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06/07/2012 10:17 CEST - Rassegna

Pennetta e Schiavone doppio da semifinale (Marianantoni) La Williams come Braccio di Ferro Che rinascita (Martucci, Clerici, Palizzotto, Semeraro); Non è un vaso di coccio Tsonga può giocarsela (Tommasi); Che trentenni in erba! (Azzolini)

6 luglio 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Pennetta e Schiavone doppio da semifinale

Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport del 6.7.2012

Sono ancora tre gli azzurri protagonisti in tre tabelloni di Wimbledon. Francesca Schiavone e Flavia Pennetta si sono qualificate per le semifinali del doppio femminile superando 6-4 al terzo le spagnole Llagostera Vives e Martinez Sanchez. «La preparazione per i Giochi — dice Francesca— sta andando benissimo. Vogliamo vincere Wimbledon. Ci siamo scelte per il nostro vissuto, per i nostri caratteri, per le qualità tecniche che esprimiamo». Tra loro e la finale, che sarebbe la prima di sempre, ci sono le ceche Hlavackova e Hradecka che hanno sbattuto fuori dal torneo Sara Errani e Roberta Vinci. «Sono una coppia —dice Flavia — molto forte. Hanno vinto Parigi nel 2011, sono in corsa per il Masters e sono molto affiatate. Noi però possiamo fare grandi cose».
Fuori nel doppio maschile anche l'aretino Daniele Bracciali che è incappato nella giornata storta del compagno Julian Knowle. E' invece più dentro che mai Gianluigi Quinzi, semifinalista junior di singolare e nei quarti in doppio. «E' andata veramente bene — ha detto dopo il successo sull'australiano Kyrgios —, una partita perfetta». Il prossimo ostacolo è la testa di serie n 1, l'australiano Luke Saville.

La Williams come Braccio di Ferro Che rinascita

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 6.7.2012

Come alla finale degli Us Open di settembre, che poi ha clamorosamente perso contro Sam Stosur. Più di allora, domani, in quella di Wimbledon, Serena Williams è strafavorita, contro Agnieszka Radwanska. Non c'è se e non c'è ma. «La polacca ha una chance solo se mia figlia si rompe una gamba», sintetizza l'opinione comune quel gentleman di papà Williams, Richard il visionario. Al di là dei concretissimi 24 aces messi giù in semifinale (record ai Championships, co-record femminile con la Lisicki di Tokyo 2008) dalla Tyson del tennis contro la walkiria Victoria Azarenka, con punte di velocità a 193.1 all'ora con la prima (record eguagliato) e la seconda a 144.9 di media (Murray contro Ferrer viaggiava a 136.8!), Mr. Williams scommette sul fattore psicologico: «Questo sarà il torneo più importante che Serena potrà mai vincere, anche dovesse ripetersi l'anno prossimo, perché non pensava che avrebbe mai rigiocato a tennis». Dopo l'embolia polmonare per la quale a marzo di un anno fa era stata ricoverata d'urgenza in ospedale. Ormai digerita.

Lotta «La nuova Sharapova», la bielorussa Azarenka, è una delle poche che accetta il braccio di ferro con Serena. La numero 2 del mondo ci perde netto il primo set per un allungo a rete di rovescio della panterona del tennis e per il servizio-monstre («Il migliore di sempre del tennis donne», secondo John McEnroe in telecronaca alla BBC). Ci perde anche il secondo, ma al tie-break, recuperando un break, tenendo duro sui game di battuta (21 servizi vincenti), schiumando rabbia dopo ognuno dei 16 ace coi quali l'afroamericana si tira fuori dai guai, urlando la sua rabbia quando salva un match point, gemendo disperata sotto l'ultima spallata per cedere solo 8-6, dopo un'ora e mezza di botte da orbi da fondo. Con l'applauso di Richard: «Dopo Serena e Venus è la più forte, merita di tornare numero 1». Automatico, se la Radwanska domani non fa il miracolo.

Storia Se Serena sta bene, di testa e di gambe, dopo una mezz'oretta è comunque meno brillante e più legata nei movimenti, ma resta la più forte, a 30 anni, come non succedeva dalla 33enne Martina Navratilova a Wimbledon 1990. E così irrompe nella settima finale ai Championships, forte già di 4 trofei locali, con 13 tacche Slam in 18 finali, e una voglia matta di sbancare la storia: «Ho lavorato così duro, volevo tanto questa vittoria... Victoria è una grande giocatrice, ha fatto un ottimo match e ha reagito molto bene nel secondo set. Sono stata fortunata a chiudere al tie-break. Contro Radwanska non sarà facile: gioca molto bene e rimanda tutto. L'ace? E' un colpo così pigro, definitivo, semplice. Non m'ero accorta che avevo servito così. Anzi mi sembrava di aver servito bene».

