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07/07/2012 08:14 CEST - Rassegna Nazionale

Murray-Federer, Ecco la finale da brividi tra i due padroni di casa (Martucci, Valenti, Marcotti, Azzolini, Clerici, Semeraro, Ferrero, Piccardi, De Martino, Grassia, Palizzotto, Ruggeri); Finale donne, Sto con la Williams all’80% (Bertolucci)

07-07-2012

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A cura di Davide Uccella


Murray-Federer, Ecco la finale da brividi tra i due padroni di casa (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 07-07-2012)


Grande, maggiore, massimo. Di più, ancora di più. La finale di Wimbledon, che già non è solo un grande torneo, ma il più grande e famoso — «The Championships», I Campionati, datati 1877, sono semplicemente il tennis — non poteva essere più eccitante, più pregna di numeri e di motivi di quella che si gioca domani al mitico All England Lawn and Croquet Club di Church Road. Sui blocchi di partenza, al via dell'ultimo sprint dell'immortalità sportiva, ci sarà il re dei re di questo sport, Roger Federer, campione di 16 Slam-record, che rinasce dopo due stop nei quarti qui dove ha vinto 6 volte in 7 finali («E quella che ho perso l'ho lasciata a Nadal e solo per 9-7 al quinto set»). A secco di Slam dagli Australian Open 2010, a 30 anni e 11 mesi, quando molti lo davano per finito, dà una lezione d'erba al numero 1 del mondo e campione uscente, Novak Djokovic, e mette un'altra pietra miliare con l'ottava finale-record (24' Slam) e sogna un settimo sigillo sul verde più verde, per eguagliare i record di Sampras e William Renshaw, e addirittura riprendersi il primato in classifica (dal 6 giugno 2010) superando l'ennesimo record del solito Sampras (286 settimane in vetta). E, contro Roger il Magnifico, ci sarà finalmente il talento annunciato, lo scozzese Andy Murray, per di più «eroe di casa» (come lo chiama Federer), alla prima finale Slam, una vita dopo l'ultimo brit (dopo la finale di Austin 1938 e il trionfo di Perry 1936). Eroi che l'allievo di Ivan Lendl sembra ringraziare alzando gli indici in cielo dopo aver domato «il nuovo Noah», Tsonga, dimentico per un attimo che nel-l'8-7 nei testa a testa con lo svizzero delle meraviglie spicca il terrificante 0-2 nelle sue finali Slam.


Leone il 6-3 3-6 6-4 6-3 di Federer non è né bello né elettrizzante ma il primo duello sull'erba con Federer sorprende Djokovic. Che tanto ama i rimbalzi sicuri sui campi medio-veloci e il potere da fondocampo, decidendo lui, quando e come, accelerare sul rovescetto slice, difensivo di Roger. Stavolta invece guida il padrone di casa-Wimbledon: «I primi due set sono stati comandati dal servizio, non ci sono stati praticamente scambi». Novak non s'aspetta un Roger che picchia anche il rovescio, spinge, rischia, va a rete e sbaglia poco (10 errori a 21 totali). Non è quello intrattabile dell'anno scorso (41 vittorie consecutive, con 3 Slam su 4), perciò, quando nel terzo set Federer cambia marcia come ai tempi belli, accettando anche scambi sopra i 20 colpi, Djoker — in equilibrio instabile in tutti i sensi — barcolla con un doppio fallo che ricorda quelli suicida sul match point delle finali di Roma e Parigi. E, pur salvando 3 palle-break, ridà coraggio al vecchio leone. Spellacchiato, con la maglia della salute, battuto in 6 dei precedenti 7 col leoncino serbo, ma concentratissimo. Che, sul 4-4- 30-40 si salva a botte di servizio (alla fine 12 ace e 30 servizi vincenti), ma da lì, approfittando di un clamoroso smash alle ortiche del serbo, infila 5 games, volando 6-4 3-0. «Nel terzo set ho giocato molto bene, aumentando la pressione. Sono in estasi, sono felice di aver giocato ancora un tennis fantastico, è stato divertente giocare là fuori e vincere un match che dà tanta fiducia», dice l'uno. «Fino alla fine del terzo c'è stato equilibrio, poi la mia percentuale di prime  scemata insieme alle energie. Purtroppo non ho giocato bene, ma la vita continua», dice il finalista delle ultime 6 finali su 7 Slam.


Storia Dopo tante bocciature sulla ribalta più importante, Murray affonda deciso, sul tallone d'Achille di Tsonga, il rovescio, guadagnando il 6-3 6-4 che lo rinfranca come il 2-0 nei precedenti sull'erba sull'atletico francese, capace 12 mesi fa di rimontare due set a Federer. Ma appena cala d'intensità, Jo con la faccia di Ali bambino, stuzzicato anche da una pallet-tata sulle parti basse che fa sbellicare dalle risa i 15mila del Centre Court e il telecronista birichino, McEnroe, entra in una delle sue famose erezioni agonistiche, riaccende il match, strappa il 6-3, e rimonta da 1-3 a 3-3 nel quarto set, sfoderando tutte le capacità acrobatiche. Ma poi s'arrende alla risposta di dritto del più forte, affranto, mandando in sollucchero la Gran Bretagna tutta. «Ma chi ha detto che Federer è alla fine della carriera? L'unica cosa sicura è che giocando contro di lui avrò un po' meno tensione. Ne ho accumulata già tanta, contro Ferrer e Tsonga., sussurra Andy. «Cos'ho fatto negli ultimi 74 anni? Non un granché». Grande, maggiore, sarà massimo?


Federer, show da numero uno (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport, 07-07-2012)


E sono otto, come nessuno prima di lui. Un altro record infranto. Non a caso sui prati verdi di Church Road. II giardino di casa sua, dove domani Roger Federer può eguagliare il record di sette titoli di Pete Sampras. Ieri lo svizzero ha superato in quattro set Novak Djokovic al quale, in caso di vittoria in finale, strapperebbe anche il primo posto nel ranking mondiale.


Per Federer, protagonista di un match perfetto nei propri turni di servizio, si tratta della 248 finale in carriera in uno Slam, con un bilancio provvisorio di 16 vittorie e 7 perse. Bisogna invece risalire agli albori del tennis per trovare due giocatori - Williams Renshaw (1890) e Arthur Gore (1912) - capaci di conquistare otto finali all'All England Club.


LA PARTITA - Sotto il tetto trasparente del Centrale - una semifinale indoor a causa della pioggia - Federer parte subito forte e in 24' strappa il primo set del match. L'unico passaggio a vuoto, in avvio di seconda frazione. Djokovic gli strappa il servizio (unica volta nel match) al secondo game e grazie a turni di battuta impeccabili, riequilibra i parziali. Terzo set più aperto, con occasioni per entrambi. Sul 4 pari tocca a Federer rischiare, si salva e nel turno successivo trova il break che fa saltare definitivamente l'equilibrio. Perché non solo chiude a suo favore il terzo set ma scappa subito avanti nel quarto parziale. Un'accelerazione che sorprende Djokovic che infine cede allo smash dello svizzero.


