29/08/2012 18:18 CEST - Us Open

Burnett: "Senza aiuti smetto di giocare"

TENNIS - Il doloroso caso di una delle nostre poche promesse, costretta a entrare fra le prime 100 del mondo alla svelta. La Federtennis, che l'aveva aiutata da junior, le passa solo pochi spiccioli l'anno. "Beata la Giorgi che ha firmato con una società di management" dice mamma Burnett. Scommettiamo che se vincesse si ripeterebbe un caso Errani? Da New York, Ubaldo Scanagatta

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Nastassja Burnett (foto Luigi Serra)
Nastassja Burnett (foto Luigi Serra)

Se Nastassja (Burnett) non entra fra le prime 100 entro un anno dovrà smettere di giocare. Non abbiamo soldi da investire all’infinito…eppure le ragazze di 20 anni che la Fit avrebbe potuto e potrebbe aiutare concretamente sono soltanto due, Nastassjia e Camila Giorgi …beata Camila che dopo i bei risultati di Wimbledon ha firmato proprio in questi giorni con una società di management (la Octagon che la sta proponendo ad un paio di società, Lotto e Fila) e a Wimbledon ha guadagnato un centinaio di migliaia di sterline. Mio marito fa il dentista, abbiamo fatto tanti sacrifici, non possiamo farli all’infinito”.

Era mamma Burnett, Krystina, a parlare così, dispiaciutissima per la sconfitta della figlia con la Dushevina “perché purtroppo mia figlia che aveva giocato benissimo nelle qualificazioni, prima battendo una giapponese classificata fra le prime 70 del mondo, poi una cinese che giocava tutto diverso, poi dominando la terza partita, oggi non è stata in campo per 9 games, era sotto 6-0,3-0 quando ha cominciato a giocare, ma era troppo tardi…”.

Che alla sua prima esperienza in uno Slam Nastassja abbia patito l’emozione dell’esordio ci sta. Che invece, dopo quasi due anni di stop per un infortunio ad un piede (frattura del metatarso da stress: troppi carichi di lavoro per una ragazzina esile ancora oggi) una delle sole due ragazze d’un qualche ipotetico avvenire debba giocare con addosso lo stress di vincere subito e per forza, per irrompere fra le prime 100, perché in caso contrario dovrebbe attaccare la racchetta al chiodo, beh questo invece in un Paese come il nostro non
dovrebbe accadere.


Soprattutto quando c’è una federazione che ha i mezzi per regalare 400.000 euro ad una tennista che ha già guadagnato 8 milioni, per sostenere una tv da 3/4 milioni di euro l’anno, per pagare doppio alloggio a Wimbledon e al Villaggio Olimpico ai suoi atleti, per portarsi alle Olimpiadi e ad altre manifestazioni una massa esagerata di persone.

Ma quella stessa federazione, che ha aiutato economicamente la Burnett fino a che era junior, da un paio d’anni le passa sì e no - sotto forma di rimborsi - aiuti per disputare un paio di tornei l’anno. Eppure stiamo parlando di una ragazza di 20 anni che oggi è n.153 del mondo ma con i 60 punti conquistati qui tornerà intorno al ranking di 135. Ranking simile a quello che aveva all’epoca degli ultimi Internazionali d’Italia. Ma lì le offrirono solo una wild card nelle prequalificazioni. Nemmeno nelle qualificazioni. Figurarsi nel tabellone principale dove le wild card furono date a Venus Williams, Brianti e Knapp.

Nastassja avrebbe dovuto vincere 6 incontri per entrare nel main draw. Vinse i primi tre, poi battè la Larsson, quindi si arrese 6-4 al terzo con la ben più esperta Wozniak (ogg n.48 del mondo) dopo essere andato vicino al clamoroso exploit che avrebbe potuto dare una prima svolta alla sua carriera.

In tempi recenti Nastassja ha fatto due semifinali, Marsiglia e Biella (dove ha battuto tre top 100 più la Brianti scesa a 130). “Se oggi avessi vinto con la Dushevina che non aveva un gioco che mi faceva male, anche se sbagliava poco, sarei salita intorno alla 115ma posizione”.

E avrebbe giocato contro la Errani, un’altra tennista che ha una storia simile a quella della Burnett, perché se non fosse stato per i sacrifici della sua famiglia, la prima Academy da Bollettieri a Bradenton a 12 anni, poi gli 8 anni in Spagna, col cavolo che sarebbe diventata quello che è diventata. Anche se oggi, leggendo Baccini, si scopre che - e mi scuso se faccio un copia e incolla del suo ultimo pezzo di bravura - “Fra le new entry del tennis femminile di vertice ci sono fra l’altro due ragazze italiane, Sara Errani e Camila Giorgi. E’ questo - temo - uno dei motivi che hanno spinto i cosiddetti “opinionisti” di cui sopra a ripetere con più forza la loro litania
antifemminista. Abituati a considerare se stessi come l’unica espressione “nobile” del tennis italiano, i ripetuti successi delle nostre atlete gli devono proprio provocare un prurito bestiale. Solo che, trattandosi di successi così clamorosi, ripetuti e apprezzati dal grande pubblico, non possono più liquidarli soltanto con l’equazione
“Donne=pizze&fichi”. Per cui fra Parigi e Wimbledon, è scattata una nuova offenisva corale, tendente a negare l’italianità del bagaglio tennistico delle nostre formidabili ragazze col ricorso, quando non bastano le forzature, addirittura alle menzogne…come se il tennis, al pari di tutti gli altri sport, non fosse ormai una comunità globale, dove le esperienze si mescolano senza più tenere contro delle frontiere.Qualcuno s’è persino spinto ad affermare “che non esiste una scuola tennistica italiana”.

