30/08/2012 12:33 CEST - Rassegna nazionale

Errani e Fognini, è l’Italia che va ma quanta fatica (Martucci). Si chiama Sloane, la manda Serena (Zanni). Cambieremo il tennis, ma insieme a fan e giocatori (Semeraro). Arthur Ashe stadium, il luogo degli addii (Giua)

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Errani e Fognini, è l’Italia che va ma quanta fatica (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport 30-8-2012)

Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Il tennis italiano deve sorridere oppure no dopo il 4-5 nel primo turno degli Us Open, con tanto sole portato dal vento dell'uragano Isaac? Le «gemelle diverse», Roberta Vinci e Sara Errani, si confermano le nuove guide azzurre, legittime numero 10 e 19 del mondo, Flavio Cipolla e Fabio Fognini rispettano il pronostico; Paolo Lorenzi non può opporsi al numero 2 del mondo, Djokovic («La palla frullava, c'era molto vento, non riuscivo a colpirla»), il terraiolo Filippo Volandri non può riciclarsi sul cemento a 30 anni, le pin-up ventenni Nastassja Burnett e Camila Giorgi non possono crescere di botto d'esperienza, Francesca Schiavone non può fermare la sua discesa, non contro la bella atleta di casa, la 19enne Sloane Stephens, non senza prima schiarirsi per benino le idee. Brava la Vinci, ma la neocampionessa di Dallas va giudicata contro bum-bum Shvedova: Urszula Radwanska, malgrado il titolo juniores a Wimbledon 2004, non è decollata fra le pro come la sorella Agniewska.

Bravissima la Errani. D'accordo con il capo-coach Adidas, Sven Groeneveld, il tempo dirà quant'è forte la sua prima avversaria di New York, Muguruza, che Sarita sminuisce («E' una che tira o tutto dentro o tutto fuori»), dopo averla domata in due ore, facendo piuttosto autocritica, da primattrice, dopo i recupero da 5-6 del secondo set, il crollo da 6-2 del tie-break (poi perso 8-6), il break iniziale al terzo, poi rovesciato col 6-1 decisivo: «E' stata la mia peggior partita dell'anno. Non sentivo la palla, di dritto non passavo metà campo, un disastro, non riuscivo a fare quello che volevo, sono stata brava a restare nel match, a giocare punto dietro punto anche se avrei voluto spaccare tutto, ad avere pazienza ed a portarla a casa, ma ora devo alzare il livello». Il problema è nella testa, perché le gambe di Chiqui girano sempre a mille: «Fra singolare e doppio, ho giocato tantissimo, sono stanca di testa, e dopo New York mi riposerò, fortuna che ho un allenatore (lo spagnolo Pablo Lozano, ndr) che sa darmi sempre nuove motivazioni. L'obiettivo è acciuffare il Masters con le prime 8, per arrivarci devo vincere il più possibile». Prossimo test, la russa Vera Dushevina (104 del mondo): «Non ci ho mai giocato, so che è fastidiosa».

Talento più distrazione uguale quinto set. Magari con rimonta: è la storia di Fabio Fognini che, contro il regolare Roger Vasselin, piazza la quarta rimonta da 0-2. E, aspettando l'occasione-Garcia Lopez, non vuole sentirsi dire che manca sempre di continuità e spreca energie preziose, ma se lo dice da solo: «Sono contento perché ho vinto, ma ci è mancato molto poco per andare troppo presto sotto la doccia incavolato. Partita strana: ero avanti nel primo, avevo anche un break di vantaggio al secondo, e li ho persi tutti e due, potevo dare di più ma non ci sono riuscito. Poi, come sempre quando vado in lotta, il mio rendimento aumenta. Ma al quinto poteva succedere qualunque cosa». Anche perché da 3-0, con doppio break, si fa riprendere 4-4 e la spunta solo 7-5.