Pratica risolta in 2h20', un tempo relativamente breve soprattutto se messo in relazione ai numeri del match, tutto sommato equilibrati, anche se vagamente sbilanciati a favore del vincitore: 12 ace a 9 per Federer, che ha trovato il 64% di prime (63% di Noie), che gli hanno portato il 75% di punti (71% per il serbo). Saldo negativo per entrambi sotto rete: 13 punti su 25 per Federer, 14 su 22 per Novak. A dimostrazione che ieri più che mai la differenza è stata determinata da pochi punti, nei momenti cruciali del match.


FEDERER – “Sono molto orgoglioso perché sono stato capace di giocare ancora una volta un tennis fantastico - le parole di Federer - Questo campo e questo torneo mi hanno sempre regalato sensazioni uniche. Ho sofferto per i quarti di finale degli ultimi due anni. Ma so anche che non ho ancora fatto nulla”. Lucida anche l'analisi del match: “Nei primi due set non c'è stato tanto tennis, gli scambi erano brevi. Poi, quando sono calate un po' le percentuali di servizio, gli scambi si sono allungati. Rispetto alla semifinale di New York (dove Djokovic aveva vinto dopo aver annullato due match-point a Federer - ndr) ho sfruttato le mie occasioni e questo ha fatto la differenza”.


Ora è a un solo match dall'eguagliare Sampras sia per titoli a Wimbledon (7), che per settimane al vertice del ranking mondiale: lo statunitense ne ha collezionate 286, lo svizzero è fermo a quota 285 (di cui 237 consecutive).
“Tutti sanno che Pete è uno dei miei grandi idoli. Pensare che abbia vinto sette volte Wimbledon in un'epoca in cui c'erano così tanti ottimi servitori, è semplicemente incredibile”.


Sul prossimo avversario, Andy Murray, ha le idee chiare. “Ho sempre detto di voler giocare qui almeno una volta contro Andy. E' un grande giocatore. È normale che abbia così tanta pressione addosso perché in Gran Bretagna non ci sono altri campioni. Ma sarò ancora più stimolante affrontare l'eroe locale, come è chiamato dalla stampa, nella finale di Wimbledon”.


DJOKOVIC - Deluso Djokovic, che sperava nella seconda finale di fila a Londra, la quinta consecutiva in prove dello Slam. “Roger ha sicuramente meritato, ha giocato decisamente meglio di me. Soprattutto i punti decisivi. Ho avuto anche io qualche occasione ma non l'ho colta. Purtroppo ho accusato un calo tra il terzo e il quarto set che mi è costato la partita”.


McEnroe e Becker votano per Roger (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 07-07-2012)


«Sorry, Roger». Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così, John McEnroe chiede pubblicamente scusa a Federer: «Avevo scommesso ancora su dite, poi ci avevo un po' ripensato. Ma come ho fatto a non capire che avresti giocato da Wimbledon? Hai servito talmente bene che il resto del gioco ti ha seguito, sorprendendo me, ma anche Djokovic e i suoi fantastici movimenti. Ma dovevo capirlo: a parte il titolo, tu pensavi a riprenderti il numero 1 e anche il record in classifica di Pete (Sampras, ndr). La prossima volta starò più attento, soprattutto quando si parla di erba, ok? A cominciare dalla finale».


Amici mai? Mats Wilander suggerisce: «Col tetto chiuso eravamo tutti convinti che Novak sarebbe stato il favorito, e invece un gran battitore come Roger si è esaltato, e ha sorpreso l'avversario con la varietà offensiva, soprattutto nel terzo set, uno dei più belli mai giocati sull'erba». Boris Becker: «Gli spogliatoi sussurrano che i due non sono propriamente i migliori amici sul Tour, e forse Novak ha pagato di nervi questa situazione. Certo, in finale, con tutta la simpatia per Murray e la sua storia, Roger è favorito». Anche Djokovic punta su Federer: «Probabilmente è il favorito, considerando la sua storia qui a Wimbledon». Con Tsonga che specifica: «Sarà dura per lui, deve anche recuperare dopo il match di Ferrer e ora il mio. Alla fine mi sembrava davvero stanco, non so proprio come starà fisicamente, vorrei che recuperasse per avere una chance». E Pat Cash che rincara la dose: «Secondo me, Federer è addirittura migliore di quello che qui ha dominato all'inizio del 2000».

 
Roger contro tutti (Daniele Azzolini, Tuttosport, 07-07-2012)


Nato il sei di luglio. E la data che chiude il cerchio nel quale è stata via via stipata la parte più bella, lucente e preziosa del tennis di questo secolo appena agli inizi ma già da record. Roger Federer ne ha le chiavi, nel cerchio è racchiuso il suo giardino. Le aveva smarrite, le ha ritrovate, ha di nuovo aperto le porta e assaporato gli odori, ritrovato i gesti, i pensieri, le sensazioni di sempre. Quasi gli capiti che di volta in volta vi sono penetrati, abbiano lasciato tutto com'era, sicuri anche loro che un giorno Roger sarebbe tornato.


6 LUGLIO 2003 Ieri, nove anni fa.. Quel sei di luglio del 2003 Roger aveva i capelli lunghi, un accenno di peluria sul mento, talvolta metteva una bandana e sembrava un ragazzo fra i tanti. Superò Roddick in semifinale, e il pila sembrò fatto. Il giorno della finale, 6 luglio, transitò sull'italiano Phiilippoussis (tre nonni su quattro nati nella penisola, ma non quello giusto) quasi non curandosene. Wimbledon aspettava il nuovo Sampras, e tutti si sentirono rincuorati. Eccolo, è già qui, non occorre cercarlo ancora Fu la prima vittoria.


DA FRED PERRY Nella sovrapposizione delle immagini, rincorrendo i ricordi di questi anni, ai può giocare all'infinito. Il sei di luglio ode a Federer la data della rinascita, dopo due tornei falliti, nelle ultime due stagioni. Quarti contro Berdych, nel 2010. Ancora quarti, contro Tsonga nel 2011. In tanti, in troppi, avevano detto e scritto che l'epoca dorata era ormai finita, che il tennis moderno doveva imparare ad amare i nuovi attori. Ma Wimbledon non è mai un torneo banale. La sinossi, stavolta, sembra tratta da un grande libro giallo. Sentite... Federer già tornato sul secondo gradino della classifica, per via della caduta di Nadal, batte il numero uno Djokovic al loro primo confronto sull'erba, e raggiunge l'ottava finale (record di un torneo che Io ha visto vincitore già sei volte. Manca un successo per raggiungere i sette trofei di Willy Renahaw (fine Ottocento) o di  Pete Sampras (un secolo dopo): record, anche qui. Vincendo tornerà Numero Uno, e sarà per la sua 286ma settimana, impresa che gli permetterà di pareggiare Sampras e superarlo la settimana successiva. Record, manco a dirlo... Ma in finale Roger troverà Andy Murray, il primo britannico a riuscirvi dal 1938, settantaquattro anni d'attesa e di fu-straziarli da cancellare. Battendo Tsonga, Andy ha già affiancato Bunny Austin, ultimo finalista, il ragazzo biondo che scandalizzò il torneo giocando con i pantaloni tagliati a mezza gamba, ma può fare ancora meglio, ottenendo una vittoria che gli inglesi attendono dal 1936, l'ultimo trofeo alzato da Fred Perry. E oggi per la premiazione potrebbe esserci la regina Elisabetta. Non sembra l'annuncio della più incredibile delle domeniche tennistiche?


