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19/07/2012 16:59 CEST - Olimpiadi

Verde, speranza mai si perde

TENNIS - Diamo un'occhiata molto da vicino ai campi di Wimbledon. I segreti dell'erba e del terreno. I trucchi dei giardinieri per rigenerare i prati in soli 20 giorni per il torneo olimpico. Alessandro Mastroluca

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È il 1990 quando Eddie Seward viene nominato capo giardiniere di Wimbledon. I campi sono coperti di poa annua, una gramigna spugnosa difficile da estirpare. La stagione sull’erba sta vivendo un momento difficile: dominano i grandi battitori e gli specialisti della terra rossa si rifiutano di giocarci. Ai membri dell’All England Club che gli chiedono un parere, risponde chiaro: “State usando l’erba sbagliata”. Per un rimbalzo più solido bisogna evitare che proliferino le erbacce che creano piccole buche nel terreno. “Che stai dicendo? L’erba è verde, e cresce” gli rispondono.

Seaward convince i membri del Comitato Campi dell’AELTC ad andare con lui a Bingley, nello Yorkshire. Alla fine di una strada lunga e ventosa si trovano i campi dello Sports Turf Research Institute (STRI), l’istituto di ricerca per campi sportivi in erba, fondato nel 1929. Dopo la visita, Seaward torna a Wimbledon con l’approvazione del budget per la ricerca.

Quando, nel 2001, l’AELTC ha deciso di cambiare la composizione dell’erba, anche per venire incontro alle richieste di tecnici e giocatori che chiedevano una superficie che consentisse un maggiore rallentamento della palla dopo il rimbalzo, il capo biologo dell’istituto, Andy Newell, suggerisce un mix di tre varietà di lollio perenne, dopo averne analizzate oltre cento: 33% Pontiac, 33% Melbourne, 34% Venezia.

La superficie finale è il risultato di una sovrapposizione di strati: quello superficiale è anche il più sottile e poggia su uno strato di soprassuolo di 20 cm, uno di collegamento, uno drenante di 15 centimetri e una base etichettata come “formazione di sottosuolo”.

Ma la chiave della maggiore uniformità nel rimbalzo della palla sta nelle caratteristiche del suolo, composto da terra per il 23%, poi da sabbia, silt e ghiaia: più simile a un campo da cricket che a uno da calcio, dove è la sabbia la componente dominante (anche oltre il 90%).

La cura dell’erba a Wimbledon è ai limiti del maniacale e definita in ogni dettaglio in un manuale di 33 pagine in cui si spiega, per esempio, che in inverno l’erba va tagliata a 15 mm per evitare di rompere le foglie, a 12 mm a marzo, a 9 all’inizio di aprile e a 8 mm durante il torneo.

Ogni giorno, durante i Championships, vengono fatti 24 controlli sull’altezza del rimbalzo della palla per ognuno dei campi facendo cadere una pallina dalla sommità di un tubo graduato alto due metri e mezzo.

Ulteriori test all’STRI dimostrano perché la superficie è così rovinata lungo le righe di fondo. Quando l’erba si consuma, si creano depressioni nel terreno, la terra perde coesione, si secca e diventa polvere.

“E’difficile dover preparare i campi in tre settimane perché siano pronti per le Olimpiadi” ha dichiarato Seaward, che ad agosto lascerà l’incarico di capo giardiniere a Neil Stubley, assunto nel 1995.

Per garantire il risultato, negli ultimi due anni Seaward, “l’uomo che sussurrava all’erba”, ha guidato una serie di test dopo ogni edizione di Wimbledon. Lavorando su coppie di campi per cicli di venti giorni sono state sperimentate differenti combinazioni d’acqua e fertilizzanti. Per facilitare la ricrescita, soprattutto nelle zone più rovinate del campo, verrà implementata erba pre-germinata. Vengono cioè piantati semi già bagnati, da cui stanno già iniziando a germogliare le foglie d’erba. Così il processo di rigenerazione durerà tre giorni invece che una settimana.

Per ora c’è una sola certezza. Ai Championships è arrivato il viola intorno ai campi. Ancora qualche giorno e sapremo se tornerà anche il verde sui prati.
 

Alessandro Mastroluca

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