06/08/2012 09:52 CEST - Rassegna Stampa del 6 Agosto 2012

Murray strepitoso a Wimbledon Federer si arrende (Martucci), L’assoluto tempismo di Murray (Tommasi), Federer non c'è, trionfa Murray (Azzolini), La vendetta di mister Murray (De Martino, Palizzotto, Semeraro, Maltese)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Murray strepitoso a Wimbledon Federer si arrende

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 6.08.2012

Lo chiamano spirito olimpico. E' un fluido, un'essenza, che capti dalla tv, respiri dall'aria, percepisci dal villaggio degli atleti, ingerendo adrenalina, euforia e determinazione. Ai Giochi è un'altra cosa. Ai Giochi, anche il tennis di Wimbledon sveste i soldati dello sport del «prevalentemente» bianco e gli cuce addosso i colori della bandiera: non è solo un simbolo, è una consacrazione, una responsabilità, un valore aggiunto illimitato. Che la folla di Londra moltiplica a dismisura con passione. Ai Giochi, il campione finora mancato, Andy Murray, 25enne da Dunblane, Scozia, numero 4 del mondo, conquista un oro straordinario e poi mastica anche qualche parola dell'inno inglese, in nome di Sua Maestà, dopo aver scalato la tribuna per abbracciare parenti e amici, per la prima volta davvero felice su un campo da tennis. Ha vinto Wimbledon e insieme l'oro demolendo in finale il numero 1 del mondo, il più grande di sempre, Roger Federer, e ha dato una svolta alla vita, non solo alla carriera. Il segreto? «Il modo in cui Mo Farah ha vinto l'altra notte è stato fantastico, io faccio le ripetute sui 400 e quando sono davvero fresco corro in 57 secondi, lui, dopo 9600 metri, ha fatto 53". Mi ha dato una bella spinta, insieme alla squadra tutta, non m'aspettavo questo slancio, eppoi il pubblico ha aggiunto qualche miglia agli ultimi due servizi». Trasformandoli in ace. Talento Stavolta, per la prima volta, Murray si trasforma, proprio come i velocissimi, indomiti, portentosi colleghi che stanno coprendo di medaglie il paese. L'8 luglio, era un pulcino impaurito che usciva in lacrime dalla finale di Wimbledon classico, bastonato nel tennis, ma soprattutto nella cattiveria, da Roger-Express. I13 agosto, nella semifinale di Wimbledon a 5 cerchi, l'allievo di Ivan Lendl stritola di talento ed efficienza l'amico-nemico-quasi gemello Djokovic (sono nati a 2 settimane di distanza), che l'ha castigato ai due ultimi Australian Open e lo guarda con superiorità dall'alto di cinque Slam a zero (4 finali perse). E il 5 agosto, nella finale-rivincita contro il Magnifico, è un leone, un mostro di concentrazione, un killer implacabile, un gladiatore che cancella 9 palle-break su 9, un portento che strappa il servizio 4 volte di fila al re dei re (senza perderlo mai), un attaccante che fa più vincenti 27/24) e meno errori (17/31), e firma l'80% di punti con la prima di battuta e il 63% con la seconda. Un altro giocatore rispetto allo scozzese…..

