21/10/2012 16:47 CEST - Approfondimento

Il tennis fa abbastanza contro il doping?

TENNIS - "Troppo pochi 20 test sul sangue fuori dai tornei" ha detto Dick Pound, fondatore della WADA, Poche risorse, pochi controlli. Gli attacchi di Noah alla Spagna. Le conseguenze della squalifica di Del Moral. Alessandro Mastroluca

 

 

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Tutto, o quasi, ruota intorno ai soldi. Assoluzione e delitto, avrebbe detto De Andrè, lo stesso movente. “Sono sicuro ci siano giocatori che si dopano e riescono a farla franca” diceva Blake durante gli Us Open. “Con quasi 2 milioni di dollari garantiti al vincitore, ci sarà sempre qualcuno disposto a barare”. Peraltro l’utilizzo di sostanze proibite per migliorare le prestazioni ha una storia sorprendentemente antica nel mondo dello sport. Le prime testimonianze, infatti, furono notate da Filostrato e Galerio nel terzo secolo avanti Cristo, durante le antiche Olimpiadi. Un largo numero di piccole statue di Zeus trovate intorno alle arene dove si svolgevano le gare dimostravano il desiderio degli atleti di chiedere perdono per aver contravvenuto alle regole.

E i controlli? “Se avessimo più risorse ne faremmo di più” ammette Stuart Miller, che sovrintende il programma anti-doping dell'ITF. Nel 2011 l'ITF ha raccolto1824 campioni di urine (1023 uomini, 801 donne) e 110 (58 uomini, 52 donne) di sangue durante le competizioni. Decisamente meno i test “out of competition”, al di fuori dei tornei: 195 i campioni di urine e appena 21 di sangue.

I campioni di urine sono più significativi, in quanto permettono di rilevare un maggior numero di sostanze illecite, tra cui l'EPO. Ma solo dai test sui campioni di sangue, che attualmente rappresentano meno del 10% del totale, si può scoprire l'utilizzo di ormone della crescita o il ricorso a pratiche (auto emo-trasfusioni, per esempio) e sostanze che aiutano il trasporto di ossigeno nell'organismo.

David Howman, direttore generale dell'agenzia mondiale anti-doping (WADA), ha detto che “non esiste una formula che dica quanti controlli sia giusto fare. Si tratta di saper gestire con saggezza le risorse a disposizione per ottenere i migliori risultati”. Ma per Dick Pound, fondatore ed ex presidente della WADA, il numero di controlli fuori dalle competizioni rimane troppo basso.

L'ITF, che aderisce al codice WADA, richiede ai giocatori dell'International Registered Testing Pool, che include i top 50 ATP e WTA, i top 10 di doppio e i primi 5, uomini e donne, del ranking di wheelchair tennis, di fornire all’ITF per ogni giorno dell’anno (cioè dal 1° gennaio al 31 dicembre) i dettagli degli spostamenti (“whereabouts”) per facilitare test antidoping a sorpresa al di fuori di delle competizioni. I controlli a sorpresa riguarderanno anche i giocatori non selezionati per l’IRTP, che, però, non saranno obbligati a fornire le loro coordinate. Dopo tre controlli evitati in 18 mesi scatta la squalifica. Si può essere testati in ogni posto e in qualunque momento anche se la fascia notturna, tra le 23 e le 6, di solito non viene utilizzata.

Secondo Pound, però, questo sistema non è un deterrente efficace. Con un programma di micro-dosaggi, si possono assumere EPO o altre sostanze per aiutare la concentrazione di ossigeno nel sangue ed essere puliti dopo sei-otto ore. “Se sai di avere una finestra di tempo così a disposizione, il gioco è fatto”.

Una di queste sostanze è il testosterone sintetico, quello che secondo la “decisione ragionata” della Usada avrebbero assunto Lance Armstrong e i suoi compagni di squadra. Nel documento, rilasciato il 10 ottobre, sono raccolte le testimonianze di 26 persone, tra cui 15 ciclisti della US Postal, e le prove che hanno portato alla decisione di squalificare Armstrong e di revocargli i sette titoli al Tour de France. Figure centrali sono i medici che in quella squadra hanno lavorato: Michele Ferrari (di cui un'inchiesta della Gazzetta dello Sport ricostruisce il “sistema” di contratti finti e conti in Svizzera) e Garcia Del Moral, entrambi squalificati a vita.

Del Moral entra a far parte dello staff della US Postal all'inizio del 1999 e secondo Floyd Landis, uno dei componenti della squadra, avrebbe da subito sovrinteso alla somministrazione di sostanze proibite (ormone della crescita, EPO, corticosteroidi) e alla pratica delle auto trasfusioni. Soprannominato dagli atleti della US Postal “El Gato Negro”, durante il Tour del 2000 Del Moral sarebbe stato scoperto da un reporter della televisione francese, Huguet Huet, a gettare dei rifiuti su una strada distante dal percorso della tappa in svolgimento. Huet ha dichiarato al Wall Street Journal di aver scoperto tra quei rifiuti confezioni di Actovegin, una sostanza proibita che, se iniettata, permette una migliore circolazione dell'ossigeno nel sangue e migliora le prestazioni.

