25/08/2012 11:41 CEST - Us Open

New York, New York (parte 2)

TENNIS - I giorni indimenticabili degli Us Open dagli anni '90. Connors-Krickstein, i quattro tiebreak tra Agassi e Sampras, la rimonta di Henin su Capriati (2003), i Federer moments e il career Slam di Nadal. Alessandro Mastroluca (qui la prima parte)

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Andre Agassi (Getty Images North America Mike Ehrmann)
Andre Agassi (Getty Images North America Mike Ehrmann)

1991 – Happy birthday, mr Connors
Jimmy Connors prepara gli Us Open 1991 con Vitas Gerulaitis. I due sono grandi amici, Connors l’ha scelto come compagno di allenamenti per offrirgli un’ancora di salvataggio, per provare a tirarlo fuori dal suo inferno personale di droga. Qualche giorno prima dell’inizio del torneo, Jimbo manda a casa moglie e figli per non avere distrazioni.

Batte al primo turno Patrick McEnroe, rimontando per la settima volta in carriera uno svantaggio di due set. Nella sua metà di tabellone vengono eliminate due teste di serie, Agassi e Becker. Jimmy passa agevolmente i successivi due turni, contro Michiel Schapers e Karol Novacek, e in ottavi affronta Aaron Krickstein, di 15 anni più giovane, che qualche anno prima aveva passato diverso tempo nel ranch della famiglia Connors e seguito con loro il Super Bowl. È il Giorno dei Lavoratori e il 39mo compleanno di Jimbo.

Perso il primo, Connors serve sul 5-1 40-15 ma tutto precipita. Si va al tiebreak. Sul 7-7 il giudice di linea dà buono uno smash di Connors, l’arbitro David Littlefield, che è dalla parte opposta del campo, la giudica fuori e dà il punto a Krickstein: “Era chiaramente fuori, gli dice”. Connors esplode: “Chiaramente un cazzo! Giù da quella sedia! Lei non vale niente. Sono qua a farmi un culo così a 39 anni e lei mi fa questo?”. Jimbo vince il tiebreak, ma molla il terzo, che finisce 6-1. Dopo un colpo sbagliato, ha ricordato il figlio Brett, “mia madre chiuse la TV e mi chiese di andare in Chiesa insieme a lei e di pregare per far si che mio padre potesse avere un buon regalo per il suo trentanovesimo compleanno. Ritornati a casa Aaron conduceva 5-2 nel quinto”. Ma con un capolavoro di longevità chiude 7-4 al tiebreak del quinto con un’ultima volée vincente mentre il pubblico sul campo 11 esulta come mai prima a New York e intona “Happy Birthday” mentre Connors corre ad abbracciare Gerulaitis. (Guarda gli highlights del match)

Batterà anche Paul Haarhuis nei quarti. Il match si ricorda per il punto con cui annulla la palla break sul 4-4 30-40 nel secondo set: costringe l’olandese a quattro smash, infila un dritto incrociato su cui Haarhuis gioca una volée di rovescio in tuffo, ma Jimbo ci arriva e passa in lungolinea ma si fermerà in semifinale contro Jim Courier. Mai come quell’anno Connors sente l’amore di quello stesso pubblico che per anni l’ha “odiato” e gli ha preferito McEnroe, uno di loro. In fondo, l’aveva sempre saputo cosa gli sarebbe servito per farsi amare a New York: doveva invecchiare e cominciare a perdere.

