10/01/2013 15:15 CEST - Approfondimento

25 secondi posson bastare

TENNIS - Nuova regola: per le time violations, resta il punto di penalità alla seconda violazione solo per chi risponde. Le proteste di Feliciano Lopez e Monfils ("Sono nero, sudo tanto"). Alessandro Mastroluca

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Monfils
Monfils

25 secondi per l'ATP posson bastare. Con l'inizio della stagione 2013, sono cambiate le sanzioni per le time violations, per i giocatori che fanno passare più di 25 secondi tra un punto e l'altro. Ora il giocatore al servizio riceve un warning alla prima violazione e un “fault” (ovvero gli viene tolto un servizio, e non più un punto) dalla seconda; al giocatore in risposta, se è lui il responsabile del ritardo, rimangono un warning e poi un penalty point.

In sostanza, l'ATP ha reso le sanzioni un po' meno severe, togliendo il penalty point per chi serve, sperando di ottenere un'applicazione più puntuale della regola da parte degli arbitri. La nuova linea ha già creato polemiche.

Il primo a lamentarsi è stato Feliciano Lopez, che ha ricevuto un “fault” mentre serviva sotto 4-5 0-40 nel primo set contro Kubot a Doha. “Feli” ha protestato che era pronto a servire quando è stato richiamato e penalizzato, ma erano comunque passati più di 25 secondi e lo scambio precedente era terminato dopo appena cinque colpi.

Lopez ha ricevuto anche il supporto, su Twitter, di Ferrer e Andujar. “Non capisco come gli arbitri possano complicare la situazione così tanto” ha scritto il valenciano. E il connazionale, di rimando: “Questa regola mi sembra troppo severa, gli arbitri dovrebbero essere un po' più elastici”.

Si torna così al nodo cruciale della questione: questa regola va applicata o interpretata? L'ATP lascia spazio, nel Rulebook, alla possibilità che l'arbitro possa concedere un tempo maggiore in caso di circostanze particolari non meglio specificate: è ipotizzabile che dopo uno scambio particolarmente duro, particolarmente lungo, ci sia una maggiore tolleranza.

Ed è proprio la presenza di questo alone di discrezionalità che rende inapplicabile l'idea di portare in campo il cronometro per calcolare il tempo che intercorre tra un punto e l'altro. Discrezionalità e buon senso che ha invocato anche Monfils, già candidato al premio di Frase dell'Anno con quel “Sono nero, perciò sudo tanto” con cui ha tentato di difendersi dal fault per violazione dei 25 secondi contro Kohlschreiber. “Ho detto all'arbitro che stavo bene, che non ero stanco. Ho spiegato che stavo prendendo tempo solo per asciugarmi le mani”.

È tutta questione di abitudine, secondo Monfils: “Abbiamo fatto praticamente a meno di questa regola a lungo, e ora ci arriva una novità così. A me in fondo fa piacere, io chiedo molto al mio fisico, e non credo ci siano tanti giocatori che come me sarebbero capaci di tornare a servire in 10 secondi. È un vantaggio per me. Credo però che l'arbitro debba giudicare se il giocatore sta prendendo tempo perché è stanco, o per colpa del raccattapalle, prima di sanzionarlo”.

C'è poi la questione degli Slam, dove il limite di tempo tra un punto e l'altro è di 20 secondi anziché 25. “Dato che gli uomini giocano tre set su cinque” ha scritto Steve Tignor su Tennis.com, “l'idea è di provare a far scorrere i match un po' più velocemente. Ma l'idea ha fatto il suo tempo”. Se perfino Kohlschreiber, sostiene Tignor, “che rimane sempre nei limiti di tempo ha avuto bisogno di 23-24 secondi per riprendere il gioco contro Monfils [a Doha], l'ITF non concede abbastanza tempo. Gli Slam dovrebbero seguire le regole dell'ATP e portare il limite a 25 secondi. Così i giocatori non devono adattare ritmi e rituali quattro volte l'anno”.

Adesso non resta che aspettare e vedere come gli arbitri si comporteranno con Djokovic, Federer o Murray. Sarà il primo vero banco di prova per capire se qualcosa è davvero cambiato.

Alessandro Mastroluca

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