Del Moral ha lasciato la squadra nel 2003 ma ha continuato a lavorare con gli atleti presso l'Instituto de Medicina del Deporte, a Valencia. Ha lavorato anche con i tennisti che si allenano alla locale Tennis Academy. Tra questi la nostra Sara Errani, oggetto di allusioni piuttosto pesanti in un recente articolo di USA Today, nonostante le immediate precisazioni sue e del fratello Davide già durante il Roland Garros (link). Peraltro, come emerge dai dati ITF, nel 2011 Sara ha superato almeno otto test antidoping (più di sette durante i tornei, da 1 a 3 fuori).

La Spagna e il doping. Lotta sì... ma la notte no
La Spagna è uno dei Paesi maggiormente sotto osservazione, e le recenti critiche di Yannick Noah, che già aveva accusato gli spagnoli di vincere grazie a “pozioni magiche” (link) subendo però a sua volta rimostranze anche da colleghi francesi (link) sono solo l'ultimo capitolo di una storia che inizia con l'Operacion Puerto. L’inchiesta, nata sulla spinta della positività all’Epo di Roberto Heras alla Vuelta nel settembre 2005, era cominciata in segreto a febbraio 2006, ma era deflagrata il 23 maggio: il giorno dell’arresto a Madrid di 5 persone tra cui il ginecologo Eufemiano Fuentes, l’ematologo Merino Batres e il team manager dell’allora Liberty Seguros Manolo Saiz, squadra nella quale correva anche Contador che il 26 luglio 2006 aveva ricevuto dal giudice istruttore di Madrid un documento di estraneità.

L'inchiesta ha coinvolto 58 ciclisti (anche se la Guardia Civil aveva inizialmente dichiarato il coinvolgimento di tennisti, calciatori e corridori), tra cui Ivan basso (squalificato 2 anni), Michele Scarponi (18 mesi), Jorg Jaksche (1 anno), Ernesto Valverde (sospeso per 2 anni nel 2010 a seguito del ricorso dell'UCI perché il TAS di Losanna non lo aveva escluso dai Mondiali di Varese nonostante i sospetti) e Jan Ullrich. Il DNA del corridore tedesco è stato analizzato nel 2007, quando aveva già lasciato l'attività agonistica.

Il 21 novembre 2006 la Spagna ha approvato l'Atto Organico sulla Protezione della Salute e la Lotta al Doping, cui sono seguiti quattro Decreti Reali per meglio definirne scopi e contenuti. La normativa nazionale di regolamentazione della lotta al doping, approvato l'8 maggio 2009, è stato oggetto di numerose critiche, legato soprattutto a due articoli in contraddizione con il codice anti-doping mondiale della WADA:
-l'articolo 47.1 che vietava qualunque controllo a sorpresa sul territorio nazionale tra le 23 e le 8 del giorno successivo, le cui conseguenze sono al centro dell'intervista realizzata nel 2010 dal nostro Claudio Gilardelli al dottor Giammattei. Norma poi modificata solo lo scorso 11 novembre armonizzandola con le norme WADA che richiedono agli atleti di indicare, per ciascun giorno, uno “slot” di 60 minuti a scelta tra le 6 del mattino e le 23 della sera e un luogo dove saranno raggiungibili. Un cambiamento che si spiega anche con la candidatura di Madrid alle Olimpiadi del 2020;
-e l'articolo 45.1 c) che riduce gli obblighi di legge in materia di “whereabouts” per gli atleti spagnoli: basta fornire domicilio abituale, campi di allenamento, gare e un domicilio diverso solo se l'assenza supera i tre giorni.

Il doping nel tennis: solo pesci piccoli?
Dal 1996 una settantina di tennisti sono stati trovati positivi ai controlli. I casi più frequenti sono quelli di positività alla cannabis e al THC (Kristof Michils, Ryan Newport, Steve Sanford, Marcel Felder, Franz Stauder, David Buck, Holger Fischer, Melle Van Gemerden, Simon Larose, Travis Moffat, Guillaume Legat, Miguel Gallardo Valles, Nicolas Coutelot, Gianluca Mager e Anthony Carter). Undici i tennisti positivi alla cocaina (Richard Gasquet, Martina Hingis, Simon Larose, Lourdes Domínguez Lino, Karel Nováček, Mats Wilander, Nicola Gambi, Maximilian Abel, Diego Hipperdinger, Jamie Burdekin, Diego Hipperdinger).

