08/01/2013 11:47 CEST - Personaggi

Interrogativo Pavlyuchenkova: che dirà il 2013?

TENNIS - Brisbane ha mostrato una Pavlyuchenkova più tonica e serena, e ci ha ricordato che Anastasia è una di quelle che "potrebbero" arrivare lontano. Forse sarà proprio questa la stagione che ci dirà se "può" veramente. Luca Pasta

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WTA Brisbane, Anastasia Pavlyuchenkova
WTA Brisbane, Anastasia Pavlyuchenkova

Sabato ha fatto tre games, ed in meno di un'ora è stata spedita sotto la doccia dal mostro Serena. Nulla di strano, è sorte normale per molte, quasi tutte. Un po' meno normale è battere una dopo l'altra le numero 5 ed 8 del mondo, Kerber e Kvitova, senza concedere loro un set. Eppure, tale risultato non è stato particolarmente enfatizzato. Perché ad ottenerlo è stata Anastasia Pavlychenkova, la solita est-europea meccanica, la solita ennesima copia del prototipo della ragazzona slava nel tennis: alta, potente, rovescio bimane (inutile anche solo dirlo), mano grezza, e poi, diciamolo, neppure particolarmente carina, con un fisico pesante, piuttosto sgraziato, imponente, ecco. Ma siamo certi che questi luoghi comuni, che probabilmente molti osservatori frettolosi hanno applicato in automatico alla finalista di Brisbane, siano davvero applicabili alla Pavlyuchenkova? Sarebbe meglio non essere così sicuri.

Se si osserva con attenzione questa giovane donna russa di 21 anni e mezzo, si capisce che non è così. Intanto, parere personale, ha un viso interessante, degli occhi splendidi, un fascino nello sguardo tutto slavo. Beh, anche coloro tra i lettori che saranno d'accordo, mi diranno: ok, va bene, ma pensa al tennis, caro. Beh, allora vi dirò che a Brisbane la figliola è apparsa, pur nel suo fisico costituzionalmente matronale, decisamente più asciutta. Non più semovente come nel 2012, ma più che discreta negli spostamenti. Un miglioramento che, mi sembra di poter dire, non le ha tolto l'eccellente fluidità nel colpire. Se osservate bene uno scambio da fondo giocato da Anastasia, vedrete la palla uscire dalle sue corde in modo pulito e penetrante. Di dritto questo è particolarmente evidente. Senza timore di essere sacrilego, la palla non esce così limpida e potente neppure dalle corde di Maria Sharapova e Victoria Azarenka, non ha la stessa capacità di penetrazione. Ragazzo, mi direte, peccato che siano la numero 1 e 2 del mondo, o 2 e 3 dopo la numero 1 "de facto" Serena, e che invece la tua Pavlyuchenkova abbia concluso il suo traballante 2012 al numero 36. Certo, certo. Io non sto dicendo che la Pavlyuchenkova "è", ma soltanto che "potrebbe essere". E sarà bene che nel 2013 quel "potrebbe essere" diventi almeno in parte un "è".

Anastasia tre o quattro anni fa, sembrava sulla buona strada. Vincitrice nel 2006 dell'Australian Open junior, era già numero 45 alla fine del 2008 e 41 alla fine del 2009, per poi esplodere nel 2010, che concludeva al 21 esimo posto della classifica mondiale. Nel 2010 vinceva il suo primo titolo a Monterrey per poi prendersi anche Istanbul. Il 2011 segnava un ulteriore progresso, vinceva nuovamente Monterrey e chiudeva nunero 16. Ma era proprio in quell'anno, il suo migliore finora, che cominciavano a rivelarsi quei punti deboli che ne hanno finora condizionato l'ascesa. Oltre ai fin troppo evidenti limiti nella mobilità e nell'autonomia fisica su lunghe distanze, emergevano crepe più subdole e pericolose, quelle mentali. Il quarto di finale con la Schiavone di Roland Garros parlò chiaro in questo senso: non le bastò essere  sul 6-1 4-1 per raggiungere la semifinale di Parigi: calo fisico, paura, nel senso letterale del termine e conseguente confusione mentale la portarono a cedere 7-5 al terzo a Francesca, alla più amara sconfitta della sua per ora breve carriera. E' vero che nel 2011 raggiunse un altro quarto di finale nello Slam, a Flushing Meadows, con rivincita sulla Schiavone inclusa. Ma quel quarto di finale parigino fu l'episodio che rese manifesti a tutti i suoi problemi. Problemi destinati ad aggravarsi nel 2012, anno chiuso solo al numero 36 e senza titoli, con un'unica finale a Washington. Una stagione nella quale Anastasia è apparsa spesso pesante, lenta, ed anche priva di fiducia in sè stessa.

Le immagini australiane di questi primissimi giorni del 2013 ci consegnano una Pavlyuchenkova decisamente più tonica, apparentemente più serena e determinata. Il problema fisico sembra in via di risoluzione, anche se non sarà mai una Wozniacki negli spostamenti:  "Baseliner whose favorite surface is clay " recita la media guide WTA, ma non sono per nulla d'accordo.  Tecnicamente le doti sembrano intatte, ma anche i problemi appaiono tali. Il servizio è uno di questi: le prime pesantissime che talvolta entrano e fanno del male non sono il risultato di una meccanica consolidata ed armonica, come nel caso rasentante la perferzione di Serena Williams, ma appaiono piuttosto exploit isolati, che si verificano in quei fortunati casi nei quali meglio riesce l'incerto, casuale troppo alto lancio di palla. Il tocco al volo appare ancora da manovale, anche se alcuni schemi offensivi con attacchi in controtempo si sono talvolta visti. Tatticamente appare ancora piuttosto monocorde, si tratta prevalentemente della volontà di chiudere in 4-5 colpi con la violenza, almeno sul cemento. Bisognerà aggiungere qualcosa. Certo è che per lei quest'anno potrebbe essere quello del bivio cruciale che divide una strada da top ten stabile da quella della mediocrità delle retrovie. Problemi tecnici, tattici e mentali urgono una risoluzione, ed il fisico va tenuto sotto ferreo controllo. 

Ma non dimenticate: Anastasia è una di quelle che "potrebbero", e sarà forse il 2013 a dirci se potrà veramente.

Luca Pasta

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