Nuova Hingis La tedesca Sabine Lisicki, la danese Caroline Wozniacki e la polacca-doc, la 23enne Agnieszka Radwanska, fanno tutte egualmente felice Wojtek Fibak (antico avversario di Panatta e Barazzutti), che ne ricorda le radici. Ma «la nuova Hingis», regina di Wimbledon juniores 2005 (la sorellina Urszula ha vinto nel 2007), pur leggerina da fondo, ha qualcosa in più. Con talento, lettura del gioco, anticipo, angolazioni, effetti e varietà, conditi da appena 6 errori, doma la picchiatrice mancina Angelique Kerber, di ceppo polacco anche lei, ed amica intima di «Aga», riportando una polacca in una finale Slam 75 anni dopo Jadwiga Jedrzejowska. «Solo dopo un paio di giochi sono riuscita a rilassarmi e concentrarmi: sin da bambina sogno la finale di Wimbledon. Farò di tutto per battere Serena variando il gioco e per diventare numero 1». Attenta, Serenona: anche la Stosur aveva sangue polacco, di un nonno.

Serena, inarrestabile show a Wimbledon è la settima finale

Gianni Clerici, la Repubblica del 6.7.2012

Stavo venendo al tennis, dal mio appartamento di Kingfisher House — la casa del Martin Pescatore—e mi ero fermato di fronte ai campi di allenamento, dove in una siepe vive Lino, un piccolo scoiattolo con cui cerco invano di conversare, quando vicino a me è passata una signora con i capelli bianchi, in un elegante tailleur. Le ho sorriso, un po' incerto nel riconoscerla e, «Good morning, Madame», ho detto. «Hello Gionni», ha risposto lei, e solo allora sono stato sicuro di riconoscere Angela Mortimer, la ragazza inglese che aveva vinto qui nel 1961, battendo un'altra inglese, una donnona, Christine Truman. «Va alle semifinali?» ho domandato. «Certo». «Ma pensa che ci divertiremo? Io non ci riesco più, con questo gioco delle pugilesse». «Forse ha ragione, Gionni, ma è difficile mettere assieme forza ed eleganza, velocità e riflessione, fucilate e tattica, braccio di ferro e carezze». Sorrisi, riflettendo sulla presunta impossibilità di coniugare i primi quattro sostantivi con gli altri quattro, salutai, e mi diressi al mio seggiolino di privilegiato spettatore professionista.
Sul Centre Court, dal tetto finalmente aperto, stavano palleggiando le prime due semifinaliste, Angelica Kerber e Agnese Radwanska, tedesca la prima di papà polacco, polacca la seconda. Erano due match pari, mi avrebbe informato un vicino, e Angelica sapeva che solo un match d'attacco, puntando sul proprio mancinismo, le avrebbe dato un terzo successo. Ma, uscita bene dai primi palleggi, la Kerber non trovava sufficiente aggressività per scalfire la geometrica regolarità di Agnese, e la partita scivolava lentamente tra le unghiette della polacca.
A questa partita, alla quale pare generoso assegnare un sei meno, sarebbe seguito il clou della giornata, tra Serena ritornata se stessa, e una Azarenka in continuo progresso. Simile miglioramento della bielorussa non sarebbe affiorato nel primo set, in cui Serena pareva impegnata in una sorta di allenamento agonistico, con dodici punti a tre, successivi a un iniziale 3 pari.
Ma, pur battuta nelle ultime cinque partite da Serena,Victoria non pareva certo rassegnata. Serviva meglio, giocava più dentro il campo, e l'aspetto esteriore della sua convinzione si estrinsecava in una progressione gestuale e sonora: botta bimane, pugnetto brandito, urlo di "com'on". Dall'uno a tre d'avvio, Azarenka avrebbe condotto seguendo l'ordine dei servizi sino al tie break. Ma, qui giunta, il complesso d'inferiorità l'avrebbe rivisitata, di fronte a una belva capace di tre ace su nove battute. Prima e dopo questo match, avevamo mancato di realizzare ciò che, per future implicazioni olimpiche, sarebbe stata una sicura medaglia. I due doppi delle Sorelle d'Italia, Errani-Vinci e Pennetta-Schiavone avevano un possibilità, seppure teorica, di incontrarsi in semi. Le prime sono state bloccate dal buon team boemo Hlavackova-Hradecka. Penna e Leonessa, dopo aver mancato venerdì sera un match point, non ne hanno smarrito un secondo nella prosecuzione di fronte alle spagnole Lagostera e Martinez Sanchez. E incontreranno ora le boeme.