L’assoluto tempismo di Murray

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 6.08.2012

Nel mandare in archivio i risultati della migliore edizione tennistica nella storia delle Olimpiadi è interessante notare come Andy Murray abbia chiuso con grande tempismo e nella sede per lui più importante il cerchio delle quattro prove più prestigiose della stagione. Rimane — è vero — l'Open degli Stati Uniti che forse arriva troppo presto per chiedere conferme a chi ha appena vinto o rivincite a chi ha già dimenticato le sconfitte. Ad onore del tennis, uno sport che più di ogni altro offre solide garanzie ai migliori, è opportuno ricordare che i quattro tornei più importanti dell'anno li hanno vinti i primi quattro giocatori della classifica mondiale lasciando a Flushing Meadow il significato di uno spareggio per la corona stagionale. Se proprio vogliamo trovare un difetto a questo torneo è stata la scarsa competitività delle finali, soprattutto di quella femminile tra Serena Williams (vincitrice) e Maria Sharapova, ma la qualità dei vincitori è stata tale da consentire al tennis di mettersi in regola con uno dei principi più sacri delle Olimpiadi che proprio perché arrivano ogni quattro anni sono gare che non si vincono per sbaglio. Roger Federer aveva forse speso troppo per salvarsi in semifinale da un avversario insidioso come Del Potro inoltre Murray sapeva perfettamente che una occasione del genere non gli sarebbe più capitata. Se l'è giocata bene fornendo una grande dimostrazione di classe, un termine troppo spesso e qualche volta impropriamente usato nello sport ma che in sintesi significa la capacità di giocare al meglio nelle occasioni più importanti. Il prestigio dei vincitori (e questa considerazione vale anche per il torneo femminile) è stato tale da costringere a dimenticare alcuni protagonisti come le nostre ragazze del tennis che per una volta sono venute meno alle attese. A conti fatti il tennis si è fatto finalmente perdonare il ritardo con cui si è presentato alla festa dello sport dopo che in alcune occasioni vi era entrato dalla porta di servizio….

Federer non c'è, trionfa Murray

Daniele Azzolini, tuttosport del 6.08.2012

Le cose belle accadono spesso per caso. Andy Murray ha scelto il modo migliore per festeggiare un oro olimpico che significa molto più di una medaglia. Dopo le lacrime con mamma e amici, ha visto un bambino sconosciuto che lo chiamava dalla tribuna. «Andy, sono qui». Lui è tornato indietro, d'istinto. E lo ha abbracciato, tenendolo stretto. In molti hanno pensato a quella faccenda lontana e impossibile da dimenticare. Lui, di sicuro. Il bambino ha più o meno l'età che avevano i suoi sedici compagni di scuola che il 13 marzo 1996 vennero ammazzati in classe con la loro maestra alla Primary school di Dumblane da un capo scout impazzito. Andy non ne parla volentieri. Dopo ogni vittoria, che