08/09/2012 09:12 CEST - Rassegna Nazionale

Sara,sogno finito (Martucci, Semeraro, Giorni, Sisti, Padoa);Sara e Roberta,un anno magico(Zanni, Valesio, Grassia);Gladiatore Djokovic, torna il re (Martucci, Zanni, Tommasi, Palizzotto); Sharapova cede con Azarenka (Martucci);Quinzi maratoneta (Valesio)

08-09-2012

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A cura di Davide Uccella

Sara, sogno finito (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 08-09-2012)

Facile dirlo ora. E magari riderci sopra col megafono della tv, alla John McEnroe: «L'italiana, per battere Serena, deve giocarci contro insieme alla Vinci, come in doppio». Facile, ora che Serena Williams, la Tyson del tennis, dopo aver demolito tutte le avversarie degli Us Open, lasciando per strada appena 16 games, ne ha concessi appena altri 3, spazzando via per 6-1 6-2 in 64 minuti anche Sara Errani e il suo sogno di una seconda finale stagionale Slam in singolare, dopo quella del Roland Garros, e le tre di doppio con la gemella Robertina.

Differenze Tutti sapevano, tutti capivano la differenza fra una delle atlete più forti e famose di sempre, e la romagnola, tutta carattere e intelligenza. La differenza non è nei cinque anni (30 a 25), dieci chili (70 a 60) e undici centimetri d'altezza (1.74 a 1.64) meno dell'afroamericana, è in potenza, esperienza, classe, oltre che Slam vinti (14-0), tornei (44-6 in carriera, 5-4 quest'anno) e premi ufficiali (38 milioni di dollari contro 3). Tutto. A cominciare dal servizio, per passare a qualsiasi colpo. Ma che cosa sarebbe lo sport se si giocasse a tavolino? E che cosa sarebbe il tennis senza emozioni, cervello, orgoglio, sogni, rabbia, coraggio? Questa è la grande lezione che Saretta dà Sara ha ottenuto il rispetto e l'impegno dell'avversaria: è il suo successo alla super-star Serena, favoritissima in questi Us Open, e ai 18.000 dello stadio più grande del tennis perché non abbassa mai la testa, né la racchetta.

Cuore Perché Cichi, pur sommersa dalla massacrante potenza di Serena, come altre 5 colleghe prima, anche di nome come Ana Ivanovic, ce la mette tutta, le prova tutte, le pensa tutte. Non si dà mai per vinta, da subito, quando perde la battuta sotto il grandinare di dritti, dopo appena 7 minuti, malgrado vada ai vantaggi mentre SuperMac applaude dalla tv: «Serena può tirare vincenti in ogni momento perché anche fisicamente stavolta è a postissimo». Quando raccoglie appena un «15» in tre game di battuta dell'americana, e deve correre come una forsennata di qua e di là del campo a inseguire una palla sempre difficilissima. Quando le succede lo stesso per lo 0-4, e il suo meglio proprio non basta nel troppo evidente contrasto di peso: lei così piccolina contro il super-massimo del tennis. Quando la marea la sommerge, insieme ai 16 vincenti di Serena (saranno 38), e il tabellone scrive 5-0 dopo 20 minuti contro la prima semifinalista italiana agli Us Open.

Esempio
A quel punto, l'afroamericana più famosa dello sport stacca il piede dall'acceleratore e si chiede, forse, se non è stata troppo generosa nei complimenti della vigilia: «Con il suo esempio e la sua attitudine Sara mi ha ispirato». Fosse un match di boxe sarebbe già sospeso. Ma, a tennis, con la racchetta-Excalibur (più lunga di un centimetro che le ha cambiato la vita da un anno in qua), Sara dei miracoli, dopo 27 minuti di calvario, strappa con le unghie e coi denti il primo game. E sorride ed ottiene un bonus d'applausi dal pubblico di casa, ma anche un extra di potenza e determinazione e di ringhiosi «com'òn» di Serena. Con il 6-1 dopo 29 minuti.

Chi la conosce, sa che Sara è piena di rabbia e di frustrazione. Ma non mollerà. Infatti, cede il break d'acchito di secondo set solo alla quarta palla break, solo quando proprio non può ribattere le mazzate dell'americana. E, comunque, anche se deve soffrire dannatamente, anche se non c'è tattica d'attesa da fondo contro chi tira vincenti a più non posso e piazza un ace dietro l'altro (tre di fila per 1'1-3, 9 alla fine), lei sarà lì, pronta ad approfittare di qualsiasi palla un po' più corta o un po' più alta, per spingere lì dove vede uno spicchio di campo aperto. E così è, meritandosi il secondo game, quello dell'1-2, che la gente applaude, che Serena in cuor suo è anche contenta di concedere. Ma meritandosi, così, anche l'attenzione massima, la concentrazione massima, la determinazione massima degne di una grande avversaria. Questa, in definitiva, al di là della nettissima sconfitta, è la soddisfazione maggiore per Sara. Che, a fine novembre giocherà il Masters di doppio e forse anche quello di singolare, Se, contro di lei, anche Serena Williams non può mai staccare il piede dall'acceleratore vuol dire che anche le primissime la temono, e che il suo nuovo record in classifica, lunedì, da numero 7 del mondo, è più che meritato.

Us Open, la corsa di Sara finisce contro il muro Williams (Stefano Semeraro, La Stampa, 08-09-2012)

Sbranata dolcemente, digerita con cortesia. Eliminata, ma non umiliata, e comunque ammirevole nel tentativo di dimenarsi anche mentre l'avversaria la stava triturando. Non con un bang, ma con uno «gnamm!» da fumetto è finito insomma lo straordinario Us Open di Sara Errani, che come era prevedibile è stata deglutita da Serena Williams in una semifmale che lasciava pochissimo spazio alle nostre speranze. «Sara non ha davvero nessuna arma contro la Williams», aveva riassunto con sintesi brutale Mats Wilander prima del match, ed era stato facile profeta: è imita 6-1 6-2, in poco più di un'ora di gioco. La Errani si può consolare con il numero 7 che occuperà nella classifica Wta di lunedì e che vale un'ipoteca anche su un posto al Masters di singolare, dopo un'annata fenomenale fatta di 4 titoli vinti, una finale a Parigi, i quarti agli Australian Open oltre che di questa storica semifinale. E prepararsi serenamente (ops!) alla finale di doppio che giocherà domani insieme con Roberta Vinci, l'amica-amica e compagna di doppio che ieri ha assistito dalla tribuna al match, contro le ceche Hlavackova e Hradecka.

