15/08/2012 16:24 CEST - Rassegna nazionale

Un colpo ai cerchi

NON SOLO TENNIS - Dopo 13 anni Petrucci è pronto a lasciare il vertice dell'ente che gestisce attività per mezzo miliardo. In campo sono scesi Pagnozzi e Malagò. Il carrozzone è un grande centro di potere. Finito nel mirino della Corte dei conti. Andrea Dacci, Il Mondo

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Gianni Petrucci, presidente del Coni
Gianni Petrucci, presidente del Coni

Nell'antica Cina il mandarinato non prevedeva termini di scadenza. La lettera inviata alla missione italiana impegnata ai giochi di Londra dal presidente del Coni Gianni Petrucci non deve perciò trarre in inganno. A dispetto del passaggio in cui spiega che l'Olimpiade sarà «il capolinea di questa meravigliosa esperienza dirigenziale» è dato per certo che, dopo 13 anni (quattro i mandati) al vertice dello sport italiano, Petrucci, eletto tre mesi fa sindaco di San Felice Circeo (Latina), punti a planare sulla poltrona di presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Incarico che ha già ricoperto per sette anni dal 1992 e il 1999. La scelta, oltre ad apparire vagamente feudale, sembra rassicurare sul fatto che il Coni resta sempre uguale a se stesso. I mandarini dello sport non cambiano mai e come nelle missive inviate nel 1584 da Matteo Ricci dall'Impero Celeste «si dividono in gradi, e ogni grado ha una varietà di uffici che ci vuole molto tempo perché ci si riesca a capire qualcosa. mentre per loro è chiaro come il sole». Lampante è, piuttosto, il groviglio di relazioni, cattive abitudini e ragnatele che l'anno dell'ente pubblico Coni e delle 45 federazioni finanziate una formidabile macchina autoreferenziale. Un dettaglio non trascurabile, tanto più nei prossimi mesi quando il consiglio nazionale (dove siedono tutti i presidenti delle federazioni) eleggerà il successore di Petrucci. A correre, salvo sorprese dell'ultima ora, saranno Raffaele Pagnozzi e Giovanni Malagò.

IL DUELLO Per comprendere che non si tratterà di una rivoluzione basti che il primo è segretario generale del Coni da 19 anni e che è entrato in servizio nel 1973, mentre il secondo siede già da qualche anno nella giunta presieduta da Petrucci. Ma per vincere la sfida che porta al vertice dello sport italiano e sovrintendere un universo di 95 mila società sportive, 11 milioni di tesserati e un bilancio di 464 milioni di curo servono i voti.

A eleggere il nuovo super mandarino saranno, oltre ai rappresentanti degli atleti e dei tecnici, proprio i 45 presidenti delle federazioni foraggiate dal Coni. Sabatino Aracu, per esempio, è presidente della Federazione Hockey e Pattinaggio dal 1993. Diciannove anni ininterrotti. Nel frattempo, però Aracu ha collezionato anche altro. Quattro legislature come parlamentare del centrodestra, un rinvio a giudizio nella Sanitopoli abruzzese e un'impareggiabile foto scattata in aula alla Camera in cui, accomodato nel suo scranno, si balocca ai videogame con l'iPad. Come presidente della Federazione Hockey si è rifatto meritando una menzione da parte del presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, all'inaugurazione dell'anno giudiziario - 2012. «La commissione d'inchiesta nominata ha riscontrato danni erariali per complessivi 380 mila euro». In particolare, si è trattato di «spese di rappresentanza prive di giustificazione, indebiti rimborsi al presidente e ai consiglieri federali, indebito utilizzo di carte di credito federali». Lapidario il passaggio di Giampaolino sui responsabili. «Tali poste dannose debbono essere addebitate in primo luogo al presidente e al segretario generale della federazione, che con comportamenti gravemente colposi hanno direttamente o indirettamente permesso che tali sperperi fossero addossati alla federazione in totale carenza dei presupposti di legge».