Tutto quel che leggo sopra mi fa dare per certo che se Nastassja Burnett ce la farà a sfondare nell’anno che le resta per non mandare la famiglia in rovina (vabbè, ora esagero…il papà fa il dentista, spero che non sia così) e rientrerà tra le top100, non mancherà chi salirà prontamente sul carro della neo top100 rivendicando chissà quali meriti. A scanso di equivoci la Burnett è stata seguita inizialmente, perché ricordo bene di averne scritto già nel 2007, cinque anni fa, quando giocò benissimo qui all’US open junior. Poi però è bastato che patisse un infortunio per mollarla - o quasi - al suo destino. L’attività di una professionista che voglia partecipare a 20 tornei l’anno, con chi l’accompagna, e un minimo di sostegno, non costa meno di 40.000 euro. Non so se vi sembrano pochi oppure tanti, ma per una federazione seria che ha un fatturato di 14 milioni di euro (non conto gli altri 14 che sono più o meno una partita di giro) mettere da parte un po’ di soldini per aiutare sul serio i nostri pochi giovani più promettenti (ribadisco, le donne sono due…) non dovrebbe costituire un vero problema.

Con sette italiani in campo, e molti contemporaneamente, si doveva scegliere partite da vedere e tema  dell’articolo. Ho visto a spizzichi e bocconi alcune partite, e nemmeno tutte. Ho visto purtroppo il finale preoccupante di Camila Giorgi, n.87 Wta (avrete forse ascoltato l’audio della sua sussurrata intervista….), con quattro doppi falli sul 3-4 dopo che aveva mancato la palla del 4-3 per lei, e una serie impressionanti di errori a seguire. Purtroppo Camila, che ha un gran timing, un grande capacità di spingere la palla a velocità
impressionante, pretende di fare soltanto punti vincenti ad ogni colpo. Nemmeno la Seles pretendeva tanto da se stessa. Nemmeno Agassi
. Il guaio è che Camila non ha un piano B. O funziona il piano A o sono guai. L’idea di rallentare un po’, di mettere una prima a 3/4 di velocità se la prima non le entra o se è reduce da tre doppi falli non la sfiora nemmeno. Né sembra sfiorare il padre coach. Che fa quello che può, non avendo mai giocato a tennis. Lui dice di aver avvicinato ed ingaggiato tanti altri coach e che nessuno dimostrava di saper
consigliare meglio di lui. A me il dubbio resta, e piuttosto forte nonostante tanti genitori (Sharapov, Williams, Seles, Pierce, Capriati si siano all’inizio dimostrati più efficaci - non dico più bravi - di tanti allenatori affermati) con la loro storia mi diano torto.

Dell’ennesima rimonta dell’imprevedibile Fognini vi racconto un dettaglio curioso. I tre colleghi francesi dell’Equipe dovevano distribuirsi i compiti, così come facciamo sempre anche noi tre inviati di Ubitennis (a proposito del quale …ma avete visto la pagina che ci ha dedicato il primo quotidiano d’America, The Wall Street
Journal? Non male come soddisfazione, per tutti noi). Il collega francese dell’Equipe Pascal Coville aveva espresso il desiderio di andarsene via presto per godersi un minimo Manhattan. Vedendo Roger Vasselin avanti di due set su Fognini, e Bennetau che doveva scendere in campo contro Olivier Rochus, aveva chiesto: “Posso occuparmi io di Vasselin-Fognini? “

Permesso accordato. Il match è durato 3,33 minuti. Bennetau aveva finito da un pezzo. Fabio ha giocato il solito match alti e bassi, come al solito facendo correri rischi d’infarto al suo primo grande tifoso, papà Fulvio,
intervistato da Massimiliano Di Russo in un giorno in cui Giacomo Fazio ha invece effettuato un perfetto reportage dell’accorato intervento di Benito Perez Barbadillo, seccato del fatto che su tanti forum, e anche su Ubitennis, si continui incessantemente a dubitare di Rafa Nadal senza avere - non si dice la minima prova - ma spesso la minima cognizione. Come quelli che - e sono tanti - hanno scritto che Rafa saltava le Olimpiadi perché a Londra i controlli li fanno meglio.

