01/09/2012 08:03 CEST - Rassegna Nazionale

Errani e Vinci sono diventate grandi (Martucci, Zanni, Giorni); Roddick: “Chiudo con gli US Open” (Semeraro); Venus lotta, ma poi cede (Martucci); Atene contro Sparta all’US Open (Foster Wallace); Bergamo,avanza Karin Knapp. A Como ride solo Gianluca Naso

01-09-2012

| | condividi

A cura di Davide Uccella


Nuova coppia d’Italia, Errani e Vinci sono diventate grandi (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 01-09-2012)


Rispetto, onore, onestà, lealtà, umiltà, serietà e sincerità sono parole desuete altrove, non nello sport. Nel tennis, poi, ci sono due ragazze italiane, Sara Errani e Roberta Vinci, fra le più piccine di statura e lontane finora dai riflettori, che con quelle leve morali— apparentemente astratte, ma incredibilmente concrete — stanno costruendo qualcosa di veramente importante. La riprova è qui agli Us Open, l'ultimo Slam stagionale, dove tagliano da sole il traguardo delle italiane, al terzo turno, soppiantando, di fatto, le capo-squadra di Fed Cup (tre trionfi in quattro finali), Francesca Schiavone e Flavia Pennetta. Dopo una stagione con risultati rovesciati allo specchio con le veterane, a confronto con il 2011. Realtà numeriche talmente evidenti che Sarita e Roby possono rifiutare, sdegnate, in tandem, come sempre, da amiche e compagne di doppio. «Sorpasso, passaggio di testimone, ricambio generazionale? Macché: il tennis è fatto di periodi, di momenti sì e momenti no. L'importante è continuare a lavorare e credere in quello che fai, avere attorno le persone giuste e non distrarsi. Francesca ha carattere e qualità talmente notevoli che supererà questo momento, e Flavia Al terzo turno in singolare anche a New York: sorpassate Pennetta e Schiavone «Ricambio Oggi giocano generazionale? contro Puchkova Macellò, il tennis e Cibulkova per è fatto di momenti un posto negli basta lavorare» ottavi tornerà su presto, ha troppa voglia di far bene e di sacrificarsi. E solo sfortunata, con questo nuovo infortunio al polso destro». Che, a proposito, operato in anticipo, a Barcellona, ha rilevato una lesione all'85% del legamento scafo lunare.


Consapevolezza Pablo Lozano (spagnolo) e Francesco Cinà (siciliano) sono gli angeli custodi di Errani e Vinci: allenato-ri/educatori/psicologi, sono in sintonia anche loro, e trasmettono equilibrio e serenità attraverso messaggi talmente univoci da ottenere le medesime risposte dalle ragazze. Tanto diverse in età (25 anni contro 29), nascita (romagnola e tarantina), carattere, aspetto e stile di gioco, ma ugualissime nelle reazioni. Così, Sarita lotta col coltello fra i denti per superare al primo turno la potente Muguruza dopo circa 3 ore e al secondo disintegra Dushevina (6-0 6-1 in 48'), e Robertina vola all'esordio contro Urszula Radwanska e poi deve salvare due match point per domare bum-bum Shvedova. E tutt'e due non si sorprendono della propria esplosione, sempre in coro: «Lavoro e risultati danno fiducia e stabilità, ci si sente più forti e sicure, e così si supera anche la stanchezza. Che, a fine stagione, dopo aver giocato tanti singolari e doppi, si avverte eccome, ma gli obiettivi da raggiungere sono ancora importanti».


Lavoro Sara, computerino da fondocampo, è arrivata al 9 del mondo (oggi è 10), Roberta è stata 18 (ora 19). Ufficialmente, Sara punta al Masters delle prime 8, a Istanbul, in realtà cerca un altro colpo-Slam, dopo l'impronosticabile finale al Roland Garros di maggio; Roberta pure, ma è già al Masters B di Sofia, con le prime-seconde 8 vincitrici di almeno un torneo di fascia. Sara e Roberta hanno lavorato molto. La Errani si auto-applaude per il servizio: «Ho alzato la percentuale di prime palle in campo, anzi, ero prima a fine 2011 nella classifica Wta e lo sono ancora, ne sono orgogliosa perché, non avendo un servizio potentissimo, devo migliorare le percentuali. Anche se farò sempre fatica su quel colpo». La sua superiorità vera è in risposta: con 45.7% di punti sulla prima e 52.3 nei game. La Vinci è felice del dritto: «È più incisivo. Il rovescio è per contenere, per giostrare, ma i punti li faccio col dritto». Anche se è con la manina dolce, a rete e nei lob, che scombussola le macchine da guerra di oggi. Come Olga Puchkova e Dominika Cibulkova, russa e slovacca, ma sempre «ova», e sempre macchine, oggi, al prossimo incrocio. Verso ottavi da sogno.