Del resto trattavasi di una sfida profondamente asimmetrica, squilibrata, quasi crudele. Settantacinque chili contro sessanta - un peso medio contro un leggero - un metro e settantacinque contro uno e sessantaquattro, tutto a favore di Serenona, che sul piatto metteva anche cinque anni di più e soprattutto una montagna di titoli: 14 del Grande Slam, 3 solo agli Us Open - e meno male che è lo Slam che le piace di meno - 44 in totale contro i 6 di Sarita. Il servizio più devastante del circuito (insieme con quello di sorella Venus) contro un mezzo sospiro, una seconda palla flebilissima sulla quale Serena si avventava come su un pasto servito. Muscolo contro fosforo, la Pantera Nera contro la Formica Atomica. Si erano già incontrate tre volte in carriera, le due opposte specie tennistiche, e sul cemento del Dubai nel 2009 la nostra meravigliosa insettina era riuscita a strappare anche un set alla felina superior.

Anche stavolta Sarita ha fatto quella che poteva, cercando di estrarre il massimo da suo tennis intelligente, razionale, grintoso ma troppo leggero per impensierire i deltoidi e i bicipiti della Williams. Ha provato a tenere Serena in fondo al campo, ad alzare le traiettorie per sfuggire al braccio di ferro - e in più di uno scambio è anche riuscita a difendersi, evitando di (mire in poltiglia. Di più era difficile chiederle. La Williams ha una ferocia selettiva, si comporta da ganassa solo contro chi la impensierisce veramente o, come le spesso accaduto a New York, si sente braccata dagli arbitri, dal malanimo altrui, dall'ingiustizia del mondo. A Sara aveva riservato anche un omaggio alla vigilia («quello che sta facendo è un'ispirazione per me»), poi l'ha atterrata con una zampata delle sue.

Nella notte italiana fra sabato e domenica incontrerà Vichka Azarenka, che nel derby del gemito ha di nuovo battuto Maria Sharapova (3-6 6-2 6-4). E' la sesta finale in carriera a New York per Serena, la 19esima in uno Slam. L'epilogo più giusto per l'ultimo major della stagione, quasi uno spareggio fra la campionessa degli Australian Open e quella di Wimbledon (oltre che oro olimpico e n.4 Wta), fra la numero 1 del mondo e la più forte tennista degli ultimi 12-13 anni, che vinse qui la prima volta, ancora da cucciola di Pantera, nel 1999.11 match più giusto per capire chi quest'anno è la vera Regina del tennis, l'animalessa più affamata del circuito.

Finisce il sogno di Sara, troppo forte la Williams (Alberto Giorni, Nazione – Carlino – Giorno Sport, 08-09-2012)

NESSUN miracolo. Si interrompe in semifinale la cavalcata di Sara Errani agli US Open, ma non si poteva chiedere di più alla romagnola, prima azzurra ad arrivare a questo punto a New York (se si esclude Maud Levi, italiana per matrimonio, nel 1930). Come era nelle previsioni, Serena Williams si è dimostrata troppo forte e il successo 6-1, 6-2 in 1h04'porta l'americana in finale contro la n 1 Victoria Azarenka, che dopo 2h40' di battaglia ha superato 3-6, 6-2, 6-4 Maria Sharapova. Sara può comunque consolarsi: da lunedì sarà la n 7 della classifica mondiale ( b e s t ranking) e il suo torneo non è ancora fmito: domani tornerà in campo per la finale di doppio insieme a Roberta Vinci contro le ceche Filavackova/Hradecka.

Al battesimo del fuoco sull'Arthur Ashe Stadium (23mila spettatori, il più grande del mondo), sotto gli occhi di Roberta Vinci seduta nel suo box, la Errani va subito in difficoltà: enorme la differenza di potenza tra le due. In svantaggio 5-0, Sara porta a casa il primo game e si guadagna un applauso convinto del pubblico, che vorrebbe più equilibrio. Ma Serena (che non concede neanche una palla break in tutto il match) continua il suo show e sigilla il primo set 6-1 in mezz'ora. Nel secondo parziale la musica non cambia. La Williams strappa il servizio all'azzurra nel game d'apertura e mette il pilota automatico. La Errani porta a casa altri due giochi, ma Serena non ha passaggi a vuoto e le infligge un severo 6-2 chiudendo con un ace di seconda.

OGGI è il giorno del tradizionale Super Saturday (diretta dalle 17 su Eurosport) in cui, oltre alla finale femminile, si disputano le semifinali maschili con una grande novità: non capitava dal 2004 che fra i primi quattro in un torneo dello Slam non ci fossero né Roger Federer né Rafael Nadal. Reduce dall'inatteso exploit contro lo svizzero, il ceco Tomas Berdych proverà a fare lo sgambetto anche a Andy Murray. Dall'altra parte del tabellone, Novak Djokovic ha impressionato nei quarti contro Del Potro e partirà largamente favorito contro lo spagnolo David Ferrer.

Serena troppo forte per Sara, si infrange il sogno della Errani (Enrico Sisti, La Repubblica, 08-09-2012)

