HOMEPAGE > > Hall of Fame - Il discorso di Kuerten.

15/07/2012 21:40 CEST - Hall of Fame

Hall of Fame - Il discorso di Kuerten

Traduzione di Alessandro Mastroluca

| | condividi

ALICE KUERTEN
Buon pomeriggio. Lasciatemi parlare col cuore. Abbiamo bisogno di piangere. Mi scuso se il mio inglese non è abbastanza buono, ma farò del mio meglio per tradurre i sentimenti che ho nel cuore in parole.
Sono una madre molto felice di tre figli meravigliosi, Rafael, Gustavo e Guilherme, l’ultimo dei quali è già diventata una stella del paradiso con suo padre.
Essendo brasiliana, noi siamo un popolo che sperimenta intensamente l’unione, l’alleanza, lo spirito di gruppo, la condivisione. Per questa ragione, nella nostra società sport come il calcio o la pallavolo sono i più diffusi.
Ma c’era un ragazzo che ha deciso di rompere con la tradizione, di trasformare uno sport individuale in una strada per il successo. Questo ragazzo alto, magro, con i capelli ricci, che qualche volta hanno definito un surfista, che qualche volta è stato chiamato Picasso, e altre volte semplicemente un ragazzo, è Gustavo Kuerten, conosciuto il più delle volte come Guga.
Guga ora è un uomo che ha avuto successo nella vita sfidando i suoi limiti e quello che, per le sue condizioni socioeconomiche, sembrava impossibile. Ha avuto successo perché ha creduto in se stesso, perché ha amato intensamente. Ha vissuto ogni momento della sua vita con passione, soprattutto nello sport. Ha combattuto in ogni match fino all’ultimo minuto. Ha sempre creduto di poter vincere. Piangeva quando perdeva e sorrideva quando vinceva.
Guga ha conquistato il rispetto e l’ammirazione delle persone grazie alla sua condotta in campo e nella vita, ha catturato l’amore dei bambini che in lui hanno visto un modello da seguire. Attraverso i suoi successi Guga ha portato il tennis sotto i riflettori in Brasile. Il tennis ha trovato nuovi appassionati in tutte le regioni, in tutti i cammini dell’esistenza. Alcuni giocavano con le racchette, altri solo con delle mazze di legno, ma tutti cercavano di imitare chi regalava loro così tanta felicità.
Perché di Guga, i resoconti (non udibile) come una partita di calcio, io potevo vedere e capire il gioco di Guga.
Per questo, oggi vi presento, signore e signori, questo ragazzo che oggi è un padre e che mostra ogni giorno alla nostra nazione, il Brasile, e potremmo dire al mondo intero che si può sognare e che credere nei sogni, lottare per loro con disciplina, dedizione, umiltà e perseveranza è un modo per farli avverare.
Anche se i suoi sogni sono stati interrotti dagli infortuni, Guga continua a regalare ai bambini vulnerabili dal punto di vista economico e sociale delle opportunità legate allo sport, all’arte e alla cultura che permettono loro di intravedere un mondo con più dignità. Guga continua a dedicarsi allo sviluppo del tennis, creando nuovi progetti e supportandone altri.
Non ho menzionato i suoi titoli e i suoi successi materiali perché sono sotto gli occhi di tutti. Ho scelto di parlare di quello che non si può vedere ma si può sentire con il cuore e la gratitudine. Guga è un ragazzo, e sarà sempre un ragazzo, che cerca il meglio negli altri e che ha dato il meglio di sé. Grazie per aver ricevuto il nostro Guga dal Brasile in un luogo così desiderato, l’International Tennis Hall of Fame.