Errani e Vinci, che coppia! (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport, 01-09-2012)


È pronta ad aggiungere un'altra perla Sara Errani al suo meraviglioso 2012: una vittoria contro la russa Olga Puchkova, proveniente dalle qualificazioni, e Salita centrerà, perla prima volta, gli ottavi agli US Open. La Puchkova, una delle diverse russe che vivono in Florida, è solo la 143 al mondo. “Non la conosco benissimo - ha detto la Errani - ma so che gioca piatto e tira forte. Una buona avversaria per un terzo turno? Beh, essere tra le prime teste di serie in uno Slam ti aiuta ad avere un buon tabellone”.

Giovedì la Errani ha completamente demolito l'altra russa Dushevina in 48' (appena 19 per il primo set) concedendole solo un gioco, nel secondo set. «Ho giocato bene - le sue parole - meglio sicuramente dell'esordio anche se, tennisticamente, non mi sento ancora benissimo, anche se ora sono più sciolta. Però siamo al terzo turno e in uno Slam non è male. La partita? Io ho fatto il mio, niente di eccezionale, la mia avversaria ha sbagliato tantissimo, mi è apparsa confusa perchè nel primo. game ha fatto anche il serve and volley».


VINCI, CHE GRINTA! - E sempre il tennis in rosa a regalarci le soddisfazioni più grandi e una confrma è arrivata anche da Roberta Vinci che attaccando, e sotto 3-5 al terzo, in 2h11' ha superato la kazaka Shvedova e sulla strada verso gli ottavi troverà la slovacca Dominika Cibulkova (numero 13 del tabellone). «Ho fatto una gran partita - ha detto soddisfatta l'azzurra - Sono stata brava a restarle sempre attaccata. Lei forse alla fine ha accusato la stanchezza. Se sono cambiata in questi ultimi tempi? Ho vinto tante partite. Si, mi sento forte».


FORZA FLAVIA - Da New York, attraverso un video di Supertennis, sono partiti anche gli auguri per Flavia Pennetta, reduce dall'intervento chirurgico al polso. Prima Corrado Barazzutti e Fabio Fognini hanno mandato un "in bocca al lupo" alla brindisina. Poi il microfono è passato a Sara Errani e quindi in chiusura Roberta Vinci: «Scrivimi - ha detto la tarantina - non sapevo che avevi anticipato l'operazione, l'hai detto a tutti e non a me... Torna presto, ti voglio bene».


L’ultima volta di Roddick: “Chiudo con gli US Open” (Stefano Semeraro, La Stampa, 01-09-2012)


Anche quando la gente pensava che per me fosse dura, io mi sono sempre sentito fortunato e privilegiato. Ho avuti grandi opportunità, e non rimpiango nulla, non cambierei un giorno della mia carriera. Ho amato ogni minuto che ho vissuto».


E' l'Us Open degli addii eccellenti, dopo mamma Clijsters giovedì è toccato ad Andy Roddick. II campione di un solo Slam (ma di 32 tornei Atp), gli Us Open del lontanissimo 2003, numero 1 del mondo per 13 settimane a cavallo con il 2004, il Paperoga tutto servizio, dritto e autoironia che in tre sfortunate finali di Wimbledon ha inseguito l'inarrivabile beep-beep di nome Roger Federer, finendo puntualmente inghiottito da una nuvoletta di delusione.
Il 30 agosto scoccava il suo 30 compleanno e in serata Andy ha convocato una conferenza-agguato sorprendendo tutti. «Ve la faccio corta - ha detto - alla fine di questi Us Open mi ritiro. Era un po' che ci pensavo, ma quando sono uscito da Wimbledon ho capito che non ci sarei tornato l'anno prossimo».