Altrettanto poco lusinghiera la citazione di Giampaolino per la Federazione Pugilistica nella denuncia contro sprechi e mala gestione. Sotto il naso di Franco Falcinelli, eletto presidente della boxe 11 anni fa, si è consumato quanto segue: «Ritardo nella predisposizione di bilanci, uso di cellulari di servizio, illegittime consulenze e altre illiceità». Ma il peggio è il danno erariale per «furti, ammanchi di cassa e spese effettuate senza autorizzazione». Una funzionaria si è, infatti, intascata 1,3 milioni di curo drenandoli dai conti Bnl e Bancoposta intestati alla federazione di Falcinelli.

CONTI ROSSI Non a caso il collegio dei revisori approvando l'ultimo bilancio del Coni ha prescritto una serie di raccomandazioni. Tutta colpa di un 2011 archiviato con una perdita di 13,8 milioni di euro, in parte dovuta al taglio dei contributi dello Stato passati da 461 a 450 milioni (nel 2012 il budget prevede un'ulteriore riduzione a 408 milioni). Ai revisori non è rimasto che prendere atto che il patrimonio netto è sceso di 14 milioni e che le Federazioni devono essere «invitate» a uno scrupoloso e puntuale rispetto delle norme, oltre che al contenimento delle spese. Auspicabile anche il monitoraggio «costante dei flussi di tesoreria della gestione del centro e dei conti correnti». Il ricordo della cura da cavallo somministrata al Coni una decina di anni fa per rimettere a posto un bilancio imbottito da 400 milioni di debiti, insomma, non sembra bastare. Difficile, del resto, spiegarlo a un presidente come Matteo Pellicone che dal 1981 (iniziava il mandato di Ronald Reagan alla Casa Bianca) è alla guida della Federazione Judo Lotta Karate. Classe 1935, Pellicone, dopo un trentcnnio di protettorato sulle arti marziali italiane, perché mai dovrebbe cambiare qualcosa? E poi come da tradizione italica si ritrova a fianco come vicepresidente della federazione anche suo fratello Giuseppe. Comprensibile il giubilo quando questi arzilli vecchietti alla guida dello sport decidono di farsi da parte.

SETTANTENNI IN PISTA Uno dei pochi è stato nei giorni scorsi il settantasettenne Giancarlo Dondi, che dopo 16 anni alla presidenza della Federazione Rugby ha annunciato di non volersi ricandidare. Tanti, al contrario, i settantenni che restano in sella. Riccardo Agabio, coetaneo di Dondi, è vicepresidente del Coni e da 12 anni regna in veste di numero uno sulla Federazione Ginnastica. Un altro over seventy è Giancarlo Bolognini. ex consigliere regionale della Dc in Trentino-Alto Adige con all'attivo cinque mandati e 15 anni alla presidenza della Federazione Sport del ghiaccio. E se esattamente un secolo fa alla presidenza della Unione Tiro a Segno c'era il principe Pietro Lanza di Scalea, da otto anni a questa parte a capo degli sportivi che sparano con pistole e carabine c'è Ernfried Obrist, simpatico settantenne altoatesino che un paio di anni fa ha alimentato un vespaio e un'interrogazione parlamentare per essersi fatto fotografare a fianco di un gruppo di persone in divisa da Wafen SS. Una rievocazione storica, si è giustificato Obrist, ma l'associazione dei partigiani gliel'ha giurata chiedendone le dimissioni. Un'interrogazione al Senato dell' instancabile Elio Lannutti, dell'Italia dei Valori, ha invece evidenziato il disavanzo di quasi mezzo milione di euro sul bilancio 2011 chiuso da Obrist con spese per 8,5 milioni. Il senatore ha contestato anche la duplice natura dell'Unione Tiro a segno, visto che da un lato è un ente pubblico posto sotto la vigilanza del ministero della Difesa e dall'altro è anche una federazione sportiva organo del Coni.

