forte, ma non vinceva: perché adesso la palla sta di più dentro le righe? «Con papà abbiamo lavorato nel controllo della palla e delle mie reazioni: più tattica e meno tecnica. Cerco di aspettare il buon momento, anche se a volte mi sbaglio ed è difficile con chi fa i pallonetti. Perciò è stata dura, specialmente Amo il tango, sono passionale. E mi trovo meglio con i maschi: sono più sinceri quando cominciavano a variare: io tiravo bombe, diventavo pazza». Lei ha prima e seconda di servizio quasi uguali, a 150 all'ora. «Devo migliorare la percentuale di prime. Dipende dal lancio di palla: lo faccio veloce, devo controllarmi, ma dentro molte volte c'è un vulcano, anche se cerco di pensare punto per punto». una religione precisa, ma credo in qualcosa di grande, e adesso che mia sorella sta Lassù, penso che qualcuno mi stia dando energia e mi aiuta molto». Si impara sempre dalla vita: e dal tennis che cosa ha imparato? «La disciplina: ogni giorno devi stare lì focalizzata, non puoi distrarti molto, mi servirà anche nella vita»….

La seconda vita di Camilla

Daniele Azzolini, tuttosport del 2.07.2012

Argomenti forti ci sarebbero, per tentare di smuoverla dalla sua candida imperturbabilità. Primo fra tutti, la scelta del palcoscenico per il debutto nell'alta società tennistica. Wimbledon se lo possono permettere in pochi, e a ricordarli, quegli autentici signori dell'erba, c'è di che imbarazzarsi ad accostarglieli. Ne uscirebbero paragoni forse spropositati, fra un Becker die vinse il torneo al primo impatto, e aveva appena 17 anni, e un McEnroe che raggiunse la semifinale partendo dalle qualificazioni. Per sua fortuna, Camila Giorgi non si fa tentare dall'entusiasmo, e risponde con puntuta testardaggine. Lo sai Camila che hai ottenuto in un anno quello che la nostra migliore erbivora ha inseguito per 12 stagioni? Gli ottavi, die sono i primi per la Giorgi e anche per la Vinci. Mi fa piacere, ma non mi cambia la vita., risponde. Allo stesso modo risponde quando le dici che Venus è andata a vederla giocare, lei prima dello staff azzurro, Barazzutti in testa, che è andato a presentarsi al termine del primo match ..Si, mi ha fatto piacere, ma non mi cambia la vita». Camila Giorgi la vita l'ha vista cambiare già troppe volte, per stupirsi, e ha deciso che può contare solo su se stessa e sui familiari più vicini. Se n'è andata da Macerata, a 8 anni, è approdata a Milano, e di li a Como, dove si fece conoscere da Riccardo Piatti. Poi lbrino, e di li Parigi, 5 anni, Barcellona e Valencia. Ora Miami. Alla ricerca di campi e condizioni di vita migliori. Li ha trovati, pare. Di Miami ama le spiagge, e i posti per ballare. Amava anche Parigi, poi ha finito per odiarla. Almeno fino a quest'anno, quando ha preso il coraggio e ha chiesto a papà Sergio di portarla in quell'angolo di strada dove nel 2010 Camila e tutta La sua famiglia hanno perso una parte della loro vita. Antonella, la figlia maggiore, 23 anni, ex tennista, rimasta a Parigi per studiare, è scomparsa in un incidente stradale. Era la confidente di Camila, ci ha detto il padre, che affronta quel ricordo con grande forza d'animo. Camila ha ingurgitato il dolo- re, ma sono stati mesi difficili. «Ora va meglio, racconta Sergio, argentino ma di genitori italiani, soldato nelle Fàllkland, lui si capace di un entusiasmo a dir poco contagioso. Conoscere quel posto ha restituito forza a Camila. SCHIAVONE E VINCI Sono 6 le partite giocate, 3 nelle qualifiche, 3 nel tabellone. La settima, oggi, sarà la più difficile. Agnieszka Radwanska, n. 3 della classifica, è giocatrice saggia e rapida Camila non studierà il match. -Gioco per vincere, colpisco più duro che posso-. Potrebbe non bastare, ma le fa onore non sentirsi seconda a nessuna. D nostro tennis riprende con un record di 3 presenze negli ottavi femminili. È la nazione meglio rappresentata. Schiavone giocherà con la Kvitova. Vinci con la Paszek D prossimo record, sarebbe giungere in 2 ai quarti.

"Sarò presto la numero 1"