Federer ha 31 anni ed è ancora il migliore, «ma l'anagrafe è un numero, voi giornalisti dovete capire che siamo tutti diversi, non c'è una regola. Non sono mai stato uno interessato a sopravvivere nel Tour, nella vita ci sono tante cose che mi piace fare. Amo la mia casa, la mia famiglia e mia moglie (facile, visto che si tratta della superbionda attrice Brooklyn Decker), e il mio cane sarà contentissimo di vedermi in giro». Con il suo piglio da american boy un po' gringo un po' sportsman, un filo presuntuoso ma mai banale, Roddick è sempre stato capace di far infuriare gli arbitri ma anche di restituire un punto all'avversario - capitò a Roma - a costo di perdere la partita. E' stato il più giovane vincitore americano degli Us Open, nel circuito arrivò a forza di prime palle assassine e di dritti martellanti e il suo vero errore è stato nascere in un'epoca sbagliata. Ha approfittato, come Hewitt e Ferrero, del momento di interregno fra la fine di Sampras e l'inizio di Federer, ma lo ha fatto ad un livello più alto. Portando sulle spalle il peso del tennis americano in versione maschile, mentre le Williams se lo palleggiavano nel femminile, e svezzando con umiltà (come quando a Wimbledon fece da pizza-boy ad un Isner stremato dalla maratona con Mahut) una new vawe di talenti che oggi lo incalza.


Per 9 anni consecutivi, fra il 2002 e il 2010, Roddick ha dimorato fra i primi 10, solo il Genio svizzero fra i tennisti in attività lo batte in questa statistica. E' la prima grande stella di una generazione di fenomeni che dice goodbye: nel 2011 era scivolato fuori dal recinto, oggi è n.22; anche se a Miami in marzo aveva battuto Federer era chiaro da tempo che non sarebbe più tornato alle antiche glorie. Wimbledon è stata la sua delizia e la sua croce - vedi la finale del 2009, persa 16-14 al quinto set - gli Us Open lo show del cuore insieme al Saturday Night Live, cui ha partecipato come ospite non sfigurando affatto: «New York ti trasmette un'energia pazzesca, è un onore essere una piccola parte della storia di questo torneo». Ora si occuperà della sua fondazione, diventerà un commentatore di successo. E in molti, profetizza Mats Wilander, «ci accorgeremo che è stato più grande di quanto sospettavamo».

 
Errani e Vinci avanti agli US Open, fuori Venus, Roddick al passo d’addio (Alberto Giorni, Giorno – Carlino – Nazione Sport, 01-09-2012)


TENERE alti i colori azzurri a New York ci pensano Sara Errani e Roberta Vinci. Oggi le due grandi amiche saranno impegnate al terzo turno degli Us Open dopo aver superato scogli molto diversi. La Errani ha travolto la russa Dushevina 6-0 6-1 in soli 48 minuti e ha una grande occasione per approdare agli ottavi: affronterà la russa Puchkova, n 143 del mondo. La Vinci è invece uscita vincitrice da un'intensa battaglia con la kazaka Shvedova: nel terzo set, sotto 4-5, ha annullato due matchpoint prima di imporsi 3-6 7-5 7-5. Ora se la vedrà con la slovacca Cibulkova. Tra i big, Venus Williams è uscita per mano della tedesca Kerber, impostasi 6-2 5-7 7-5. Intanto, dopo la Clijsters, anche Andy Roddick ha dato l'addio al tennis.