Lo scorso mese di giugno, in piena euforia che prelude i giochi olimpici, un deputato dell'Idv, Felice Bellisario, se l'è presa con la Federazione Tennis, dove il presidente Angelo Binaghi dopo aver costituito la controllata Sportcast srl per la gestione del canale televisivo Super Tennis ci ha piazzato come presidente suo zio Ignazio Fantola. A fronte di un palinsesto che riscuote successo tra i fan di Rafael Nadal e Roger Federer resta un dato: la federazione ha erogato in un quinquennio 14 milioni di euro alla Sportcast presieduta dal suddetto zio. Qualche pasticcio parentale è emerso anche nella prestigiosa Federazione Nuoto, disciplina che a fronte di medaglie e vittorie si accaparra quasi il 4% dei fondi erogati dal Coni, seconda solo al calcio che porta a casa il 33% del totale. A capo del nuoto c'è un acerrimo nemico di Malagò: il senatore Pdl (tre legislature all'attivo) Paolo Barelli. Ex nuotatore olimpico, da oltre 12 anni comanda la federazione dove è ricordato anche per l'accusa di avere utilizzato i suoi uffici per la campagna elettorale di Forza Italia.

SPORT ACQUATICI In occasione dei Mondiali di nuoto del 2009, è puntualmente finito in mezzo al polverone dell'inchiesta sulle piscine romane. Niente di illecito, ma tra gli impianti sportivi autorizzati in deroga e con tempi record dal commissario straordinario, Claudio Rinaldi, ce ne sono stati alcuni riconducibili ai fratelli e a ex soci di Barelli. Le indagini giudiziarie sulla cricca legate alle opere per i Mondiali 2009 sono le stesse che hanno determinato l'iscrizione nel registro degli indagati di Malagò in qualità di presidente del comitato promotore creando il grande gelo con Barelli. Intanto, però, lo scorso 12 luglio Malago è stato prosciolto dall'accusa di abusi edilizi e ora si candida per il dopo Italia Petrucci.

All'interno della galassia Coni c'è anche un altro politico del Pdl che da anni governa su una federazione sportiva. La prima elezione di Luciano Rossi alla guida della Fitav, la federazione del tiro a volo, risale al 1993. Nell'ultimo ventennio Rossi si è fatto anche due legislature alla Camera come deputato del centrodestra attestando che voti e sport restano un binomio consolidato. Un'occhiata al curriculum del numero uno della Federcalcio, Giancarlo Abete, lo conferma indicando tre legislature da deputato nelle fila della Democrazia cristiana con tanto di primo incarico nella più importante e ricca federazione del Coni già nel 1988. All'epoca venne scelto come presidente del settore tecnico della Figc. Per inciso, a Londra il calcio italiano sarà assente perché non ha passato le qualificazioni. Sotto tono anche la nobile disciplina dell'atletica leggera che ai giochi è presente con 38 atleti italiani contro i 45 dell'edizione di Pechino di quattro anni fa.

RECORD NEGATIVO L'obiettivo in questo caso è fare meglio: dalla Cina l'atletica italiana è tornata con un solo oro e un bronzo. Uno scorno per l'ex campione europeo di mezzofondo Franco Arese che dal 2004 presiede la Federazione Atletica Leggera inseguito dall'accusa di conflitto di interessi in quanto presidente di Asics Italia, azienda di abbigliamento sportivo che veste gli atleti azzurri. Arese è nella giunta del Coni, ma Asics è stata lo sponsor tecnico per la squadra olimpica a Salt Lake City e Atene. A Londra firma, tra l'altro, le divise della nazionale femminile del volley. Un corto circuito cui nessuno sembra voler pone rimedio.

Per comprendere le mille sfaccettature del Comitato Olimpico Nazionale è utile, infine, un riassunto delle traversie vissute da un'altra gloriosa, in termini sportivi, federazione. Quella dello sci (Fisi). Commissariata fino a pochi mesi fa e affidata alle cure dell'inossidabile Franco Carraro (ex tutto e attuale membro del Cio che siede di diritto in giunta Coni). Il caos in Fisi è scoppiato nel 2010 all'indomani della condanna per concussione aggravata del presidente Giovanni Morzenti. Sei anni di pena per avere richiesto una mazzetta da 50 mila euro e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Un macigno di fronte al quale Morzenti ha tirato dritto respingendo per mesi le richieste di dimissioni.