Cosi non vale. Non si può. Sport diversi. Si sfidavano un'atleta normale, brava, commovente, e un fenomeno assoluto al top del rendimento. Sara ha giocato, Serena è ingiocabile. Quindi è andata come si poteva prevedere: tanto a poco (6-1, 6-2). Non c'è stata partita. Sara ha messo nella pentola tutto ciò che aveva a disposizione, quello che ha appreso finora, quello che le servirà da domani. Non esce sminuita. Non ha avuto un tabellone difficile (Muguruza, Dushevina, Puchkova, Kerber, Vmci) ma in semifinale non si arriva mai per caso. E pensare che Serena aveva cominciato nervosa. Vecchia storia: qui sente l'ambiente, altrove no. Poche prime in campo nei primissimi secondi. Un segnale? Vana speranza. Sara ha provato a mettere a fuoco la realtà prima che questa la sopraffacesse. Doveva capire in quale luogo magico e maledetto si trovasse prima che glielo facesse capire Serena. Non ne ha avuto il tempo e forse non sarebbe servito a nulla. Non aveva mai giocato nel gigantesco catino dell'Arthur Ashe. Per una tennista giovane, con ampi margini di miglioramento ma con poca esperienza ad alto livello, insomma a livello di semifinali. Di Slam e di Serene assortite, scendere su questo campo, il più grande stadio di tennis del mondo (23.700 spettatori, ma ieri erano solo 18.000) , equivale a entrare a San Siro dopo aver giocato tutta la vita a Bergamo. E non può bastare una finale a Roland Garros, per quanto onorevole, per crescere in fretta. Per evitare di rimanere stritolata ha puntato il rovescio di Serena: hai visto mai che sia meno omicida del dritto? Ma non poteva essere sufficiente. Non con questa Serena, che in cinque minuti ha sciolto l'ansia, ha guardato avanti e ha trovato, come se fosse una banale operazione di amministrazione della vita quotidiana, angoli assassini anche in «estirada»: uno di questi (i130-0 del terzo gioco) sarebbe da mandare in giro per i circoli, fra i bambini di tutto il mondo, dovunque ci sia un po' di tennis e un po' di voglia di imparare, con una postilla: evitate di imitarlo. Sara purtroppo ha dovuto fare i miracoli, o tentare palle corte improbabili nel disperato tentativo disperato di liberarsi dello scambio, per conquistare i suoi punticini sparsi. Serena respingerebbe anche un proiettile. Non solo: farebbe anche punto. La palla dell'americana era di una pesantezza insopportabile. Sara dava tutto, appariva generosa, magnifica nei movimenti. Ma fatalmente troppo arretrata per non cedere alla seconda o terza accelerazione. II 60% delle sue giocate sono avvenute due metri fuori dal campo. Dall'altra parte, lontano anni luce ma purtroppo vicinissima, s'agitava di potenza e di classe una che dopo quindici colpi consecutivi, teoricamente affaticata, sapeva sempre come inventare un cross fisicamente alieno. Avesse giocato contro Del Potro sarebbe cambiato poco. Tradotto in atroci numeri: 5-0 dopo 21 minuti. Due cilindrate diverse. Quando aprono il gas entrambe una scappa via e l'altra (purtroppo) sembra ferma come un palo della luce. Sara ha lottato come un leone, altro che formica, dove ha potuto è arrivata. Ma dall'altra parte c'erano quattro piedi, sei gambe, otto racchette. Un motore creativo e un talento smisurato. Il primo set è sparito,
puf,volatilizzato, al rintocco della mezzora di gioco (6-1). Il secondo è stato poco più lungo ma della stessa sostanza del primo, la sostanza di cui sono fatti i sogni: perché Serena ha giocato da sogno e perché Sara ha sognato fino alla fine, ci ha creduto finché non s'è ritrovata sotto la doccia.

Dice la bolognese: «Non potevo fare di più. Se avessi avuto qualche altra soluzione l'avreste visto. Serena è formidabile. Non ci si abitua mai abbastanza al suo talento. Il mio obiettivo era di restare più a lungo possibile in campo. Ho giocato più di un'ora, ho corso e sudato. Sono contenta». E domani può vincere il doppio. All'una di stanotte, pioggia permettendo, Serena affronterà invece Vika Azarenka che ha vinto la sfida della came viva con Maria Sharapova (3-6, 6-2, 6-4). Serena vuole il suo quarto Us Open, il suo 15 Slam. Provate un po' a impedirglielo.

Sara, era proprio un sogno (Francesco Padoa, Il Messaggero, 08-09-2012)

Il sogno si spegne nella notte italiana, Sara si sveglia dall'incubo delle pallate della Williams, da quei missili imprendibili che sembrano mostri, dalle traiettorie micidiali che alla fine formano una rete nella quale la povera Errani rimane immobilizzata. Poi si sveglia, per fortuna il match è finito, pub riprendere fiato, scacciare quei fantasmi materializzati sotto le sembianze di un gigante spietato.

Non c'è stata partita, in questa semifinale durata solo 64 minuti. L'azzurra ha realizzato 35 punti, contro i 60 dell'americana, ma il dato che spiega chiaramente che tipo di partita è stata, sono i colpi vincenti: 38 a 6 per Williams. È partita come un fulmine, Serena, subito 1, 2... 5-0. Solo qualche bel colpo di Sara, piccole reazioni agli scambi terribili imposti dalla Williams. Ma la battuta è proprio debolina e impotente, mentre quella di Serena è violenta e spesso imprendibile: la velocità media del primo servizio di Sara (132 km/h) è più bassa del secondo della Williams (136). Nove ace a zero: decisivo come previsto, il servizio.

Sul 5-0, pero, un lampo, l'azzurra non vuole il cappotto, con i denti riesce a strappare il primo game. Serena s'indispettisce, e chiude il set senza ulteriori distrazioni. Riparte veloce la statunitense, si porta sul 2-0. Errani prova a rientrare in partita, conquista il suo secondo same, ma ancora una volta Williams s'arrabbia con se stessa e chiude il game successivo con tre ace consecutivi. E va avanti fmo al 5-1, 30-40, match point sul servizio di Sara: ma l'emiliana reagisce, si porta a casa il terzo game e scavai-la l'ora di gioco. Ma ormai siamo agli sgoccioli, sul servizio made in Williams c'è davvero poco da fare: si va sul 40-0, e basta il solo primo match point per chiudere il conto. Con un ace, ovviamente, una bordata che sveglia Sara: l'incubo è finito. Non e stato un bel sogno.

Potrà invece sognare davvero, domani, quando nella finale del doppio, lei e Roberta Vinci, tenteranno di conquistare il primo Slam da coppia numero uno del ranking mondiale. Saranno le ceche Andrea Hlavackova e Lucie Hradecka le avversarie delle italiane.

La Williams, invece, oggi in finale (ore 23, diretta Eurosport) se la vedrà con la bielorussa Azarenka. numero uno del mondo. qualificatasi per la prima volta nella sua carriera per la finale degli US Open battendo la russa Sharapova per 3-6 6-2 6-4.