sia il primo turno del più scalcinato torneo o la finale di Londra 2012, manda un saluto al cielo. In modo discreto, di nascosto. Quasi che si vergognasse di mostrare la ferita che si porta dentro da allora, forse c'entra qualcosa il senso di colpa che tocca ai superstiti di una strage. Wimbledon aveva assegnato al figlio adottivo Roger Federer il ruolo del cavaliere nero. I cori da stadio, «Andy, Andy», le Union Jack che sventolavano sugli spalti avevano un chiaro significato. Scusaci, ma oggi tocca a lui. Inutile raccontare un match mai cominciato. Murray ha subito capito che il Re era nudo. Stanco per la maratona con Del Potro, infastidito dal tifo avverso, situazione inedita per un campione abituato a folle adoranti. Lento di gambe, dritto e servizio fallosi, con un rovescio inguardabile sul quale l'avversario ha giustamente infierito: 6-2 6-1 6-4 in meno di due ore. Non c'è stata storia. Forse doveva andare così, con il fiero scozzese Murray che canticchiava 3 set in meno di due ore vinti da Murray sullo svizzero: 6-2, 6-1, 6-4. 7 tornei di Wimbledon conquistati da Federer, l'ultimo su Murray 2 medaglie per Murray che vince anche l'argento nel doppio misto a fatica un inno nazionale che non ama. La mancata conquista dell'unico trofeo che manca alla sua mostruosa bacheca non toglie nulla alla leggenda di Roger Federer. Anzi. «Sono felice per lui. Ha giocato alla grande, oggi è stato migliore di me. Lavora tantissimo, e sta dimostrando i suoi progressi. Si merita questa gioia. Io sono comunque contento. Mi auguro che gli svizzeri siano orgogliosi di me, e che un giorno pensando a questa finale non dicano "Ehi, ma Roger ha perso l'oro". Voglio che si ricordino di me come colui che ha vinto l'argento». La classe si vede anche e soprattutto nelle sconfitte. Murray vantava qualche credito con gli dei del tennis, che l'hanno fatto nascere nell'epoca sbagliata. I Fab four dell'epoca moderna non sono mai stati tali. Lo scozzese è sempre stato il brutto anatroccolo tra cigni come Federer, Rafael Nadal e Nole Djokovic. Nelle quattro finali di Grande Slam che ha disputato è sempre stato sconfitto da uno di loro. L'ultima volta è stata la più dolorosa, un mese fa a Wimbledon contro Roger, e furono lacrime. In questi anni è cresciuto tanto, non solo come giocatore. «Le sconfitte ti insegnano, aiutano a migliorarti, e io ne ho avute tante nella mia carriera. Questa vittoria mi ripaga almeno dall'ultima, la più dolorosa». Aggiungete un posto alla tavola del tennis. Adesso Murray è pronto, anche se dopo le sue sagge parole ha subito perso la finale del misto contro la coppia bielorussa. Così va la vita, così è andato questo torneo, strano e purtroppo irripetibile. Perché l'inedito successo del tennis olimpico non è merito del suo contenuto. A renderlo così bello e sentito dai giocatori è stata la cornice. E stato Wimbledon.

