05/10/2012 16:26 CEST - Atp Shanghai

"Ucciderò Roger Federer"

TENNIS - Un utente che si firma Blue Cat ha postato questa minaccia su un popolare sito sportivo cinese. Gli organizzatori del torneo di Shanghai rafforzano le misure di sicurezza. I casi Seles e Escobar. Alessandro Mastroluca

 

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Roger Federer (Photo by Cameron Spencer/Getty Images)
Roger Federer (Photo by Cameron Spencer/Getty Images)

"Ucciderò Roger Federer". Questo il messaggio che l'utente "Blue Cat" ha lasciato su un famoso sito sportivo cinese. Il messaggio è stato riferito oggi da un sito di informazione cinese ma la minaccia risale al 25 settembre scorso e sarebbe stata accompagnata, secondo quanto riferito, da una foto dello svizzero con la testa tagliata.

La polizia è già al lavoro per scoprire l'identità di Blue Cat. "Abbiamo già rafforzato le misure di sicurezza" dicono gli organizzatori. Ci auguriamo che quelle rivolte a Roger siano soltanto minacce verbali ma non potendo sapere questo con certezza dobbiamo mettere al sicuro il giocatore e la sua famiglia". Per questo, hanno deciso "di non lasciarlo in campo per molto tempo dopo la fine del match e chiediamo ai fans di avere pazienza se magari non farà qualche autografo".

Il caso fa tornare alla mente l'episodio più drammatico nella storia recente del tennis, l'accoltellamento di Monica Seles ad Amburgo nel 1993. La jugoslava, che aveva vinto otto titoli dello Slam, era in vantaggio 64 43 nei quarti contro Magdalena Maleeva quando uno squilibrato di nome Günther Parche, fanatico di Steffi Graf, riuscì non si sa come ad eludere i controlli di sicurezza e a colpire con un coltello da cucina la schiena della Seles, infliggendole una ferita profonda 5cm. Monica guarì in cinque mesi, ma il trauma segnò la fine della sua “prima” carriera. Tornò a giocare dopo due anni, ma mai in Germania. Da due anni, prima dell'accoltellamento, Seles riceveva minacce di morte.

Sempre alla Germania è legato un caso più recente, quello del calciatore Kevin Pezzoni, obbligato a lasciare il suo club, il Colonia, dopo essere stato minacciato di morte dai suoi stessi tifosi. Tifosi peraltro recidivi. Lo scorso aprile, dopuna sconfitta 4-1 contro il Wolfsburg, con la squadra a tre punti dalla zona retrocessione con tre partite di Bundesliga ancora da giocare, il Colonia ha presentato una denuncia contro ignoti per lo striscione appeso davanti alla sede del centro sportivo: 'Vi picchieremo a morte se verrete retrocessi'. Il tecnico Schaefer ha presentato le sue dimissioni con effetto immediato.

Simili situazioni spiacevoli si sono vissute anche in Italia l'anno scorso. I giocatori della Sampdoria, appena rientrati dalla sconfitta in casa del Milan, sono attaccati da un gruppo di tifosi che hanno rotto il parabrezza del pullman e minacciato i giocatori di morte in caso di retrocessione. La squadra è scesa in serie B, senza conseguenze. Messaggi deliranti erano stati postati anche su una pagina facebook non ufficiale di tifosi di Montolivo. Un utente, subito identificato dalla Digos, ha lanciato messaggi di morte e invocato spedizioni punitive sotto casa del giocatore qualora fosse stato venduto. Montolivo è stato venduto al Milan e nessuno è mai andato sotto casa sua con intenzioni ostili.

La degenerazione del tifo ha toccato il massimo della tragicità con il delitto del calciatore colombiano Andres Escobar, "colpevole"  di aver segnato l'autorete che ha deciso la sconfitta 2-1 contro gli Usa nel secondo match del girone. Una sconfitta che, seguita all'1-3 contro la Romania, ha sancito l'eliminazione della nazionale sudamericana. Tornato in patria, durante una rissa in un bar, Escobar viene avvicinato da un gruppo di uomini che gli gridano «Grazie per l'autogol» e poi gli sparano dodici colpi a bruciapelo.

Cinque ore prima della partita contro gli Usa, erano arrivate altre minacce. Alle 11 del mattino del 22 giugno, all'hotel di Fullerton arriva un fax anonimo: "Se Gomez gioca faremo saltare in aria la sua casa e quella del ct Maturana". Gabriel Gomez, 34 anni, era considerato il principale responsabile della sconfitta contro la Romania e tornerà in Colombia distrutto. Suo fratello, Hernan Dario, era il secondo di Maturana.

In realtà, alla degenerazione del tifo in questa storia si mescolano rapporti mai chiariti con il narcotraffico. Nel 1992 un movimento chiamato LiFuCol (limpieza, cioè pulizia del futbol colombiano), legato al cartello di Cali, ha minacciato di morte Maturana se avesse convocato giocatori dell'Antioquia Medellin. Maturana ne chiama tre e sceglie come secondo l'allenatore di quella squadra: il fratello di Gomez.

In più, tre mesi prima del Mondiale '94 viene rapito il figlio di Luis Fernando Herrera, giocatore dell'Atletico National che fa un appello drammatico in tv. Dopo la richiesta di un enorme riscatto, il bambino viene restituito.

Di tutt'altro tono quelle ricevute durante le ultime olimpiadi da Oussama Mellouli. Lo sportivo tunisino più vincente nella storia dei Giochi è finito nel mirino di un gruppo di integralisti. Mellouli, oro nella 10 km in acque libere e bronzo nei 1500 m, ha ricevuto infatti minacce di morte su Facebook perché ha bevuto e ingerito zuccheri durante la gara olimpica, che cadeva in pieno ramadan.

L'integralismo islamico ha portato alla morte Samia Yusuf Omar, duecentista somala, portabandiera della sua nazione a Pechino 2008. Era arrivata ultima nella sua batteria (in pista anche la campionessa Veronica Campbell). Nata nel '91, figlia di una fruttivendola e di un uomo ucciso da un proiettile d'artiglieria, Samia subisce le minacce del partito della gioventù, al Sha­baab, un gruppo fondamentalista islami­co che vieta di vedere e praticare gli sport. Scappa in Etiopia sognando Lonra 2012 ma muore su una carretta del mare mentre cerca di raggiungere l'Italia dalla Libia.

Le divisioni politiche e razziali hanno rovinato anche uno dei momenti simbolo della storia delle Olimpiadi: la premiazione dei 200 metri ai Giochi del Messico 1968. John Carlos e Tommie Smith, oro e bronzo, alzano al cielo un pugno guantato nero, segno di solidarietà con il Black Power. Al gestio si associa l'australiano Norman, bianco, giunto secondo. Tornati in patria, in un'America ancora scossa dalla morte di Martin Luther King, ucciso da un colpo di fucile di precisione alla testa alle 18.01 del 4 aprile 1968 a Memphis, Smith e Carlos vengono a lungo boicottati e minacciati di morte.

Alessandro Mastroluca

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