Dalle donne agli uomini, oggi si giocano anche le due semifinali del singolare. Il serbo Novak Djokovic, numero due del mondo e difensore del titolo a New York, affronterà lo spagnolo David Ferrer, che ha eliminato il serbo Tipsarevic per 6-3 6-7 2-6 6-3. Giovedì Nole aveva battuto, in una sfida di alto livello, l'argentino Del Potro per 6-2 7-6 6-4. «È stata una vittoria in tre set, ma è stata più equilibrata di quello che dice il punteggio. Ci sono stati punti e scambi incredibili, spero che tutti abbiano apprezzato», ha detto il serbo dopo tre ore e sei minuti di partita sul centrale di Flushing Meadows.

E oggi (a partire dalle 17 ora italiana, diretta Eurosport) la sfida con Ferrer. «Sarà un'altra grande battaglia. Sono le semifmali. Ferrerè uno dei giocatori più solidi degli ultimi anni», ha spiegato Djokovic. Nell'altra semifmale si affronteranno il britannico Andy Murray e il ceco Tomas Berdych che ha fatto fuori sua maestà Federer.

Bob e Mike Bryan hanno vinto il torneo di doppio maschile: i gemelli statunitensi hanno superato il ceco Stepanek e l'indiano Paes 6-3 6-4. Per i Bryan si tratta del dodicesimo trionfo in uno Slam, un record nell'era Open: scavalcano Woodbridge and Woodforde ed entrano nella storia.

Esce infine dal torneo junior anche l'azzurro Gianluigi Quinzi, testa di serie numero 3, battuto nei quarti dall'outsider giapponese Nishioka per 6-7 6-3 6-0.

I giorni della Errani: “Intelligenza e sacrificio, la piccola Sara è un gigante” (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 08-09-2012)

Corrado Barazzutti, il capitano di Fed Cup e Davis, è il primo tifoso delle fantastiche azzurre, ieri Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, oggi Roberta Vinci e Sara Errani. Che stanno riscrivendo la storia del tennis italiano, al femminile.

Barazzutti, continuiamo a sorprenderci per le nostre piccole grandi ragazze.

«Continuiamo ad essere contenti di avere un gruppo di ragazze, in questo momento Roby e Sara, che confermano il buonissimo momento del tennis femminile. Da una parte i grandi progressi di Roberta da qualche anno a questa parte, alla quale mancava solo un grande risultato in uno Slam, ma da due anni è fra le prime 20 del mondo, e l'anno scorso ha vinto tre tornei. Sara, invece, è una giovane che è esplosa praticamente quest'anno, ha iniziato con i quarti agli Australian Open dove ha perso nei quarti ma ha messo alla frusta la Kvitova, e continua a confermare grandissimi progressi. Grazie al rapporto con Pablo Lozano e all'aiuto del doppio con Roberta, che è tanto cresciuto in questi anni ed è diventato il più forte. Le ha dato fiducia, l'ha fatta migliorare anche a rete, l'ha completata».

Varietà contro fisico: è questa la sfida delle azzurre?

«Le nostre ragazze sanno giocare a tennis. Gigante non è obbligatoriamente chi ne ha l'aspetto fisico, si può essere giganti per capacità caratteriale, capacità di sacrificio e di sofferenza, intelligenza tattica, equilibrio, maturità. E Sara Errani, in questo, 6 sicuramente un gigante ri spetto a tante altre che sono esternamente più grosse».

Fognini si fa però portavoce di un'opinione molto diffusa: il tennis femminile è molto più facile di quello maschile.

«Non è giusto fare paragoni fra tennis maschile e femminile. E' indubbio che le nostre giocatrici siano nettamente più forti dei maschi. Le difficoltà per Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani, che hanno raggiunto questi risultati, sono le stesse di Fognini e Seppi nella loro. In campo femminile le nostre ragazze sono più forti per requisiti rispetto ai maschi nella loro categoria. Capisco che si può pensare che il tennis femminile sia più facile di quello maschile. Ma vallo a dire alla Burnett se il tennis donne è facile. E' difficile in tutti e due i campi, chi ci arriva ha le qualità per essere tennista di altissimo livello».

Perché però Errani che ha meno armi tecniche di Bolelli fa Il salto di qualità e Bolelli no?

«Non sono d'accordo che Sara abbia meno possibilità tecniche di Bolelli. Può apparire. Ma ha grande capacità di variare, gioca palle alte, gioca palle piatte dentro il campo, gioca rovescio in back, gioca rovescio piatto, gioca a rete molto bene, non ha un grandissimo servizio, ma dipende anche dalla sua stazza, ha una visione tennistica a 360 gradi, non sono caratteristiche da poco. Bolelli ne ha altre, spinge benissimo di rimbalzo, dovrebbe avere risultati migliori, ma sono convinto che, se insisterà come negli ultimi mesi, ce la farà».

Non potendo aggregare Bolelli ai team Errani o Vinci, perché non provarci con Burnett e Giorgi, le nostre migliori ventenni?

«A giocatrici giovani in ascesa sarebbe molto, ma molto utile, stare vicino a giocatrici come le nostre, potersi allenare e vivere con loro. Errani e Vinci possono essere un grande traino, possono trasmettere cose molto utili per la crescita. Ma non è facile perché queste ragazze hanno una programmazione diversa, si allenano con coach che hanno le loro idee, vivono anche in paesi diversi».

Con Errani e Vinci, l'Italia è la nazione più rappresentata nei quarti degli Us Open donne. Che significa?

«Intanto, è la grande rivincita del tennis femminile. Essere rappresentati come una delle nazioni più importanti del mondo è un risultato straordinario, prima di tutto per le giocatrici, quindi, dei loro coach, e anche, di riflesso, è una soddisfazione per la Federazione. Perciò questo risultato è un riconoscimento importante per tutti quelli che lavorano per costruire e lo fanno per passione».

Intanto, Schiavone e Pennetta sono fuori gioco. Con problemi diversi.

«Un momento non facile può succedere. Abbiamo visto Francesca quanto può giocare bene a tennis e quanto carattere ha, sono convinto che tornerà in alto. E come lei Flavia, che è stata martoriata dagli infortuni. Ma lei e Francesca saranno anche tirate, questa volta, da Sara e Roberta».

