05/09/2012 13:01 CEST - Rassegna nazionale

Errani-Vinci, la sfida dell’amicizia (Martucci). Un giorno da nemiche (Zanni). Le amiche ritrovate alla conquista di New York (Piccardi). Le amiche coraggiose (Clerici). Carissime nemiche (Giorni). E’ il giorno speciale del tennis italiano (Giua)

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Errani-Vinci, la sfida dell’amicizia (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport 5-9-2012)

Troppa roba per due che vanno da sempre «piano piano». Con la semifinale pure in doppio, Sara si prende anche il numero 1 del mondo, e Roberta il 2. Con i primi quarti in assoluto di due italiani nello Slam, l'Italia diventa per la prima volta la nazione più rappresentata fra le donne in questi storici Us Open. Con gli incroci di vittorie-sconfitte di New York, oltre alla sicura qualificazione al Masters di doppio, lunedì Saretta sale sicuro almeno al numero 8 (da 10) del mondo e Robertina almeno al 15 (da 19). Sara Errani e Roberta Vinci ridono e scherzano come sempre. Da tre anni si allenano e giocano in doppio insieme, si frequentano anche fuori dal campo, insieme ai fidati allenatori Pablo Lozano e Francesco Cinà, ma oggi la loro grande amicizia fa un test importante.

«No, alla fine è solo una partita di tennis, la nostra amicizia è inattaccabile», fende i dubbi Roberta, che usa la racchetta come un fioretto. «Spero, penso, che qualsiasi cosa succederà, poi andremo lo stesso a cena assieme, come alla vigilia di questo match sicuramente importante», dubita Sara che, quando ti strangola col suo gioco incalzante e cattivo da fondo, fa male male. «Se mi bussa alla porta e non riesce a dormire, la lascio entrare come farei prima di un altri qualsiasi match. Coccolarla? Beh, adesso, anche coccolarla poi...». Roberta è «molto contenta, quasi eccitata», Sara svicola: «Non posso dire che, dopo Melbourne e Parigi, sono abituata ai quarti Slam, sento la tensione di un torneo molto importante». Roberta lo sa, lo ha sempre saputo: «Sara è molto forte, solida, molto dura mentalmente, sbaglia poco, da fondo mette una grande pressione, magari non ha un servizio molto forte. Comunque, per batterla, devo giocare una grande partita. Non sarà una passeggiata. Il veloce aiuta me, sulla terra rossa sarebbe ancora più difficile».

Sara, che ha vinto le ultime tre volte contro l'amica, dopo averci perso le prime due, sa che ha una sola via: «Lottare, lottare come sempre, e dare il massimo. Il suo gioco dà fastidio perché è completo ed aggressivo». Inutile chieder loro un pronostico. «Ce la giochiamo, come due professioniste, tutt'e due vogliamo vincere», dice la Errani. «Purtroppo non c'è il pareggio, l'X della schedina», puntualizza la Vinci. Che ammette: «Mi piace il mio tennis così pieno di varietà, a 29 anni ho smesso di aver paura, non sono più negativa se le cose vanno male, le vittorie danno tranquillità». Coppi. Giocano in tandem in campo, come fuori, senza «un capitano»: «Ci conosciamo talmente bene che ci alterniamo, una volta decide lo schema una, un'altra l'altra, e ci confortiamo e stimoliamo a vicenda». Sono reali, umane, sincere. «Che bella sensazione essere numero 1 del mondo in doppio, che soddisfazione come coppia, è un anno pazzesco, siamo proprio una coppia forte. Potrei andare al Masters anche in singolare? So che c'è la possibilità, ma la Stosur ha poi perso?», bluffa malissimo la Errani scoppiando in una risata irrefrenabile consultando l'amica: «Sia lei sia la Li possono ancora vincere uno dei grandi tornei, fra Tokyo e Pechino, e i miei 900 punti di vantaggio spariscono».