1992 – Lungo è bello?
Agli Us Open dieci partite finiscono al quinto set negli ultimi quattro turni degli Us Open. Tre le gioca, e le vince, Stefan Edberg. In ottavi elimina Richard Kraijcek 6-4, 6-7, 6-3, 3-6, 6-4. Nei quarti doma Ivan Lendl 6–3 6–3 3–6 5–7 7–6 in 4 ore e 3 minuti spalmati in due giorni. Lendl annulla quattro match point sul 4-5 nel quarto e riesce a portare il match al quinto prima della sospensione per pioggia sul 2-1 Edberg. Il giorno dopo lo svedese gioca una volée bassa di dritto: la palla resta sospesa per un momento sul nastro e va di là. Edberg sale 3-2 e bacia il nastro, vince quattro dei successivi cinque punti e il match. (video: parte 1 - 2 - 3 - 4)

Ma è la semifinale con Chang che resta nella storia. Finisce 6-7 7-5 7-6 5-7 6-4 in 5 ore e 26 minuti: è la partita più lunga nella storia del torneo. Non è un incontro memorabile: ci sono 404 punti e 23 break. Il confronto di stili è scritto nelle 254 discese a rete dello svedese, che si impone nonostante il 51% di prime, i 18 doppi falli e i 67 gratuiti.

Chang chiude il primo parziale al tiebreak all’ottavo set point. Nel secondo Edberg si invola sul 4-0, serve per il set sul 5-3 ma concede il break a zero. Chang annulla un set point nel decimo game con una prima vincente ma Edberg evita il tiebreak grazie a una volée alta di rovescio. Anche nel terzo si porta 5-2 e viene breakato quando serve per il set sul 5-3. Chang forza un secondo tiebreak, che Edberg controlla dall’inizio. Con un ace si porta 5-0 e un rovescio lungolinea vale il set point. Chang risale fino a 6-3 ma un errore di rovescio gli costa il parziale.

L’americano serve per il set sul 5-3 nel quarto, ma subisce il break. Ha un set point nel game successivo ma Edberg si salva con un serve and volley. Lo svedese però cede il break nell’ultimo gioco del set.  Nel quinto Edberg sembra spalle al muro: è sotto 0-3 e 15-40 sul suo servizio ma mette in campo il cuore. Nell’ultimo game Chang lo porta ai vantaggi ma gli regala la vittoria con due errori di dritto. (video)

In finale, Edberg supera Pete Sampras, tutt’altro che al meglio, 36 64 76 62.

1996 – Pete Sampras e le ragioni del cuore
A maggio 1996 Pete Sampras ha perso il suo coach, e grande amico, Tim Gullikson per un cancro al cervello. Poco più di tre mesi dopo è a lui che Pete Sampras dedica l’indimenticabile vittoria su Alex Corretja nei quarti di finale degli Us Open. “Tim era con me e io l’ho fatto per lui” dirà Pistol Pete, che vomita due volte a bordo campo nel tiebreak del quinto set. “E’ stata la mia partita migliore, e anche la peggiore” commenta invece Corretja che non riesce a sfruttare un vantaggio di due set a uno e chiude nel modo peggiore: con un doppio fallo.

Nel primo set, Corretja si porta avanti di un break e va a servire sul 5-4. Sampras annulla due set point, completa il break (5-5) e porta il match al tiebreak, che controlla dall’inizio e conclude 7-4 con un servizio vincente. Nel secondo si seguono i servizi fino al 6-5 Corretja. Sampras serve per forzare un nuovo tiebreak, annulla due set point con altrettanti ace ma al terzo lo spagnolo arriva sulla volée di rovescio e pianta un passante incrociato di dritto vincente. Si va al terzo.

Lo schema è lo stesso. Il top-spin di Corretja mette in difficoltà Sampras, che non riesce a trovare risposte al servizio dello spagnolo. Anche la successione del punteggio è identica al secondo set. La sola differenza è che Corretja ha bisogno solo di una palla break nel 12mo game: se la procura con un passante di rovescio e la converte con un lob su cui Sampras scentra lo smash. Corretja è a un solo set dalla più grande vittoria della sua carriera.

