16/01/2013 13:11 CEST - Australian Open

Brian Baker, sfortuna senza fine

TENNIS - Dopo aver vinto il primo set contro Querrey, Baker sente un dolore al ginocchio. Si parla di lacerazione al menisco: 4 mesi di stop. Lo portano fuori su una sedia a rotelle. Troppe volte il destino gli ha fatto sfiorare la gloria, l'ha illuso e deluso a suon di infortuni. Ma non l'ha ancora piegato. Alessandro Mastroluca

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Brian Baker
Brian Baker

Comeback of the Year, Ritorno dell'anno. Comeback of a Year, ritorno di un anno. Un anno come un regalo del destino, come un'illusione, come una maledizione. Un ultimo giro di giostra per il Sisifo del tennis, un ultimo desiderio da toccare, da sfiorare, e poi da veder svanire di nuovo, tra le lacrime. Un anno, cantava Ivano Fossati, è la fotografia di te stesso che vai via. Ma Brian Baker non avrebbe certo voluto vedersi portato via su una sedia a rotelle, con l'asciugamano sulla testa, senza poter contenere singhiozzi, dolore, rabbia. "I'm fucked", urla contro il cielo, "sono fottuto", e quella sedia a rotelle sembra tanto un treno arrugginito che lo riporta indietro da dove è partito.

Al suo primo Australian Open, Baker era avanti di un set contro Sam Querrey quando ha sentito come uno scoppio all'interno del ginocchio. Il medico arriva, controlla la mobilità e discute delle possibili lesioni ai legamenti che potrebbe aver subito, Baker sbotta: "Mi stai prendendo in giro?".

Secondo quanto riferito da ESPN, si tratterebbe di una lacerazione al menisco, con uno stop di almeno quattro mesi. In ogni caso, un infortunio meno grave di quanto inizialmente ipotizzato, non essendoci lesione al legamento.

"E' l'ultima persona che si merita una cosa del genere" ha detto Querrey. "Non ho visto che è successo" ha aggiunto Querrey in conferenza stampa. "Io ho colpito, lui ha tirato lungo. Stavo guardando i raccattapalle, poi mi sono voltato ed era a terra. Mi sono avvicinato e mi ha detto che aveva sentito come un 'pop' e non sapeva se era alle ossa o ai legamenti ma non poteva stendere il ginocchio. Non riusciva a camminare. Mi sono sentito davvero male per lui. Anche mentre c'era il medico, gli chiedevo 'cosa pensi che sia?' e continuava a scuotere la testa, come a dire: non posso crederci, perché mi sta succedendo tutto questo?". Avesse vinto, Baker avrebbe affrontato Wawrinka, che lo sconfisse nella finale del Roland Garros junior 2005, in quello che sembrava il punto di partenza di una luminosa carriera. E invece il destino gli ha riservato il ritorno a un altro punto di partenza.

Nel suo personale cahier des doléances, infatti, c'era già stato un infortunio al ginocchio, il primo: un infortunio al legamento mediale collaterale durante un match di qualificazione a Wimbledon 2005 contro Djokovic. Sette anni dopo, e sei infortuni dopo, è di nuovo al punto di partenza, un eterno ritorno di sventura, un discorso sempre sospeso su quel che un tempo ha chiamato dolore.

Dopo quella prima fermata, è arrivato un fugace momento di gloria, la vittoria su Gaudio, da pochi mesi campione del Roland Garros, agli Us Open del 2005 (76 62 64). Poi un nuovo intervento, all’anca sinistra, un'ernia, un'operazione al gomito e la cosiddetta “procedura Tommy John”: in pratica si sostituisce il legamento ulnare collaterale con un tendine preso dall’avambraccio, dal polso o dal piede. Prende il nome dal pitcher dei Los Angeles Dodgers che per primo si è sottoposto a questo tipo di intervento nel 1974. È molto comune tra i giocatori di baseball, molto meno fra i tennisti. Il dottor Andrews, che ha operato Baker, ha completato oltre 1300 interventi di questo tipo, ma solo 5 o 6 casi riguardavano tennisti. Poi ancora altri due interventi all’anca.

Diventa assistente coach all'università, ma a 26 anni decide di tornare. I discorsi sospesi, se può, li evita. L'anno scorso a Nizza, al rientro in un main draw di un torneo importante dopo il magico US Open del 2005, conquista la prima finale ATP della carriera, persa contro l’esperienza di Almagro. A Wimbledon, dove sono iniziati dolori e speranze, infila sei vittorie consecutive che lo portano agli ottavi. Il finale di stagione non è stato all’altezza di quei clamorosi picchi (dopo Wimbledon ha raccolto 3 vittorie e 10 sconfitte) ma sembravano finalmente esserci grandi destinazioni per lui. Ma le grandi destinazioni, e nessuno ne porta i segni quanto Baker, non sono già tutte descritte. E se dio fosse uno di noi verrebbe davvero da chiedergli: "Perché mai ci hai messo qui, con tutte queste illusioni, e tentazioni e delusioni?".

Alessandro Mastroluca

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