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11/07/2012 00:54 CEST - L'ARGOMENTO

Djokovic, colpi sbiaditi

TENNIS - Nole non è il dominatore del 2011. Troppo spesso quest'anno è sembrato sperduto con gli altri big, quasi non avesse la forza mentale per reagire. Che cosa è cambiato rispetto all'anno scorso? Karim Nafea


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“Questa non è la canzone migliore del mondo, è solo un tributo”
Un pezzo dei Tenacious D, che racconta di come loro abbiano cantato la canzone migliore del mondo, ma non riescano a ricordarsela; per onorarla ne hanno quindi scritta un’altra, completamente diversa, un tributo appunto.
Nella mia mente contorta quella canzone mi ha ricordato il Djokovic di questo periodo che sembra solo un tributo a quello dell’anno scorso. Quella che era Tenacious Djokovic adesso è pallida ombra, sia come aggressione tennistica sia come aggressione psicologica, del tennista quasi invulnerabile che ha dominato il 2011.

Volendo approfondire la situazione bisogna partire necessariamente dall’atletismo del serbo: Nole non domina fisicamente come l’anno scorso, quando faceva sfigurare anche Nadal. Ovviamente il numero 2 del mondo è, anche in questo momento, un atleta eccezionale, solo in minima parte inferiore all’alieno versione 2011 il che fa sottolineare quanto sia sottile la linea tra dominio e disfatta ad altissimo livello nel nostro sport.

Detto del fisico, c’è l’aspetto più appariscente della questione rappresentato dal “tennis” portato in campo da Nole. Il rovescio è rimasto un colpo solidissimo, profondo e penetrante, con geometrie quasi ineguagliate. Il diritto è tornato ad essere un colpo di gran solidità ma leggermente “streaky”, soggetto cioè a momenti di grande discontinuità, mentre nel 2011 aveva quasi eguagliato in potenza e precisione l’altro, formidabile, fondamentale del serbo. Il colpo nel quale si intravedono le maggiori differenze, sempre a mio parere, è il servizio; non sono tanto le percentuali o la velocità, quanto la costanza di questo colpo nei momenti veramente importanti e decisivi della partita. L’anno scorso, ogni qual volta se ne presentava la necessità il servizio aumentava di livello abbassando al minimo il rischio per Djokovic. Quest’anno invece, più di una volta, è stata la battuta a lasciare per strada Nole, con la prima spesso impegnata altrove nei momenti di bisogno.
La risposta? Un incubo, la palla torna sempre, veloce e profonda, costringendoti ad un livello e ad una costanza di concentrazione opprimenti.

Passiamo al livello successivo: la tecnica dei colpi ed i movimenti degli stessi. E’ cambiato qualcosa? Fondamentalmente no, i piccoli, in un certo senso trascurabili, errori tecnici sono rimasti gli stessi: apertura un po’ troppo ampia e posizione leggermente troppo frontale nel diritto e lancio di palla, che a volte appare un po’ casuale, sul servizio.
Questi piccoli difetti ci sono sempre stati, c’erano durante le 43 vittorie consecutive, c’erano nel 2010 e c’erano prima.

Tutto questo mi fa venire in mente che la grande, gigantesca differenza, rispetto all’anno scorso siano le coincidenze.

Mi spiego meglio, quello che abbiamo visto l’anno scorso non è il vero Djokovic, è stato un mostro che ha cavalcato una striscia di vittorie acquistando una sicurezza ed una volontà di potenza che il serbo, in condizioni normali, non ha mai dimostrato.
Fondamentalmente: una condizione fisica straripante, una grande carica emotiva derivata dalla vittoria in Davis ed una sicurezza e decisione portate dalle molte vittorie hanno concertato per creare un unicum, un alto sfavillante e devastante quanto impossibile da ripetere.

Sono dell’idea che quello che stiamo vedendo in questo 2012 sia molto più simile al vero Djokovic: un giocatore sempre tra i favoriti per la vittoria in uno slam ma non propriamente un dominatore del circuito. Del vecchio Djokovic, oltre a tutte le cose positive, s’è vista ed in più riprese un’eccessiva disponibilità alla resa quando, contro i più fighi del bigoncio, le cosa versano al peggio; una certa incapacità, o meglio, mancanza di volontà, nel girare le partite con i due ex-plutocrati del circuito, una sindrome del “Tutto è perduto”. E’ successo svariate volte quest’anno: l’altro prende un vantaggio e Nole si lascia andare. Gli manca, e ripeto, gli è quasi sempre mancata, escludendo il 2011, la capacità di reagire non solo al primo colpo, ma al secondo ed al terzo e ai successivi n-colpi.

La memoria, ne abbiamo cataste e cataste di prove e conferme, è una cosa che nell’ambiente tennis manca, per cui non è del tutto una sorpresa il disorientamento causato da questo momento di “magra”, relativa, del serbo.
Sarò superficiale, ma vedo poche differenze tra questo Djokovic e quello che era perennemente tra i primi nel pre-2011.

Poi, stiamo sempre parlando di un giocatore che ha vinto l’Australian Open e Miami, che ha fatto finale al Roland Garros (quasi vincendola) ed a svariati Masters 1000 e che ha perso solo in semifinale a Wimbledon, da un Federer di tutto rispetto. Quindi il “ridimensionamento”, che c’è stato, è davvero minimo e dovrebbe contribuire a rendere più interessante il circuito.

Karim Nafea

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