Ma Pistol Pete è un combattente e alza il livello di gioco nel quarto. Ottiene un break nel quarto gioco e conclude il set con un’ace a 124 miglia all’ora (198 kmh). “ Sono passate quasi 4 ore quando comincia il tiebreak del quinto set” racconta il nostro Luca Pasta nel suo intenso articolo sulla carriera di Sampras, “di un pomeriggio eterno ed indimenticabile che è diventato sera. Sampras non ha più un briciolo di forza, ed ha mal di stomaco. Sono immagini indimenticabili. Sull’1-1 nel tiebreak, non può più trattenersi, vomita in fondo al campo. Riceve un warning dal giudice di sedia per perdita di tempo. Sembra impossibile che non crolli. Uda la racchetta per sostenersi, come un vecchio il bastone. Ma una forza misteriosa lo guida. Sul 7-7 serve una prima a 76 miglia orarie sbagliandola. Sono momenti che non si possono dimenticare. Forse non del tutto cosciente di quello che stava facendo,serve una seconda a 90 miglia. Corretja, che si era spostato per rispondere di dritto, è sorpreso. E’ un ace. Lo spagnolo semplicemente non capisce. E con un doppio fallo consegna il match a Sampras”.

“Odio perdere” ha commentato Pistol Pete, che a fine match è stato reidratato con un litro e mezzo di fluidi per iniezione intravenosa, “faccio qualsiasi cosa per vincere”. Video: il tiebreak del quinto set, parte 1 - 2

1999 – Impianto rinnovato, nuova campionessa
Nel 1999 si completa il piano quadriennale di rinnovo del National Tennis Centre. Il progetto, costato 285 milioni di dollari, ha portato alla costruzione dell’Arthur Ashe e si è concluso con la cerimonia di ridedica del Louis Armstrong Stadium, ridotto da 18 mila a 10 mila spettatori.

Quando l’Arthur Ashe è stato inaugurato, nel 1997, Martina Hingis alza il trofeo dopo aver sconfitto Venus Williams in finale. Si ripete in semifinale due anni dopo e nega a Richard Williams, che si è convinto ad avviare le figlie al tennis dopo aver visto Virginia Ruzici in tv, la gioia di una finale tutta in famiglia.

Nell’arena dedicata all’unico vincitore afroamericano del torneo maschile, a 17 anni Serena diventa la seconda donna di colore dopo Althea Gibson (1958) a trionfare agli Us Open. Ha dominato 63 76 la numero 1 del mondo Martina Hingis, che a fine match registra appena 7 vincenti, nonostante 57 errori gratuiti. Dopo aver perso i primi tre game della finale, Hingis spreca due palle game per portarsi 4-4 e finisce per cedere il set. Nel secondo recupera da sotto 2-3 e 3-4, ha salvato due match point sul 3-5 e nel decimo game, con Serena al servizio per il match, strappa il break a zero. La finale sembra avviata al terzo set: sul 6-5, Hingis si trova a due punti dal set grazie a un doppio fallo di Serena (0-30). Ma la più giovane delle sorelle Williams annulla un set point e forza il set al tiebreak dopo un game di sedici punti. La svizzera tenta una nuova rimonta, si porta dal 2-4 al 4-4, ma perde i successivi tre punti e conclude con un rovescio lungo.

2000 – Arriva Marat
Pete Sampras ha vinto 13 finali Slam su 15 prima degli Us Open 1991. Ha perso solo da Edberg agli Us Open 1992 e da Agassi in Australia nel 1995. Ma il ventenne Marat Safin lo riduce al ruolo da comprimario: 64 63 63 in 98 minuti. E’ la finale più “one-sided” del torneo dal 1991 (Edberg b. Courier). Nessun ex campione ha perso così nettamente dal 1975, quando Connors si arrese a Orantes.

Sampras inizia con un ace a 131 mph, ma Safin, alla prima finale Slam in carriera, non mostra paura. Sul 3-3 si procura le prime palle break (15-40) con un gran passante di dritto e converte la seconda con una risposta di dritto che sembra viaggiare più veloce della prima a 124 mph di Pistol Pete. Safin, che cede appena 9 punti in 5 game di servizio, non ha bisogno d’altro per portare a casa il set.

