31/10/2012 17:41 CEST - CENTRE THOUGHT

Aga nostra fatina del goniometro di cristallo

CENTRE THOUGHT - Agnieszka Radwanska è la top player che gioca un tennis autenticamente diverso. Evidenti limiti di potenza fisica e di forza mentale le precluderanno forse una carriera da campionessa, ma rimane un fiore da proteggere. Riccardo Nuziale

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Buster Keaton durante la lavorazione di "The Railrodder" (1965)
Buster Keaton durante la lavorazione di "The Railrodder" (1965)

La diatriba tra Serena Williams e il resto del mondo sta assumendo sempre più i contorni del teatro della sadica banalità. Soprattutto quando la statunitense si trova di fronte Sharapova o Azarenka, le uniche due in teoria in grado di competerle sul piano dell'agonismo e della forza mentale e fisica, Serena, quasi come Mercoledì Addams, si diverte a sbriciolare le convinzioni delle due bionde, le quali si trovano nel ruolo che quasi sempre riservano alle altre: quello di vittima sacrificale. Vedere un match tra una delle due e Serena equivale a vedere una teppistella di quinta elementare fronteggiare una bulla di terza media. Una questione di territorio, di mostrare a chi osa paragonarsi a lei cosa significa arroganza agonistica.

Ecco perché osannare - come sarebbe competente e attuale - per l'ennesima volta le gesta di una tennista che a 31 anni è ancora ad un livello imbarazzante la più forte sarebbe una noia mortale, per questa penna e per il lettore.

Quindi arriviamo a parlare di Buster Keaton, il cui nome non dovrebbe necessitare presentazioni. Durante uno dei suoi ultimi lavori, The Railrodder (un cortometraggio girato nel 1965: l'artista sarebbe morto di cancro il primo febbraio del '66), fu girato anche un documentario, intitolato "Buster Keaton Rides Again", che vede il grande rivale di Chaplin negli scontri dialettici cinefili (Bertolucci docet) impegnato durante le riprese.

Particolarmente memorabile è uno sketch di pochi secondi che vede il grande Buster dare l'illusione di fermare e far ripartire un treno in completa scioltezza, con un solo braccio. Una performance assolutamente improvvisata, non prevista né costruita, un meraviglioso saggio delle capacità dell'autore di Sherlock Jr. d'inserire la propria fisicità all'interno di una dimensione spazio-temporale.

Un video che spiega il tennis di Agnieszka Radwanska meglio di ampollosi e tecnici discorsi. Giocatrice che da anni fa parlare di sè e che quest'anno ha finalmente raggiunto, a 23 anni, la prima ag(a)ognata finale Slam, persa in tre set contro - toh, chi si rivede - Serena.

Così, nella stessa settimana in cui i pellegrini del Tennis Estatico hanno atteso invano sulla via di Lourdes l'ascensione di San Grigor il Salvatore (unico tennista al mondo che può permettersi giusto qualche colpo grandioso qua e là - come quello, baciato da buonissima dose di fortuna, ammirato a Basilea - per vedersi sommerso di smisurate lodi, quando di fenomenale ha finora solo il ritardo nel raggiungere i traguardi consoni al suo innegabile, per quanto sopravvalutato, talento), fatina Aga ha allo stesso tempo deliziato con i suoi "anticipi attendisti" e la sua mano di velluto e lasciato interdetti gli appassionati per quellee notevoli voragini di concentrazioni e tattiche all'interno dei match disputati.

Se con Petra Kvitova ha infatti avuto vita troppo facile per la forma a dir poco precaria della ceca e con Serena è arrivata priva di energie, con Sharapova ed Errani la polacca ha fatto vedere tutto il suo magnifico repertorio tecnico, ma anche i suoi evidenti limiti che le hanno finora impedito e che probabilmente le impediranno sempre di diventare qualcosa in più di una grande giocatrice.

Un gioco composto da tagli, dallo sfruttamento completo delle traiettorie lungo tutto il campo, da millimetriche smorzate (ne è forse l'interprete migliore attualmente, uomini compresi), da una capacità di leggere il colpo dell'avversaria, riuscendo quindi ad anticiparlo e sfruttare la sua potenza - abitudine che la rendono per molti una semplice pallettara: niente di più sbagliato - da una buona propensione al gioco di volo. Da un punto di vista squisitamente tecnico, nessuna ha attualmente il bagaglio e la completezza di Agnieszka Radwanska.

La quale non è la numero 1 per un'evidente deficienza di potenza (leggenda vuole che sulla sua seconda di servizio, il pubblico soffi per darle quel mezzo chilometro orario in più) e per una precaria lucidità mentale durante i match difficili. Lo si è visto chiaramente contro la Sharapova, dove per quasi due set ha dato la sensazione di poter ingabbiare - tranne che sulla risposta della russa - la strabordante violenza avversaria, finendo però per dare troppe possibilità a causa di un'incapacità a gestire i momenti di vantaggio.

Lo si è visto contro Sara Errani, complicandosi terribilmente la vita in un match che sulla carta avrebbe dovuto dominare (i lettori patrioti troveranno questa considerazione irrispettosa: nulla di tutto questo. Semplicemente a giudizio di questa penna se a livello mentale Sarita è di gran lunga superiore ad Aga, allo stesso modo sul livello puramente tennistico il divario tra le due è nettissimo a favore della polacca. Bravissima quindi l'azzurra ad aver portato il match verso lidi a lei più congeniali).

Ma fatina Aga è così: un concentrato di timida dolcezza, un sussurro durante un rave.

Quindi, tornando alla metafora scolastica d'inizio articolo, se Serena è il Boss e Masha e Vika le vice-bulle, Aga è la sensibile secchiona magrolina con occhialoni dalla montatura spessa e nera che legge poesie francesi e che alle prepotenze fisiche risponde con acute battute di spirito, orgogliosa della sua superiorità intellettuale. Il fiore hippie infilato nella canna dei fucili militari.

Con ogni probabilità dalle prime della classe continuerà a prenderle, perché il "fate l'amore, non la guerra" non è attualmente contemplato. Forse non vincerà mai uno Slam e non diventerà mai numero 1 (l'augurio è di sbagliarsi in pieno).

Ma il profumo del fiore non può essere brutalizzato.

Riccardo Nuziale

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