15/11/2012 14:56 CEST - LA RIFLESSIONE

Nole ed i matchpoint salvati Vincere cambia tutto

TENNIS - Nonostante la bravura nei punti importanti sia uno dei suoi punti di forza, Novak Djokovic ha dato prova di poter essere poco affidabile in questi frangenti. Karim Nafea

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Novak Djokovic esulta dopo aver battuto Federer nella semifinale degli US Open 2011 (Photo by Mike Stobe/Getty Images)
Novak Djokovic esulta dopo aver battuto Federer nella semifinale degli US Open 2011 (Photo by Mike Stobe/Getty Images)

Non ci poteva essere finale migliore per chiudere l’anno. Da anni ormai Federer-Djokovic è la partita che, più delle altre sfide tra i primi, garantisce una buone dose di spettacolo e pathos.
Anche ieri s’è visto buon tennis che ha, in parte, salvato un Master privo di particolare mordente.
Eppure, più che il tennis espresso, c’è stato qualcosa di speciale nella partita di ieri. E’ stata partita di dichiarazioni, neanche troppo velate, tra due giocatori che si odiano cordialmente.

Da una parte Djokovic si è confermato con decisione e senza ammettere repliche il migliore per costanza ed efficacia ad altissimi livelli. Dall’altra Federer ha dato l’ennesima prova di classe impegnando il serbo, pur senza essere al meglio, e costringendolo a dare il meglio per uscire vincitore.

Detto questo, sarebbe bello fare finta, almeno una volta, che il tennis sia anche questione di tattica e non si limiti a “ha avuto cuore, l’ha voluto di più, ha complessi, soffre l’avversario”. Fingendo che la tattica sia importante, la partita di ieri ha offerto uno spunto interessante riguardo le differenze nell’interpretare i punti importanti tra il serbo ed il basilese.

Il guerriero
Nole è considerato un vero e proprio gladiatore della racchetta. Le grandi rimonte, le ancor più plateali esultanze e le numerosissime vittorie al set decisivo hanno create quest’immagine dell’uomo di ferro. Ma il nostro diabolico sport ha più volte dimostrato come questi “personaggi” siano effimeri e facilmente ridimensionabili. L’invulnerabile Nadal si è dimostrato attaccabile, terreno, dando al proprio “personaggio” una miriade di nuove sfaccettature ed una conoscenza più profonda e penetrante del giocatore. Limitare Djokovic al ruolo del guerriero salva-matchpoint è un crimine verso la persona che, nel bene e nel male, è estremamente complessa ed interessante.
Accantonando il personaggio che ci viene proposto, si possono analizzare le sue scelte nei momenti topici delle partite.

Innanzitutto si nota una differenza nell’affrontare i punti a seconda dell’avversario. Giustamente, il serbo adatta il suo gioco e le sue scelte in base al livello dell’avversario. Badate bene, al livello, non al tipo di gioco.

Quando sa di poter dominare l’avversario Nole imposta lo scambio e fa affidamento sulla regolarità e sulla resistenza fisica, trasformandosi in un muro di gomma, teoricamente insuperabile.
In questa versione, Nole è perfettamente sensato nelle scelte, freddo ed aggressivo al punto giusto, capace di scegliere con estrema lucidità quando invertire l’inerzia dello scambio.
Quando incontra i suoi parigrado (gli altri 3 fichissimi) si trasforma. E’ con loro che dà il meglio e, tatticamente e concettualmente, il peggio.

La risposta di diritto con Federer, i diritti sulle righe sempre con l’elvetico (nel 2010) e con Murray a Shanghai ed i vincenti con Tsonga a Parigi.
Tutti grandi colpi, istantanee che hanno fissato nella nostra mente un sguardo indiavolato e fisso, simbolo stesso dell’imbattibilità del serbo.

Eppure è proprio in questi casi che Nole è più vulnerabile. La lucidità dei momenti migliori viene accantonata; non sparisce, è semplicemente inibita da una scelta: impedire che gli altri possano prendere il controllo, rischiando al massimo.

I colpi ricordati sono tutti eccezionali e rischiosissimi, non incarnano le classiche giocate “di percentuale” che il serbo predilige.
Se è vero che la capacità di cambiare nei momenti di necessità è caratteristica dei fuoriclasse, è anche vero che mettersi così tanto nelle mani del Caso contraddice l’essenza stessa del gioco del figlio di Srdjan.
Il fatto che spesso questi colpi vadano dentro dipende dall’enorme quantità di talento che Novak porta a spasso.

Anche ieri, set-point Federer, Djokovic risponde con una fucilata al servizio di Roger e spara il colpo successivo sulla riga a velocità supersoniche costringendo lo svizzero all’errore. Scelta rischiosissima, quando sarebbe potuta bastare una pressione, meno veemente, dal lato del rovescio dell’avversario (che stava accusando la diagonale). Trovare il giusto mezzo oraziano tra aggressività, voglia di controllare il punto, e cautela.

L’alta percentuale di riuscita del serbo in questi momenti non rende, automaticamente, buone le scelte compiute proprio perché la bontà di una scelta non dipende dal risultato della stessa.

Tirare al massimo, in un momento difficile, magari arrivando in corsa con quello che è il colpo meno affidabile (il diritto) è una cattiva scelta. Mettersi così tanto nelle mani del Caso (piccola deviazione del nastro, un millimetro di ritardo nel colpire), assottigliare così tanto il margine d’errore con un talento fenomenale come quello del serbo è, decisamente, una cattiva scelta.

Il Narciso
Parlando di maschere. Uno dei caratteri più animati e vibranti del circuito spacciato per un robot. Peraltro il nostro svizzerotto è stato accusato più di una volta di usare fin troppa cautela nei momenti importanti. Eppure, basta cercare, ci sono innumerevoli situazioni risolte dalla svizzero, in momenti di difficoltà, con un lampo di genio. Quando non è il servizio (metodo principe per tutti i grandi) a trarlo d’impaccio, lo svizzero predilige una tattica aggressiva, votata al comando ed al controllo dello scambio con base conservativa. Roger disse, dopo la semifinale dell’US Open 2011, che “non concepisco questo tipo di gioco. Non riesco a capire questo livello di rischio, in quei momenti la mia priorità è sempre mettere la palla in gioco”.

Mettere la palla in gioco e mettersi, di conseguenza, nella situazione di fare qualcosa di più rispetto all’avversario sfruttando la qualità tennistica di cui si dispone. Se sei Roger Federer questa è un’ottima scelta. Si può poi discutere sul fallimento nella realizzazione dell’idea, ma la scelta resta sensata.

Piccola menzione per quelle che sono le “gemme perdenti” dello svizzero, quei colpi straordinari inventati dallo svizzero nei momenti disperati, finiti nel dimenticatoio solo perché non hanno portato ad una vittoria.

Al momento ne ho tre in mente, ma sono sicuro che potrete trovarne un’infinità: il primo è la voleè stoppata di ieri con diritto vincente per annullare il set-point al serbo, sublime; la demi-voleè giocata nel tie-break del primo set con Nadal a Melbourne, dimostrazione di delicatezza e coraggio unici; la regina delle gemme perdenti, che occupa il posto centrale nella corona, il passante di rovescio lungolinea contro Nadal, nel tie-break del quarto (salvò matchpoint e vinse il set).

Tre colpi unici, fastidiosamente eccezionali resi inutili dal risultato. Vincere cambia tutto.

Karim Nafea

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