21/08/2012 19:28 CEST - Personaggi

Federer, onore al "vecchio mago"

TENNIS - Roger Federer con il Masters di Cincinnati corona un luglio-agosto di trionfi e riscatti. Dato da molti all’ennesimo tramonto, ha smentito tutti con successi...lirici. Davide Uccella

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Roger Federer (Getty Images North America Getty Images for Moet &Chandon Duane Prokop)
Roger Federer (Getty Images North America Getty Images for Moet &Chandon Duane Prokop)

17 Slam, 21 tra Masters Series e 1000, 76 Tornei ATP (ad un passo da McEnroe). Infine il n.1 che ritorna col record di settimane: per molti inaspettato, per altri sacrosanto, nell'ottica di una presunta, quasi necessaria restaurazione. Tanti, e diversi, i significati che possiamo dare a questi ultimi due mesi, targati Roger Federer. Ma i ogni caso, qualche sia il punto di vista, che dire di questo 2012, in cui fino ad ora l'elvetico ha approfittato degli inciampi e dei problemi altrui per riprendersi il trono che mancava da più di due anni?

Dire tanto, dire poco rispetto a queste cifre, e a questo gioco che torna a dominare? Le analisi, se me lo si concede, rimandiamole ad altri pezzi, e con persone certamente più preparate ed esperte del sottoscritto.
Eppure, seguendo questa estate olimpica, piena di sorprese fino a Parigi impensabili, ho trovato un piccolo insegnamento, penso valido per il mio futuro di appassionato, ma anche un senso originale, quasi lirico e poetico a tutto questo.

L'insegnamento è quello per cui la prima cosa da fare sarebbe stare con i piedi per terra prima di esprimersi, prima di esaltare o deprimere troppo un atleta di caratura, Federer, Nadal, Djokovic o Murray che sia. Perché di crisi o di successi, se questa distinzione si può fare viste le carriere di questi giocatori sempre ai vertici, ne abbiamo viste tante per ciascuno di loro, molte negli ultimi due-tre anni, leggendo i quotidiani.
E la stampa, proprio con Federer da fine 2010 allo scorso maggio, oppure nei primi mesi del 2009, non è mai stata tenera.

Anzi tutt'altro, prevedendo declini e burroni alle porte dati dall'età di questo svizzero ormai stagionato, l'avvento di un tennis fisico non più sostenibile, e la classe tecnica che non basta più, forse per un ruolo da nobile comprimario. Così come da oggi non lo sarà più con Djokovic, che viene dato già per spacciato, persino tornato quello della fine del 2010, dove già si parlò di presunti problemi psicologici e di gioco, con la nuova racchetta che non funzionava e l'incrinarsi del rapporto con coach Vajda. Per Murray poi, sconfitto all'indomani dell'oro olimpico, subito la stampa britannica gli si è voltata contro, recuperando il cliché del perdente nei momenti che contano. E Nadal, il povero Nadal? Vive già nell'occhio del ciclone, con tutti che già parlano di ritorni rinviati al nuovo anno, e neanche sicuri, come per esempio sostiene John Werhteim su Sports Illustrated.

Cosa dire allora di questi media che non si fermano mai, vivono sempre sulla scorta dell'attualità, cavalcano esclusivamente il momento e parlano soltanto di quello, senza magari pensare al prima e al dopo? Beh, diciamo che forse la finale di ieri a Cincinnati, come tante altre partite negli snodi di questa era del fondo e dei lunghi scambi, non rappresentano vere e proprie svolte. Ed anzi, lo stesso match di ieri, unito a quello che questa estate ha rappresentato sino ad oggi, potrebbe essere totalmente smentito tra poche settimane o pochi mesi, quando riparleremo di atleti oggi perdenti chiamandoli dominatori e viceversa.

Eppure, guardando la partita di ieri, e tutte le sfide chiave di questi due mesi e mezzo, mi è venuto quasi immediato, istintivo, naturale fare un paragone con la storia del melodramma italiano, il più recente. Forse qui rischio di perdere obiettività, ma nella mia doppia natura di appassionato di tennis e malato d'opera, ho pensato che la rete è anche condivisione di pensieri su cose che tanti vedono e tanti sentono, per poi metterli a confronto. E ho pensato: "Federer mi ricorda Giuseppe Verdi".

Ma come è possibile, mi si direbbe? Ma Come si fa a paragonare un tennista, per quanto leggendario, a un compositore fra i più celebri dell'operistica mondiale? Che senso avrebbe? Eppure, questo paragone un pò forzato, non lo neghiamo, potrebbe esserci.

Partiamo per esempio dal fatto che nelle due carriere, e con le debite proporzioni, troviamo continui successi, e senza lunghi periodi di inattività o "gloria". Verdi poi, proprio come Federer, non era stato oggetto di forti accuse dalla critica in un certo periodo della sua carriera (gli anni '60-'70 dell'800), ma anche da parte del movimento artistico chiamato "La Scapigliatura", guidato da un certo Arrigo Boito, che sarà poi suo grande collaboratore negli ultimi vent'anni di vita?

Ironia del destino, sarà proprio questo "giovane mai troppo cresciuto" a costruire nel tempo il nomignolo con cui Verdi resterà nella leggenda: prima "Il Vecchio", da giovane ribelle che considerava vecchia, superata la sua musica, quindi "Il Grande" o "Il Mago", perché capace, a dispetto degli anni che passano e delle critiche, di restare sempre in piedi, ovviamente aggiornandosi, ma senza cambiare quei motivi o quelle caratteristiche che piacevano al pubblico.

E' così, in un certo senso, per Federer, il nostro "vecchio mago": magari può piacere o non piacere, dare fastidio quella sua aria a tratti snob, a tratti da bravo ragazzo senza un difetto. Tutto è concesso, anzi. Ma stupisce, e sempre di più, il fatto che sia lì, sempre pronto, come un diciottenne, a sbarrare la strada di ragazzi che vogliono sfondare ma non possono, non ci riescono. E magari saltano, perché scelgono vie che ti danno superiorità per un momento, una certa gloria, che poi alla lunga lascia il tempo che trova. Proprio questo vedevo ieri o Wimbledon, quando Federer alzava le braccia o cadeva piangendo, soddisfatto. E in Nole Djokovic o Andy Murray, rassegnati nell'avvicinarsi alla rete, ma composti, consapevoli di un fatto che ho cercato di spiegarmi, in questo modo.

Nessuna lezione, quella che volevo dare, ma un 'impressione. Che magari lascerà il tempo che trova, se no le regole, gli insegnamenti, che ci stanno a fare?

Davide Uccella

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