25/09/2012 22:44 CEST - IL PERSONAGGIO

Kolya, ex bassista di una grande band

TENNIS - La generazione Federer sta perdendo pedine su pedine. Il prossimo sarà Davydenko? Il russo è per anni stato co-protagonista di una scena ATP di altissimo livello, ma ora è l'ombra di sé stesso. Claudio Maglieri

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Nikolay Davydenko (Photo by Mike Ehrmann/Getty Images)
Nikolay Davydenko (Photo by Mike Ehrmann/Getty Images)

Prima Ljubicic, poi Gonzalez, quindi Roddick. Tra poco, sotto con Ferrero. E non dimentichiamo i “recenti” Safin, Gaudio, Coria, Canas. I prossimi (forse)? Blake, Hewitt, Nalbandian. E poi lui, Nikolay Davydenko, giocatore forte (una volta) e allo stesso tempo personaggio poco affascinante, spesso trattato come una suola consumata (oggi come ieri).

Stiamo parlando di ritiri, nel caso qualche luminare non lo avesse ancora capito. Questo periodo rappresenta per il tennis il classico punto di svolta che prima o poi arriva sempre: la generazione dei tennisti nati nei primi anni ’80 si sta diradando con velocità supersonica, sono sempre meno i vecchietti terribili che ancora oggi si divertono a lottare come dei ragazzini alle prime armi (vengono in mente anche Stepanek, Robredo e Haas, giusto per allungare ancora un po’ la lista). In pochi, tuttavia, possono essere inseriti ancora oggi nel gruppo nominato “atleti competitivi”: difficile accettare l’idea di riporre definitivamente la racchetta nella borsa dopo anni e anni a colpire la pallina, difficile reinventarsi una vita appena superati i trent’anni. Alcuni, infatti, vanno oramai avanti per inerzia ma i lampi dei tempi che furono sono sempre meno.

Uno di loro è sicuramente Nikolay Davydenko, il protagonista di questo articolo. Direte voi: ma perché un pezzo proprio su di lui? La risposta è semplice: un po’ come le “persone inutili” cantate da Paolo Vallesi, Davydenko rappresenta magnificamente l’omino laborioso, che magari taglia traguardi importanti ma che nessuno considera mai realmente. E’ giusto dedicargli qualche riga: Nikolay non è mai stato il frontman del gruppo Atp (per quello rivolgersi a casa Federer o Nadal), ma con il suo gioco fatto di anticipi esasperati è stato per anni il fenomenale bassista della band. In un complesso rock fa più scena il cantante stile Bon Jovi o il bassista? Risposta scontata, ma non per questo il bassista ha un ruolo marginale: provate a levarlo dal complesso e vedrete (anzi, sentirete). Ecco, Davydenko è stato un gioiellino di cui pochi si sono accorti ma quando lascerà il tennis mancherà forse a tanti.

Guardare oggi una sua partita mette tristezza. Siamo sicuri che in campo vada proprio lui e non il gemello brocco? Fino a pochi anni fa Nikolay stazionava nella top ten della classifica, vinceva un sacco di partite e si permetteva il lusso di disinnescare il gioco di Nadal con la stessa facilità con cui Lionel Messi si beve le difese avversarie. A 31 anni Davydenko è purtroppo l’ombra del campione che fu: nel 2012 è precipitato alla posizione 44 del ranking, ha portato a casa tre semifinali (Rotterdam, Nizza e Metz, quest’ultima pochi giorni fa) ma soprattutto ha perso il gioco che tante soddisfazioni gli ha regalato (vincere la Master Cup di fine anno non è mica roba per tutti). Questa settimana Nikolay va a caccia di punti e di prize money in Malaysia, ma ormai la sua carriera si sta esaurendo e non si sa per quanto tempo proseguirà ancora.

Si parla tanto di campioni al crepuscolo, ma poche penne hanno speso parte della loro giornata per decantare le gesta di Daydenko: il russo non è bello, non trasmette emozioni, non è un personaggio (o almeno non è capace di far vedere al pubblico queste sue doti), eppure parliamo di un tennista veramente bravo, talmente bravo da essere paragonato a sua maestà Agassi nei periodi migliori. Il Davydenko di oggi, probabilmente, è già un atleta ritirato ma lui ancora non lo sa o non lo vuole sapere. Fa niente, il suo tennis playstation ci manca già: buon finale di carriera, splendido bassista.

Claudio Maglieri

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