Venus lotta, ma poi cede: “Non penso al ritiro” (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 01-09-2012)


Il giorno e la notte, qui a Flushing Meadows, funzionano spesso al contrario. La grande battaglia della «night session» di giovedì premia, dopo mezzanotte, la Cenerentola sbagliata per il pubblico, la tedescona bionda Angelique Kerber e non Venus Williams, e fa impallidire tutti i match della «day session» di venerdì. Difficile dimenticare la reazione di cuore della regina degli Us Open 2000-2001, che l'anno scorso si ritirò per la sindrome di Sjogren che la sfiniva, e adesso, da 2-6 0-2, reagisce alla picchiatrice mancina, strappa il 7-5 della speranza e anche l'illusorio 4-2, ma poi crolla per 7-5 dopo 2 ore e trequarti: «Non penso al ritiro, se avessi messo altri due colpi avrei forse vinto il torneo, non sono stata distrutta, là fuori, mi sono battuta io, con 60 errori gratuiti (16 doppi falli), è molto difficile vincere un match così, e contro la numero 6 del mondo, che l'anno scorso è arrivata in semifinale. Ho lottato duro, ci ho provato davvero, sono stata molto aggressiva, ma non ho trovato l'equilibrio: facevo solo errori». Svolta L'Ashe è una polveriera, il pubblico rumorosissimo, anche scorretto, che spinge Venus addirittura 48 volte a rete: «C'era gente che gridava. Lo so, non è proprio da etichetta del tennis, ma è la prima volta che gioco qui e la gente mi sta dietro così. Per la prima volta mi sono sentita davvero americana qui agli Us Open. Ho aspettato tutta una carriera questo momento ed è arrivato». Un fattore che la Kerber rovescia, coprendosi la testa con l'asciugamano ai cambi campo e accettando il braccio di ferro con Venus, stremata dallo sforzo: «Alla fine del secondo set, ero nervosa perché ero troppo difensiva, quando sono andata sotto 4-2, mi sono detta: "Non hai più nulla da perdere, fai il tuo gioco e vedi quello che succede». Del resto, quest'anno, la tedesca dalle gran sbracciate da fondo è 19-2 al terzo set: «Io lotto fino all'ultimo punto».


Robson Vincono Kerber e Kvitova, la mancina Lepchenko mette paura per un set alla Stosur, ed esplode la 18enne inglese Laura Robson che, dopo aver chiuso la carriera di singolare di Kim Clijsters, fa fuori la numero 8 del mondo, Li Na. Sciagura-Gulbis, dopo la rimonto-na con Haas, s'arrende alla wild-card Steve Johnson, numero 246 del mondo. E tutti in America rimpiangono Andy Roddick anche lui all'addio qui a New York: ma ha vinto quanto poteva oppure no?

 

Atene contro Sparta all’US Open (David Foster Wallace, Il Corriere della Sera, 01-09-2012)


Gli ombrelloni, le sedie e i grossi frigo di bevande con la scritta Evian dei giocatori sono ai due lati della sedia arbitrale alla base dello strapiombo occidentale dello Stadium, in una striscia d'ombra lunga e sottile che s'increspa quando le persone in alto muovono la testa, un'ombra dove si sta freschi — come sto fresco io, all'ombra dell'omaccione accanto a me che ha un sensazionale tre pezzi di velluto azzurro e quello che sembra una specie di enorme sombrero — ma il caldo è estivo, il sole esplosivo calando sembra gonfiarsi, posizionato com'è alle 15.35 a circa quaranta gradi sopra i parapetti O dello Stadium; e il Grandstand Court, attiguo al lato E dello Stadium, è tagliato di netto dalla famosa ombra Grandstand pomeridiana che in questo momento Jim Courier sta usando per vivisezionare Kenneth Carlsen sotto gli occhi degli avventori del Racquets (il ristorante di vetro dove non trovi mai posto costruito nel muro che separa il lato O del Grandstand da quello e dello Stadium) e dei seimila e passa spettatori, i cui fischi e applausi nazionalistici si insinuano in buona parte nella piega sonica dello Stadium facendo da colonna sonora stridente e surreale agli scambi di Sampras e Philippoussis che intanto si riscaldano.