Serena prenota il Wimbledon

Daniele Palizzotto, Il Tempo del 6.7.2012

Serena è tornata. Esattamente due anni dopo l'ultimo trionfo Slam, colto proprio all' All England Club di Londra, la minore delle sorelle Williams è nuovamente in finale sull'erba di Wimbledon grazie all'ennesima prestazione convincente, un meritato 6-3 7-6 alla numero due mondiale Victoria Azarenka. Tra l'americana e l'ormai probabile 5° titolo ai Championhips c'è ora soltanto Agnieszka Radwanska, strepitosa fin qui ma decisamente sfavorita nel pronostico finale. Del resto - nonostante la non più giovane età (31 anni il prossimo 26 settembre) e gli infiniti problemi fisici, tra un'operazione al piede e la pericolosa embolia polmonare dell'inverno 2011- se vuole Serena resta la giocatrice più forte al mondo. In difficoltà contro la cinese Zheng e poi la kazaka Shvedova, la Williams ha alzato il livello nel momento decisivo, eliminando con merito prima la campionessa in carica Kvitova e poi la Azarenka.
La prestazione fornita contro la bielorussa, in particolare, è stata strepitosa: 24 ace (record assoluto ai Championships), un primo set perfetto con quattro punti ceduti al servizio in cinque game e un conto totale dei vincenti impressionante (45-14). Eppure la Azarenka ha disputato una buona partita, recuperando con grinta da 1-3 nel secondo set, ma nel momento decisivo del tie-break ha sbagliato due facili colpi perdendo per 6-3 7-6.
Dunque domani Serena giocherà la 78° finale sull'erba di Wimbledon e partirà nettamente favorita contro la Radwanska (2-0 nei precedenti), pur spinta dalla possibilità di conquistare la prima posizione mondiale in caso di vittoria. La 23enne polacca - alla prima finale Slam e comunque già sicura del salto dal 3° al 2° posto del ranking - ha giocato un torneo fantastico, irretendo in semifinale con la solita sopraffina intelligenza tattica la potente tedesca Angelique Kerber (6-3 6-4), tra intelligenti variazioni di ritmo, insidiosi slice e letali palle corte, essenziali discese a rete e fantastici recuperi.
Oggi, intanto, il Centre Court ospiterà le semifinali maschili. Si parte alle 14 (diretta Sky Sport 3) con la sfida-clou tra Novak Djokovic e Roger Federer, 27° atto della saga ma confronto inedito sull'erba e mai così interessante: eliminando il serbo e poi vincendo il torneo, lo svizzero tornerebbe infatti numero uno mondiale. A seguire la Gran Bretagna intera sosterrà il beniamino Andy Murray nell'ennesimo test di maturità contro il francese Tsonga, battuto cinque volte in sei precedenti.