KUERTEN
Pensavo ci avrei messo di più a piangere. Ok. Non so cos’è più difficile per me, essere arrivato fino a qui nella Hall of Fame o fare il discorso. Ma come ha detto mia madre, non mi arrendo mai, perciò andrò avanti e vediamo che succede.
Prima di tutto, è un onore vedere mia madre che parla un po’ di me. Mi imbarazzo sempre quando mia madre parla bene di me. Non oggi. Oggi sono onorato.
Voglio fare i miei complimenti agli altri che come me entreranno nella Hall of Fame. Ciascuno ha i suoi traguardi, ognuno ha fatto cose particolari per il tennis. È il modo in cui anch’io guardo a questo sport senza limitarmi a quello che succede sul campo.
Soprattutto, è stato un grande onore, mr. Snow, essere parte del suo party, essere tra i suoi amici dato che anche io avevo un fratello handicappato. È un onore per me ricevere questo premio insieme con suo figlio e con mio fratello.
Jennifer, non voglio confrontare la mia carriera con la tua, altrimenti ci penserebbero due volte prima di farmi entrare nella Hall of Fame. A 13 anni, io ero un teenager che viaggiava per la prima volta negli Usa e tu, alla stessa età, giocavi la finale al Roland Garros e a Wimbledon ed entravi in top-10. Meglio fermarsi qui con i paragoni. Complimenti.
E Manuel, la vedo diversamente da te. Per quanto mi riguarda, sto ancora cercando di capire come mai sono finito in questo luogo privilegiato. Non avrei nemmeno potuto sognare di diventare un campione. Era tutto troppo lontano, troppo distante. Forse poteva sognarlo solo mio padre, la persona che credo mi abbia dato l’amore per questo sport. È lui che ricordo per primo quando (non udibile) è tornato in Brasile e mi ha detto che sarei stato parte di questa magnifica esperienza. È mio padre, è il mio idolo, è a lui che dedico questo titolo, se posso chiamarlo così.
Mi spiace, come potete vedere, di non aver scritto niente. Il mio inglese, l’avrete capito, non è buonissimo. Immaginate se avessi dovuto scrivere, ci avrei messo una vita (ride).
Quello che volevo provare a fare in questi pochi minuti è dire come davvero è potuto succedere. Credo di aver trovato un modo di mettere in relazione il tennis e le persone intorno a me. Ho iniziato a capire, e il tennis mi ha fatto incontrare persone, mi ha mostrato esperienze che mi hanno portato a realizzare che il tennis non è tutto nella mia vita ma il tennis è in ogni singolo aspetto della mia vita.
Ho vissuto la mia più grande esperienza grazie al tennis. Per quanto ricordo, mio padre mi ha portato la mia prima racchetta. E il tennis l’ha portato via da me mentre stava arbitrando una partita. Ho vinto tre tornei dello Slam. È un grande onore. Ma ha portato anche un’altra esperienza nella nostra vita, abbiamo quasi venduto la casa, la macchina, il pianoforte, tutto per permettere a me di viaggiare. Non sapevamo dove stavamo andando, ma sapevamo che stavamo andando nella giusta direzione. Avevamo fiducia che sarebbe finita bene.
Il tennis ha portato via mio padre, ma mi ha dato due padri. Larri, il mio coach che è qui, e mio fratello Raphael. È un po’ come la vita sembra. Inizia a giocare con te. Ti mette in difficoltà qualche volta. Forse questa è una delle più grandi fortune che mi siano capitate in carriera, anche se ho dovuto perdere un padre per incontrare Larri che mi ha fatto credere di poter andare ancora più in là, di poter diventare un tennista professionista prima ancora di sapere che esistesse una Hall of Fame. Già sapeva che sarei potuto diventare un numero 1 del mondo.
Questa è la dimostrazione di quanto abbia apprezzato quello che ho, quello che il tennis mi ha portato. Così tante belle persone, incontri importanti, grandi ricordi. È semplice distinguere quelli felici e quelli brutti, quelli tristi. Ma ognuno di loro, anche il momento più duro, ha un grande valore per me. È questo che mi ha reso quello che sono, credo che al posto mio dovrebbero essere queste persone a ricevere il premio.
Sto dimenticando di parlare un po’ di mia nonna. Se non lo faccio, so che avrò dei problemi una volta tornato a casa. Era conosciuta come il mio coach, il mio consigliere, so che le ho allungato la vita per qualche anno visto che è ancora lì. È successo nel 2000. Larri vive nella stessa città di mia nonna. Tutti i weekend le chiedo Nonna, vieni a casa nostra a pranzo, o per un barbecue. No, è troppo lontano. Poi la semifinale del Roland Garros, molto vicino. Era pronta (ride).
Penso di essere riuscito abbastanza bene a tradurre almeno un po’ la mia vita e come sono arrivato qui molto spontaneamente e imparando dal tennis che dipende molto da come guardi le cose.
Forse il tennis mi ha insegnato a guardare anche il quadro più grigio, l’esperienza più dura con luci colorate. Perciò in questo modo voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno permesso di essere qui in un posto di cui pochi anni fa nemmeno sapevo l’esistenza. È un onore vedere la bandiera della mia nazione, cantare l’inno brasiliano, e riuscire ancora a raggiungere traguardi per me. Questo giorno resterà intensamente nella mia memoria così come spero che il mio contributo al tennis non si fermi qui. Spero di poter fare di più. Come l’esempio di mia madre, è facile dire spero di poter andare ancora avanti.
La sola cosa che il tennis non mi ha dato, e forse è una delle cose più importanti della mia vita, è stata farmi incontrare mia moglie, una persona molto speciale, una madre straordinaria. Abbiamo avuto una figlia pochi mesi fa. Non ha mai guardato, non guarda mai una mia partita. Mi devo lamentare di questo. Non può essere perfetta (ride). Ma lei è perfetta.
Vivo questi momenti straordinari potendo festeggiare. Lo so, potevo usare il tennis per raccontarle una storia e farla innamorare di me. Le ho perfino detto che avevo vinto tre volte a testa Australian Open, Wimbledon e Us Open. Ci ha creduto (ride). Poi ha chiesto di sposarmi. So che non era per quello.
È meraviglioso vedervi qui tutti, anche la sua famiglia, la famiglia di Larri, le persone che adesso lavorano con me, Luciano, Jorgi, che sono con me dall’inizio, che mi hanno portato il primo contratto all’Orange Bowl senza il quale mi sarei dovuto fermare. Erano tempi duri. Anche Andre, nell’ATP. Tutti, i brasiliani, posso vedere le bandiere e le maglie.
Credo di aver fatto poco, soprattutto in rapporto agli altri che ricevono questo premio. Ma voglio andare avanti e spero in futuro di poter tornare qui e di sentirmi a casa, soprattutto con questo tempo caldo.
Grazie.

comments powered by Disqus
Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
Partnership

 

Ubi TV

I punti migliori di Federer a Wimbledon

Virtual Tour / Fanta Tennis virtual tour logo 2

Il fanta gioco di Ubitennis