E’ sempre la Wada che li fa, da qualche anno, e quelli che fa a Maiorca all’improvviso, sono identici a quelli che fa a Londra. Ma la gente pretende sempre di sapere quel che nessuno sa. Lance Armstrong è stato denunciato da decine di compagni di squadra. Vi pare che se Nadal facesse uso di chissà che cosa, non ci sarebbe un medico, un compagno, un rivale, un collaboratore, che non penserebbe a ricattarlo?

Per Gianni Mura, per tutti quelli che hanno scritto di ciclismo, il giorno in cui Armstrong ha deciso di non difendersi più, è stato uno dei più brutti giorni della loro carriera. Vi immaginate quanti articoli hanno scritto incensando l’eroe che aveva sconfitto il cancro e trionfato in 7 Tour de France? Libri, non paginate.
Per Mura la resa di Armstrong deve essere stata una mazzata tremenda, come per tutti coloro che amano il ciclismo, per quanti hanno continuato ad amarlo nonostante le terribili vicende - una per tutte quella del “Pirata” Pantani - che ne hanno contrassegnato la sua storia più recente.

Analogamente per qualunque giornalista che scriva di tennis se un qualsiasi campione di tennis venisse “scoperto” dopato, si chiamasse Nadal, Djokovic, Federer o Murray, sarebbe uno choc tremendo. Ciclismo
e tennis sono due sport assolutamente diversi, sotto troppi profili, secondo me confronti non si possono fare sulla base di illazioni. I tennisti al giorno d’oggi sono supercontrollati, spesso a sorpresa, decine di volte l’anno. E i controlli si sono fatti sempre più accurati.

Bravo Fognini dunque e speriamo abbia ragione papà Fognini a tifare per Garcia Lopez che ha eliminato nell’argentino Monaco, n.10, la testa di serie più alta già ko nel torneo insieme a Caroline Wozniacki, n.8 fra le donne. 

Il bilancio italiano dopo il primo turno - e prima che Seppi affronti Robredo nel campo 7, secondo match di giornata - è di 5 vittorie e 4 sconfitte. Bravo Fognini a rimontare, ordinarie le vittorie di Vinci e Errani - con Saretta che ha detto di aver giocato una delle peggiori partite dell’anno, ma ne è comunque venuta a capo…e la giocatrice che vale è quella che vince anche quando gioca male, tutto sommato accettabile la sconfitta della Giorgi, ancora troppo inesperta e sprovveduta tatticamente contro la Pironkova, idem per la Burnett con la Dushevina, inevitabile quella di Lorenzi con un impietoso Djokovic che gli ha lasciato solo due games, la sconfitta che speravamo si potesse evitare è quella di Francesca Schiavone con la Stephens.

Purtroppo Francesca è in crisi di fiducia. E di risultati.
E di fiducia, E di risultati. Due aspetti, mentali e sostanziali, che viaggiano insieme. Il tennis è anche, se non soprattutto, uno sport di nervi. Al momento buono Francesca sbaglia tutte le soluzioni. Era stata fortunata a godere di un clamoroso errore arbitrale su uno dei
matchpoint della Stephens, corretto dal “Falco”. Aveva già vinto il match, sul 5-3 nel secondo, la Stephens e si era vista costretta a rigiocarselo. Aveva perso quel game e Francesca in quello successivo si era conquistata la palla del 5 pari che avrebbe riaperto la partita. Anche perché la Stephens, 19 anni nera n.44 del mondo che qui fa sognare gli americani di aver trovato una possibile erede alle Williams, si sarebbe probabilmente trascinata dietro i fantasmi di quel matchpoint “rubato”.

Ma Francesca ha gettato al vento quell’occasione, una riposta sgraziata, e buona notte. Alla Stephens domandavano: "Sarai la nostra prossima superstar?” E lei, sorridendo: “Lei lo è. (She is)”. Brava e spiritosa. Potrebbe arrivare nei quarti contro Serena Williams se batterà Malek, la vincente di Arvidsson-Ivanovic e poi chi sostituirà la Wozniacki.

La “Schiavo”, commossa fino alla lacrime quando le hanno ricordato la recente scmparsa del suo primo dottore, amico e consigliere, Luigi Formica, ha compiuto i 32 anni e non è più lei. Ritroverà le motivazioni giuste? Il suo fisico, leggero e ancora scattante, non le preclude un recupero. Ma è semmai la testa il suo problema più grande. Le auguro sinceramente di risolverlo. Appiedata (anche se è il polso il problema) la Pennetta per i prossimi mesi, il salto dal binomio Penna-Schiavo al duo Vinci-Errani, in doppio come in  singolare, è ormai cosa fatta, ma in qualche modo appare ancora oggi un po’ troppo brusco. La Vinci nega che si possa parlare di un salto generazionale. Ma forse la sua risposta è stata soltanto politically correct.

Da New York, Ubaldo Scanagatta

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