Sara e Roberta ,un anno magico (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport, 08-09-2012)

“Un anno pazzesco”. Lo dicono in…doppio Sara Errani e Roberta Vinci. Tre finali Slam: Australia, Parigi e ora New York, da lunedì saranno numero 1 del mondo, mai successo prima ad una coppia tutta italiana, ce l'aveva fatta Flavia Pennetta, ma con l’argentina Gisela Dulko. E non è tutto qui: c'è anche il Masters di specialità e poi quell'assegno da 420.000, da dividersi in due ovviamente, che è il bel “prize money” messo dagli US Open per le vincenti e comunque, già da adesso, 105.000 dollari a testa, per aver centrato l’ultimo atto del torneo di doppio, sono in banca. «Negli Slam quest'anno abbiamo una finale vinta, a Parigi e una persa in Australia - dicono sempre a una voce le regine del doppio - vediamo come andrà a finire la terza”. Di fronte, domani dalle 18 italiane, prima della finale maschile sull’Arthur Ashe Stadium, la super coppia italiana si troverà comunque un duro ostacolo, formato dal duo ceco argento olimpico Andrea Hlavackova (fidanzata con l’italiano Fabrizio Sestini , ex giocatore e tour manager ATP) e Lucie Hradecka, testa di serie numero 3, un .Questa sarà la quinta sfida quest’anno tra i due doppi: in vantaggio, 3-1, le ceche, con l’ unico successo azzurro arrivato nelle semifinali australiane. Da una parte e dall'altra della rete due stili completamente differenti di gioco: per Hlavackova-Hradecka c’è la potenza e il fisico, sono alte rispettivamente 174 e 177 centimetri contro i 164 e 163 di Sara e Roberta. Ma per fortuna il tennis non si misura col metro, perchè altrimenti i 24 centimetri , complessivi di vantaggio delle avversarie, sarebbero troppi . “Noi stiamo giocando bene – parole di Sara Errani - e soprattutto ci compensiamo perfettamente, Roberta a rete, con i suoi schemi le sue tante opzioni di gioco e io, con la mia solidità, a fondo campo”.

Ecco come anche domani Sara e Roberta cercheranno di superare il tennis fatto di potenza che le due ceche metteranno in atto sul cemento di Flushing Meadows.

NUMBER ONE - La scalata nel ranking WTA effettuata dalle nostre ragazze è stata straordinaria, frutto di un anno davvero pazzesco durante il quale hanno conquistato sette titoli: s'Hertogenbosch, Parigi, Roma, Madrid, Monterrey, Acapulco e Barcellona con i quali poi si devono anche ricordare gli altri cinque ottenuti sempre in coppia nel 2011 a Hobart, Pattaya City e Palermo e nel 2010 a Marbella e Barcellona. Ora però c'è New York e il suo fascino unico. “Forse non abbiamo ancora realizzato completamente quanto abbiamo fatto - sottolineano a una voce - è un momento magico e ce lo stiamo godendo, anche se dobbiamo giocare quasi ogni giorno. Ma preferiamo continuare a vincere ancora ed avere poco tempo, è bellissimo”.

Una crescita iperbolica quella di Sara e Roberta, una maturità, tennistica, che sta raggiungendo i massimi livelli per entrambe, allo stesso momento, visto che il successo in doppio si è replicato, per tutte e due anche in singolare. “Le nostre avversarie nel doppio – spiega Roberta - sanno che siamo forti e quindi credo che, da un punto di vista psicologico, partano un po' preoccupate. Sanno che abbiamo vinto tanto quest'anno. Forse, ma dico solo forse, un po' ci temono anche.....”. E dalla terra al veloce non c'è differenza per Errani-Vinci che ormai, l'hanno ampiamente dimostrato, si adattano a qualsiasi superficie: «A parte l'erba.... e lo dicono ridendo anche se poi sia a Wimbledon che alle Olimpiadi si sono fermate solo ai quarti, proprio contro Halavackova-Hradecka e poi con le sorelle Williams. “Giochiamo bene su tutti i campi” conclude la Vinci e New York le aspetta.

Attenti a quelle due, Sara & Roby, la coppia simbolo di tutta l’Italia (Piero Valesio, Tuttosport, 08-09-2012)

PENSATE se anche alle Olimpiadi fossero andate fino in fondo. Riflettete su quali aggettivi sarebbe stato opportuno adoperare in quel caso, visto che già ora è problematico trovare quelli giusti. Forse è sufficiente ricordare che anche prima della finale dello Us Open che domani opporrà Sara Errani e Roberta Vinci a Andrea Hlavackova e Lucie Hradecka la coppia azzurra è la numero 1 al mondo ed è già certa di prendere parte in pompa magna al Masters di Istanbul. Sede (il Masters, non Istanbul) dove dovranno difendere un precedente nobile: il titolo conquistato da Flavia Permetta nel 2010. La quale però era in coppia con l'amica Gisela Dulko che è argentina. Sara&Roberta sono invece entrambe italianissime ed orgogliose di esserlo. E nulle c'è di più specioso delle polemiche sul fatto che Sara abbia casa e si alleni a Valencia: in tempi di globalizzazione totale si può vivere ed allenarsi anche in Patagonia e non per questo perdere l'appartenenza al proprio paese d'origine.


OPPORTUNITA' Comunque, considerazioni politico sociali a parte, Errani e Vinci avranno domani l'opportunità di mettere a segno un qualcosa che non ha precedenti, almeno delle nostre parti. Se batteranno le ceche per loro si tratterà del secondo successo dell'anno in uno Slam senza dimenticare la finale dell'Australian Open e i quarti di Wimbledon ove furono sconfitte dalle medesime Hlvackova/Hradecka che poi si sono ripetute anche a Cincinnati poche settimane fa. Dove però hanno dovuto sudare il successo imponendosi solo al super tiebreak.

SCELTA Per Sara e Roberta il doppio non è stato un ripiego ma una scelta. E chiunque può notare che le differenti caratteristiche delle nostre due si completano con un'efficacia letale che a bene vedere deve inchinarsi solo all'armonia di sangue oltre che di stile che contraddistingue il doppio formato dalle Williams. Che però di doppi, nel corso dell'anno, me giocano pochissimi. Quando decidono di cimentarsi però, e lo si è visto sull'erba olimpica, la loro forza è tale da farse apparire tutte le altre dieci gradini più sotto. E' un'esperienza che Sara e Roberta hanno fatto sulla loro pelle giusto in quella occasione e che per l'appunto rappresenta l'unica dolente di una stagione straordinaria.