NOLE BATTUTO «Ho giocato molto quest'anno, proprio per prepararmi a vivere emozioni come questa», butta lì Federer . “Murray mi ha battuto spesso, seppure non nelle finali. Ma è un ragazzo maturo per le grandi imprese, e io non credo che avrò il tifo dalla mia”, sorride, “non questa volta”. Ieri sì. Tutti per lui. Scortato da ovazioni, Roger ha vinto un terzo set di altissimi contenuti, proprio quando Djokovic si sarebbe aspettato una sua flessione. Li Federer è cresciuto a dismisura, ha cercato gli angoli lontani, ha spostato Nole ai lati e trovato prepotenti conclusioni in lungo linea. Tre palle break nel settimo game, riassorbite. Poi altre due nel decimo. Troppe, anche per Djokovic. Che ha pagato dazio subito nel quarto set. Le cronache del torneo perdono gli ultimi sventolii del tricolore. Una partita quasi vinta si è trasformata per Flavia Permetta e Francesca Schiavone in una grande delusione. Le ceche Hlavackova e Hradecka sono riemerse dal nulla. Salta così l'appuntamento con le Williams, purtroppo. Esce dalla semifinale under anche Gianluigi Quinzi. Non aveva grandi chance, l'azzurrino sedicenne; soprattutto, rendeva due anni buoni a Luke Saville, australiano e detentore del titolo. Pazienza. Fatti due conti, l'anno prossimo potrebbe davvero toccare a lui.


Il Re è tornato (Gianni Clerici, La Repubblica, 07-07-2012)


Roger Federer si è dimostrato una volta di più n raffinatissimo giardiniere, capace di servirsi non solo delle aiole ancor verdi del Centre Court, ma addirittura degli spazi giallastri che mi permetto di definire "erba battuta".
All'avvio della vicenda, quello specialista dello sterro di Nole Djokovic si è opposto ai suoi ikebana, ma non è riuscito a contrastarlo oltre un'ora e trentasei minuti, quando il sommo giardiniere gli ha strappato di mano la paletta del servizio.


Chi aveva previsto l'accaduto ha dimostrato qualche conoscenza delle qualità indispensabili al tennis verde, e io stesso, dopo cinquanta e più Wimbledon, ho anticipato che un risultato non favorevole sarebbe dipeso soltanto da congiunzioni astrali negative, e dalla schiena di Federer.


Per il lettore discontinuo, non aficionado, ricorderò infatti che Roger aveva sofferto, nel corso dei primi quattro turni, di un discontinuo dolore vertebrale, aggravatosi il giorno in cui il bizzarro francese Julien Benneteau, dopo aver condotto due set a zero tra la sorpresa generale, era giunto per ben sei volte a due punti dal match.
Mi pare dunque che, in un torneo spesso paragonato al Tour de France, Federer meriti ammirazione ancor maggiore per essere non solo guarito dagli acciacchi di trentunenne — età rispettabile per un tennista — ma per aver ritrovato la forma latitante non solo in quarto, ma anche in quinto turno, contro l'ormai pensionato Xavier Malisse.


Non so ancora che cosa accadrà domenica, se la finale si svolgerà sì o no sotto il tetto. Ma è indubbio che il mio svizzero sia vicino a battere un record di Wimbledon, detenuto, con sette finali, dall'antenato Arthur Gore, ai tempi dei pantaloni lunghi, e in seguito dai contemporanei Boris Becker e Pete Sampras. Dimenticando tutti gli altri che avrebbero potuto raggiungerlo e forse superarlo, non fossero divenuti anzitempo professionisti, in testa Laver — sei titoli e 5 annidi assenza — giù giù sino a Kramer e Gonzalez. Ma il bello dello sport è l'attualità, e ciò mi consente di ritornare alla cronaca, nell'ipotesi che l'aficionado non sia stato già informato dalla televisione.


Per prima cosa, il match si è svolto, grazie alla solita pioggia, sotto l'ombrello del Centrale, in parte illuminato dai riflettori. Questo particolare avrà forse spinto qualche commentatore —non parlo dei nostri, bravissimi ancorché trattenuti negli studi di Milano — ad affermare che sotto il tetto la palla acquista velocità. Nonostante sia ben noto che, più si va in montagna, più l'aria è rarefatta, nemmeno i bravissimi specialisti dell'università di Firenze hanno ancora dimostrato l'oggettività di simile leggenda. Sotto quel tetto, Federer, come avrebbe affermato, aveva deciso con il suo coach Annacone una partita di tutto attacco, e l'avrebbe messa in opera sin dal quaranta a zero iniziale, con tre prime tagliatissime, sempre intorno ai200chilometri. La grandine sarebbe poi continuata con non meno di due prime a game, più cinque ace, tanto che il match si trasformava subito nella tenzone tra un attaccante e un involontario contrattaccante, se non proprio difensore.


Il break decisivo del set d'avvio sarebbe giunto presto, nel sesto gioco, dopo un involontario tuffo diNole, le cui scarpe parevano meno zigrinate di quelle di Roger. Grazie alle sue grandi qualità, agonistiche e soprattutto atletiche, Djokovic sarebbe riuscito nella difficile impresa di allungare un tantino gli scambi, sin lì esplosivi, ma non avrebbe potuto far di meglio che accettare, nolente, una partita difensiva.


Non sarebbe, comunque, cessata la superiorità di Roger nelle percentuali di battuta, nella capacità di tenere bassa la palla nel rovescio tagliato, e di accelerarla soprattutto nei diritti inside out che io definisco anomali. Djokovic si salvava nel secondo e nel sesto game del terzo da tre palle break, ma capitolava dopo lo scambio più lungo del match, venti tiri conclusi da uno smash di Roger. L'accentuarsi della superiorità di Federer avrebbe presto provocato il break decisivo, all'inizio del quarto, uno scarto che il nostro eroe conservava sino al termine delle due ore e venti di partita.


Non rimaneva che ascoltarlo nella conferenza stampa, in cui, al solito, trovava il buon gusto per minimizzare, nelle tre lingue che parla benissimo, l'inglese della mamma, il tedesco di papà, il disinvolto francese. Avrebbe, tra l'altro, sfiorato l'argomento della finale, perlaquale andava intanto qualificandosi il cocco del paese, Andy Murray. «Non la chiamerei Murray Mania — rispondeva a un collega — Accade probabilmente perché in Gran Bretagna non ci sono altri giocatori di primo piano, come accadeva in Australia o in Usa. C'è da rallegrarsi che Murray sia un tale campione, e che una simile eccitazione rimanga viva a lungo, così com'è rimasto Andy nel torneo».


Tra le abituali, ripetute scene di tifo calcistico, ma non del tutto antisportivo, del preponderante gruppo inglese di spettatori, Murray si era alfine qualificato, dopo quattro semi, per la sua prima finale: approfittando delle discontinuità di Tsonga, che gioca spesso benissimo i colpi, ma sembra non possedere un'idea generale della partita. Sperperate quindi varie occasioni, tra cui quella di due palle break a quattro pari nel quarto, il francese ha finito per rendere felici molti britanni, i quali, per altro, hanno troppo rispetto nei riguardi di Federer per sommergerlo di tifo avverso in finale. Una finale, mi pare, già vinta da Sua Maestà. A meno che, come quasi nessuno sembra ricordare, non affiori di nuovo l'incertezza di sette giorni addietro, del fortunato match con la controfigura Benneteau.