Azarenka, regina di cartavelina: Serena la strodisce con la clava

Stefano Semeraro, La Stampa del 6.7.2012

Dieci anni dopo,come in un romanzo a la Dumas. Dieci anni fa Serena vinceva il primo dei suoi quattro Wimbledon, domani si giocherà la settima finale sul Centre Court. L'ultima moschettiera rimasta, ora che Henin, Hingis, Mauresmo, Clijsters hanno scelto la pensione e sister Venus è al crepuscolo. In semifinale Serena ha impugnato la clava e stordito con 24 ace - record per una donna a Wimbledon, con una velocità media della seconda palla superiore a quella di Murray... - la bielorussa Vica Azarenka, una delle tante regine di cartavelina che da qualche anno si stanno fotocopiando in cima alla classifica. Superando ieri Serena la 21enne di Minsk, sarebbe tornata Number One: reale, ma non morale. Perché in questo tennis femminile un po' transitorio, imbastito di campionesse dimezzate, le altre transitano, Serena resta. Nonostante il suo flusso incostante da campionessa inquieta, il suo andirivieni a volte disordinato fra vita e sport.
In finale domani la 30enne Williams troverà l'ennesima ragazza dell'est, Agnieszka Radwanska, anni 23, uscita vittoriosa da un mezzo mezzo derby con Angelique Kerber, tedesca con padre nato a Poznan. «La finale della Radwanska è una ricompensa per il fallimento nell'Europeo di calcio», scherza Wojtek Fibak, antico avversario di Panatta e Barazzutti. Anche la pallida Agnieszka, la prima polacca a mettere i piedi in una finale di Wimbledon dai tempi (1937) della remota e impronunciabile Jadwiga Jedrzejowska, abbattendo il monumento Williams si guadagnerebbe il trono. Ma è difficile, se non impossibile, credere che con il suo tennis cartesiano, analitico, da piccola Hingis nata oltre l'Oder, al suo primo big-match in un torneo dello Slam riesca a spezzare le unghie a Serena. La maestrina contro la Panterona: il finale di partita sulla educata, verdissima giungla del Centre Court sembra già scritto.
«La Radwanska non ha una sola chance di farcela - digrigna sicuro papà Richard -. A meno che Serena non si rompa una gamba, non può perdere. E sarà la vittoria più importante di tutta la sua carriera, anche nel caso dovesse ripetersi l'anno prossimo, perché mia figlia ha avuto paura di non poter giocare più a tennis. Invece Serena ha affrontato la morte e l'ha battuta. Lei è una che vince nella vita, non solo nel tennis». Enfatico, ma vero. Chi l'avrebbe detto, dopo l'embolia del febbraio 2011, che Serena sarebbe stata capace di riprendersi prima la carriera, poi un posto fra le top-ten (sarà comunque n. 4 alla fine del torneo), infine un posto in finale a Wimbledon? E' già la padrona di Twitter (2,5 milioni di follower, nessun tennista ne ha di più), punta al 14° Slam. E quando a Wimbledon si muove la regina nera, di solito finisce con uno scacco matto.

La ribalta - Non è un vaso di coccio Tsonga può giocarsela

Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport del 6.7.2012

Tra i quattro semifinalisti di Wimbledon, il francese Jo Wilfried Tsonga era, alla vigilia, giusta la sua classifica, il quinto favorito.
Il record di Tsonga nei grandi tornei comprende una finale raggiunta in Australia nel 2008 e due semifinali, una in Australia nel 2010 e una qui a Wimbledon l'anno scorso, più una finale perduta nel 2011 al Masters contro Federer.
Ricordando però che anche i confronti diretti con Murray presentavano per Tsonga un bilancio negativo (una vittoria e 5 sconfitte) da qualsiasi prospettiva si vogliano valutare le sue possibilità ne consegue che il francese, a dispetto della solidità del fisico imponente, debba essere considerato il vaso di coccio in questo sprint per il titolo di Wimbledon. A sostegno delle speranze di Tsonga è giusto ricordare che l'anno scorso sconfisse Federer nei quarti dopo aver perso i primi due set, un risultato che sia per la sostanza sia per il modo in cui si è sviluppato venne giustamente considerato una grossa sorpresa.
Da quando si è affacciato al grande tennis Tsonga è stato giudicato più un grande atleta che un grande tennista. Ai francesi è venuto naturale considerarlo il nipotino di Noah. Considerata la griglia di partenza di questo torneo, la semifinale doveva essere considerata il massimo traguardo possibile, ma alleggerito da ogni responsabilità e da ogni pronostico Tsonga può giocarsi con tranquillità le proprie carte.

Che trentenni in erba!

