26/07/2012 10:25 CEST - Personaggi

I cinque cerchi di Raffaella Reggi

TENNIS - Cinque cerchi, cinque Olimpiadi. Tre da giocatrice, con la gioia del bronzo a Los Angeles. Una da capitana di Fed Cup, a Sydney. "La più bella, a livello organizzativo" dice. Ora la prima da commentatrice tv. Elisa Piva, La Voce di Romagna

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Raffaella Reggi
Raffaella Reggi

Una medaglia olimpica è un'emozione impagabile, anche se conquistata in un torneo dimostrativo. Lo sa bene Raffaella Reggi, che si appresta ad affrontare la sua quinta olimpiade. Già, perché la tennista faentina, dopo aver vissuto l'atmosfera a cinque cerchi da giocatrice per tre edizioni e una da capitana di Fed Cup, sta per vivere l'Olimpiade anche da commentatrice.

Ma prima di pensare a quello che verrà, riavvolgiamo il nastro per raccontare la sua esperienza olimpica da protagonista, dal 1984 a Los Angeles, passando per Seul '88 e Barcellona '92: tre edizioni che in qualche modo hanno segnato la carriera della Reggi, lasciando un indelebile ricordo.

LOS ANGELES 1984. “Il tennis tornava alle Olimpiadi dopo tantissimo tempo (dal 1924, ndr) – spiega Raffaella – e purtroppo noi tennisti non abbiamo vissuto il vero clima olimpico perché non soggiornavamno nel villaggio assieme a tutti gli altri atleti italiani. Alloggiavamo e giocavamo dalla parte opposta della città e questo non ci permetteva né di assistere agli altri sport, né ai nostri connazionali di vedere i nostri match. Insomma sembrava un torneo di tennis come tutti gli altri ”. Il torneo infatti era dimostrativo, ma in ogni caso era lotta vera. “Ricordo di essere stata arbitrata nei al secondo turno contro Amanda Brown da Peppino Di Stefano – rievoca la faentina – quel match fu un test anche per lui, che doveva dimostratre imparzialità. E alla fine all'uscita dal campo mi disse sorridendo 'penso di essermi comportato bene'”. Di certo fece bene Raffaella, che arrivò fino alla semifinale dove perse contro la grande Steffi Graf. Arrivò comunque il bronzo ex-equo. “Ho la medaglia ancora appesa in casa – assicura Raffaella –, fu un'emozione unica salire sul podio, la bandiera italiana che sventolava. Poi quell'anno fu ancora più bello poi perché feci doppietta con Paolo Cané, con cui sono tennisticamente sono cresciuta”.

SEUL 1988. “Me ne andai dalla Corea con un po' di rammarico, perché stavo giocando bene e in quel torneo superai anche Chris Evert” riferisce la Reggi, che poi svela un retroscena proprio di quella vittoria: doveva essere un giorno meraviglioso, ma si trasformò in un incubo. “Dopo aver vinto quel match, fui subito prelevata da due medici coreani che mi portarono in uno sgabuzzino per l'antidoping, primo e unico controllo della mia carriera. Ci misi tre ore e mezza!”. Ma non è finita qui, perché quel giorno i fratelli Abbagnale vinsero la medaglia d'oro. “Al rientro al villaggio, cercando di schivare un gavettone, inciampai e le mie ginocchia finirono contro una grata, confiandosi come due palline da tennis”. Nonostante questo inconveniente, fu comunque un'Olimpiade da ricordare. “Era la prima vissuta all'interno del villaggio, assieme a tutti gli atleti azzurri e il clima che si respirava era fantastico – confessa – mi ero anche comprata una mountain bike per pochi spiccioli e giravo il villaggio con quella. Alla fine la regalai ad un bimbo del posto”.

BARCELLONA 1992. “Ad agosto sono 20 anni esatti dal mio ritiro dall'attività agonistica” sottolinea Raffaella. Proprio in quell'anno infatti, la faentina decise di smettere, tormentata dai dolori alle anche. Alle Olimpiadi però non volle assolutamente rinunciare, riempendosi di cortisone pur di partecipare. Alla fine l'annuncio. “Arrivavo da 8 mesi pesanti e durante i giochi, senza proclami, feci una conferenza stampa per comunicare il mio ritiro”.

La storia olimpica di Raffaella Reggi però terminò in Spagna. Otto anni più tardi infatti, come capitana di Fed Cup, la faentina accompagnò la spedizione italiana a Sydney assieme ad Adriano Panatta, capitano di Davis. “A livello di organizzazione, l'edizione più bella a cui abbia partecipato – assicura Raffaella – All'inizio i tennisti sono sempre visti un po' con la puzza sotto il naso dagli altri atleti, perché guadagnano cifre molto più alte. Poi però stando assieme, e con gli scherzi che ci si faceva l'un con l'altro, si creava un gran bel feeling”.

E ora torniamo all'inizio. Alla quinta Olimpiade che Raffaella commeterà da Milano. Per la Reggi “sarà particolare vedere Wimbledon togliersi il velo di sacralità. Per la prima volta i giocatori non saranno tutti vestiti di bianco. Sarà interessante vedere anche come il pubblico inglese recepirà questa sorta di “profanazione” del tempio del tennis”.

Capitolo italiani. “Lo dissi già in tempi non sospetti – confessa Raffaella – sul singolare non ci credo molto, ma se dovessi puntare un euro, scommetterei su una medaglia in doppio di Sara Errani e Roberta Vinci. La superficie non le favorisce, ma tutto di penderà dal sorteggio”.

In ogni caso “sarà una grande emozione pensare agli atleti che gareggeranno – assicura Raffaella – se penso a quella sfilata nello stadio olimpico mi viene la pelle d'oca, perché certe emozioni olimpiche non le vivi neanche nei tornei di tennis. Soprattutto poi se come me sei cresciuta in una famiglia con una certa tradizione: mio nonno tirava di boxe, e fin da piccolina ho sempre guardato le Olimpiadi, vendendole come la massima aspirazione”.

Elisa Piva

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