Anche il secondo si decide al settimo game. Il primo doppio fallo di Sampras e un passante di rovescio da applausi portano Safin alla palla break che trasforma con una risposta solida che costringe Sampras all’errore.
Nel terzo Safin si porta subito 3-0, nell’ultimo game annulla le uniche due palle break che concede nel match prima di inginocchiarsi e baciare la superficie per celebrare il suo primo Slam, il quinto titolo della sua carriera. Guarda gli highlights del match

2001 – Il Van Halen tribute
“Non è stato solo uno dei match migliori di sempre” scrivevo nel 2009. “Nel quarto di finale degli Us Open del 2001 c'è un'iconicità simbolica che racchiude il senso della contrapposizione che ha marcato gli anni Novanta e l'inizio del nuovo millennio. “Pistol” Pete Sampras, (...) che ha sacrificato il glamour per la sostanza del tennnis, il bravo ragazzo che serve con la lingua di fuori, si presenta in completo bianco. Andre Agassi, un tempo biondo quasi come Gesù (toupé or not toupé, questo è il problema), l'anima torbida del tennis a stelle e strisce, passato attraverso esagerazioni, legami tribolati e per la “redenzione” insita nell'essere diventato il signor Graf, in completo nero”.

Il “Van Halen tribute”, il match che ha cambiato la storia del tennis, si è concluso un quarto d’ora dopo la mezzanotte del 6 settembre 2001, cinque giorni prima dell'attacco alle Torri Gemelle che ha cambiato la storia del mondo.

Tre ore e trentadue minuti di show che il pubblico ha salutato con una standing ovation all'inizio del tiebreak del quarto set. Ed è proprio questo omaggio il ricordo più forte che rimane a Pete Sampras, come ha spiegato all’inizio di quest’anno a Steve Flink per la riedizione del suo libro The Greatest Tennis Matches. “Erano tutti in piedi e per cinque secondi questo mi ha spinto fuori dalla partita. Pensavo, ‘Wow, deve essere molto bello per loro’. Da atleti, noi due ne avevamo passate tante ma tutto si poteva riassumere in quel momento in cui i tifosi si sono alzati per applaudirci. Era come se stessero dicendo ‘Sono due grandi americani e potremmo non vedere niente di simile per i prossimi dieci, venti o cinquant’anni’. Così ci hanno mostrato tutta la loro ammirazione”.

Un match in cui nessuno ha mai perso il servizio, in cui ci sono state solo nove palle break (polarizzate nel primo e nel quarto). Sampras chiude con 25 aces, 170 discese a rete con il 70% di punti trasformati. Agassi è strepitoso, gioca un match fatto di risposte e anticipi impossibili e chiude con 15 errori gratuiti e 55 vincenti. Ma alle volte, specie contro il Kid di Washington, il meglio non basta. E si ritrova così a perdere per la seconda volta in carriera a Flushing Meadows dopo aver vinto il primo set (l'unica altra occasione contro Lendl in semifinale nel 1988). In 24 dei precedenti 31 confronti con Sampras, chi aveva vinto il primo set aveva poi portato a casa il match.

E’ raro che nel tennis due giochino al meglio allo stesso tempo” ha aggiunto Sampras sempre parlando a Steve Flink per il suo libro. “Io facevo quello che mi riusciva meglio, ma Andre era solido come una roccia, non sbagliava mai. Fisicamente credo di aver consumato un po’ di più, perché giocavo serve and volley, tutto scatti e frenate. Andre era mentalmente eccezionale. Due grandi giocatori hanno dato il meglio quella sera e ne è venuta fuori una delle partite più incredibili cui io abbia preso parte”. Guarda gli highlights: parte 1 - 2

2003 – Henin rimonta Capriati
Nel 2001, Jennifer Capriati era stata quattro volte a due punti dalla sconfitta ma era riuscita a battere Kim Clijsters e conquistare il Roland Garros, il suo secondo Slam consecutivo. Pochi mesi dopo, in semifinale a Wimbledon, vince il primo set ma deve arrendersi a Justine Henin. La belga arriva alla semifinale degli Us Open del 2003 da campionessa del Roland Garros. Ha sconfitto Clijsters in finale, ma di quell’edizione resta soprattutto la semifinale contro Serena Williams e quella mano alzata, non vista dall’arbitro, con Serena al servizio sul 4-2 30-0: il giudice di linea crede che Serena abbia sbagliato la prima, Justine non dice niente e vince cinque dei successivi sei game.