CRESCITE Si diceva della scelta. Il loro essere essere doppio, una donna del sud e una del nord, una che predilige il ricamo e il gioco a volo e l'altra che fa della sostanza e della strategia il suo punto forte è diventato uno modo d'essere che giudicando dai risultato le ha aiutate entrambe a crescere anche in singolare invece di togliere loro tempi di allenamento e concentrazione. Le due ceche hanno in più una maggior percentuale di potenza sui colpi e un ottima conoscenza reciproca che permette loro di sfruttare al meglio le condizioni innescate dal buon servizio di cui entrambe dispongono. Le nostre simil sorelle Bryan (che spettacolo ieri il successo dei gemelloni americani nella finale maschile contro Paes e Stepanek) hanno l'opportunità di scrivere una pagina di storia che soprattutto avrà un seguito. Questo fantastico 2012 non potrà che essere il viatico ad un 2013 durante il quale le nostre tenteranno di rafforzare la loro leadership, in forza di una maturità ancora superiore. Non ci saranno le Olimpiadi certo: quelle torneranno a Rio fra più di tre anni. Ma forse quando si giocherà sotto il Corcovado le Williams avranno già deciso di occuparsi d'altro, nella vita. Diciamo che c'è tempo per pensarci.

Errani e Vinci, coppia d’oro sul tetto del mondo (Filippo Grassia, Il Giornale, 08-09-2012)

Se pensate che nella storia degli Us Open, nati in modo avventuroso nel 1881, solo un'italiana ha iscritto il proprio nome nell'albo d'oro del torneo, vi renderete conto di come Sara Errani e Roberta Vinci, finaliste in doppio, siano a un passo da un'impresa storica per il tennis di casa nostra. Nell'albo d'oro figura soltanto Raffaella Reggi che nel 1986 vinse il doppio misto con lo spagnolo Sergio Casal battendo la forte coppia Navratilova-Fleming. Le azzurre, dopo aver dominato in semifinale le spagnole Vives e Martinezper 6-3, 6-2, si giocheranno il titolo in giornata contro le ceche Hlavackova-Hradecka, che hanno superato Hsieh e Garrigues per 7-6,64 fra mille difficoltà. Il pronostico è tutto dalla parte della nostra magica coppia che nel 2012 havinto7 tornei, fra cui il Roland Garros,e ha raggiunto la finale in tutti gli slam ad eccezione di Wimbledon. L'unica nota stonata risale alla sconfitta negli Australian Open per mano delle russe Kuznecova e Zvonareva che is sono imposte sul filo di lana al terzo set. Da lunedì prossimo Errani e Vinci saranno anche in testa al ranking di questa specialità che due anni fa aveva premiato con la leadership Flavia Pennetta, ma in coppia con Gisela Dulko. A giocare contro le azzurre potrebbe essere la fatica accumulata da Sarita, perla quale fanno un tifo sfrenato i giocatori del Valencia,nei sei singolari sostenuti fino a ieri sera. Occhio poi al ser vizio delle avversarie, che viaggia a velocità molto sostenuta.Ma il destino del risultato è tutto nelle loro mani,nella testa e nel cuore delle azzurre che quest'anno vantano uno score di 46 olimpiche, di cui 22 consecutive, contro 9 sconfitte. Strana specialità il doppio, che impera nei circoli, ma che fatica a trovare uno spazio rilevante nei grandi tornei per il disinteresse forzato dei grandi tennisti.

Gladiatore Djokovic, il re adesso è tornato, Del Potro si arrende (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 08-09-2012)

Tremate, tremate, re Djoker è tornato. In un'altra «night session» da fuochi d'artificio, il campione di gomma degli Us Open sradica il tifo di 23mila spettatori assetati di spettacolo (o sangue?) come in un'arena dell'antica Roma, rubandolo all'omone sudamericano, sofferente e disperato, Juan Martin Del Potro. Con emozioni, recuperi, violenza, e più «standing ovation», fino al 6-2 7-6 6-4, alle 11 e mezza, che lo proietta alle semifinali di oggi contro piè veloce David Ferrer. «E' stato un match molto molto più equilibrato e duro di quanto dica il risultato, chiunque lo abbia visto l'ha capito», commenta Novak Djokovic che riacquista il sorriso del pre-finale Roland Garros, quando ha fallito il traguardo del quarto Major di fila. E' stato un match che è girato su un set, il secondo, che l'argentino ha volato fino al 2-0 lui, 0-30 per il serbo, con un parziale di 10 punti, a rilanciare il 2-6 del primo parziale. Ma che Nole recupera, spingendo sempre più con risposta e fiondate sulle righe, fino al 5-5, fino al 6-5. Con tre set point, cancellati solo e soltanto dalla micidiale prima di servizio di Delpo, re degli Us Open nel 2009, l'unico che da allora ha rotto l'egemonia della triade Federer-Nadal-Djokovic prima di spaccarsi un polso.

Gladiatori Già, quel game è straordinario per lo sforzo offensivo, sovrumano, di Juan Martin di sfondare il gran difensore, che ha dominato il 2011. E per quei 22 punti portentosi. Ma il tie-break lo è ancor di più. E, sul 3-3, il match s'infiamma letteralmente: quando Delpo prega invano il Falco di dargli ragione, e va sotto 3-4; quando picchia a più non posso con quel suo braccione enorme, ma qualsiasi proiettile gli torna contro, sempre più forte e complicato; quando deve rinculare, e correre, e cercare di recuperare disperato e affannato tre bordate nemiche, guadagnandone soltanto fatica, frustrazione, e il 3-6, cioé tre set point per il serbo. Che poi diventano 7-3 con un rovescio lungolinea assolutamente imparabile, anche per le emozioni della folla.