Le formichine hanno cominciato a correre: «Al numero 1 abbiamo cominciato a credere pian pianino, come sempre. Certo, dopo la vittoria del Roland Garros... Noi siamo due ragazze che non chiediamo tutto e subito, ma abbiamo i nostri obiettivi, ed è giusto che li raggiungiamo, col lavoro». La molla-orgoglio è fenomenale: «Vogliamo andare avanti per noi stesse e per le persone che ci sono più vicine, e siamo contente di farci notare anche in Italia, è davvero bellissimo». Sfogo Una volta fuori dalla morsa di microfoni e taccuini italiani, si perdono nelle domande incrociate in inglese e spagnolo. «Prima del match io mangio riso e formaggio», rivela Sara. «Troppo facile: Sara tifa Milan, l'idolo era Maldini», racconta Roberta. «Il mio colpo migliore non è la lotta, dai, è la smorzata», ammicca Sara. Che incalza: «Roberta giocherà in rosa, e anch'io, preferiamo quella tenuta a quella bianca. Saremo uguali, come in doppio. Chi chiama subito dopo aver vinto? Spero me (…)

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Un giorno da nemiche (Roberto Zanni, Corriere dello Sport 5-9-2012)

Sara o Roberta? La storia, quella del tennis, è lì che aspetta: quale sarà la prima italiana, di nascita, all time a centrare le semifinali degli US Open? Finora c'è riuscita solo Maud Levi Rosenbaum, ma era il 1930 ed aveva solo il passaporto italiano. Per il momento, in attesa della grande sfida, agli US Open, in semifinale, Sara Errani e Roberta Vinci ci sono andate tutte e due, con il doppio: dalla prossima settimana saranno le nuove numero 1 al mondo (già qualificate per il Masters) e ora sono anche le teste di serie più alte (numero 2) rimaste, favorite per vincere il titolo a Flushing Meadows.

Ma il giorno è oggi: due italiane contro nei quarti a New York, una partita da vedere perchè non c'è mai stata prima. Due azzurre, due compagne di doppio, ma soprattutto due amiche. Cosa vale di più? «L'amicizia - dice sicura Roberta - lunedì, quando sono rientrata negli spogliatoi dopo la vittoria sulla Radwanska c'era Sara ad aspettarmi. Ci siamo messe a piangere. Lacrime di gioia, ma le mie erano anche di paura, era nervosismo, c'erano tante emozioni tutte assieme, qui sto vivendo momenti fantastici. Sono felice, anzi siamo felici». Sara un paio d'ore prima, subito dopo il suo successo sulla Kerber aveva pensato a Roberta: «Speriamo che vinca - aveva detto emozionata - io e Roberta siamo molto amiche fuori dal campo e questo ci è servito molto, anche per i nostri successi in doppio. Ci si aiuta, anche se c'è da aggiungere che quest'anno stiamo giocando molto bene, entrambe».

Ma anche se si devono affrontare per un traguardo così prestigioso, le abitudini non cambiano, si continua come sempre. «Quando si gioca nel singolare - spiega Roberta - non ci scaldiamo mai assieme, non importa quale sia l'avversaria, lo facciamo solo per il doppio, quindi sarà così anche questa volta. E il fatto di doversi affrontare per un posto nella semifinale degli US Open, di uno Slam, non ci toglierà l'appuntamento a cena, lo facciamo sempre, perchè non questa volta?»

LA CATTIVERIA - Ma alla fine qualcuno dovrà vincere... «Sara è la favorita - continua la Vinci – poi le ultime tre partite che abbiamo fatto le ha vinte sempre lei. Dovrò metterle pressione, perchè se gioca dal fondo mi straccia. Certo il veloce mi aiuta un po', sarà di sicuro una partita interessante e saremo cattive tutte e due in campo, io voglio vincere e lo vuole anche Sara. È lo sport, è naturale, una volta dentro dai tutto, poi finita la partita, quello che resta è l'amicizia. Il rapporto che c'è tra noi non può certo cambiare per un posto in semifinale. Tutto resterà uguale» . Mai pensato che sarebbe stato meglio un quarto non 'fratricida'? «Sono contenta di giocare contro Sara - ha aggiunto - così siamo sicure che una italiana andrà in semifinale. Lei è la mia migliore amica, quindi sono davvero felice di poterla trovare qui in una partita così importante». È la continuità del tennis azzurro in rosa: Pennetta, Schiavone e adesso Errani e Vinci: «È il tennis italiano che sta andando bene: la vittoria della Schiavo al Roland Garros, Flavia tra le top ten, Sara in finale a Parigi e io che sto cercando di seguire la stessa strada».