A 32 anni, allo Slam consecutivo numero 49, record fra le giocatrici in attività, Francesca Schiavone rischia di rovesciare, d'istinto, un'altra partita brutta, fallosa, sbagliata. Ma, recuperato da 3-6 0-2 a 3-2 e poi salvati, con l'aiuto di un giudice di linea, due match point sul 3-5, sballa il rovescio del 5-5 e cede alla «nuova Williams» (nelle speranze Usa), Sloane Stephens: «Ero più lenta del solito, non brillante, non esplosiva di piedi, ma la differenza, alla fine, l'hanno fatta poche palle, pochi punti, e nel tennis questo conta molto. Lì, nei momenti importanti, avrei dovuto fare qualcosa di più, di eccezionale. E invece l'ha fatto lei (…)

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Si chiama Sloane, la manda Serena (Roberto Zanni, Corriere dello Sport 30-8-2012)

Trovata? Forse sì. Ma chi? L'erede Serena e di Venus, perchè sembra proprio che ci sia una nuova Williams sulla rampa di lancio di un tennis Usa forse mai così a corto di speranze, tra uomini e donne, come in questo periodo. Ma Sloane Stephens ha tutto per essere soprattutto la nuova Serena, anche una forte amicizia che la lega alla più piccola delle Williams. «Io come Serena? Andiamo... Seriamente?». Risponde così quando glielo dicono, non ci crede, o non vuole crederci. Certo che un paragone del genere potrebbe ubriacare chiunque, ma non Sloane che, sì, ha appena 19 anni ma non li dimostra. «Quando per la prima volta sono entrato nel tour - ha detto James Blake - ero sotto choc pensando di giocare con Agassi o con Rafter Lei invece sembra senza paura, non ha soggezione e questo è impressionante.. « Venus è un modello Con la sorella siamo diventate amiche, ogni volta partiamo di tutto» Alla fine dell'anno scorso era la più giovane tra le Top 100 (97, unica under 18), adesso è 445. C'è anche qualcosa che la lega all'Italia: l'unico torneo vinto finora, un Itf, è targato Reggio Emilia 2011. In marzo poi a Miami al primo turno superò Sara Errani che stava cominciando a scalare la classifica Wta, e ora agli US Open ha fatto fuori Francesca Schiavone. -Quest'anno è stato incredibile per me - ha detto dopo aver sconfitto l'azzurra - mi sono divertita tanto e ho imparato tante cose».

La sua stanza è tutto un poster di Serena e Venus Williams. Io le adoro. Sono le più grandi: Venus è un modello, ma con Serena siamo diventate amiche. Parliamo di tutto e abbiamo sempre un sacco di cose da dirci.. In aprile la Stephens ha fatto il suo debutto nella squadra Usa, in Fed Cup: c'era Serena e lì si è cementato un rapporto che ormai è fortissimo. -Una grande persona e una straordinaria tennista - così la descrive Serena - Gioca in maniera morbida, sembra quasi che non faccia nessuno sforzo. Spero di poterle insegnare qualcosa, ma posso anch'io imparare da lei, magari come essere più calma in campo...». Ma forse Sloane può aiutare di più Serena quando le partite sono finite. «Mi dice sempre di non essere single - aggiunge la Williams ridendo - e che un giorno mi farà conoscere qualcuno. In questo è una ragazza positiva: è il mio mentore più di chiunque altro, è sempre ottimista».
Fortissima fisicamente, grande determinazione, un ottimo servizio e un dritto che David Nainkin, il suo allenatore, definisce fenomenale: «Uno dei migliori al mondo. Ha cominciato quando aveva 9 anni, a Fresno in California, poi il trasferimento in Florida proprio per il tennis, anche perchè in famiglia lo sport è di casa: Sybil Smith, la mamma, è stata campionessa di nuoto alla Boston University, mentre il padre John Stephens (divorziato dalla moglie quando Sloane era una bambina) è stato un giocatore di football americano nella NFL, tragicamente scomparso nel 2009 in un incidente d'auto (…)

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Cambieremo il tennis, ma insieme a fan e giocatori (Stefano Semeraro, lastampa.it)

Graham Pearce, ci può spiegare come si muoverà il nuovo Competion Committee? Avete intenzione di intervenire pesantemente sulle regole del tennis?

«Ci interessa soprattutto valutare in che modo il gioco viene seguito dal pubblico. Dobbiamo pensare al futuro e qualsiasi cambiamento dovrà considerare come il tennis viene visto dagli appassionati. Prima di tutto deve continuare a essere interessante per i giovani, i fan del futuro».

L’ex Presidente dell’Atp Etienne de Villiers pochi anni fa cercò di cambiare il format del gioco, introducendo i gironi. Anche voi andrete in questa direzione?

«Credo che il tennis, tutto sommato, non abbia subito molti cambiamenti nella sua storia. L’ultima importante modifica del regolamento è stata l’introduzione del tiebreak, nel 1970, e ora anche i match di doppio a livello Atp si possono decidere con un tiebreak al posto del set finale. Questo per lo show. Ma consideriamo che i tennisti hanno una carriera piuttosto breve se paragonata a quella dei golfisti o di tanti altri sportivi professionisti. Insomma, dobbiamo un po’ correggere il tiro in corsa, tenendo ben presente il punto di vista degli spettatori. Qualsiasi cambiamento però verrà prima apportato a livello dei tornei Challenger, per assicurarci che l’intervento sia adeguato e soprattutto non troppo violento. Credo che i giovani ‘consumatori’ del nostro sport oggi si aspettino di vedere punti più eccitanti, di stringere i tempi del match, di ridurre i momenti di stanca: è quello che cercheremo di fare».

Collaborerete con Itf e Wta, o il vostro è un progetto solo Atp?

«L’idea nasce dall’Atp ma saremo comunque in costante comunicazione con l’Itf, quindi le nostre proposte andranno sicuramente discusse anche con loro. Certamente i primi tentativi saranno fatti in casa Atp, essendo le nuove modifiche pensate specificatamente per questo tour».

Negli Stati Uniti l’Ncaa, l’organo che gestisce le competizioni a livello universitario, sta insistendo da tempo per un cambiamento, e ha proposto innovazioni abbastanza shoccanti, ad esempio la riduzione del terzo set ad un tie-break, sollevando le proteste dei giocatori e della fedetrenni americana. Questo ha qualche relazione con l’istituzione del vostro comitato?

«Ho sentito delle diverse proposte per il tennis universitario e so che alcune variazioni che saranno introdotte molto presto non soddisfano i giocatori. E’ solo il mio parere, ma sono convinto che i cambiamenti debbano prima di tutto andare bene ai tennisti (...)

Crede che tra i provvedimenti ci saranno variazioni anche al calendario? Potrebbe cambiare per esempio le date degli Slam?

«Il fatto che Wimbledon abbia annunciato di posticipare l’inizio del torneo di una settimana a partire dal 2015 (non più l’ultima settimana di giugno ma la prima di luglio, che nel 2015 corrisponderà a lunedì 29 giugno, ndr) è ormai di dominio pubblico. E’ il primo importante spostamento di data di un Major da molti anni. Wimbledon lo stava valutando da parecchio tempo e la televisione credo sia una delle motivazioni: la scelta del 2015 dipende da un accordo con la tv britannica. A parte questo non credo ci saranno altre sorprese. Ogni 2-3 anni riconsideriamo i calendari. Nel 2015 dovremo sicuramente apportare qualche aggiustamento considerando la settimana ‘extra’ sull’erba tra il Roland Garros e Wimbledon».

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Arthur Ashe stadium, il luogo degli addii (Claudio Giua, repubblica.it)

C'è un  posto per ritirarsi, per lasciare il Grande Tennis, che sia meglio di tutti gli altri possibili? Secondo Kim Clijsters, sì: è l'Arthur Ashe Stadium di Flushing Meadows. La pensava così anche Andre Agassi, che disputò qui sua ultima partita da top player nel 2006, il 3 settembre, contro il tedesco Benjamin Becker al terzo turno, anche se nei suoi ricordi fu il match precedente, con il cipriota Marcos Baghdatis, quello dell'addio vero (leggete "Open", se ancora non l'avete fatto).

Kim e Andre hanno entrambi buoni motivi per amare l'Arthur Ashe Stadium: lei ha vinto qui tre volte gli US Open, nel 2005, nel 2009 e nel 2010, con una striscia di 22 vittorie consecutive interrotta ieri; lui ci ha trionfato solo nel 1999 (quando nel 1994 sconfisse Michael Stich le finali si giocavano ancora nel Louis Armstrong Stadium) ma è su quel campo che, anno dopo anno, è diventato il tennista più adorato di sempre dal pubblico di New York. E' un catino speciale, con un fascino inferiore solo a quello del campo centrale di Wimbledon, enorme eppure capace  di far sentire ai giocatori il respiro e l'adrenalina dei 22mila spettatori.

Ieri a vedere Kim erano però molti meno, perché nessuno s'aspettava che la sua ultima partita potesse essere con la numero 89 al mondo, una ragazzina di belle e giustificate speranze, di passaporto britannico, cresciuta in Australia. Insomma, doveva essere un incontro quasi di routine: per questo alla fine l'applauso non è stato di quelli che entrano nella storia. Anche l'organizzazione del torneo, di solito impeccabile, è sembrata colta di sorpresa

La belga, 29 anni, aveva annunciato da tempo che gli US Open 2012 sarebbero stati il suo ultimo torneo. Superato agevolmente il primo turno (6-3 6-1) con la sedicenne americana Victoria Duval, al secondo le è capitata la migliore esemplare del rinascente tennis britannico, Laura Robson, classe 1994, secondo i giornalisti londinesi destinata a seguire le orme di Andy Murray, con il quale ha peraltro già vinto in doppio la medaglia d'argento alle Olimpiadi tre settimane fa. Kim inizia al meglio: veloce nonostante l'evidente sovrappeso, lucida e precisa negli scambi, implacabile nelle accelerazioni, come sempre una fuoriclasse nei recuperi. Routine, appunto, come dimostra il parziale di 5-2 nel primo set. Poi il meccanismo s'inceppa e Robson non sbaglia né subisce più il gioco dell'avversaria, recupera e si guadagna il tie break, che vince facendo sfoggio di colpi davvero impressionanti, tra cui due risposte vincenti lungolinea di diritto e di rovescio (è mancina) su servizio della belga.

Dopo un break ottenuto e sùbito restituito, Clijsters è costretta a inseguire nel secondo set. Robson ha due match point sul 6-5 ma li spreca per inesperienza. Di nuovo tie break. L'ultimo colpo della grande carriera della belga è un rovescio che finisce lungo sul servizio di Laura. Una sconfitta - 6-7 6-7 da un'avversaria che è facile prevedere tra le Top Ten a breve - su cui le sarà difficile recriminare. Avesse vinto, al terzo turno avrebbe affrontato Na Li, che nel suo palmares ha uno Slam: ma va bene così. 

Kim se ne va dal campo senza tradire un'emozione speciale: forse perché aveva già lasciato il tennis per due anni tra il 2007 e il 2009, per la maternità. Intervistata da ESPN dopo la gara dice: "Sono felice di aver giocato la mia ultima partita in questo stadio. Ho dato tutto il possibile anche se ho perso. Ora comincia una nuova parte della mia vita. Con la mia famiglia. Sono tornata a giocare nel 2009 (più forte di prima, con il fulmineo trionfo di Flushing Meadows ndr) ed è stato qualcosa di straordinario. Il merito è di chi mi ha seguito. Grazie a tutti".

E' vero. Kim è una donna positiva, ha una bambina, Jada Elly, e un marito americano Brian Lynch, amatissimo, che ieri sembrava disperato per l'epilogo inatteso del match. Ha, soprattutto, tutta una vita davanti per usare al meglio i premi accumulati in tredici anni di professionismo: con 41 titoli WTA, solo le sorelle Williams hanno guadagnato più di lei. Delle quattro grandi tenniste del terzo millenio - due americane, Venus e Serena; due belghe, Justine Henin e lei - Clijsters è sicuramente la più solare, quella che a un tennis divertente ha accoppiato una capacità di comunicare le proprie emozioni che Azarenka, Kvitova, Sharapova non possiedono né possiederanno mai.

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