Favorito «E' stato appassionate dividere un momento così con la gente, mi è piaciuto molto giocare in questo stadio, per noi giocatori è eccitante», sussurra Delpo, ferito. «Ho cercato di giocare con la prima di servizio, ma lui è uno delle migliori risposte, ha avuto tante palle-break e non è facile quando la tua arma migliore viene contrastata così bene». Con Novak che vendica la finale per il bronzo olimpico, conscio delle qualità di Delpo («E' un vincitore di uno Slam, è un uomo alto e grosso con tanta potenza»), ma anche dei difetti («Ho cercato di essere aggressivo e di muoverlo, più durava lo scambio più salivano le mie possibilità»). E carico a mille, «per la gente», non per la contemporanea assenza nelle semifinali Slam di Federer&Nadal: «Per me è lo stesso, devo prendere molto sul serio il prossimo avversario». Una bugia da re.

Djokovic incanta…McEnroe (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport, 08-09-2012)

“E’ stato uno dei set più belli che abbia mai visto in vita mia”. Estasiato John McEnroe come tutto il pubblico dell'Arthur Ashe Stadium e chi era seduto davanti a una tivù: il secondo set del match tra Novak Djokovic e Juan Martin Del Potro è stato eccezionale. Uno spettacolo durato 84 minuti: più lungo il secondo set di ieri che tutta la partita del primo turno del serbo contro l'italiano Paolo Lorenzi (durata 73'), il secondo più lungo di tutto quest'anno tennistico. Guardando solo il risultato dell'incontro, 6-2, 7-6 (3), 6-4, che in 3 ore e 6' ha mandato Djokovic, campione in carica, in semifinale (10a consecutiva in uno Slam, 6a a New York) non si può avere un'idea del gioco visto In campo. “Ho vinto in tre set - ha detto Djokovic - ma la partita è stato molto più combattuta di quello che si può vedere dal risultato e nel secondo set sono stato fortunato. Contentissimo di essere in semifinale”. Affronterà lo spagnolo Ferrer (che al tie-break del quinto ha superato Tipsarevic) mentre dall'altra parte il finalista uscirà dallo scontro Murray-Berdych. Un secondo set da favola che Djokovic, dopo aver incassato l'immediato break da Del Potro (vincitore a Flushing Meadows nel 2009) è riuscito a impattare solo sul 5-5, sul 6-5 si è visto annullare tre set point dall'argentino per poi passare al tie-break.

UN GUERRIERO - Potenza, precisione, scambi impossibili, servizi da far tremare l'Ashe Stadium: nel secondo set si è visto di tutto. “Uno dei più belli che abbia giocato quest'anno - ha detto il numero 2 del ranking mondiale - mi sono divertito molto in questo match”. Nessuna recriminazione da parte di Del Potro che ha riconosciuto la superiorità dell'avversario: “Nel secondo set ho avuto le mie opportunità - ha spiegato - ma lui ha giocato meglio, ha continuato a lottare. E difficile quando ti trovi di fronte un guerriero. Non è facile quando hai la tua arma migliore, il servizio, e vedi che dall'altra parte della rete ti risponde sempre. Djokovic ha giocato davvero a un alto livello per tutte le tre ore dell'incontro”. Numero 8, Del Potro, dopo l'infortunio del 2010, sta cercando di ritornare tra i 'Top Five' e quest'anno ha raggiunto i quarti i tutti e quattro gli Slam a dimostrazione che si sta riavvicinando alla forma di un tempo: «Ma chi è davanti - ha spiegato - sta giocando ancora meglio di me, mi ci vorrà ancora un po' di tempo per avvicinarmi, ma sto lavorando duro”. Alle Olimpiadi aveva battuto Djokovic per il bronzo, ma giovedì non c'è stato nulla da fare, il serbo si è dimostrato di un'altra dimensione.

FAVORITO - È il campione in carica a New York e ha vinto gli ultimi tre Slam giocati sul veloce (Australia 2011 e 2012 e US Open 2011) e adesso è naturalmente il grande favorito: poker nelle mani di Djokovic? “In semifinale mi aspetterò un'altra grande battaglia - ha spiegato - David Ferrer è uno dei giocatori più consistenti degli ultimi cinque, sei anni, la gente non parla molto di lui, ma dal mio avversario mi aspetto una gran partita”.

La ribalta – Il serbo diventa favorito, ma Berdych è pericoloso (Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport, 08-09-2012)

Il tabellone maschile dell'Open degli Stati Uniti si presenta alle semifinali con una sola variante rispetto alle previsioni e alle indicazioni della classifica. Accanto a Novak Djokovic, numero 2 e vincitore di cinque prove del Grande Slam, ci sono lo scozzese Murray, numero 3 che non ha titoli dello Slam ma vanta la prestigiosa medaglia d'oro olimpica, lo spagnolo Ferrer, numero 4 che di semifinali a questo livello ne ha già giocate due e il ceco Tomas Berdych , numero 6 e che esibisce una finale a Wimbledon ed una semifinale al Roland Garros entrambe raggiunte nel 2010. Oltre al computer, il ruolo di favorito lo assegna a Djokovic il modo in cui ha sorvolato i cinque turni che gli hanno consentito di arrivare fin qui. Infatti il serbo è l'unico tra i giocatori in gara a non avere ancora ceduto un set. Murray ha lasciato per strada due set, ma alla fine se l'è cavata bene dimostrando quanto gli abbia giovato successo olimpico. Berdych si fa preferire a Ferrer, del quale non ha però le stesse qualità agonistiche per la maggiore incisività del servizio. Fatti i conti azzarderei per le semifinali una vittoria di Berdych su Murray e una di Djokovic su Ferrer. Per la vittoria mi piacerebbe Berdych ma il mio dollaro lo punterei su Djokovic.

Le semifinali dei grandi assenti (Daniele Palizzotto, Il Tempo, 08-09-2012)

Mai semifinali furono più atipiche, senza sua maestà Roger Federer e il dominatore della terra (rossa) Rafa Nadal. Per la prima volta dopo otto anni e ben 32 Slam, la diarchia è davvero spezzata: né lo svizzero, né il maiorchino prenderanno parte oggi pomeriggio alle semifinali degli Us Open, fatto inedito dal Roland Garros 2004. I protagonisti, del resto, non sono affatto illustri sconosciuti, ma nell'ordine il numero 2 Novak Djokovic, il numero 4 Andy Murray, il numero 5 David Ferrer e il numero 7 Tomas Berdych.
Lo spettacolo, insomma, è assicurato, anche perché gli spunti d'interesse non mancano. In primis bisogna valutare la maturazione dell' eterno quarto incomodo Murray: dopo quattro traumatiche finali Slam perse - l'ultima appena due mesi fa tra le mura amiche di Wimbledon - il 25enne scozzese avrà finalmente trovato il giusto slancio dopo il meritato trionfo olimpico? La verità è racchiusa in 24 ore.