La vendetta di mister Murray

Marco De Martino, il messaggero del 6.08.2012

Assorto ad occhi socchiusi in una trance molto evocativa, lo scozzese Andy Murray alza gli occhi al cielo, si passa le mani sulla faccia pallida e pensa di getto: Dio cosa mi hai fatto, vinco finalmente sul campo stregato ma non è Wimbledon, non è il torneo, non vale per lo Slam, è "solo" l'Olimpiade. Una gioia terribile come avrebbe scritto Enzo Ferrari, una felicità enorme ma striata dentro da un destino beffardo che arrotola insieme i sogni e il tempo. Perché ok, hai schiantato Federer 6-1 6-2 6-4 e hai vinto l'oro a casa tua, ma il busto di bronzo di Fred Perry è ancora là, all'ingresso dell'All’England Lawn Tennis & Croquet Club, come ricordo all'ultimo britannico vincitore dei Championship nell'ormai giurassico 1936. La vittoria sul Genio è la rivincita della f finale di un mese fa, ma non cancella il tabù perché, se i Giochi sono sacri, Wimbledon per un tennista è di più, è il Paradiso, l'Eden, il regno dei cieli, il Nirvana, l'erba che ti cambia A lato Roger Federer Andy Murray con le medaglie al collo Piii a destra lo scozzese dopo l'ultimo ace che gli consegna il trionfo la carriera per sempre. Forse perché ha 135 anni ed è addirittura più vecchio delle Olimpiadi. Dio salvi la regina e anche lo Straniero Andrew Murray che gioca una partita come se fosse Braveheart nella battaglia di Stirling Bridge prima di ricevere la medaglia (è proprio il giorno delle beffe...) dal membro Cio della delegazione svizzera, forse perché il protocollo è rigido e tutti pensavano che vincesse Federer ancora una volta. Invece, l'ex sconfitto seriale si vendica. Dimenticate in un giorno le quattro finali Slam buttate nel fosso (US Open 2008 contro Fede-rer, Australia 2010 contro Federer, Australia 2011 contro Djokovic e Wimbledon 2012 ancora contro Federer); e cancellata l'immagine perdente di un top player che ha giocato 29 Slam senza vincerne nemmeno mezzo. «E' il giorno più bello della mia vita - dice infatti Murray trattenendo a stento i singhiozzi - ho vinto un oro, mi manca ancora uno Slam, ho perso tante partite crudeli nella mia camera, ma adesso, dopo questo successo, forse posso ripartire più forte. Anche perché sul campo, con la gente che tifava per me, ho avvertito un'atmosfera incredibile che mi resterà dentro». Chissà allora se Andy il Predestinato riuscirà mai a colmare questa voragine della Storia, 76 anni e zero tituli, una domanda carogna che si ripresenta ingombrante anche oggi, nel giorno in cui Murray inventa una favola migliore della sua conterranea JK Rowling, giocando come Harry Potter contro il dio pagano Federer, dal 2-2 del primo set a 6-2 5-0, nove game consecutivi che scaveranno inevitabilmente il solco e sanciranno il crollo del sacerdote del tempio. Federer trascinava un po' le suole dopo la sfiancante maratona con Del Potro di venerdì, ma il maglio bimane di rovescio di Andy avrebbe fatto i buchi nel campo di tutti. E poi correva, Murray, anzi volava: mai visto in condizione così, mentre per Federer resta questo buco in bacheca, niente oro olimpico anche se lui dice che ci riproverà a Rio 2016 quando però avrà ormai 35 anni e con lui invecchieranno anche i sogni. Un oro e non di più, perché dopo, troppo ebbro di felicità, Murray perderà il misto con la Robson contro i bielorussi. Quanto a Federer si consolerà, non era Wimbledon ma Wembley, nessuno era in bianco, molti erano in canotta e c'erano tifosi dissacranti che addirittura facevano la ola. E' proprio vero, non c'è più religione: e anche Fred Perry si sarà rigirato nella tomba