QUELLA VOLTA AD ACAPULCO - L'ultima volta che Sara Errani e Roberta Vinci si sono trovate con una rete in mezzo in un torneo è stato nel marzo scorso sulla terra di Acapulco: sembra sia passato un secolo, allora Sara era la 36 al mondo, Roberta la 23. Da quel giorno, vinse la Errani (ora sono 3-2 per la romagnola) e assieme si aggiudicarono anche il torneo di doppio, il ranking mondiale è stato rivoluzionato e grazie alla cavalcata agli US Open Sara ha già virtualmente raggiunto il numero 8 (ed è in corsa anche per il Masters singolare) mentre la Vinci il 15, un record per entrambe: mai così in alto (…)

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Le amiche ritrovate alla conquista di New York (Gaia Piccardi, Corriere della Sera 5-9-2012)

Cenare insieme anche ieri sera, nel solito ristorante italiano con il solito menù dietro il solito albergo tra Park Avenue e la Lexington, potrebbe non essere stata un'ottima idea Ma il codice di comportamento che regola questo specialissimo ménage à deux che ha prodotto il primo quarto di finale Slam tutto italiano della storia, non prevedeva alternative. «E perché mai non avremmo dovuto mangiare allo stesso tavolo? Alla fine si tratta solo di una partita di tennis...». E dunque è lì, occhi negli occhi, da donna a donna e da cuore a cuore, li su quel tavolo apparecchiato di spaghetti e buoni sentimenti (veri), che Sara e Roberta hanno capito in anticipo — prima dei coach Lozano e Cinà, prima del capitano di Fed Cup Corrado Barazzutti, totem di questa famiglia allargata e globetrotter che ogni giorno surroga mamma, papà e fidanzato tra aerei e courts — chi avanzerà in semifinale all'Us Open, oggi, probabilmente contro Serena Williams. L'amica ritrovata (nei quarti di New York) comunque vada a finire è una trama con happy ending (il precedente di Maud Rosenbaum, naturalizzata per matrimonio con il barone Giorgio di Giacomo Levi, semifinalista italiana nel 1930, si perde nella notte dei tempi), il bivio professionale a cui un'amicizia decennale consegna Errani e Vinci, la bionda e la moretta, la Romagna e la Puglia, l'anima divisa in due che per sopravvivere agli urti del circuito strada facendo si è saldata in un intero (da lunedì saranno numero i nel ranking di doppio, ieri a New York si sono qualificate per la semifinale di specialità), l'arma segreta con cui sfidare bielorusse (Azarenka), statunitensi (Williams) e russe (Sharapova, tornata single), le gigantesse da spiazzare con una straordinaria normalità. Non c'è nulla, dentro il playground di Sara e Roberta, arrivate così avanti in tabellone vincendo match contro pronostico (Emani con la n.6 Kerber, Vinci con la n.2 acciaccata Radwanska), che sfugga alle leggi della fisica e del buon senso.

Il derby di New York non è una favola né un miracolo né il frutto di una congiuntura astrale irripetibile. E, semmai, il terminale di una stagione che Serena Williams ha dominato quando ha voluto/potuto (Wimbledon e Olimpiade), lasciando d buffet alle altre (Azarenka a Melbourne, Sharapova a Parigi proprio sulla Errani) ogni volta che si è sentita sazia di antipasti. E il piccolo capolavoro di Sara: tre quarti di finale in tre Slam (è mancata solo sull'erba, roba per intenditori) e quattro titoli in valigia; è d momentaneo vivere al di sopra delle proprie possibilità di Roberta, la maestra mancata che riesce a giocare il suo delizioso tennis anni Trenta quando agli anni Duemila si bucano le gomme. Senza Pennetta (prima top-10) e Schiavone (prima vincitrice Slam italiana) non avremmo Errani e Vinci, e viceversa, il gineceo si invidia e si traina, gelosia a fin di bene, però all'interno del rombo la vena d'amicizia più sincera scorre tra Sara e Roberta («Non sarei qui se non ci fosse lei...» è una frase palindroma), che si conoscono a memoria e con uno sguardo hanno capito tutto ieri sera.