Federer-Murray, la storia va in finale a Wimbledon (Stefano Semeraro, La Stampa, 07-07-2012)


Quando il vecchio Federer incontra il «vecchio» Djokovic, direbbe Clint Eastwood, il «vecchio» Djokovic è un uomo eliminato. Alla soglia dei 31 anni, che festeggerà in agosto, il Genio ha ritrovato il suo sentiero nell'erba conquistando l'ottava finale a Wimbledon, un record per l'Era Open, e lo ha fatto buttando fuori in quattro set (6-3 3-6 6-4 6-3) il defending champion Novak Djokovic. Un Roger vecchia maniera, di nuovo all'altezza di se stesso e del suo campionario di meraviglie. E un Joker senza estro, disturbato da un po' di raffreddore, che nei passaggi decisivi, nel terzo set e all'inizio del 4° , si è reincarnato a tratti nel Djokovic pre-2011, il campione dimezzato incapace di prendersi le partite che contano.


Nei loro ultimi cinque incontri Nole ne aveva perso solo uno, l'anno scorso a Parigi, ma in tutta la carriera non aveva mai assaggiato il Federer a benzina verde. E lo si è visto. Due set incolori, senza scambi, e palla al centro.
Nel 3° il match si è finalmente incendiato, la qualità del gioco è salita sotto il tetto traslucido che regala al Tempio un'aria vieppiù liturgica, e 11 San Roger è tornato a trasfigurarsi, pungendo con il rovescio, punendo con il dritto. Djokovic si è salvato da 2 palle break nel 6 game, ma nel 10 ha dovuto cedere servizio e set, e il riassunto del crollo sta tutto in due smash: quello spedito fuori da Novak sul 15-30, e quello imperiale con cui Federer ha sigillato a rete il break, la stoccata di un assalto da urlo. All'inizio del 4° Novak si è afflosciato, incassando il break decisivo; e neppure quando a Federer nel 9° game si è inceppata la prima di servizio è riuscito a rianimarsi. Il Djokovic invincibile dello scorso anno avrebbe perforato con la risposta, ma il karma di Nole ieri puntava al ribasso.
Anche, soprattutto, per merito di Federer, che nonostante il mal di schiena che lo costringe a giocare con la maglia della salute, le due gemelline a carico e l'incipiente maturità sull'erba sa ancora splendere, eccome. Non vince uno Slam dall'Australian Open del 2010, a Church Road negli ultimi due anni ha subito umiliazioni brucianti contro Berdych e Tsonga. Domani ha una grande, forse irripetibile occasione di alzare il suo 7 coppone, eguagliando l'idolo Sampras e l'arcaico William Renshaw, e di tornare n.1 dopo due anni, strappando il primato proprio al serbo.
«Sono in estasi», ha pronunciato Roger con il massimo di misticismo che la sua natura elvetica gli consente. «Per me non è stato un torneo facile - ha detto pensando ai due set recuperati a Bennetteau - e devo ancora vincere la finale. Domenica ci sarà molta pressione su di me, ma dopo il matchpoint sciupato contro Djokovic agli Us Open l'anno scorso ho lavorato duro per arrivare fin qui. È meraviglioso, e sono contento di giocare la finale contro Andy».


Già, perché il 6 di luglio è stata giornata storica anche per il Regno Unito e per Andy Murray, che nell'altra semifinale ha battuto in 4 set Jo-Wilfried Tsonga (6-3 6-4 3-6 7-5) riportando un suddito di Sua Maestà in finale ai Championships dopo 74 anni (i bagarini vendono a 45.000 sterline i biglietti per la partita, potrebbe premiare la Regina). L'ultimo a riuscirci era stato Bunny Austin, nel 1938, e quando l'occhio di falco ha dato ragione allo scozzese sul contestato, ultimo dritto, tutte le British Isles hanno sussultato. Dita al cielo («non vi dico perché») e poi «eccitazione, sollievo, non so spiegarmi bene», si sono sciolte dentro a Murray che dopo aver ceduto il 3 set aveva visto profilarsi sul Centre Court la malinconica sagoma di Tim Henman e delle sue 4 semifinali scialate (Andy era a quota 3).


Contro Federer è in vantaggio 8-7 nei precedenti, ma ha perso due finali Slam, in Australia e a New York. Evitato l'Orrendo Fallimento dovrà mettere fine alla Grande Carestia che dura dalla vittoria di Fred Perry nel 1936, ultimo maschio britannico a domare i Championships. Federer giocherà la finale con il peso della sua carriera, Murray - auguri - con quello di quasi un secolo di storia e di un'intera nazione.


Federer, obiettivo trono (Federico Ferrero, L’Unità, 07-07-2012)


LA SI CREDEVA ABROGATA, E INVECE LA "LEGGE DEL GIARDINIERE" E TORNATA A COMANDARE. A poche settimane dai trentuno anni un regale Roger Federer ha piazzato l'asso, sgambettato il numero uno e campione uscente dei Championships, prenotato un inimmaginabile ritorno in vetta alla classifica dopo qualcosa come 25 mesi e compiuto un passo, forse decisivo, verso il suo settimo Wimbledon. Nel pomeriggio dei miracoli tutto è girato in favore dell'ex marmocchio di Bottmingen, il ragazzo tuta e capelli striati di mèches che Mirka Vavrinec ha plasmato all'inverosimile fino a renderlo un modello di stile capace di incantare le folle e, meno liricamente, di fatturare quanto un'azienda di medie dimensioni. Anche il tempo, il clima si intende, ha giocato in favore di Roger: la complicità della pioggia londinese ha convinto i tentennanti responsabili dell'ATI England Club a far disputare la prima semifinale con il tetto chiuso sul Centre court. Un regalo per lo svizzero, cui le condizioni di pseudo-indoor rendono senz'altro i colpi più efficaci e ficcanti, il servizio in particolare, e un lieve danno per il tennis da pugilato di Nole Djokovic: non c'è impianto di aerazione e deumidificazione che tenga, pur studiato dagli architetti trendy del celebre marchio Populous, perché al coperto l'erba è comunque meno secca, la palla rimbalza meno e controllarla diventa più complicato. E un po' più erba, insomma, rispetto all'organismo geneticamente modificato che oggigiorno consente di palleggiare come sulla terra rossa.