I Giochi proibiti di Federer

Daniele Palizzotto, il tempo del 6.08.2012

E alla fine arrivò il momento dell'incompiuto Andy Murray. A 25 anni, dopo tante delusioni e ben quattro finali Slam perse, l'eterna promessa britannica esplode nel giardino di casa, il palcoscenico più bello, il Centre Court di Wimbledon, conquistando una meritata medaglia d'oro, di gran lunga il successo più prestigioso della carriera anche per il modo in cui è arrivato: a un mese dalla delusione dei Championships, Murray si è preso la rivincita demolendo con una prestazione perfetta (6-2 6-16-4 in meno di due ore) sua maestà Roger Federer. Ecco, Federer. La Gran Bretagna capirà, ma prima d'esaltare l'eroe nazionale bisogna necessariamente concedere l'onore delle armi allo svizzero, il più forte giocatore della storia del tennis, almeno per quanto riguarda il palma-res. Dopo aver realizzato ogni record possibile - 7 Wimbledon, 17 Slam, 75 titoli in carriera, 291 (per ora) settimane in testa alla classifica-Roger il magnifico ha visto svanire in un atipico pomeriggio assolato londinese l'ultimo sogno, la medaglia d'oro olimpica nel singolare che gli sfugge da sempre. Rio de Janeiro 2016 è forse troppo distante, ma certo-nonostante la sconfitta bruciante, come dimostra l'immediata e malinconica fuga dal campo al termine del match - Federer potrà festeggiare con il sorriso il 31 compleanno, tra due giorni, magari lucidando l'oro olimpico conquistato quattro anni fa in doppio sul cemento rovente di Pechino. Una domanda sorge spontanea: avrebbe forse sua maestà Roger scambiato il 7 Wimbledon con l'agognato trionfo olimpico? Di certo, anche se difficilmente potrà ammetterlo, Murray avrebbe accettato il baratto. Vincere l'oro olimpico di fronte al proprio pubblico, per carità, è senz'altro una soddisfazione immensa - anche perché quest'anno Wimbledon ha regalato ai Giochi un fascino particolare - ma nel tennis gli Slam hanno un diverso e senz'altro maggiore valore specifico. Murray, del resto, avrà altre chance per arricchire il proprio pal-mares, mettendo finalmente in bacheca un trofeo importante: magari l'oro olimpico - unito all'argento conquistato nel misto insieme alla giovane Laura Robson (il trionfo è andato ai bielorussi Azarenka-Mirnyi) - potrà rappresentare l'attesa svolta nella carriera dello scozzese. Sulla partita, invero, c'è poco da dire. L'equilibrio-strano a dirsi per chi ha visto la sfida giocata sullo stesso campo appena un mese fa - è durato appena quattro game. Dopo aver malamente sprecato due palle break nel game d'apertura, Federer ne ha salvata una nel quarto game con il servizio, ma da quel momento per il numero uno si è spenta la luce. Murray, per la verità, non ha neppure servito al meglio, ma ha dominatola partita, piazzando un parziale devastante di 9 game a O fino al 6-2 5-0 e poi lasciando appena un punto in cinque turni di servizio nel terzo set. «Non dimenticherò mai questo giorno - ha esultato Murray dopo la premiazione, con l'argentino Del Potro medaglia di bronzo grazie alla vittoria su Djokovic (7-5 6-4) - questa è la più grande vittoria della mia carriera, il riscatto migliore dopo la finale di Wimbledon. All'Olimpiade partecipano tutti i top players e contro Federer è sempre difficile. Anche stavolta stava giocando bene all'inizio (ma lo svizzero ha chiuso con 31 errori e nove palle break mancate, ndr), poi il supporto del pubblico è stato eccezionale, l'atmosfera era incredibile». Murray ringrazia, esulta e guarda avanti: «Ho vinto un oro, è una sensazione fantastica, ora mi manca uno Slam». La Gran Bretagna aspetta con fiducia.