«Chi vince? Sarita» dice la Robi e probabilmente ha ragione, la mascotte è diventata grande, conduce nei confronti diretti (3-2) e sarà brava a prendersi ogni carezza di quell'atteggiamento un po' materno con cui l'amica l'ha guidata in questi anni. Si somigliano? Sì, più di quanto siano disposte ad ammettere. «Io sono più lunatica e permalosa, mi arrabbio più spesso: vorrei essere calma ed equilibrata come Sara» dice Roberta. «Io invece le invidio il servizio e il fatto che la notte, prima di un match importante, non si alza mille volte per andare in bagno come faccio io...» dice Sara (…)

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Le amiche coraggiose (Gianni Clerici, Repubblica 5-9-2012)

Ricordo il balzo e l'esclamazione che attrasse la curiosità e il fastidio dei presenti nella Biblioteca Pubblica di New York, quando, nello sfogliare i giornali utili ad un aggiornamento di "500 Anni di Tennis", mi resi conto che, a fianco di una tale signora Maud Levi Rosenbaum, issatasi alla semifinale degli US Championship nel 1930, tra parentesi, si notava l'indicazione IT. Chiesi allora conferma a Allison Danzig, l'inventore di quello che ora tutti chiamiamo Grand Slam, e quel fenomenale specialista mi spiegò, come cosa ovvia, che la giovane donna, nata a Chicago, fu naturalizzata italiana dopo aver sposato il barone Levi. Mi domando oggi cosa accadrà fra trent'anni al nipotino del vecchio Scriba, quando scoprirà che, in semifinale, allo US divenuto Open, era giunta un'altra italiana, uscita da un confronto tra due connazionali dai nomi Vinci Roberta e Errani Sara. Inizierà, il futuro storico, a chiedersi se quel Vinci non sia un esortativo, e se, come nonna Maud, anche la Errani non abbia nelle sue vene qualcosa di ebreo.

Noterà poi, con una certa sorpresa, che mentre la Errani giunge da una Emilia che da sempre produce ottimi tennisti, dalla Reggi alla Cecchini alla Serra Zanetti, dai Canepele ai Gaudenzi ai Camporese, Robertina Vmci arriva da Taranto, per una sorta di insolito miracolo. Come ebbe, altri tempi, ad anticipare uno scettico presidente Fit, Galgani, sono entrambe nate sotto "una foglia di cavolo", e sono cioè un prodotto di misteriose gravitazioni genetiche, e rappresentanti di un antico talento italico per un'auto educazione, ed un'affermazione di emigranti: con il coraggio che ancor oggi è indispensabile in un'Europa che ancor tale non è.

Delle due, Robertina è sicuramente la più creativa e gestualmente elegante, una delle pochissime ad usare un movimento quasi abbandonato (a torto!) quale il rovescio ad una mano, non solo tagliato, ma seguito addirittura a rete dove ormai, di femmine, vanno solo le triglie. Robertina, se mi si permette, è un esempio di ritardata autostima, perché ha sempre giocato meglio a tennis di quanto affermassero i suoi risultati. Sara mi pare, insieme, un fenomeno di positività, coraggio, intelligenza. Forse, a dispetto della modesta statura e della non imponente muscolatura, possederà qualità native, oltreché una sicura inclinazione alla geometria dei court. La loro vicenda è insolita e complicata dall'amicizia che intercorre tra compagne di doppio. Ma, come ho ascoltato in un video sonoro del blog di Ubitennis: «Perché non dovremmo cenare insieme, come facciamo sempre?» Questo si chiama fairplay, amici. Una parola della quale, in questo paese, non si trova per solito la traduzione.

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Carissime nemiche (Alberto Giorni, Il Giorno 5-9-2012)

Se fosse un film, si intitolerebbe «La mia miglior nemica». Ma non siamo a Hollywood, bensì a New York, e la realtà ha superato la fantasia. Oggi Sara Errani e Roberta Vinci si contendono un traguardo storico, la semifinale agli US Open. Quasi un sorellicidio: amiche per la pelle, la 25enne romagnola (ma nata a Bologna) e la 29enne tarantina per una volta faranno di tutto per farsi lo sgambetto. Intanto ieri sono approdate in semifinale in doppio battendo 6-2 7-6 Goerges e Peschke; in coppia le azzurre hanno vinto 12 tornei, 7 quest'anno, e a fine torneo saranno n 1 al mondo. Cichi e Cichi (come si sono ribattezzate) si ritroveranno dalla parte opposta della rete.