A Flushing Meadows c’è un vento capriccioso e un pubblico rumoroso che vuole vedere vincere Jennifer. Henin parte meglio, doppio break e 4-1, ma Capriati mette subito in chiaro che per lei il set non è finito. Trova un gran vincente di dritto e costringe la belga a sbagliare, sempre di dritto: controbreak e 4-2. è il primo di cinque giochi di fila per la statunitense, che da 1-4 risale fino al 6-4 con tre break di fila. L’ultimo, nel game che chiude il set, è emblematico: Justine vince il primo punto ma perde i successivi quattro e chiude il parziale con un dritto inside-out lungo dopo 59 minuti. Capriati perde il servizio nel primo gioco del secondo set, ma Henin restituisce il favore da 30-0 e nell’ottavo gioco ancora un errore di dritto porta Capriati sul 5-3, a un solo turno di battuta dalla vittoria. Dovrebbe restare tranquilla, ma inizia con un doppio fallo. Henin non molla e con due punti spettacolari, un drop di mezzo volo e un lob perfetto, completa il break del 4-5. Con altri due vincenti tiene a zero nel game che chiude il set: 7-5, si va al terzo.

Capriati firma subito il break, e come nel secondo si ritrova avanti 5-3 e servizio, ma subisce il break. Nel decimo game, sul 30-30 Henin completa uno scambio da 19 colpi con un dritto lungolinea vincente e tiene il servizio. Sul 6-5 30-30 Capriati è per la decima volta nel match a due punti dalla vittoria, ma Justine riesce a portare il set al tiebreak. La partita, però, è praticamente finita. Henin, che ha sofferto di crampi nel set decisivo, allunga 4-1 e 6-2, Capriati accorcia fino al 6-4 ma mette in rete l’ultima volée di rovescio. (Guarda gli highlights: parte 1 - 2)

Meno di 24 ore dopo, Henin gioca la sua prima finale in carriera agli Us Open e domina Kim Clijsters 76 61.

2005 – Agassi e Federer: the night belongs to them
Perdere non avrebbe potuto essere più divertente” dice James Blake mentre stringe la mano a Andre Agassi. Ha appena perso 36 36 63 63 76 nei quarti di finale ma il pubblico che riempie ancora l’Arthur Ashe gli riserva una commovente ovazione. (guarda gli highlights)

Per due set Blake, che ha eliminato Nadal e Robredo negli ultimi due turni, è semplicemente perfetto. Breaka nel settimo game e vince 12 dei successivi 13 punti. Agassi gli strappa il servizio per la prima volta nel gioco che apre il secondo set. Ma il vantaggio dura poco, lo spazio di un game. Blake colpisce prima e più piatto di Agassi (e non sono in tanti quelli che ci riescono), gioca vicinissimo alle righe e in poco più di un’ora è in vantaggio di due set.

Blake strappa un nuovo break e si porta avanti 3-2 nel terzo, ma perde il servizio nel gioco successivo e nell’ottavo game, rivelatosi decisivo, commette due doppi falli su due palle game. Agassi vince terzo e quarto mentre sugli spalti parte la ola. Nel quinto Blake serve per il match sul 5-4 ma con un paio di risposte aggressive Agassi gli toglie il servizio e chiude al tiebreak al secondo match point. “Se 20 mila persone sono ancora tutte lì all’1.15 del mattino, il vincitore non sono io, è il tennis” commenta Agassi che arriverà fino alla finale persa contro Federer (guarda gli highlights). È l’incontro da cui parte David Foster Wallace per ritrarre “Roger Federer come esperienza religiosa”. Valga come racconto della finale la sua descrizione di uno dei Federer Moments:

Siamo agli inizi del quarto set, serve Federer; parte una serie di scambi piuttosto lunga, con il tipico schema a farfalla del moderno gioco d’attacco da fondocampo, Federer e Agassi si buttano a vicenda da una parte all’altra, cercando di chiudere il punto da fondo... finché all’improvviso Agassi gioca un rovescio incrociato potentissimo che scaraventa Federer fuori dal lato sinistro del campo, Federer ci arriva ma, allungandosi tutto, riesce a malapena a giocare uno slice di rovescio che finisce poco dopo la linea del servizio -ovviamente, l'invito a nozze preferito da Agassi- e mentre Federer si volta per rientrare, Agassi corre incontro alla palla e la colpisce di controbalzo, scagliandola esattamente nello stesso angolo di prima, in modo da prendere Federer in contropiede, e ci riesce -Federer è ancora vicino all'angolo ma sta rientrando al centro, con la palla che si dirige verso un punto alle sue spalle, dov’era un secondo prima, e senza la minima possibilità di voltarsi, mentre Agassi segue il colpo a rete dalla parte del rovescio... E cosa fa Federer? Non si sa bene come, ma inverte istantaneamente la marcia saltellando all’indietro di tre o quattro passi, a una velocità impossibile, per giocare un diritto al posto del rovescio, con il peso tutto sbilanciato all’indietro, e viene fuori un passante lungolinea in topspin, un siluro che, mentre Agassi accenna a spostarsi, è già atterrato nell'angolo di fondo campo dietro di lui, con Federer che sta ancora danzando all’indietro quando la palla tocca terra.

2006 – L’addio di Andre
Anche stavolta mi affido alle pagine di un libro per raccontare l’ultima vittoria in carriera di Andre Agassi (guarda gli highlights). Mi affido al racconto che apre la sua autobiografia, Open:

Baghdatis esce per primo. Si aspetta di dover recitare il ruolo del cattivo stasera. Lo lascio andare, lascio che senta il ronzio trasformarsi in acclamazione. Poi esco io. Adesso gli applausi triplicano. Il boato (…) è più forte di quanto l’abbia mai sentito a New York. (…)

Il primo set è una passeggiata, vinco 6-4. La palla obbedisce a ogni comando. E così la schiena. (…) Vinco il secondo set, 6-4. Scorgo il traguardo. Al terzo set comincio ad accusare la stanchezza. Baghdatis gioca con disperazione, una medicina più potente del cortisone. Inizia a improvvisare. Corre rischi e ogni rischio paga. Adesso la palla disobbedisce a me e congiura con lui. (…) Lui vince il terzo set, 6-3.

Non posso fare niente per rallentare l’assalto di Baghdatis. Anzi, peggiora sempre. Ha ventuno anni, dopotutto, si sta scaldando adesso. (…) Arrivo a condurre 4-0. (…) Ho impostato il gioco su un livello pericolosamente alto, ma adesso mi ha raggiunto e mi supera. Mi fa il break e va 4-1. Tiene il servizio e va 4-2. E qui arriva il game più importante del match. (…) Giochiamo con furia. Lui rischia il tutto per tutto, non ha un attimo di esitazione -e vince il game. Conquisterà il set (…) 7-5.

Inizia il quinto. Servo io, tremante (…). Anche Baghdatis parla da solo, incitandosi. (…) Sto servendo sul 40-40 e giochiamo uno scambio frenetico che si conclude quando lui smorza di rovescio e io affondo la palla in rete. Urlo contro me stesso. Vantaggio Baghdatis. È la prima volta che rincorro in tutta la sera. (…) Lui vince il game. (…) Richiede un timeout medico. (…) Sembra che la pausa gli abbia spezzato il ritmo. Gli faccio il break. Siamo di nuovo pari. Per i sei game successivi ciascuno tiene il proprio servizio. Poi, sul quattro pari, giochiamo un game che sembra durare una settimana, uno dei game più impegnativi e fantastici della mia carriera. (…) Mi sono massacrato la schiena. La colonna è bloccata e i nervi al suo interno gemono. Addio cortisone! (…) Guardo al di là della rete (e vedo Baghdatis che) ha i crampi. (…) Ha più dolore di me (…).