La favola di Murray Re di Wimbledon nel tempio rovesciato

Stefano Semeraro, la stampa del 6.08.2012

E così alla fine Andy Murray ha smesso di ruzzolare ed è atterrato nel paese delle meraviglie. In un Wimbledon colorato e rovesciato che sarebbe piaciuto a Lewis Carroll, dove c'è la cola» al posto del silenzio e anche il risultato della finale sembra scritto allo specchio: Murray batte Federer 6-2 6-1 6-4. II contrario di quanto era accaduto un mese fa ai Championships, nel Wimbledon doc, dove Roger aveva trionfato per la settima volta battendo proprio lo scozzese dal rovescio pesante e dal cuore da Bianconiglio. Paradossi e burle dello sport i british attendevano da 76 anni - dal successo griffato Fred Perry del 1936 - di applaudire un vincitore autoctono a Church Road, e ieri hanno intonato God Save the Queen per celebrare un trionfo di cui non rimarrà traccia nei libri sacri del torneo. Rule, Britannia: non solo sulle onde ma finalmente anche sull'erba, eppure in mezzo alla gioia resta un tarlo da puristi, il dubbio se quello domato da Murray come un esperto gabbiere in mezzo a mille refoli di vento sia un mare vero o un falso verde. Ieri il Centre Court ieri sembrava la Royal Albert Hall nell'ultima notte dei Proms, piena di orgoglio insulare e Union Jack sventolate contro il viola olimpico. Ma nel primo giorno dei Championships 2013 ad inaugurare il torneo sarà l'uomo che per ultimo è uscito sconfitto dal campo. Sembra una contraddizione, invece è un pezzo di una realtà che fino a due settimane fa pareva illusione: il tennis è diventato un vero sport olimpico. Frequentato e soprattutto amato, bramato anche dai campioni. L'ex sport dei re, reo di vile professionismo, era stato escluso dal programma olimpico nel 1924. C'era ritornato nel 1988, promuovendo in qualche edizione medaglia-ti non proprio di lusso: Mecir, Rosset, Massu. Nell'anno dei giubileo di Elisabetta II ha offerto invece un tabellone all star. Sul podio femminile sono finite Serena Williams, Maria Sharapova e Victoria Azarenka, cioè - computer permettendo - le tre migliori tenniste del mondo. Nel torneo maschile, assente per infortunio Nadal, oltre a Federer (n. 1) e Murray (4) è arrivato in fondo anche Novak Djokovic (n. 2) sconfitto per il bronzo dall'argentino Del Potro (n. 9), ovvero il campione degli Us Open 2009 che al netto degli infortuni vale un posto fisso fra i top 5. I tre ori delle Williams e la semifinale da leggenda fra Federer e Del Potro (4 ore e 26 minuti, terzo set finito 19-17) hanno contribuito a collocare definitivamente la racchetta fra gli strumenti nobili di Olimpia. L'unica nota stonata sono le finali. Inesistente quella femminile, deludente quella maschile, dominata in meno di due ore da un Murray sovrano (la regina lo farà baronetto?) che nell'ultimo set ha perso appena un punto sul suo servizio, e azzoppata da un Federer svuotato nel cuore e nei muscoli. «E stato un torneo difficile, alla fine ero emotivamente a secco», ha ammesso Roger, che comunque ha portato a casa la sua prima medaglia in singolare in quattro partecipazioni ai Giochi. «Andy ha giocato benissimo, sono molto contento per lui: ha vissuto momenti difficili. Oggi non so se lo avrei battuto anche se fossi stato al massimo, però non mi sento sconfitto. L'argento che ho vinto perla Svizzera era il meglio che potevo fare e ne sono orgoglioso». L'happy-end della favola rovesciata riguarda però soprattutto Andy Murray, la medaglia d'oro dei paradossi, il fuoriclasse tormentato e incompiuto che dal 2008 ha perso quattro finali dello Slam (tre contro Federer). Il britannico «condannato» a vincere Wimbledon che nel Wimbledon rovesciato ha fatto secchi il n. l e il n. 2 del mondo. Ieri, dopo l'ultimo ace piazzato a 215 all'ora in faccia a Federer, per la prima volta gli si è letta gioia pura nello sguardo. Ha scalato la tribuna del Centre Court e deliziato piccoli e grandi fans abbracciando in mondovisione la fidanzata Kim Sears e mamma Judie, poi è rimbalzato in campo per mettersi al collo anche l'argento in doppio misto con Laura Robson. «In questi anni ho incassato sconfitte dolorose, ma questa è la vittoria più bella della mia vita. Non ho uno Slam, ma ho un oro alle Olimpiadi e la sensazione è meravigliosa, anche perché in gara c'erano tutti i migliori. Il pubblico dei Giochi è fantastico, oggi mi ha regalato qualche miglia all'ora in più sugli ultimi tre servizi, ma una spinta me l'aveva data anche vedere Mo Farah vincere i 10 mila metri nell'atletica». Happy and Glorious. Almeno dall'altra parte dello specchio.