LO SLALOM DI FRATTINI A muovergli contro a testa bassa anche l'ex ministro degli Esteri, Franco Frattini. Le ragioni dell'ex titolare della Farnesina sono state anche di natura personale. Morzenti nel 2006 ha defenestrato il suo predecessore in Fisi, Gaetano Coppi. E quest'ultimo è il suocero di Frattini. Ne è nata così una faida all'interno del Pdl con, da una parte, la deputata Deborah Bergamini che ha raccolto firme in Parlamento per presentare una pesante interrogazione parlamentare contro Morzenti e, dall'altra, l'onorevole Osvaldo Napoli che ha chiesto a Gianni Letta di intervenire per difendere il presidente dello sci «storicamente vicino a noi». Alla fine Morzenti ha dovuto cedere il passo al commissariamento targato Carraro e durato fino all'elezione del nuovo presidente Flavio Roda. Intanto però la corte d'appello di Torino non solo ha confermato la condanna dell'ex boss dello sci, ma ha pure aumentato la pena. A volte anche i mandarini perdono.

Corsa a ostacoli per la presidenza del Coni
Elezioni anticipate. Gianni Petrucci ha chiesto di non aspettare fino a maggio prossimo per scegliere il suo successore alla guida dello sport italiano. Accelerando la campagna per la poltrona che consente di governare il Coni assurgendo a un incarico ritenuto più prestigioso di quello di tanti ministri e sottosegretari. A scaldarsi da tempo per subentrare a Petrucci, non più rieleggibile, c'è Raffaele Pagnozzi. Segretario generale del Coni da 19 anni, è lui l'uomo macchina che da sempre tiene i rapporti con le federazioni e le associazioni sportive. Tanto per dire, è stato dieci volte capo missione alle Olimpiadi e ora, puntualmente, guida la spedizione di 291 atleti italiani ai giochi di Londra. Quasi tutti gli riconoscono doti negoziali e capacità di galleggiamento pari a quelle del mitologico Giulio Onesti (presidente del Coni per 34 anni confermato in carica otto volte). Altrettanto vero è che una sua eventuale elezione sarebbe la conferma che al Comitato Olimpico i dinosauri sopravvivono sempre e comunque. Si aggiunga che nella giunta è verosimilmente destinato a restare Petrucci in veste di futuro numero uno di Federbasket. L'altro candidato forte è Giovanni Malagò (presidente del Circolo Canottieri Aniene e membro di giunta del Coni). La sua appare una corsa in salita, perché per vincere dovrà intercettare e accaparrarsi i voti dei presidenti di federazione ancorati alla solida ragnatela di Pagnozzi. Dalla parte di Malagò potrebbe tuttavia schierarsi il governo esercitando una sorta di moral suasion per avviare un ricambio al Coni. Una formula già adottata per la Rai. Corrado Passera, Luca di Montezemolo e Gianni Letta sono i nomi su cui Malagò potrebbe giocare di sponda cercando un endorsement forte da abbinare al ricco medagliere vinto da sportivi famosi come Federica Pellegrini con i colori del Circolo Aniene. I detrattori però picchiano sul disavanzo da 16 milioni riportato dal Comitato promotore e organizzatore dei Mondiali di nuoto del 2009, ascrivendone la paternità proprio a Malagò, che ne è stato il presidente. In veste di outsider nella sfida tra Pagnozzi e Malagò potrebbero infine infilarsi Luca Pancalli, vicepresidente Coni ed ex commissario della Figc, e il presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco. A chi vince, oltre a prestigio e potere, è garantito un compenso di 176 mila euro a cui si aggiungono 120 mila euro per la presidenza di Coni Servizi spa. Totale 296 mila euro, più gettoni vari, mega segreteria, auto blu e un posto al sole nella Roma che conta. (AD).

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