Ha smesso di elaborare strategie, di ragionare. (Annullo quattro palle break poi) lancio la palla col braccino corto. Out. Ovvio. Doppio fallo. Parità numero otto. La folla urla, incredula. (…) Al ventiduesimo punto del game dopo un breve scambio Baghdatis scaglia un rovescio in rete. Game Agassi. (…) Conduco 6-5. è lui alla battuta. Arriva 40-15 (ma) rimonto fino alla parità. Poi vinco il punto successivo e adesso ho un match point. Uno scambio rapido, cattivo. Lui sferra un dritto feroce e nel momento in cui lascia le corde della sua racchetta so che è fuori, So di aver vinto il match e contemporaneamente so che non avrei avuto l’energia di colpire di nuovo la palla. (Dopo il match, il coach Darren Cahill) mi supplica di allungarmi, di stirarmi. (…) Il tuo corpo è contratto. Molla, amico, molla. Ma non ci riesco. È questo il problema, no? Non riesco a mollare.

2010 – Il Rafa Career Slam
A Flushing Meadows Rafa Nadal riscrive la storia. Nella prima finale Slam giocata contro Nole Djokovic, Nadal vince 64 57 64 62 e diventa il settimo giocatore a completare il Career Slam (gli altri sono Federer, Agassi, Perry, Emerson, Budge e Laver). A 24 anni e 101 giorni, è anche il terzo più giovane a riuscirci, e il più giovane nell’era Open. (guarda gli highlights: parte 1 - 2)

Rafa è anche il quarto giocatore nella storia capace di vincere Roland Garros, Wimbledon e Us Open nello stesso anno dopo Don Budge (1938), Tony Trabert (1955) e Rod Laver (1962 e 1969).

Con gli Us Open 2010, Nadal vince il suo nono major su 26 giocati. La finale, scriveva qui Ubaldo Scanagatta, “l’ha sì vinta il tennista che ha sbagliato di meno (31 errori non forzati contro i 47 di Djokovic) ma in un match nel quale il numero dei vincenti è pazzesco, straordinario, perché sono stati più o meno gli stessi degli errori: 49 vincenti di Rafa, 45 quelli di Djokovic.

"Un Nadal formidabilissimo contro un eccellentissimo (scusate questi superlativi…superassoluti! A scuola mi boccerebbero, lo so…ma voglio rendere l’idea) Djokovic: questo ho visto nella finale dell’US Open, secondo me una delle migliori degli ultimi anni per livello di gioco, equilibrio ed incertezza fino al 5-4 al terzo set, quando Nadal si è trovato a servire sul 15-30 e poteva ancora perdere il break di vantaggio che si era conquistato nel terzo game del terzo set. E’ vero peraltro che Nadal, brekkato soltanto 5 volte in tutto il torneo (2 prima della finale, uno nel primo set oggi e due nel secondo), nel terzo set ha tenuto tre games a zero, e due a 30, quindi non ha rischiato sul serio di vedersi riprendere, tranne forse _ accennavo _ su quel 5-4 quando sul 15-30 ha messo a segno un servizio vincente, un ace a 126 miglia orarie e un altro servizio vincente. (…) Djokovic nel quarto set ha salvato una pallabreak nel primo game, un’altra nel terzo prima di subire il primo break che sarebbe stato seguito da un secondo nel successivo turno di servizio. Djoko ha avuto un guizzo di orgoglio quand’era sotto 4-1 ma quel mostro di Nadal gli ha annullato la palla break n.4 del suo match (un game di 14 punti) e poi il set è finito 6-2, dopo 3 h e 43 minuti”.
 

Alessandro Mastroluca

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