Si sono registrate positività all’adrafinil (Meliha Karic), al modafinil (John Paul Fruttero), il metabolita primario dell'adrafinil, all’efedrina (Kyu Tae Im, Dejan Katic), al niketamide (Charles Irie), all’isometeptene (Marcelo Melo), all’etilefrina (Mariano Puerta), alla metamfetamina (Andre Agassi), al carphedon (Andrei Plotniy), alla metilexanamina (Ivo Minar, Robert Kendrick, Dimitar Kutrovsky, quest'ultimo ha visto ridotta la sua squalifica grazie a Andy Roddick, link), alla pemolina (Dimitry Vlasov), alla caffeina (Martin Rodriguez).

Non mancano le positività per i beta-2 agonisti, sostanze stimolanti che a seconda del dosaggio, hanno effetti anabolizzanti: salbutamolo (Alex Bogomolov Jr., Todd Perry, Anthony Dupuis), clenbuterolo (Karol Beck, David Sebok, Mariano Puerta, Mohammed Mohazebnia), terbutalina (Ilanit Fridman, Jaime Carmona).

Poi ci sono gli anabolizzanti: nandrolone (Guillermo Coria, Sesil Karatantcheva, Petr Korda), metil-testosterone (Juan Ignacio Chela), stanozololo (Pedro Braga), ormone della crescita (Wayne Odesnik – possesso). E le sostanze mascheranti, come i diuretici: idroclorotiazide (Graydon Oliver, Laura Pous Tio, Guillermo Cañas), canrenone (Courtney Nagle), amiloride (Laura Pous Tio), furosemide (Kristina Antoniychuk).

In passato ci sono stati anche due casi (Mariano Hood e Mark Nielsen) di positività alla finasteride, principio attivo di farmaci che combattono la caduta dei capelli, inserita tra le sostanze proibite nel 2005 in quanto agente mascherante di steroidi come il nandrolone. Dal 2009, però, non fa più parte dell'elenco in quanto la Merck Sharp & Dohme società che ha scoperto la molecola, l’ha resa inefficace come agente mascherante.

Infine i glucocorticoidi: triamcinolone acetonide (Stefan Koubek), budesonide (Juan Viloca) e betamethasone (Luis Feo Bernabé).

Da questo elenco si giustifica in buona parte, ma non del tutto, il pensiero del 34enne onesto mestierante della racchetta Michael Russell: prendono solo i pesci piccoli.

Conclusioni
La domanda, a questo sorge spontanea: perché pochi atleti di vertice sono stati scoperti? Non volendo indugiare in ipotesi di macchinazioni e complotti, la scelta di “barare” deriva da un bilancio costi-benefici che combina lo sforzo legittimo (l'allenamento, l'impegno) e l'input illegittimo, il doping (ovviamente ogni atleta conosce l’abilità dell’avversario, ma non sa se è “pulito” o no). Chi sceglie di assumere sostanze illecite sa che questa azione comporta due categorie di costi: uno diretto, legato al fatto che in caso venga scoperto sarà squalificato e non porterà a casa alcun premio, e uno indiretto, determinato dalla perdita della reputazione o di possibili introiti futuri in caso di squalifica prolungata nel tempo. Costi indiretti che sono notevolmente maggiori, ovviamente, per gli atleti di vertice.

Ogni atleta sa che doparsi comporta, da un lato, un miglioramento della prestazione e un aumento delle probabilità di vittoria, dall’altro un maggior rischio di essere scoperto e squalificato. La scelta
di assumere (o meno) sostanze illecite dipende dall’interazione fra tre effetti:
− l’effetto probabilità
, che definisce l’aumento delle chance di vittoria di un atleta in caso di utilizzo di sostanze dopanti, assunto che l’avversario vi faccia ricorso;
l’effetto costo: doparsi richiede un investimento economico maggiore. L’effetto probabilità e l’effetto costo lavorano in due direzioni opposte: se è vero che fare ricorso a sostanze illecite fa aumentare le proprie chance di vittoria, dall’altro riduce i margini di guadagno;
l’effetto windfall-profit (profitto caduto dal cielo): i benefici, in termini di titoli e premi, per l'atleta “pulito” che ha perso da un avversario dopato che è stato scoperto, e dunque squalificato.

Di conseguenza, è determinante per le scelte di comportamento individuali il disegno dei premi. Alzare quelli più bassi, come ha fatto quest'anno il Roland Garros, e come accadrà ai prossimi Australian Open può contribuire a ridurre il rischio di comportamenti illeciti. Si alza, infatti, il costo di un’eventuale squalifica, e gli atleti saranno tentati dall’assicurarsi almeno il premio più basso con una maggiore probabilità.

Allo stesso tempo, una maggiore affidabilità dei test rende l'assunzione di sostanze dopanti meno conveniente sia per gli atleti di seconda fascia (aumentano i costi diretti e indiretti, a fronte di margini di guadagno non garantiti e di rischi più alti) sia per i più forti, che avrebbero sì maggiori possibilità di guadagno grazie al doping, più che controbilanciati, però, dalla zavorra dei costi indiretti.

Alessandro Mastroluca

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