Stefano Semeraro, la stampa del 2.07.2012

Camila Giorgi è una sweet machine che in un giorno di fine giugno si è installata nel cuore pulsante del nostro tennis. Neppure ventunenne, bionda, leggera, incantevole come una modellina. Fuori dal campo ti ferisce con lo sguardo celeste, cuccioloso, dentro ti percuote come l'otturatore di una Colt infinita che spara sempre prima che tu abbia estratto lo stupore dalla fondina. E una delle tre italiane che oggi giocano gli ottavi a Wimbledon, il sesso forte del tennis italiano: Francesca Schiavone e Roberta Vinci sono le veterane, Camila la new-entry, fascinosa e un filo aliena, perché di lei - nonostante da anni se ne parli, sussurri, discuta come della Grande Speranza Azzurra - fino a questo Wimbledon non si sapeva poi troppo. «Negli spogliatoi le abbiamo detto brava, ma a stento la conosciamo», ammettono in coro Schiavone, Errani, Pennetta e V'mci. «Neanche io so tanto delle altre italiane», fruscia lei in risposta. «In questi giorni ci siamo salutate, ma non si può dire che fra noi ci sia un rapporto, io vivo e mi alleno a Miami». Riavvolgere il nastro, please. Camila, con una "1" sola, è nata a Macerata il 31 dicembre del '91 dall'italianissima mamma Claudia, che ai tornei non si vede mai, e da Sergio, padre e coach nato a Buenos Aires, figlio 145 3 Nel ranking ALLA VIGILIA DI WIMBLEDON Camila Giorgi, 20 anni, alla fine del torneo potrebbe entrare tra le prime 80 al mondo. Per passare agli ottavi ha battuto la russa Nadia Petrova. Oggi affronterà la polacca Agnieszka Radwanska, n. 3 del ranking di un emigrante di Perugia, Luigi Giorgi, arrivato in Argentina a costruire barche. In testa, il poliedrico Sergio, oltre ad una zazzera grigia ma allegra come un cespuglio, da anni coltiva un'idea meravigliosa: fare di Camila la n. 1 del mondo. «Il nostro obiettivo è quello», sorride placida, imperturbabile la ragazzina dall'aria falsamente fragile, che la settimana scorsa con i suoi 166 centimetri di energia pura ha triturato la carabiniera russa Petrova, ex n. 3 del mondo. «Penso che se continuo a giocare così il n.1 arriverà naturalmente. Sono tanti anni che con mio padre lavoro per questo, ho fatto sacrifici ma non mi sono pesati. Non mi piace tanto studiare, andavo bene solo in Scienze, ma un diploma l'ho preso, con le amiche bene o male esco. Wimbledon? E lo Slam che mi piace di più insieme con gli Us Open. Cosa penso di fare qui? Be', vincere». Primi colpi a Macerata, a 5 anni, «per imitare i mie fratelli, Leandro (che vuole fare l'attore) e Amadeus (che fa il centrocampista nel Real Madrid Miami e cerca un futuro in Europa, ndr), di cui ero un po' gelosa». Era un talento della ginnastica artistica, Camila, a Milano la volevano in nazionale. Lei scelse il tennis e una vita da nomade insieme con l'affettuoso, ipercinetico oltranzismo di papa. Macerata, Pesaro, Como, Milano 3, Valencia, Palma de Maiorca…Un'italiana cresciuta molto altrove, come in una canzone di Ivano Fossati o in un racconto di De Carlo, fra l'Adriatico e la West Coast. Nicola Pietrangeli, nato a Tunisi da mamma russa, aveva cromosomi più forestieri. La post-adolescente new-italian Camila, che ha posato da modella, ama i film di Almodovar e la bellezza di Hayden Christensen, si porta dentro esperienze ancora più composite. «A Macerata manco da quando avevo 5 anni, ma mi piacerebbe tornarci, li ho tanti bei ricordi. Io sono, mi sento italiana. Mi piace la carbonara, la moda italiana di Gucci, Dolce&Gabbana, Cavalli - vedi questi stivali? Sono l'ultimo regalo che mi sono fatta... - se serve so cucinare un risotto al pesce. A Miami mi trovo bene perché è divertente, abito a un quarto d'ora da Miami Beach, adoro Lincoln Street e appena posso vado in spiaggia. Di argentino ho la grinta. Me l'ha trasmessa mio padre, che ha combattuto nella guerra delle Malvinas». Papà Sergio che ha fatto il calciatore e il pugile e durante i cinque anni parigini la portava ad allenarsi sul ring, addirittura avrebbe voluto farla combattere: «Boxe e tennis hanno movimenti simili, l'idea del mio tennis di potenza e di pressione nasce anche da li: però no, non ho mai tirato un pugno a nessuno. Non ho tanti muscoli, non sono alta, ma ho gambe reattive, veloci. Lavoro sull'anticipo, sull'aggressività. Sapere come gioca la tua avversaria può aiutare, ma non è fondamentale». Sergio, l'ex sparring partner, la sorveglia amorevolmente. «Il fatto che il mio coach sia mio padre - spiega lei - mi aiuta tantissimo, perché in lui posso avere una fiducia cieca». Due anni fa Camila ha osservato Francesca Schiavone vincere il Roland Garros. «E stata una bella cosa per il tennis italiano - sottolinea - ma non posso dire che mi abbia ispirato: è da quando sono bambina che il mio obiettivo è diventare n. 1, molto prima di vedere giocare le altre tenniste. E del resto in campo femminile non ho modelli, non ammiro nessuna». Ammirava invece Antonella, la sorella maggiore, tennista anche lei. Quando a 23 anni, nel 2010, Antonella mori in un incidente stradale a Parigi qualcosa dentro Camila si inceppò. Rifiutava il dolore, e anche il suo tennis ne risenti. Solo quest'anno, spiega Sergio, Camila gli ha chiesto di portarla sul luogo dell'incidente. Elaborato il lutto nella vita anche la carriera ha cominciato a srotolarsi più serena. A Wimbledon Camila è entrata da n. 145 del mondo, ha passato le qualificazioni, oggi sfida la n.3 del mondo Agnieszka Radwanska per un posto nei quarti, un percorso già da record. Dopo i Championships potrebbe arrivare fra le prime 80, forse più in alto. «L'ho vista bella nervosa, eccitata, ha fibra e adrenalina», dice la Schiavone . «E l'adrenalina per un'atleta è un cibo importante». Il tennis di Camila è un caos calmo, che non si placa.
 

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