Indimenticabili i successi negli ottavi contro la n°2 Radwanska e la n°6 Kerber: per la prima volta abbiamo due azzurre nei quarti nello stesso Slam e una in semifinale agli US Open (se si eccettua Maud Levi Rosenbaum, americana di nascita e italiana per matrimonio, semifinalista nel 1930), probabilmente contro Serena Williams. Altro record per la Errani: nessuna prima di lei ha raggiunto tre volte i quarti Slam in un anno. Lunedì sarà almeno n 8 Wta, la Vinci come minimo n 15.

«Gli anni scorsi — le parole di Sara, avanti 3-2 nei precedenti — contro le più forti faticavo a credere di farcela, ora ho più fiducia. Il mio gioco non ruba l'occhio? Pur di vincere userei anche la mano sinistra». Battuta la Radwanska, la Vinci in spogliatoio ha trovato Sara ad aspettarla e insieme hanno pianto di gioia: «L'amicizia vale più di una semifinale Slam — ha detto Roberta —, il nostro rapporto non cambierà. In campo non sarà facile, ci conosciamo troppo bene. Il cemento mi aiuta, proverò a essere cattiva, ma poi amiche come prima».

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E’ il giorno speciale del tennis italiano (Claudio Giua, repubblica.it 5-9-2012)

Anch'io, come molti italiani, ieri non ho voluto perdermi un minuto del quarto di finale del doppio femminile, che di solito - ma non a Flushing Meadows - attrae sugli spalti degli slam pochi affezionati. In campo c'erano, in coppia, Sara Errani e Roberta Vinci, che oggi in singolo dovranno odiarsi perché nel tennis è garantito che perdi se sei indulgente con l'avversario (è il tuo alter ego, dunque diventi indulgente con te stesso). Vederle lottare e vincere insieme sul veloce del Grandstand è un piacere: per la serenità evidente, per il gioco divertente, per la sicurezza nei momenti decisivi come il tie break del secondo set. Ormai matematicamente le più forti doppiste del mondo, Errani e Vinci liquidano in due set la tedesca Julia Goerges, 21 del ranking WTA di singolo, e la ceca Kveta Peschke, che nelle ultime stagioni, vicina ai 40 anni, ha ottenuto i migliori risultati in carriera e quindi ora è contesa come compagna da chi punta ad essere competitivo nei tornei di coppia.

Il match si incanala subito come le gemelle del tennis preferiscono: con Sara che sta preferibilmente più dietro e Roberta a chiudere a rete da qualsiasi posizione. Dopo la sospensione per pioggia sul 3-0 a favore, si limitano a tenere alla distanza la ragazza di Bad Oldesloe e l'esperta, dimagritissima ceca. Un 6-2 combattuto anche se mai in forse. Pochi gli errori delle nostre (alla fine saranno 19 contro i 38 delle avversarie), implacabili soprattutto sotto rete.
Stesso copione all'inizio del secondo set, poi Goerges e Peschke trovano dieci minuti di grazia che coincidono con un lieve calo della nostra coppia. Al tie break, comunque, non c'è storia tanto Sara e Roberta sono determinate a prendersi tutto, a cominciare da questa semifinale.

Oggi, pioggia permettendo, alle 17 comincia il duello che sarà cerchiato in rosso nella storia del tennis italiano. Chiunque vinca, avremo un'italiana in semifinale nello slam americano. Non accadeva - quante volte l'avete sentito ripetere? - dal 1930, quando ci riuscì Maud Levi Rosenbaum.

Spero che gli italiani a New York in questi giorni siano presenti in forze al Louis Armstrong Stadium. Proveranno le stesse emozioni di Lorenzo D'Alfonso, un mio lettore che è stato agli US Open il giorno del secondo turno di Sara, quello con la Dushevina. Sentiamolo: "A Flushing Meadows, il sogno di una vita! Come un bambino con un barattolo di caramelle ho goduto del ritardo di tutti i match e quindi dell'ampio programma. Con moglie e bimbi ho girato, guardato doppi e singoli. Di corsa siamo riusciti a vedere anche pochi games della Errani: non di piu', perché abbiamo trovato il Grandstand quando Sara era già 6-0 3-0. Da quando ho iniziato a seguirla a Auckland in gennaio è cresciuta in misura sbalorditiva. Se solo riuscisse a tirare un minimo più forte il servizio... E' una delle prime dieci del mondo per mentalità prima che per gioco. È la sicurezza che mi ha impressionato. E poi c'erano degli anglofoni che con un accento strambo le gridavano: 'andijamo, Sara!' (…)

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