Il resto della magia, però, è uscito dal cappello di un Federer in versione deluxe. Intoccabile in battuta, mister Sedici Slam - ma l'ultimo in Australia al principio del 2010 - è riuscito a rendere la partita veloce: condizione necessaria, vitale perché Nole non entrasse nella "zona Djokovic", quella dei match con scambi prolungati a ritmo infernale. Uno sport nel quale Novak ha sopravanzato anche Superman Nadal. Invece il tutto è durato appena due ore e venti minuti e Federer, mai sconfitto in semifinale a Wimbledon, era comunque chiamato all'impresa: età e precedenti recenti avevano convinto le agenzie di scommesse, solitamente oculate, ad assegnare un legittimo ruolo di favo- I bookmaker davano favorito il serbo che però, troppo nervoso, non è riuscito quasi mai a imporre il suo gioco rito a Djoker, stranamente poco in vena di istrionismi. Anzi: all'indirizzo del suo folto clan di famiglia, Nole non avrebbe che rivolto improperi in lingua madre e sguardi assenti, per la evidente incapacità di imporre le sue regole a una partita rimasta in equilibrio per due set, tecnicamente persa nel terzo parziale, clamorosamente abbandonata a suon di pallate cieche nel quarto (6-3 3-6 6-4 6-3 il finale) . Otto finali a Wimbledon non si erano mai viste: la facile replica è che un Roger Federer, il tennis non lo aveva mai avuto.


IL SOGNO DI ANDY, 74 ANNI DOPO  - Nella domenica che fermerà la Gran Bretagna intera gli inglesi deglutiranno con un sorso di tè le origini scozzesi di Andy Murray per sospingere un suddito della Regina al successo: hanno tenuto in serbo cori e preghiere per 74 anni, dal pomeriggio d'anteguerra in cui Henry "Bunny" Austin non era riuscito a fermare il rovescio d'oro dello yankee Don Budge, primo uomo al mondo a completare il Grand Slam, nella finale del 1938. Austin non c'è più, benché sia sopravvissuto abbastanza a lungo per presenziare, ormai morente, alla cerimonia del Millenio di Wimbledon 2000. Ci sarà, invece, Andy: per lui la quarta semifinale a Wimbledon, la più potabile, ha spalancato la porta alla sfida con Federer. L'ultimo sole di Londra ha baciato un Murray in lacrime di consapevolezza per le aspettative di un Paese che al tennis ha dato i natali, al termine di un match a tratti divertente contro Jo Wilfried Tsonga. Il Cassius Clay della racchetta le ha provate tutte, comprese le soluzioni di rovescio a una mano e il solito campionario di tuffi e attacchi all'arma bianca. Non ha funzionato, benché Jo non si sia spinto lontano da un incerto quinto set (punteggio: 6-3 6-4 3-6 7-5).


Federer e Murray, quindi. Un duello mai visto su campi altri che non fossero in cemento, con parziali in sostanziale equilibrio. Eppure, scavalcato il passo più irto di insidie, sarà Roger a poter menare le danze, salvo ritorni di fiamma di un mal di schiena di cui lo svizzero ha già fatto esperienza in questi Campionati. La gente avrà ciò che sognava: il Migliore da una parte, un campione della Union Jack nato, ahilui, in un'èra di fenomeni dall'altra. Sarà un pomeriggio di gloria, di quelli che valgono una vita.


Federer non finisce mai (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 07-07-2012)


La restaurazione è dolce come lo smash di velluto che bruca l'erbetta del centrale e assicura a Roger Federer il break, un vantaggio di due set a uno su Novak Djokovic (poi irrecuperabile) e una domenica di panna e ricordi nel giardino che tenterà di annettersi per la settima volta, Andy Murray e Freud permettendo. Il posto delle fragole è qui, dentro la luce opalina in cui il numero uno del mondo cerca invano di fermare l'Eterno e deviare il corso naturale delle cose, Wimbledon era un torneo estivo all'aperto che la pioggia ha costretto indoor ma non c'è contrattempo, non c'è inciampo del destino che possa dirottare Federer dalla finale che gli appartiene di diritto a due anni di distanza dall'ultima (2009), l'anticamera e due sconfitte inopinate (Berdych e Tsonga) rendono ancora più soave il momento in cui Roger si prende il match e la piccola storia di questo grande torneo sempre uguale a se stesso e fedele al buon padre di famiglia di Basilea, che dopo tanto tennis ha solo tre parole per riassumere il senso dell'impresa: «Sono in estasi».


Oltre all'enfant du pays, quel Murray capace di rompere il tabù della semifinale (contro Tsonga, battuto in quattro set, era la quarta consecutiva a Wimbledon) e lasciarsi alle spalle la maledizione di Tim Henman, domani in finale Federer troverà ad attenderlo Pete Sampras, sette volte vincitore sull'erba dal '93 al 2000, la leggenda degli uomini straordinari include anche Willy Renshaw (1881-1886, 1889), che Roger è troppo vivo e contemporaneo per ricordare mentre si premura di citare «Pete, l'eroe della mia giovinezza, il tennista che ha dominato il gioco e a cui mi sono tanto ispirato».


Sostenuto da un servizio sontuoso (75% di punti vinti sulla prima palla, 72% sulla seconda) e dagli dei del centrale, Federer ha fatto sembrare poca cosa l'ex mostruoso Djokovic, crollato alla distanza ma irriconoscibile da subito (21 errori gratuiti e una sola palla break convertita), era il primo confronto sull'erba in 27 sfide (15-12 Federer) però dentro un Nole magrissimo e spento non c'era una stilla dell'energia distruttiva del dominatore dell'anno scorso («Mi aspettavo di giocare su altri livelli: non sono mai stato il vero me stesso»), tanto da far fatica a ricordarsi che il serbo era il campione uscente.


Non rimane straccio d'azzurro, a sera, sotto un cielo screziato di nuvole e angeli, perché Flavia Pennetta e Francesca Schiavone (soprattutto Francesca) fanno di tutto per buttare via un doppio quasi vinto contro le ceche Hlavackova-Hradecka, sette palle break non bastano per allungare nel terzo set finché il maggiore affiatamento delle rivali non prende il sopravvento, ed è un vero peccato: sarebbe stata finale contro le sorelle Williams e il miglior viatico per l'Olimpiade, che tra venti giorni sarà un déjà vu sotto l'egida del Cio. Ci consola il pensiero di una finale inedita, fatta di ispirazione, potenza e grandi sogni. «Mi gioco molto» dice Federer alludendo alla possibilità (in caso di 17 Slam) di tornare numero 1, a 31 anni, ed eguagliare Sampras anche nella somma di settimane in vetta (286). Per Murray la missione, a 74 anni di distanza dall'ultimo britannico in finale (Bunny Austin), di rispolverare la coppa di Fred Perry (1936) nella quarta finale Slam della carriera («La più emozionante»), sempre che il guru Ivan Lendl non gli spieghi come si fa a perdere sull'erba. Chi mangia, e gioca, più leggero, vince.


Roger da Re (Marco De Martino, Il Messaggero, 07-07-2012)


C'era più storia di quanta potesse contenerne un giorno, ieri, sul centrale di Wimbledon. Forse perché il tempio del tennis e l'erba dei Championships sono il posto giusto per scrivere frasi indelebili. C'è un re che ritorna da un lungo viaggio ed è Roger Federer che a quasi 31 anni schianta Djokovic, conquista l'ottava finale nel giardino che un tempo era suo, e domani andrà a caccia del settimo titolo (come Pete Sampras e il giurassico Renshaw) oltre che del numero 1 nella classifica mondiale, wow; ma perla commozione dei sudditi Union Jack c'è anche un britannico in finale a 74 annidi distanza dall'ultima volta, allora fu tale Bunny Austin che poi perse la sfida contro Don Budge, mentre adesso è Andy Murray, capace di disinnescare la mitraglia di Tsonga in quattro set e poi piangere lacrime disperate davanti all'evento. Wimbledon non è perle mezze misure, è un posto magico ma corrode dentro, ti stravolge: gli occhi di Roger e di Andy, dopo il trionfo, non erano quelli di tutti i giorni.


Sei forte papà: davanti a Mirka, alle gemelline e allo stuolo di baby sitter, Roger il magnifico butta giù dal trono di Wimbledon Novak Djokovic, il ragazzo che l'anno scorso era stato re, in cima a una partita che il povero Nole è riuscito un po' ad allungare ma non a cambiare. Federer ha vinto 6-3 3-6 6-4 6-3 ma non c'è stato un attimo, un game, un set, con il nome del vincitore in bilico. Semplicemente: Djokovic non è riuscito ad entrare in partita, mentre Federer ha imposto scambi brevi e risolutivi, ha amministrato perfettamente le energie, e ha risolto la pratica velocemente: 2 ore e 19 minuti per togliere a Djokovic la coppa e forse (se vincerà il torneo) anche il numero 1.
Anche Murray ha sorvolato l'avversario in quattro set tutto sommato senza storia, 6-3 6-4 3-6 6-4 per una partita che proprio non poteva perdere anche perché Tsonga ha servito male e poi sfarfallato dritti e volée senza pescare dalla sacca la partita dell'anno. Ha pianto il padre di Federer, alla fine, ha pianto Murray, ha pianto la mamma allenatrice e anche la fidanzata. La cosa buffa della finale di domani è che pur avendo giocato contro già 15 volte, Murray e Federer non si sono mai affrontati sull'erba. Quella di domani, dunque, sarà una prima volta. Federer a 30 anni andrà a caccia del 17 Slam, Murray a 25 anni del primo. In più, avrà addosso tutta la pressione di un popolo che aspetta da troppo tempo.


Nello spicchietto di storia di giornata lasciato dai grandi eroi, non ci sono invitati italiani perché Pennetta-Schiavone hanno finito per perdere l'accesso alla storica finale di doppio buttando via la vittoria contro le boeme Hradecka e Hlavachova 6-2 3-6 6-4. Flavia non ha colpe, è stata di gran lunga la migliore in campo, mentre a tratti disastrosa è stata Francesca, incapace di rispondere per quasi tutto l'incontro. Decisivo l'apocalittico quinto gioco del terzo set durato un quarto d'ora e 26 punti, quando le azzurre hanno sprecato sette occasioni di portarsi avanti 3-1, mentre poi, depresse, sul 4-4 sono crollate di schianto. Ha perso anche il piccolo Gianluigi Quinzi in due set dall'australiano Saville, ma nel torneo junior non si possono regalare due anni. Il più grande di tutti negli Slam Era moderna.


Djokovic è solo un dettaglio, e Federer prenota la storia (Filippo Grassia, Il Giornale, 07-07-2012)


«Mi spiace per Federer,il tennista che più ammiro, ma questa volta tiferò Murray che riporta il mio paese in finale dopo tanti anni», così una spettatrice londinese alla conclusione delle semifinali maschili che hanno incendiato Wimbledon. Ma il pubblico del Centre Court non lesinerà gli applausi allo svizzero che, dopo due eliminazioni consecutive nei quarti ad opera di Berdych e Tsonga, ha conquistato l'ottava finale in dieci edizioni. E il primo a riuscirci dopo Renshaw (1890) e Gore (1912). La leggenda continua, e non poteva succedere che a Wimbledon, il giardino di casa Federer. L'elvetico ha superato in semifinale Djokovic (6-3 3-66-4 6-3, in 2h 20'), numero uno del seeding, con un'autorità sconosciuta negli ultimi tempi e s'è assicurato la possibilità di vincere per la settima voltalo slam londinese. Ci riuscisse, tornerebbe il numero uno e appaierebbe in questa particolare classifica il leader Sampras fermo a 286 settimane.


È vero che l'ultimo trionfo è sempre il più bello, il più avvincente, il più intenso: lo raccontava spesso l'avvocato Agnelli con lo sguardo rivolto al futuro. Ma l'emozione trasmessa da Roger in conferenza stampa ha rappresentato qualcosa di speciale anche negli addetti ai lavori più esperti. «Ho disputato un match fantastico, sono felicissimo, di più, in estasi. Rieccomi di nuovo in finale nello slam che mi ha regalato le maggiori soddisfazioni, soprattutto se penso ai problemi accusati in settimana (il mal di schiena, ndr). Per me non è stato un torneo facile. È splendido arrivarci dopo aver battuto Novak che ha giocato alla grande.Il terzo set ha fatto da chiave all'incontro dopo l'equilibrio nei primi due. Con un po' di fortuna mi sono portato in vantaggio e non mi sono fatto più riprendere. E ora? Mi gioco tanto, il settimo titolo qui, il primato nel ranking, ma vado in campo per questo».


L'incontro s'è dipanato sul filo sottile di un break a set. Federer ha vinto il set d'apertura dopo aver strappato il servizio all'avversario nel quinto gioco, in quello successivogli è stato fatale il break nel secondo game. Nel terzo ha fatto la differenza nel decimo gioco dopo aver mantenuto con forza e fortuna il servizio nel gioco precedente; senza storia il quarto e ultimo set con lo svizzero avanti per 3-0, 4-1 e infine per6-3 con il dodicesimo ace. A fare la differenza non tanto i vincenti (31 a 28) quanto gli errori non forzati (10 a 21). Djokovic se ne faccia una ragione, perla musa del tennis c'era solo un idolo, e quello non era lui. Per uno di quei paradossi che rendono lo sport un mistero, Federer incontrerà Murray che aveva battuto in tre set nell'ultima finale raggiunta e vinta agli Australian Open 2010. Ci risiamo, a distanza di tre anni e sei mesi. E il verdetto appare incerto in base ai precedenti sfavorevoli allo scozzese solo per 8-7.


Murray ha pianto di gioia e di sofferenza dopo aver superato il francese Tsonga (6-3 6-4 3-6 7-5) al quale ha anche annullato due palle per prolungare l'incontro al quinto set. Un'impresa storica. È il primo britannico a raggiungere la finale dopo l'impresa dell'inglese Austin che risale al 1938, potrebbe essere il primo a vincere sull'erba di Wimbledon dopo Fred Perry che si affermò nel 1936. In passato Henman si arenò per quattro volte in semifinale. Figuratevi quindi l'attesa di tutto un paese. Immaginatevi la tensione quando Murray, sul match-ball, ha sparato un dritto in cross accanto alla riga laterale e Tsonga s'è appellato al falco. Ma c'era la statua di Fred Perry, che poi ha fondato un impero imprenditoriale, a vigilare sulla bontà della pallina.


Nella semifinale del doppio femminile Pennetta e Schiavone hanno gettato al vento l'opportunità di contendere il titolo alle sorelle Williams finendo alla deriva con le ceche Hlavackova e Hradecka (2-66-3-6-4) che nel turno precedente avevano superato Errani e V nci dopo 25 vittorie consecutive. Battuto in semifinale anche Quinzi dal numero uno, l'australiano Seville, di due anni meno giovane.


Re Federer rivede il trono (Daniele Palizzotto, Il Tempo, 07-07-2012)


Non poteva finire così. Senza un sussulto, un acuto da campione, un titolo prestigioso. La già gloriosa carriera dire Roger Federer, il più forte tennista della storia per numeri e record collezionati, potrebbe ricevere domani la definitiva consacrazione nel luogo divino della racchetta, l'erba dell' All England Club di Wimbledon, dove lo svizzero dispute-rà l'ottava finale contro lo scozzese Andy Murray dopo aver superato 6-3 3-6 6-4 6-3 il numero uno Nole Djokovic.


Un segno del destino: da una parte ci sarà l'eroe dell'intera Gran Bretagna, l'uomo che potrebbe restituire la luce al Regno Unito 76 anni dopo il mitico Fred Perry; dall'altra re Federer, mai così vicino al definito sorpasso nei confronti del grande Pete Sampras. L'occasione è ghiotta: battendo Murray, lo svizzero eguaglierebbe il numero dei successi ottenuti dall'americano a Wimbledon (7), ma soprattutto riconquisterebbe la vetta della classifica, scavalcando proprio Sampras- per ora in vantaggio 286 a 285 - nel numero delle settimane trascorse al primo posto. Due anni e mezzo dopo il 16 e per ora ultimo trionfo Slam, ottenuto all'Australian Open 2010, Federer sembra davvero pronto per l'ennesima impresa. Per informazioni chiedere al numero uno Djokovic: certo il serbo non è l'inavvicinabile mattatore del 2011, ma la prestazione dello svizzero è stata incoraggiante, con 31 vincenti e appena 10 errori contro gli inusuali 21 gratuiti di Nole.


Numeri che spiegano bene una partita mai in discussione. Per completare l'opera Federer dovrà superare Murray e, forse perla prima volta a Londra, non potrà contare sull'appoggio del pubblico. Questo non cambia il pronostico, perché lo scozzese sarà anche in vantaggio 8-7 nei precedenti, malo svizzero ha vinto le partite più importanti, Us Open 2008 e Australian Open 2010, due delle tre finali Slam perse da Murray. Il pubblico di casa può comunque sperare, magari aggrappandosi all'ottima prova fornita dallo scozzese contro Tsonga: due set perfetti e nervi saldi nel finale perii meritato 6-3 6-4 3-6 7-5. Oggi pomeriggio sul Centre Court si assegna il titolo femminile (ore 15, diretta Sky Sport 3). Una finale sulla carta già scritta, con Serena Williams - 13 Slam in bacheca- nettamente favorita contro l'esordiente Agnieszka Radwanska, surclassata nei due precedenti e debilitata da un improvvido mal di gola. Serena e poi Roger: in due giorni Wimbledon potrebbe tornare in mano ai migliori tennisti del terzo millennio.


Federer-Murray, è finale record, chi vince entra nella leggenda (Miska Ruggeri, Libero Quotidiano, 07-07-2012)


Prima o poi, ma sicuramente dopo aver battuto ogni record possibile e immaginabile del tennis dell'era open, si dedicherà soltanto alle gemellane Myla e Charlene. E allora, solo allora, risplenderà in tutta la sua magnificenza l'immensità del Più Grande. Non il più forte come acme raggiunta, perché il McEnroe dell'anno di grazia 1984 resta, almeno a parere di chi scrive, qualcosa al di là dell'umano, ma il più costante, l'unico in grado di esprimersi a livelli altissimi per un decennio, senza un calo o una sconfitta contro avversari di seconda fascia (tipo Rosol, tanto per capirci...) in un grande appuntamento. Siamo a Wimbledon 2012 e Roger Federer è ancora lassù in cima, in finale (la 24esima in uno Slam) e grande favorito per il trionfo londinese numero 7, diverso dal bamboccione col codino che nel 2003 strapazzava l'australiano Philippoussis, epperò tennisticamente uguale, anche se sempre più unico in mezzo a picchiatori e arrotini monoschematici, grandi atleti con, casualmente, una racchetta in mano.
Ieri Sua Maestà, sul centrale versione indoor per la pioggia, ha sbriciolato il numero uno del mondo (solo fino a domani, se le cose andranno secondo logica) Novak Djokovic in quattro set (6-3 3-6 6-4 6-3) e 2 ore e 20 minuti, mettendo nel mirino il primato di Pete Sampras (286 settimane da sovrano del ranking Atp).


«È stato un piacere stare II dentro», ha dichiarato a caldo, «sono in estasi. Sono stato capace di giocare ancora una volta un tennis fantastico», e non si può che condividere. Come il pubblico inglese, tutto schierato al suo fianco. Ace, servizi vincenti, passanti di rovescio, sventagliate di dritto, smash e anche qualche bella volèe (l'unico colpo non da galleria d'arte del suo repertorio...): troppa varietà per il solido guerriero serbo, che nel terzo set fa miracoli per restare nel match, ma che poi deve alzare bandiera bianca.


Nell'altra semifinale, bel successo del beniamino locale Andy Murray sul francese Tsonga (6-3 6-4 3-6 7-5). Così un britannico si affaccia all'atto conclusivo sulla sacra erba dopo ben 74 anni, dalla sconfitta di Bunny Austin nel 1938 contro Donald Budge, e dopo i tanti tentativi andati a vuoto dello stesso Murray (semifinalista nel 2009, 2010 e 20011) e di Tim Henman (semifinalista nel 1998, 1999, 2001, 2002).


Peccato, infine, per il secondo (il primo ormai è formato dalla coppia ErraniVmci, vincitrice al Roland Garros) doppio azzurro Schiavone-Pennetta, che sul campo numero 3 si arrende al terzo set (2-6 6-3 6-4), dopo aver sprecato un oceano di palle break, contro le ceche Hlavackova-Hradecka e perde l'occasione per sfidare le sorellone Williams. Ma le nostre quattro ragazze d'oro ci riproveranno tra due settimane ai Giochi.


Wimbledon, è Murray-Federer (Alberto Giorni, Il Giorno Sport, 07-07-2012)


COMUNQUE vada, sarà una finale storica. Domani sul Centrale di Wimbledon i britannici potranno finalmente tifare per un loro giocatore (l'ultimo in finale fu Bunny Austin nel 1938). A farli sognare sarà Andy Murray (nella foto), che ha sfatato un tabù superando in semifinale 6-3 6-4 3-6 7-5 il francese Jo-Wilfried Tsonga. Ma lo scozzese partirà sfavorito contro il miglior Roger Federer degli ultimi tempi. Nel doppio femminile, eliminate in semifinale Pennetta e Schiavo-ne, battute 2-6 6-3 6-4 dalle ceche Hlavackova/Hrade-cka. Fuori in semifinale anche Quinzi nel torneo Juniores: il n 1 Saville si è imposto 6-3 6-4. Oggi finale femminile (diretta Sky alle 15): Serena Williams favorita sulla polacca Radwanska.


Perché Federer resta la leggenda vivente del tennis (Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport, 07-07-2012)


Prima di tutto giù il cappello. Roger Federer, battendo Nole Djokovic, in un colpo solo si è preso l'ottava finale di Wimbledon e la possibilità di tornare numero uno del mondo se domani supererà lo scozzese Andy Murray. Non è tutto: alzando al cielo la coppa dei Championships, agguanterebbe anche il primato di Pete Sampras, che ha conquistato per sette volte il torneo più prestigioso del mondo, collezionando così il suo 17 Slam. A cui si devono aggiungere gli altri 54 titoli Atp che custodisce in bacheca e uno scout di 852 match vinti sui 1044 giocati in carriera. Mai nessuno come lui.


Questi numeri da brividi danno l'esatta dimensione di un campione davvero inossidabile che a trent'anni suonati si conferma la leggenda vivente del tennis. Non solo per i risultati. Il suo gioco privo di rotazioni eccessive è bello ed elegante, con una varietà di colpi che sembra non finire mai. E costruiti — non tutti lo sanno — con una racchetta non facile da manovrare perché ha il piatto-corde di soli 90 pollici, il più piccolo tra quelli utilizzati dai big (Nadal ha 100, Djokovic 98). L'atteggiamento sempre positivo e la correttezza con cui sta in campo ne fanno poi l'esempio e l'idolo per milioni di appassionati. Che apprezzano anche l'uomo Federer sempre pronto a sfuggire ai lustrini della notorietà per vestire invece i panni del papà e coccolarsi le due gemelline Charlene e Myla. Nelle eterne discussioni tra gli amatori di questo sport, non sentirete mai parlare di Federer, ma solamente di Roger. Il suo nome da tempo è diventato qualcosa di confidenziale, come se lui fosse l'amico d'infanzia che abita nella porta accanto con il quale fare due palle di tanto in tanto.


Lo svizzero sta per coronare un inseguimento, a cui forse credeva solo lui, cominciato nel giugno del 2010 quando, sconfitto dallo svedese Robin Soderling nei quarti di finale del Roland Garros, dovette lasciare il trono di numero uno del mondo a Nadal dopo esserci rimasto, in due riprese, per ben 285 settimane. Non deve essere stato facile ricostruirsi, soprattutto mentalmente, in questi ultimi due anni stritolato com'era dall'intensità di Ra-a e dalla progressione imperiosa di Djokovic. Federer pareva destinato ad un lento e dorato declino. Nel tentativo di ritrovarsi è scivolato anche alla posizione numero tre del ranking. E a chi cominciava a chiedergli di un possibile ritiro ha sempre risposto: «Continuerò a giocare finché mi diverto».


Durante la prima parte della stagione ha lanciato dei messaggi precisi vincendo Rotterdam, Dubai, Indian Wells e Madrid. Ci ha provato a Roma e Parigi, ma è stato respinto in semifinale proprio da Djokovic. La testa, però, era già all'erba di Wimbledon. Dove ieri, sul centrale, pur non disputando la partita perfetta ha domato oltre ogni pronostico colui che sembrava destinato a comandare il circuito per lungo tempo. Adesso gli tocca la battaglia d'Inghilterra. Contro un Murray motivatissimo, Federer non potrà godere dei favori del pubblico, cosa che raramente gli accade in giro per il mondo. Ed è facile capire il perché: i britannici inseguono questo momento da 74 anni. L'ultimo loro finalista è stato Bunny Austin, nel 1938. Due anni prima, Fred Perry aveva vinto il torneo. La flemma di Wimbledon vivrà più di un sussulto.


Murray resta sollevato (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport, 07-07-2012)


Più sollevato che felice. Perché l'attesa è finita. La sua, certo. Ma anche quella di un'intera nazione che aspettava da 74 anni che un britannico raggiungesse la finale del torneo di casa, i Championships. Dopo Bunny Austin 1938, dunque, ecco Andy Murray 2012. In quattro set lo scozzese ha superato Jo-Wilfned Tsonga in 2h47', meritandosi la puma finale all'All England Church dopo essersi fermato per tre volte consecutivamente sulla soglia dell'ultimo atto di Wimbledon.


“E' difficile spiegare come mi sento - le parole a caldo dello scozzese - Sono sollevato ed emozionato. E' stato un match molto equilibrato, entrambi abbiamo avuto le nostre occasioni. Nei primi due set sono stato più efficace io, poi lui ha alzato la percentuale del servizio e perdere il terzo set è stato molto difficile. Ma penso di essere stato bravo a gestire le emozioni in quel momento. Mi sono concentrato sul mio gioco e alla fine ho vinto meritatamente”.
Per il 25enne di Dunblame, quarto nel ranking mondiale, si tratta della quarta finale Slam in carriera. Tre sconfitte, senza vincere un solo set, di cui due proprio contro Roger Federer (nel 2008 a New York e nel 2010 in Australia). Domani si affrontano per la 168 volta, con lo scozzese in vantaggio per 8-7.


“Quando giochi match così difficili, la cosa più importante è non perdere la testa e non lasciarsi distrarre - ha aggiunto Murray - Finora ho giocato un ottimo torneo ma spero di migliorarmi ancora. Federer? Sarà di sicuro uno degli incontri più importanti della mia carriera. Lo conosco bene perché ci siamo sfidati già parecchie volte, anche in finali dello Slam. Sarà un vantaggio per me perché potrò imparare dai miei errori e capire cosa lui ha fatto meglio di me in quelle partite”.


Volèe di rovescio – Oggi finale donne, Sto con la Williams all’80 per cento (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport, 07-07-2012)


Ho trascorso lunghe ore nel tentativo di concedere alla Radwanska più del 20% di possibilità di battere la Williams nell'odierna finale femminile di Wimbledon, ma non ci sono riuscito. Infatti, la trentenne americana, dopo una rischiosa e stentata partenza, è salita prepotentemente di condizione fisica man mano che crescevano gli impegni. Sull'erba londinese, adesso appare centrata nei colpi, produce punti in quantità industriale con il servizio, mena fendenti con i fondamentali di rimbalzo, affronta con aggressività le ribattute, emana personalità da tutti i pori. La sua ferocia agonistica la mette in condizione di dettare i ritmi e dall'alto dell'esperienza maturata nei grandi tornei, i giusti tempi di gioco. Cercherà di ribaltare il pronostico, la giovane polacca, autentica professoressa della lettura tattica. Sapendo di non possedere il pugno del k.o. e di non poter accettare la sfida sul piano della potenza, dovrà correre pensando e creare colpendo la palla. Sicuramente proverà ad imbrigliare le carte proponendo soluzioni prive di peso, usando variazioni di ritmo e rotazioni maligne. L'attaccamento al punteggio e la continuità i rendimento dovranno formare la base per rimanere con il fiato sul collo dell'avversaria. Questa non è una partita di scacchi, ma credo proprio che alla fine anche sul campo da tennis la regina trionferà portandosi a casa il quattordicesimo titolo dello Slam, confermando che la classifica mondiale conta fino ad un certo punto e quasi mai quando scende in campo un mito del tennis femminile come Serena Williams. Che è nettamente la più forte delle donne, con un servizio da uomo, ed è stata capace di raddrizzare la carriera dopo il drammatico ricovero in ospedale dell'anno scorso per embolia polmonare e dopo tanti altri stop più o meno lunghi che ne hanno limitato una presenza ancor più massiccia nell'albo d'oro degli Slam. Vincendo oggi, potrà ricominciare a correre alla grande. A dispetto dei suoi 30 anni.
 

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