Daniele Azzolini, Tuttosport del 6.7.2012

I salti di Serena rimbalzano sul Centre Court e da lì l'onda si propaga, anomala, impetuosa, fino ad arrivare ovunque. I video si riempiono di quella felicità selvaggia che l'antica campionessa esprime danzando come fanno i bimbi dinanzi a un regalo inaspettato. E un omaggio alla Natura, quel florido tramestio di seni ondeggianti, di glutei monumentali, di cosce simili a nere colonne, un omaggio al tennis che lei ama di più, quello che nasce dall'istinto, dagli umori del momento, persino dai sapori, il tennis che sa di erba, di gesso bianco, dei legni che solo qui si usano. Occorre saperlo giocare un tennis così, e più ancora occorre averlo praticato a lungo, conoscerlo. Wimbledon non ha mai voltato le spalle alla novità, alla giovinezza, alle sorprese, e quando ha potuto l'ha esaltate abbracciandole. Ma la scelta di quest'anno cade sulla maturità delle protagoniste, sul loro fascino di combattenti inesauste. Donne navigate, portatrici di sapienza, ma ancora solide, attivissime, competitive. Serena porta i suoi trent'anni in finale, la Sister Maggiore, la trentaduenne Venus, assiste in tribuna con matronale compostezza, giusto una ruga sotto gli occhi a dipingerle un'aria sbattuta e un po' misteriosa. Poco più in là, sul Numero Uno, altri salti di gioia ed altri abbracci consegnano Flavia Pennetta e Francesca Schiavone a una semifinale di doppio che vuol dire molto, su questi campi che si preparano a diventare olimpici. Altre due trentenni, altre due che il tennis lo conoscono per averlo ormai saggiato in tutte le sue parti.

LA TRINCEA Insieme, Serena e Flavia e Francesca, fondano una trincea che tiene lontane le arrembanti bambinaie picchiatrici, la Azarenka rabbiosa, la Kerber col fisico da discobola. Si unisce al gruppo solo Agnieszka Radwanska, che ha 23 anni ma gioca come una veterana, fra le poche a coltivare l'arte delle variazioni. Prima volta in finale, ma per stile di gioco, l'esatto contrario di ciò che Serena ami contrastare. «Se vuole, Serena è sempre la più forte», ci ricorda Francesca Schiavone, con una frase che le sentiamo dire sin dagli Open di Melbourne. Non è cambiato il punto di vista del circuito sulla Sister. Tutte sanno che se lei vuole... E' cambiata, piuttosto, la considerazione sul suo stato di forma. Ha lottato duro Serena in questo torneo, e molti si erano convinti che le difficoltà fossero ancora li, le stesse di Parigi, annidate nelle gambe troppo grosse, nella mobilità limitata, nella testa che ama perdersi fra molti pensieri. Sono stati quei match sul filo, invece, a riportarla in corsa, «a farmi apprezzare la competizione e sollecitare la mia voglia di provarci ancora», dice lei.

I NUMERI Il match perfetto di ieri è nato così, da presupposti che molti avevano banalizzato. Sono numeri vorticosi quelli realizzati con la Azarenka, numeri quasi maschili: 24 ace in due set, roba che nemmeno il miglior Sampras realizzava con tanta sicurezza, e 45 winners. Eppure Vika, la numero uno d'inizio stagione (e tornerà a esserlo, al termine di questo torneo, a meno che Lady Aga non dia forma alla sorpresa) non è stata soverchiata, anzi ha trovato il modo di stare nel match, e quasi di ribaltarlo nel secondo set. Bello in modo quasi innaturale il tie break che ha chiuso la disfida, giocato su dodici vincenti fino al 6 pari. Poi Vika ha appoggiato un rovescio in rete, e Serena si è fatta trovare pronta per l'ace conclusivo, una botta centrale che ha steso la bielorussa quasi fosse stata centrata da un divano scagliato dal quinto piano di un palazzo.

L'ANNO DELL'ERBA Ancora una finale a Wimbledon, quando il contachilometri del tennis segna quasi tre lustri di rincorse. «E più bello così, provo una gioia che non ha parole, per questo ho provato a esprimerla danzando sul campo». Già, è più bello così. Anche per Flavia e Francesca, che finalmente sono tornate a capirsi al volo, sul campo come nell'amicizia. «Dai e dai ci siamo ritrovate a fare i movimenti giusti, a prevedere le mosse dell'una e dell'altra», dicono. Dai e dai sono diventate un doppio. Di ritorno in campo sul due pari del terzo (il match, cominciato mercoledì, era stato sospeso per oscurità), contro le spagnole, le due italiane azzeccano quasi subito il break che le libera dalle angosce e le spinge sino al 6-4 finale. Ora non resta che provare da capo l'assetto raggiunto contro una coppia ceka, Hlavackova e Hradecka. Poi la finale, forse proprio contro le Williams, se tutto filerà liscio. E un pensiero ai Giochi Olimpici, lì, dietro la porta. «Sono il mio obiettivo», dice Flavia. «Questo è l'anno dell'erba», ripete Francesca. Qualcosa di buono è nell'aria.

 

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