L' oro perfetto di Andy Wimbledon

Curzio Maltese, la repubblica del 6.06.2012

Alla faccia dell'understatement. Alle cinque della sera italiane, quando Murray ha infilato l'ultima banderilla di un ace sull'agonizzante controfigura di Roger Federer, la nobile Wimbledon è saltata per aria come una qualsiasi curva di ultras. Un attimo sospeso d'incredulità e poi l'apoteosi di urla e abbracci, mentre il nuovo re scozzese di Wimbledon correva ad abbracciare la mamma, fra cori da stadio. Se le medaglie si pesano e non si contano, questa è di gran lunga la più pesante per il Paese organizzatore dei Giochi. L'ultima volta in cui un britannico, Fred Perry, aveva trionfato sulla sacra erba era 76 anni fa, la regina Elisabetta era una bimba di dieci anni, l'Impero era ancorata-lee Giorgio VI, quello de "Il discorso del re", ancora non immaginava di dover succedere al fratello Edoardo e se ne fregava serenamente della balbuzie. E vero che "sono solo le Olimpiadi", masi capisce che perla Gran Bretagna comunque sia stata una giornata di festa nazionale. «Il nostro King Andy!» si sgolano i commentatori della Bbc, tralasciando per una Roger che ha sempre esagerato nelle vittorie stavolta l'ha fatto nella sconfitta volta di precisare che si tratta di un re di Scozia, come avrebbero fatto per un calciatore o un velocista. E stato uno di quei giorni in cui il dio dello sport si diverte a rovesciare le leggi di natura. L'eterno perdente Murray, quello che non aveva mai vinto nulla, ha asfaltato "il più grande tennista di tutti i tempi" in meno di due ore, con un punteggio (6-2, 6-1, 6-4) incredibile anche solo da trascrivere dal tabellone. Come tutte le altre cifre, dai nove giochi consecutivi di Murray a cavallo dei primi due set allo 0-9 di Federer sulle palle break. Lo scozzese ha giocato la partita della vita e così in fondo lo svizzero, nel senso della peggiore delle mille giocate lungo la cannibalesca carriera. Era tutto talmente folle che a metà del terzo set, quando King Roger ha rialzato per un attimo la testa con un paio di aces e diritti incrociati, i colleghi britannici in tribuna, all'occorrenza più scaramantici dei napoletani, hanno cominciato a citare tutti i precedenti in cui Federer aveva rovesciato match già persi oppure l'infinità di occasioni buttate al vento da Murray sul filo del traguardo. Ma stavolta non è andata così. Il campione che ha sempre esagerato nelle vittorie, ieri aveva deciso per una volta, una sola, di esagerare nella disfatta. È stata la rivincita di Murray, dei maestri britannici e di tutti i cattivi ragazzi dello sport. La perfezione stanca. Il super eroe destinato all'inevitabile happy end, alla lunga annoia. Ieri a Wimbledon s'è vissuto il brivido maligno di vedere Luthor sconfiggere Superman, Joker abbattere Batman in volo, il professor Moriarty far fare finalmente la figura del fesso a Sherlock Holmes. Con la Gran Bretagna del tennis, ha festeggiato l'infima minoranza degli odiatori del mito più politicamente corretto dello sport moderno. Il più pagato (a parte Tiger) e più celebrato con peana. Non soltanto da recordman assoluto con i 17 titoli di Grande Slam, i 6 Masters, le 237 settimane consecutive in cima alle classifiche. Ma anche il più poetico, il più grande d'ogni tempo e d'ogni sport, «più di Michael Jordan, Muhammad Ali o Maradona» (parola di David Foster Wallace), il più bello e bravo e buono ed elegante e onesto. Quello che mai uno scatto d'ira, mai una polemica o un capriccio, mai un versaccio o una sbuffo da bisonte alla battuta. Quello che è ambasciatore dell'Unicef e ha sempre un pensiero e un'opera buona per terremotati, vittime di tsunami e bambini abbandonati. Quello adorato dalle donne, ma rigorosamente monogamo e padre di famiglia. Quello tanto cattolico e troppo ecumenico, che piace alle nonne perché è un vero signore e alle teenagers perché è tanto fico, al Papa e a Obama, a destra e a sinistra, a Nord e a Sud, tanto viene dalla Svizzera, che è neutrale. E insomma, che palle. E il gusto perfido che accompagna sempre la caduta degli dei, tanto più del dio sportivo per antonomasia, l'immenso Federer, per giunta abbattuto da bad boy Andy. Lo scozzese che non aveva mai imparato a vincere, ma neppure a perdere senza rabbia e lacrime. Ma perfino gli odiatori avranno tirato un sospiro di sollievo quando al quinto e decisivo ace di Murray la mattanza è finita. Dovranno ammettere che le parole di King Roger sono state davvero regali: «Non è vero che ero stanco per la stagione e per le quattro ore e mezza contro Del Potro. La verità è che oggi Andy era il numero uno, era imbattibile». A meno che non si tratti del doppio, dove a seguire Murray ha fallito il bis sensazionale. Un vero signore, Federer. Fra due giorni compie 31 anni. E presto per dire se è cominciato il declino. Fosse vero, tutti rimpiangeremo il campione che per un decennio ci ha salvato dalla noia dei tennisti picchiatori. Nella finalina Del Potro ha regalato all'Argentina la prima medaglia dei Giochi, contro il Djokovic di questi tempi. I book-makers festeggiano la giornata d'incassi.
 

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