30/12/2012 18:29 CEST - Interviste

Hewitt: "Pene più severe contro il doping"

TENNIS - "Se un giocatore come Puerta viene trovato positivo al Roland Garros e dopo 18 mesi torna a giocare, si scoraggia chi rispetta le regole" ha detto l'australiano. Traduzione di Alessandro Mastroluca

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Lleyton Hewitt
Lleyton Hewitt

I medici, dopo l'ultimo intervento chirurgico, gli hanno suggerito di lasciare il tennis. Ma Hewitt non è uno che molla facilmente e la prossima settimana, a Brisbane, inizia il suo percorso di avvicinamento agli Australian Open.

Tutti conosciamo la passione che metti in campo, ma chi ti conosce dice che fuori dal campo sei una persona molto tranquilla. Chi è il vero Hewitt?
Sono due persone diverse. Quello che vedete sul campo per me è naturale, io metto l'anima quando gioco. Ho sempre urlato “C'mon” per caricarmi. Quando non gioco sono molto più calmo, passo gran parte del tempo col mio team, la famiglia e le persone di cui mi fido.

Se potessi prendere un colpo da un giocatore, quale sarebbe?
Per il mio gioco... il servizio di Isner o di Karlovic. Sono i migliori e per me sarebbe fantastico. Con i miei colpi da fondo, se potessi tenere i miei game di battuta come loro sarei una forza in ogni torneo.

In passato c'è stato qualche scambio piuttosto acceso con gli argentini, non è vero?
Adesso no. I giovani sono fantastici. Del Potro è uno dei miei migliori amici sul circuito, anche con Monaco vado molto d'accordo. È iniziato tutto con Chela. Quando ho battuto Nalbandian in finale a Wimbledon io e Chela ci allenavamo spesso insieme. Poi l'ho affrontato agli Australian Open e mi ha sputato: non sopportava che incitassi la folla e gridassi “C'mon”. Non ci ho dato troppo peso, ma il mio coach Roger Rasheed si è infuriato con Chela, il suo coach e il suo preparatore. E la cosa è arrivata agli altri tennisti argentini.

E poi?
Due giorni dopo, era l'Australia Day, ho giocato contro Nalbandian nei quarti. Ho vinto i primi due set, perso i successivi due, poi a metà del quinto ci siamo dati una spallata. Non è successo niente di che, ma Nalbandian si è girato come a dire “Che hai fatto?”. Avremmo potuto fermarci, certo, ma abbiamo continuato a camminare. Ho vinto 10-8 al quinto e da allora non gli ho più parlato. (…)

Parliamo del doping nel tennis. Cosa pensi?
Immagino che qualcuno sia frustrato di vedere giocatori beccati una o due volte che poi tornano a giocare dopo sei mesi o un anno. Mariano Puerta ha falsato il Roland Garros 2005 perché ha giocato tutto il torneo sotto l'effetto di sostanze che migliorano le prestazioni e ha battuto diversi grandi giocatori. Per fortuna ha perso in finale da Nadal e il torneo ha avuto un vincitore degno.

Che è successo a Puerta?
Era la seconda volta che veniva trovato positivo, ma dopo 18 mesi stava giocando di nuovo. E questo scoraggia chi cerca di fare la cosa giusta. Dovrebbero inasprire le pene. (...)

Trovi divertenti le imitazioni di Djokovic?
Beh... è simpatico, ma non siamo così vicini. Sta molto di più con i giocatori serbi e croati.

Com'è Federer?
Un tipo tranquillo, ma nessuno gli è davvero vicino. Mantiene una certa distanza dagli altri. Ma mi sono sempre trovato molto bene con lui.

C'è qualcuno tra i top players con cui hai un rapporto più stretto?
Sì, Nadal. È il mio preferito da guardare e come compagno d'allenamento. Per me è stato meraviglioso poter commentare la finale degli Australian Open che ha giocato con Djokovic. Il suo fisico gli ha dato problemi per tutto il torneo, ma ha giocato uno dei match più straordinari di tutti i tempi. Il suo spirito combattivo è straordinario.

Ricordo che hai detto: Nadal mette soggezione agli avversari ancora prima di cominciare a giocare. Impressionato?
Sì. Gioca con il tempo. È sempre l'ultimo ad alzarsi ai cambi campo. Perfino durante il lancio della monetina prima del match, lui è già lì a rete che ti saltella di fronte, poi scatta verso la riga di fondo. E c'è una cosa che il pubblico non vede: nel riscaldamento tira più forte di tutti. Questo impone una presenza forte.

Fa differenza?
Certo. Tante partite si vincono e si perdono negli spogliatoi. I giocatori che iniziano a pensare a quanto tira forte in riscaldamento e che dovranno reggere quattro ore così per vincere hanno già perso in partenza. Ma è per questo che mi piace. Fondamentalmente ti dice: per battermi devi uccidermi. (…)

Cosa pensi delle attuali difficoltà di Tomic?
È stata dura, aveva tanta pressione addosso. Il secondo anno sul circuito è sempre più difficile del primo, quando nessuno ti conosce. A Wimbledon ha sorpreso tutti e ha raggiunto i quarti l'anno scorso, ma quest'anno tutti sapevano chi era e come giocava. Poi aggiungici la pressione di dover difendere quei punti: gli è caduto addosso tutto insieme. Ora la cosa più importante che deve fare è chiarirsi le idee e far parlare il campo.

Sei sicuro che ci riuscirà?
È già lì, è tra i primi 50 del mondo. Quanto in alto potrà andare? Non lo so. La cosa buona per lui è che non ci sono molti giocatori giovani ad alto livello. Io sono entrato nel tour a 16 anni, Nadal a 15. Allora c'erano Gasquet, Federer, Safin... teenager che arrivavano alla seconda settimana negli Slam.

Avevi un idolo da ragazzo?
Nessuno in particolare. Mi piaceva Pat Cash, amavo Mats Wilander. Andavo agli Australian Open con i miei genitori e spesso andavo a vederlo. C'erano un sacco di tifosi svedesi che facevano il tifo per lui e io facevo confronti perché il suo gioco era molto simile al mio.

C'è qualcosa che ti ha aiutato a giocare così a lungo?
Non una in particolare, ma sapersi programmare è importante. Non ho mai giocato tanti tornei in un anno, nemmeno quando ero numero 1. Giocavo i tornei in cui pensavo di poter fare bene. Nella prima metà della mia carriera non ho avuto grandi infortuni. Negli ultimi quattro ho avuto cinque operazioni.

Ti innervosisci ancora?
Certo. Ed è un bene. Dimostra quanto è ancora forte la tua voglia di vincere.

Traduzione di Alessandro Mastroluca

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