Sampras colpisce la palla con l'economia disinvolta che caratterizza tutti i veri campioni in fase di riscaldamento, la serena nonchalance di un animale in cima alla catena alimentare. Vincitore di Wimbledon a parte, questo terzo turno ha un fascino tutto suo perché vede fronteggiarsi due greci che non vengono dalla Grecia, una specie di Guerra del Peloponneso postmoderna. Philippoussis, appena diciottenne, compagno di Patrick Rafter nei doppi, entrato nella Top 100 in questo suo primo annodi tornei, potenziale superstar e vero rubacuori, ha qualcosa di Sampras — stesso rovescio a una mano e leggero giro di polso nell'apertura del dritto, stessa carnagione caffelatte, sopracciglia alla Groucho e capelli nerissimi che col sudore diventano lucidi — ma l'australiano è più lento in azione e in confronto alla strana grazia disossata di Sampras risulta quasi maldestro, pericolosamente grosso, le spalle squadrate com'è dei ragazzoni pesanti con la schiena disastrata. In più sembra avere qualche problema di aggressività da risolvere: colpisce la palla con tutta la forza anche in fase di riscaldamento.


Sembra brutale, Philippoussis, spartano, uno grosso e lento che gioca meccanicamente di potenza da fondocampo, con una cattiveria gelida negli occhi, e a paragone Sampras, che non è esattamente un pallettaro, appare quasi fragile, cerebrale, un poeta, saggio e triste allo stesso tempo, stanco come solo le democrazie sanno esserlo, l'espressione impaurita e la stessa strana malinconia post-Wimbledon che l'ha perseguitato per tutta l'estate a Montreal, Cincinnati, eccetera.


A prescindere dall'epico 2-6, 6-2, 4-6, 6-3, 7-6 di Thomas Enqvist nel primo turno contro Rios e della vittoria stiracchiata di Agassi contro Corretja nel secondo turno, si è tentati di considerare l'imminente partita come il clou, finora, degli Open: due rivali etnicamente aggressivi e archetipicamente distinti, un contrasto non solo nello stile di gioco ma nell'orientamento di fondo rispetto alla vita, all'immaginazione, all'uso della potenza... Senza contare, ovviamente, gli interessi economici.


Le quattro pareti che circondano lo Stadium Court sono coperte da una specie di telone azzurro cloro che riporta in bianco, tutt'intorno al campo, le scritte Fujifilm, «Redbook Magazine», «MassMutual», «US Open 1995 — Un torneo Usta», Café de Colombia (corredato dal tratteggio bianco di Juan Valdez con il fedele mulo), Infiniti, Tampax e via dicendo. Il tennis professionistico viene sempre definito sport internazionale ma sarebbe più esatto definirlo sport multinazionale: fiscalmente parlando, è in larga parte il settore marketing di grandissime aziende, e non solo degli enormi conglomerati che finanziano il torneo come Ibm e Corel. Il grosso dei guadagni di quasi tutti i professionisti deriva dai contratti pubblicitari. Ogni singolo luogo e strumento legato a manifestazioni professionistiche riporta qualche tipo di pubblicità. Perfino i nomi ufficiali di quasi tutti i tornei professionistici sono quelli delle aziende che hanno ottenuto il titolo di sponsor ufficiale: gli Open canadesi quest'anno erano gli «Open du Maurier Ltd.» (dal produttore di sigarette canadese), a Monaco erano gli «Open Bmw», a New Haven erano i «Volvo International» (nel '96 saranno i «Pilot Pen International»), a Cincinnati i «Campionati Thriftway Atp» e via dicendo. Essendo gli US Open uno Slam e un campionato nazionale, non hanno uno sponsor ufficiale come Monaco o Montreal; ma lo status di Slam, lungi dal decommercializzare il torneo, serve solo a rendere più da capogiro i tanti finanziamenti commerciali. Gli Open hanno uno sponsor ufficiale non solo per il torneo ma per ciascuna delle tante singole manifestazioni del torneo: Infiniti sponsorizza i singolari maschili, «Redbook» i singolari femminili, MassMutual i maschili juniores e così via.


Il giudice di sedia ha decretato l'inizio del gioco e Sampras si predispone a servire sollevando la punta del piede anteriore mentre lancia alta la palla in quel modo tutto suo. Non ero mai riuscito a vedere Sampras giocare dal vivo, ed è un atleta molto più bello di quanto sembri in tv. Non è particolarmente alto né muscoloso, ma ha un servizio dall'effetto quasi wagneriano e da distanza così ravvicinata si vede che è perché Sampras ha un misto magico di flessibilità e tempismo che gli permette di riversare tutto il peso della schiena e del busto nel servizio — l'intero corpo scatta come di norma solo un polso sa fare — e che dipende dalla posizione curva e raggomitolata da cui avvia i movimenti del servizio, sollevando solo la punta del piede anteriore e prendendo la mira da sopra la racchetta come se avesse una balestra, una serie di movimenti che in tv sembrano tic eccentrici ma che dal vivo danno l'impressione che il corpo sia un unico grosso muscolo, una specie di anguilla arrabbiata pronta al guizzo. Philippoussis, che tra un punto e l'altro ama fare un piccolo balletto sul posto, aspetta il servizio senza tradire la minima espressione.