Oggi (ore 17, diretta Eurosport) Murray è atteso da un'insidiosa semifinale contro il ritrovato Berdych, reduce da una stagione difficile ma resuscitato all'improvviso sul cemento di New York. Contro Federer il ceco ha disputato una grande partita, con pochi errori e tanti vincenti, mentre sul campo accanto lo scozzese faticava oltremodo contro ilpavido Cilic: per volare in finale e inseguire il primo atteso Slam in carriera, Murray dovrà certo cambiare marcia, anche perché il conto dei precedenti (4-2 per Berdych) non è affatto incoraggiante.

La seconda semifinale dovrà invece chiarire la reale portata della stagione dell'ex cannibale Nole Djokovic: invicibile nel 2011, quest'anno il serbo ha conquistato Melbourne ma ha poi incamerato diverse delusioni, in particolare la medaglia olimpica mancata. Battendo oggi Ferrer (8-5 per Nole nei precedenti, addirittura 7-2 sul veloce) e poi vincendo il torneo, Djokovic ridurrebbe però il gap in classifica da Fede-rer, diventando il naturale favorito per chiudere la stagione al numero uno. Ma Ferrer sarà d'accordo?

La Sharapova cede a braccio di ferro, l’Azarenka ormai è la sua erede (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 08-09-2012)

La prima semifinale donne è un braccio di ferro tutto potenza fra la Sharapova doc e «la nuova Sharapova», Victoria Azarenka, già sicura di mantenere il n. 1 del mondo, lunedì, a prescindere dal risultato. Il terribile caldo-umido che, da regolamento, ferma le ostilità per 10 minuti dopo il 6-3 2-6, non svilisce la potenza delle due walkirie dal servizio fragilino. Dopo 2 ore e 42 minuti, è Vika a festeggiare il 6-4 decisivo col suo famoso balletto.

Rivalità Le due non si amano, troppo simili, nella nascita, nell'ex Unione Sovietica, russa la Sharapova, bielorussa la Azarenka, nella scuola del «corri e tira» della Nick Bollettieri Academy di Bradenton in Florida, nell'altezza considerevole (1.88 Masha, 1.83 Vika), nel fisico filiforme e potente (59 chili Sharapova, 66 Azarenka), nella parlantina, nei gemiti, nelle ambizioni smisurate, nell'essere state numero 1 del mondo. Una fredda, algida, di classe, l'altra calda, fin troppo evidente, eccessiva nella musica sparata a palla nelle orecchie con cui entra in campo, nei completini, nei balletti che inscena in campo dopo le vittorie, nelle reazioni. Sempre e comunque.

Rivincita A Stoccarda, Azarenka si era allontanata un attimo dalla premiazione, per rovinare la festa alla Sharapova, che interrompeva così una serie di due k.o. della sua clone, Al via, con un'ora di ritardo per colpa del doppio maschile. con un caldo umido infernale, Vika parte male, troppo nervosa, 0-3, 5-1, e non pub evitare il 6-3 in 40 minuti. Malgrado anche i nervi della Sharapova siano al limite, come dicono i due doppi falli di fila sul 5-1 30-30 e gli altri due sul 5-3. La Azarenka non può non reagire. Dopo un altro break, e l'ennesimo dritto sbilenco, vola 4-1, si prende il secondo set, e s'arrabbia perché Masha le fa un altro scherzetto dei suoi. E chiede ed ottiene i 10 minuti di time-out per troppa umidità. Poco male: Vika, nell'attesa, si mette a palleggiare con un raccattapalle, e alla ripresa, è una belva cattiva ed implacabile che non lascia scampo al servizietto della divina Maria e al suo dritto, indebolito dalla famosa operazione alla spalla di 4 anni fa, come le gambe, provate dalle ultime partite, tutte sopra le due ore, tutte drammatiche, con recuperi anche aiutati dalla pioggia, contro Petrova e Bartoli. Ma Vika è più forte, Vika non concede scampo: in extremis, sul 5-4, spara dritti all'impazzata e, al secondo match point, sradica quello della Sharapova. La prima volta che supera gli ottavi agli Us Open, va anche in finale, anche grazie ai 42 errori di Masha.

Il giovane Quinzi si veste da maratoneta, vince due match in un giorno, poi i crampi (Piero Valesio, Tuttosport, 08-09-2012)

SE UN CAMPIONE si vede dal coraggio dall'altruismo e dalla fantasia allora Gianluigi Quinzi è un campione. Perché se magari l'altruismo non è stata la dote più necessaria nella sua giornata di giovedì, di coraggio e fantasia ne ha avuto bisogno a carrettate. La grande speranza del tennis maschile azzurro si è esibito in una sorta di maratona creata dalla mente non troppo salda degli organizzatori. I quali costretti a accelerare il programma dell'Us Open juniores gli hanno programmato due partite nella stessa giornata. Gianluigi non sarebbe stato il primo e nemmeno l'ultimo se non fosse che il lasso di tempo fra il primo incontro e il secondo è stato di circa un'oretta. Il ragazzo marchigiano prima ha battuto il mette' neo bosniaco Boma Conio al terzo dopo aver vinto il primo set e poi perso il secondo al tie break. Poi ha fatto in tempo giusto a cambiarsi la maglietta ed è tornato in campo per affrontare il belga Julien Cagnina che ha due anni in più del nostro. Gianluigi ha sì perso il primo; ma poi ha lasciato tre giochi all'avversario negli altri due chiudendo il match mi crampi. Distrutto dalla stanchezza poi Quinzi ha giocato ieri il quarto contro il giapponese Nishioka e ha avuto pure la forza di vincere il primo e issarsi sul 3-.3 nel secondo. Poi è crollato. Ma va bene così.
 

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