La fascia che ha in testa si abbina alla maglietta a strisce tipo caramella. I display dei tabelloni segnapunti ora sono programmati per tenere il punteggio anziché lampeggiare pubblicità. Il nome di Philippoussis si ritaglia una bella fetta orizzontale di ogni tabellone. La parete tra lo Sta-dium e il Grandstand (e rispetto a noi) è sormontata dalla tribuna stampa che la percorre per intero e fondamentalmente sembra la più grande casa mobile del mondo, gli scuri alle finestre calati contro il sole pomeridiano. Tre punti hanno dato come risultato un ace, una risposta vincente su battuta e un lungo scambio che si conclude quando Philippoussis scende a rete invitato da una palla non esattamente sul rovescio e Sampras cerca l'angolino alla destra del rettangolo di servizio caricando incredibilmente il colpo. La ferocia del rovescio di Sampras è un'altra delle cose che la tv non comunica bene, il suo controllo sull'ovale della racchetta fa pensare più a quei colossi da terra battuta con gli avambracci come cosce di bue, il topspin così caricato da distorcere la forma della palla mentre il passante cade giù a piombo. Il malvagio ma cyborghiano Philippoussis finora non ha tradito niente che somigli a una vera espressione facciale. Si direbbe che nemmeno sudi. Due tipi attempati nella fila subito dietro la mia esortano Sampras sottovoce, chiamandolo «Petey», e mi viene spontaneo pensare che siano amici o parenti. E appollaiata sopra la tribuna stampa — cioè più o meno all'altezza dell'antenna di una stazione radio — c'è una pubblicità che gli US Open 1995 fanno a se stessi. E l'enorme stampa puntinista nei colori pastello di un pubblico dello Stadium Ntc intorno a un campo smisurato, la prospettiva stranamente scordata e il famoso skyline di Manhattan immediatamente sullo sfondo come decisamente non si staglia nel vero Flushing Meadows di Queens; e sopra e oltre il cartellone la grossa zucchina del dirigibile della Fuji Inc. galleggia lenta contro il ceruleo del cielo estivo di gran lunga più bello che abbia mai visto a New York City. Non solo l'aria del weekend del Labor Day agli Open 1995 è priva di umidità e intorno ai ventisei gradi, il sole cocente, il vento leggero e il cielo dell'azzurro troppo vivido di un film colorato, ma l'aria del cielo è limpida, l'aria ha il profumo buono, intenso e dolce dei panni stesi ad asciugare, risultato non solo di un mese senza pioggia ma anche di un assurdo fronte di alta pressione che questo weekend è frullato fuori dallo spazio aereo sopra la Nuova Scozia spazzando gli ossidi e le puzze che NYC si merita e spedendoli sul New Jersey. L'aria nella conca dello Stadium si fa più fina e pungente man mano che sali lungo gli spalti, finché, se monti sopra il frigo portatile Michelob che qualcuno ha introdotto clandestinamente nell'ultima fila di gradinate, sbirci da sopra la parete che dà a E oltre il bordo della tribuna stampa e guardi giù oltre il grosso cartello che dice: BENVENUTI AGLI US OPEN 1995 Un torneo Usta vedi arrivare loro, Loro, un'enorme massa serpentina, gli spettatori che ancora arrivano alle 16.15 e visti da questa distanza sembrerebbero tutti i newyorkesi che non si sono rifugiati negli Hamptons per il lungo weekend estivo. Gli US Open sono un grande evento per NYC. Il sindaco Dinkins non c'è più — quel Dinkins che faceva deviare le rotte di atterraggio all'aeroporto LaGuardia apposta per gli Open — ma, anche sotto Rudy Giuliani, per due settimane una città che di norma non darebbe un soldo bucato per uno sport aristocraticamente privo di contatto fisico come il tennis mostra grande partecipazione. Al Bowery Bar arbitraggisti trentenni in smoking non a noleggio dissezionano le partite e speculano su come la temporanea assenza della Seles dai campi da gioco condizionerà i suoi contratti pubblicitari ora che è tornata. I portieri croati lamentano la prematura uscita di scena di Ivanisevic. In metropolitana, un drappello di ragazzotte toste in tenuta di pelle e capelli fosforescenti conviene che anche se la Graf, la Seles e la spagnola con quella faccia e l'imene nel nome potrebbero dominare la classifica, guai a scordarsi dell'americana Zina G. che questo è il suo canto del cigno prima, tipo, che esca di scena. Oppure, per esempio, venerdì 1 settembre, il giorno dopo la rinascita di Agassi in cinque set contro Corretja, un conducente di autobus libanese della Grev Line in servizio dall'aeroporto LaGuardia si ritrova perfettamente d'accordo sulla riabilitazione di Agassi come uomo con un anziano passeggero masticatore di sigaro mai visto né conosciuto:


- Dice che prima era una peste, un arrogante, capito che intendo?
- E cresciuto. Ora ha le palle.
- Ieri sera sì che ha giocato una gran partita. Ecco che intendo.
- Prima era solo un capellone. Ora è cresciuto. Ora è una persona.


Fatto sta che arrivano, quarantamila ieri e quarantunomila oggi, pronti a scucire venticinque-trenta dollari per un biglietto, sempre che riescano a procurarselo. Arrivano con la metropolitana infernale e stigia dell'Irt scendendo al capolinea della linea 7, la fermata Shea-Willets. Convergono nel Queens NE tramite le autostrade Van Wyck, Long Island e Whitestone, tramite l'Interborough, la Grand Central Parkway, il Cross Bay Boulevard, portandosi dietro quattrini in quantità e qualunque santino aiuti a trovare parcheggio.


Bergamo, avanza Karin Knapp. A Como ride solo Gianluca Naso (Andrea Facchinetti, Andrea Facchinetti, Il Giorno Sport)


KARIN KNAPP si conferma la più accreditata pretendente al titolo nel "Trofeo CPZ", torneo internazionale femminile del circuito ITF con un montepremi di 10000 allineatosi alle semifinali sui campi in terra battuta del Tennis Club Bagnatica. L'altoatesina, numero 1 del tabellone e numero 130 Wta, ha regolato la pericolosa colombiana Yuliana Lizarazo (n 438) per 6-3, 3-6, 6-4, tenendo a distanza un'avversaria che arrivava da una vittoria, una finale e una semifinale raggiunte negli ultimi tre tornei disputati e per ben quattro volte si è trovata in vantaggio di un break nel set decisivo. Oggi l'allieva di Francesco Piccari affronta Anastasia Grymalska (6-0, 4-3 e ritiro di Giulia Gatto Monticone). La pioggia ha impedito il completamento dei due incontri della parte bassa del tabellone, con Alice Balducci in vantaggio su Corinna Dentoni per 6-4, 5-3, mentre Maria Elena Camerin e Marina Shamayko giocheranno stamattina.


NEL TORNEO MASCHILE "Città di Como" sorride il solo Gianluca Naso, unico italiano ad avere raggiunto le semifinali. Il 25enne ha approfittato del ritiro del tedesco Julien Reister prima ancora di scendere in campo per approdare alla seconda semifinale stagionale sul circuito (due mesi fa vinse a San Benedetto del Tronto) che gli consentirà, comunque vadano a finire le cose, di ritoccare il suo best ranking fino al numero 170 (attualmente è 183). Nella semifinale odierna sulla terra battuta comasca non troverà Giannessi, battuto 6-3, 6-4 dall'austriaco Andreas Haider Maurer.
 

comments powered by Disqus
QS Sport

Si scaldano le trattative di mercato: Milan e Juventus attivissime, la Roma blinda Florenzi; Thohir dice no all'Atletico Madrid per Icardi e Handanovic. Maxi Lopez è del Chievo, Trezeguet torna al River Plate

Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti