22/01/2013 12:06 CEST - Rassegna Nazionale

Seppi si arrende,stremato Bolelli-Fognini:colpo Davis,Federer non finisce mai (Crivelli,Co.Sport,Ferrero);Per Andreas è un successo (Bertolucci);La Francia dai mille idiomi (Clerici);Murray contro la storia (C.Sport);Serena&Sloane:sorelle contro (Valesio)

22-01-2013

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A cura di Davide Uccella

Seppi si arrende, stremato Bolelli-Fognini: colpo Davis (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 22-01-2013)

Il baratro appare d’improvviso, dietro la curva di un match che sta filando nel senso appropriato. E’ un buco nero che inghiotte le energie di Seppi, presentandogli il conto di una settimana da dio ma dispendiosissima, fisicamente e mentalmente. E lui ci affonda a mani alzate, senza provare a conservare il respiro fino all’ultimo. I quarti sono di Chardy, il francese che picchia come un fabbro e palleggia con Serena Williams all’accademia di Mouratoglou: l’avventura di Andreas finisce, ma gli lascia in eredità una storica top 20 (Furlan nel 1996 l’ultimo italiano) e una vittoria su Cilic che gonfia l’orgoglio azzurro per la Davis.

Sensazioni Sono quattro errori gratuiti nel sesto game del secondo set, repentini come un temporale estivo, a marcare il confine tra il sogno e l’amara realtà: da quel break, Seppi non si riprenderà più. Fin lì, è stato perfetto, aiutato dalla povera percentuale di prime del francese, che gli consente di prendere il controllo dello scambio e di far muovere l’avversario senza dargli munizioni per le sue bordate. Un passante di rovescio per il break del 6-5 e l’ace di seconda sul set point sembrano l’illuminazione. E invece cala il buio: «Non ho più avuto buone sensazioni — dice Andreas — e il mio livello di gioco non era più quello dei match precedenti. Lui ha cominciato a mettere le prime, mi ha aggredito su ogni palla e io
non ho trovato le contromisure ».

Rivoluzione tecnica L’allievo di Max Sartori è svuotato, spento, sbaglia tantissimo (27 errori di dritto alla fine) e crolla spaventosamente alla battuta, mentre Chardy dà anche una dimensione tecnica alla rivoluzione, alternando il rovescio slice, che lo aveva accompagnato per tutto il primo set, a quello a due mani: «Dovevo cambiare qualcosa — dirà Jeremy — giocargli più alto per costringerlo a un ritmo diverso». E’ una discesa lenta verso gli inferi, scandita dal dritto del numero 36 del mondo e dai suoi assalti non appena Seppi è costretto a giocare la seconda. Arriva un altro break nel primo gioco del terzo set, un’altra mazzata: «E’ stato decisivo—ammette Andreas— perché gli ha permesso di sciogliersi definitivamente,
di giocare più tranquillo e in una partita centrata molto sulle emozioni è stato fondamentale, ho provato a rimanere attaccato al match, ma lui ormai spingeva troppo».

Delusione Ci vuole un sussulto, un lampo, una speranza: Seppi se la procura con la palla break (la prima dopo tre set) sul 2-1 del quarto, ma la risposta di dritto non si arrampica oltre il net, e nel game successivo Chardy sfonda e fa il break. E’ la fine: «Ovviamente mi dispiace — confesserà l’azzurro — non tanto per il risultato ma per il gioco, per non aver dato continuità alle due partite precedenti. Il mio allenatore mi ha dato nove e mezzo, ma credo di meritare di meno, anche se sono stati dieci giorni eccezionali. Adesso devo imparare a gestire le due settimane ». L’Italia agli Australian Open resta così il doppio delle Cichi Errani-Vinci e, a sorpresa, Bolelli-Fognini, che approda ai quarti battendo Nestor e Bhupathi, teste di serie numero 5 che portano in campo 12 Slam nella specialità. Una disciplina negletta ci riporta il sorriso, anche nella prospettiva della Coppa. Simo e Fogna non si vogliono fermare: «Pensiamo in grande». Che bel suono.


Seppi si ferma sul più bello (Il Corriere dello Sport, 22-01-2013)

Niente da fare. Il cammino di Andreas Seppi agli Australian Open s’è fermato negli ottavi contro Jeremy Chardy. L’azzurro, testa di serie n.21, ha ceduto in quattro set e 2h42’ di gioco al francese, che nel turno precedente era stato capace di eliminare Juan Martin Del Potro, 7 del mondo e 6 del torneo. Reduce dalle due tiratissime partite vinte contro l’uzbeko Istomin e il croato Cilic, il 28enne altoatesino ha vinto il primo set per 7-5 ma si è spento progressivamente. Chardy ha dominato secondo e terzo, poi nel quarto Seppi ha avuto l’unica occasione di allungare in match ma sul 2-1 ha fallito una palla break, l’unica guadagnata dopo il primo set. A quel punto via libera per il 25enne francese, n. 36 del mondo, che ha “accompagnato” il servizio con il suo dritto micidiale. Seppi si consolerà con il best ranking in carriera: diventerà n.18, alla peggio 19 ma solo se Chardy, atteso ora nei quarti da Andy Murray, vincesse il torneo... Andreas non ha quindi migliorato il miglior risultato in uno Slam (ottavi al Roland Garros 2012): l’ultimo italiano a conquistare i quarti degli Aus Open resta così Cristiano Caratti, che ci riuscì nel 1991.

LE SUE PAROLE - Seppi non ha recriminazioni particolari. «Sono sceso di intensità, specie nel terzo e nel quarto set. Chardy è invece cresciuto, dopo che mi aveva avvantaggiato all’inizio, quando non serviva benissimo e mi aveva dato spazio, specie sulla sua seconda. Invece dal terzo ha messo tante prime ed è stato più difficile gestire gli scambi. In definitiva lui ha giocato meglio di me e ha meritato di vincere» . Il coach Massimo Sartori dice che il suo torneo è stato da 9 e mezzo. «Forse ha un po’ esagerato - osserva Andreas con grande onestà - Ho disputato sicuramente un buonissimo torneo, centrando l’obiettivo di giocare anche nella seconda settimana. Però volevo far meglio, in questa partita, e invece così non è stato» . A Seppi è stato chiesto anche del doping. «Quello che è successo ad Armstrong, può accadere anche nel tennis. Io ne ho fatti molti, di controlli: tre a dicembre, un paio di volte si sono presentati alle 6 di mattina, e l’ultima mi è stato anche prelevato il sangue» .


La Francia dai mille idiomi che ci cancella dagli Slam (Gianni Clerici, La Repubblica, 22-01-2013)

Battuto dal francese Jeremy Chardy l’unico italiano in gara nella seconda settimana — doppietti a parte — Andreas Seppi sta raggiungendo la stanzetta delle interviste, che un cronista di qui mi arresta, forse per la lunga barba bianca che mi dà un aspetto rispettabile. «Dunque ha perso, l’italiano?» mi chiede, e alla mia luttuosa risposta, tenta di approfondire «ma come mai i francesi hanno in campo quattro giocatori tra i primi sedici, Chardy, Simon, Gasquet, Tsonga, e voi italiani soltanto uno, che per di più ha perduto dal peggio classificato dei vostri vicini di casa? ».

«Sono ragioni storiche: i francesi hanno, a Parigi, l’Ena (École Nationale d’Administration), mentre noi, a Roma, non possediamo niente di simile». Mi viene anche in mente che, all’inizio dell’Era Open, con i nostri vicini francesi del tennis costituimmo un’associazione, chiamata gli Amici del Tennis. Allora più malmessi di noi, i francesi vinsero le loro elezioni, e piazzarono un grande dirigente, Philippe Chatrier, sorta di De Gaulle del tennis, a capo della loro Federazione, e Gil De Kermadec, un grande tecnico, l’inventore della moviola, a dirigere il settore tecnico, fondendo scuola e sport nei Lycées de Tennis. Noi italiani, io stesso, Tommasi e un Presidente Comunista (figurarsi) Giuseppe Stante, perdemmo le nostre, di elezioni. Di lì, iniziò la rinascita della Francia, e la nostra decadenza. Ma cosa potrei mai raccontare, a un cronista di un paese che interagisce ormai con la Cina e con gli emergenti asiatici?

Mi viene invece in mente di domandare al netto vincitore di un Seppi sommerso da 42 servizi vincenti, e da una trentina di dirittacci esplosivi, se il nome di Geremia (il cognome è Chardy) gli procura qualche suggerimento celeste, o qualche illuminazione, tipo quella che, dopo un set negativo, l’ha spinto ad abbandonare il rovescio bimane in favore di un gesto tagliatissimo ad una mano, che ha contribuito a dissestare il ritmo di Seppi, e a fargli alzare la palla, in seguito preda dei mostruosi schiaffoni circolari del francese. «Non so se sia Geremia» risponde Chardy, «provi a chiedere al mio allenatore, Kerei Abakar». Per non sollevare qualche attrito tra gli eredi di due religioni probabilmente dissimili, mi sono limitato a prender nota di un nome di probabile origine musulmana, di un altro cristiana, e del fatto che entrambi si giovano dell’ospitalità di una Accademia Greca basata a Parigi, quella di Patrick Mouratoglou, oggi intimo assistente anche di Serena Williams. Le vie del Signore, anche nel Tennis, mi dico, sono infinite.

Seppi, finisce sul più bello Federer invece non finisce mai (Federico Ferrero, L'Unità, 22-01-2013)

SEN' È ANDATO SENZA RIMPIANTI, E VA BENE COSÌ. Uno sguardo approssimativo all'occasione di Andreas Seppi, quella di infilare la zazzera bionda in un quarto di finale Slam, potrebbe suscitare fastidi e malumori: dei sopravvissuti, Jeremy Chardy era di fatto l'avversario più trattabile. Quello meno titolato, con esperienza sostanzialmente nulla in simili circostanze se non in un occasionale Roland Garros da teenager, consumato sul fuoco dell’entusiasmo. La partita, certo, si poteva fare: l’altro ha preso a giocare – e come! - solo a metà del secondo set, dopo un’ora e più di incartamenti, doppi falli litigati col solleone e stecche assortite.

È proprio lì che Seppi ha perso. Pasticciato un gioco da vincere sul 7-5 e 2-2, fallita la costruzione di un vantaggio che sarebbe dovuto essere ben più solido, il match ha improvvisamente invertito marcia con inchiodata, testa-coda e accelerata da stordimento. Da quel momento in poi, il servizio-schiaffone di Chardy avrebbe preso a entrare con percentuali da paradiso; il drittone violento e tuttofare avrebbe colpito ancora e ancora, in risposta, in palleggio, in attacco. Andreas, verosimilmente fiaccato dai chilometri corsi contro Istomin e Cilic, ha richiamato e non ritrovato le forze; anzi, ha platealmente mollato il colpo e si è ritrovato in un amen privo di ritmo, incapace di sfruttare le sue armi. Ha patito tutto, fino al match point: le sberle di dritto del francese, quei rovescini affettati da raccogliere con le ginocchia a terra. Di antidoti da offrire, nulla: Andy non è un virtuoso, se il gioco di base non funziona e manca pure la lucidità, il sistema va in collasso.

Resta, certo, il torneo, di qualità incoraggiante e bastevole per rivedere un italiano tra i primi venti dall'ultima visitina, fugace, di Furlan nel '96. Che Seppi riesca a toccare quota 18, il massimo ottenuto da Camporese e Gaudenzi nell'era post Panatta, o il 19 dipenderà da Chardy, se il nitroglicerinico ragazzo di Pau ripeterà l'impresa di Cincinnati 2012 contro Andy Murray (e sarebbe clamoroso: lo scozzese sta viaggiando senza incagli verso il week end decisivo).

Per gli appassionati, il dolore per la mancata impresa tricolore si è lenito grazie al Giotto della racchetta, che la classe rende sostanzialmente apolide: un Federer in stato di grazia che ha ridicolizzato un assassino di palline come il giovane (e acciaccato) Milos Raonic. Vista anche una smorzata di rovescio, in risposta a un servizio a 200 all’ora. Roger, invece, dopo 10 giorni di torneo deve ancora smarrire un turno di battuta: Cassius-Jo Tsonga, che nell’arte sarebbe forse stato il Basquiat più grezzo, è avvisato.

 

Volée di rovescio - Per Andreas è un successo (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport, 22-01-2013)

Negli ottavi di finale degli Australian Open contro Jeremy Chardy darà adito a molti di rimproverarlo per aver fallito la «prova del nove». Io la penso diversamente.

E’ vero, l’occasione era ghiotta, e il francese era un giocatore sicuramente ostico, ma battibile. Purtroppo Andreas si è presentato in campo con poca benzina nel serbatoio e dopo aver vinto il primo set, è rimasto a piedi. Capita, ma il suo torneo resta comunque un successo, illuminato dalle vittorie ottenute contro tennisti di livello (da Istomin a Cilic, due avversari che soffre e contro i quali aveva appena perso) e impreziosito dalla nuova classifica mondiale raggiunta. Aveva iniziato l'anno con buoni propositi ed era giunto a Melbourne contento e fiero per aver raggiunto la ventitreesima posizione nel ranking Atp, ma tornerà a casa ancor più felice, orgoglioso per essere entrato a far parte della ristretta famiglia dei «top 20».

Un grande risultato per un giocatore non particolarmente dotato di talento, ma che, attraverso il duro lavoro e dopo lenta e sofferta maturazione, è diventato un tennista di tutto rispetto. Aveva difficoltà nel gestire la pressione della partita e il suo gioco pulito, privo di effetti e senza il pugno del ko, lo vedeva svolazzare ma non pungere. Adesso, con il notevole miglioramento fisico, ha più forza nella parte superiore, il servizio è diventato incisivo, consistente e vario, ed il rovescio apre angoli interessanti. Con le vittorie, oltre all’indispensabile fiducia, Seppi mette oggi in mostra un tennis completo, in grado di garantirgli un rendimento costante su tutte le superfici.

Federer boccia Raonic: 35˚ quarto di fila! (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 22-01-2013)

Una generazione prenderà il potere, ma per adesso comandano ancora i vecchi leoni. Perché non basta servire a 233 all’ora per incrinare il talento e l’esperienza di Federer. Lo impara a proprie spese il canadese Raonic, ormai da tempo indicato come il più probabile successore dei Fab Four ma ancora troppo tenero e falloso nei momenti delicati del match, quando non conta solo la forza bruta. Così, sul 4-5 e servizio, il montenegrino del Canada (con l’attenuante di aver giocato con una infiltrazione per infiammazione al tendinea del piede sinistro) spara fuori un paio di dritti e misura la rete con una volée facile facile, consegnando il primo set allo svizzero. Che poi pennella il tie-break del secondo set e vola via facile nel terzo, senza concedere alcuna palla break. Per la 35ª volta consecutiva (record), Roger è nei quarti di uno Slam (contro Tsonga): «Milos è molto forte e picchia duro con il servizio, ma i miei riflessi funzionano ancora bene».

Quasi in famiglia Si avvicina così a grandi passi la semifinale crac con Murray che, come Federer non ha ancora perso un set, e si è sbarazzato facilmente di Simon: «E’ stata una partita strana, lui non stava sicuramente bene fisicamente e questo mi ha un po’ condizionato». Andy affronterà Chardy, che lo ha battuto l’anno scorso a Cincinnati. Ora sfida quasi in famiglia, invece, per Serena Williams, mostruosa al servizio (19/20 con la 1ª nel set iniziale) contro la Kirilenko, triturata in 57 minuti: nei quarti l’aspetta Sloane Stephens. La 25 del mondo, classe 1993, si porta dietro fin da bambina la pesante eredità della successione delle Sorellone, per le comuni origini afroamericane e la residenza in Florida. Serena l’ha accompagnata fin dai primi passi nel circuito e si allena spesso con lei.


Murray contro la storia (Il Corriere dello Sport, 22-01-2013)

Chissà se Andy Murray ha ringraziato Gael Monfils. Sì, perché se Gilles Simon gli ha opposto resistenza davvero minima negli ottavi degli Australian Open, grosso merito va all’altro francese, che con Simon era stato protagonista di una estenuante battaglia di 4h45’ nel turno precedente. Contro Murray è infatti scesa in campo la brutta controfigura di Simon, così sotto tono al punto da mettere quasi in difficoltà lo stesso Andy. «In uno Slam come questo, ogni volta ti prepari a un impegno sempre più duro, e invece stavolta è andata in modo del tutto diverso. Me ne sono accorto dopo i primi game e così non mi sono sentito più di tanto in partita. Ho avvertito poca pressione, in questi casi bisogna solo cercare solo di chiudere il match prima possibile e così ho fatto. In ogni caso sono contento di come ho giocato nei turni precedenti ed è bene che arrivi abbastanza fresco alla fase decisiva del torneo» . Peraltro Murray è atteso da un compito difficilissimo: nessun giocatore è mai riuscito nell’impresa di vincere subito un altro Slam dopo la conquista del primo in carriera. Tuttavia nel frattempo specie sul web c’è grande entusiasmo tra i suoi fan: si sprecano, per esempio, gli “adattamenti” dei poster cinematografici di alcuni celebri film (“Il gladiatore”, “Mad Man”, “Captain America”, “Crocodile Dundee” e altri ancora), modificando i titoli con i suoi soprannomi (su tutti “Muzza”, ovvero il suo cognome modificato secondo lo slang britannic). Prossimo avversario di Murray sarà il francese Jeremy Chardy, che ieri ha eliminato il nostro Andreas Seppi. Andy guida per 4-1 nei precedenti, ma l’ultimo è stato vinto proprio da Chardy nell’agosto scorso a Cincinnati. «Spero proprio che questo mi dia maggiori motivazioni. Se non giochi particolarmente bene, contro uno come lui perdi senza problemi» .

FEDERER FA 35 - Dal canto suo, ma non c’erano dubbi, Roger Federer dopo Bernard Tomic ha buttato fuori dal torneo un altro dei protagonisti prossimi venturi degli Slam, o almeno presunti tali: Milos Raonic, sceso però in campo solo grazie a un’infiltrazione a un piede davvero malconcio. “Rogi”, che finora non ha lasciato per strada un set così come Murray, anche contro il canadese non ha ceduto un turno di battuta ( «Più se ne parla, più rischio di farmi breakkare: quindi preferisco che non se ne parli» , il commento ironico dell’ex n.1) e così per la 35ª volta di fila disputerà i quarti di uno Slam dopo il Roland
Garros 2004. Federer adesso se la vedrà con Jo-Wilfried Tsonga, con il quale è 8-3 nei precedenti «Un giocatore esplosivo, con un servizio super, per un match davvero interessante. Se continuo però a esprimermi su questi livelli, bé, penso proprio di andare avanti nel torneo» . Se tutto va come deve andare, Federer e Murray saranno avversari in semifinale.

 

Serena&Sloane: quasi sorelle contro (Piero Valesio, Tuttosport, 22-01-2013)

CI SONO luoghi dove sarebbe interessante effettuare degli esperimenti. Sull’alimentazione, ad esempio. Jorge Lorenzo sostiene che il segreto della nascita pressoché contemporanea a Maiorca di due atleti del livello suo e di Rafa Nadal sia la sobrasada, una carne di manzo insaccata che è una delle prelibatezze del luogo. Magari dalle parti di Jesi e zone limitrofe c’è un alimento naturale (il piccione arrosto?) che contribuisce in modo determinante a creare fiorettiste. Chissà cosa mangiano a Shreveport, in Louisiana. O cosa mangiavamo tra i venti e trent’anni fa. Cucina cajun, forse, dolciastra e piccante allo stesso tempo. Shreveport è il luogo chiave del tennis americano del trentennio. Quello da cui è partita una storia che stanotte a Melbourne troverà se non una conclusione almeno un suo compimento. Quando Serena Williams e Sloane Stephens si troveranno di fronte per il quarto di finale chissà se penseranno che i loro padri sono nati esattamente nello stesso luogo, che non è esattamente New York: Shreveport, per l’appunto.

FUTURO Quello di Sloane, che compirà vent’anni a marzo e rappresenta il più immediato futuro delle Sorellone, non c’è più: è morto in un incidente stradale nel 2009 dopo essere stato un buon runningback dei New England Patriots (la madre era una nuotatrice). Papà Richard lo conosciamo tutti: si può ben dire che il primo artefice del fenomeno Williams sia stato lui. Quello di stanotte non sarà ancora un passaggio di consegne anche se per Sloane non sarà certo una partita come un’altra visto che si tratterà per lei del primo quarto di Slam. Fra le due corre un sangue normale nel senso che Sloane pare (come tutti i più giovani) non molto disposta ad accettare imbeccate da chi è più avanti negli anni. Serena ha visto gli ultimi due match della Stephens e dopo quello contro Laura Robson ha comunicato alla connazionale di essersi stupita perchè aveva grugnito poco. Contro la Jovanovski Sloane ha grugnito come Dio comanda colpendo la palla e non ha mancato di rintuzzare Serena: «Spero che sia stata soddisfatta» ha sussurrato. Aspettiamo un florilegio di grugniti, stanotte.

AH, L’AMORE Il match fra due afroamericane che si allenano in Florida sarà presumibilmente, però, null’altro che un altro passettino di Serena verso il titolo. Mai la sua superiorità è stata così netta, così schiacciante. Talmente schiacciante da rinfocolore l’eterno dibattito su come si comporterebbe la suddetta contro un avversario maschio di media levatura. Serena ha fin qui giocato quattro incontri lasciano alle avversarie 14 giochi. e non dimenticate che nel primo match si era pure fatta male ad un acaviglia. Contro la malcapitata Kirilenko ha servito l’87 per cento delle prime e ha vinto il punto nell’82 per cento dei casi. Fa paura. Potenza dell’amore, pare dato che il suo rapporto con il coach francese Patrick Mouratoglu (come hanno incontestabilmente dimostrato alcune foto scattate in Provenza nei mesi scorsi) è andato ben oltre il diritto e il rovescio bimane.

ANDY RIPROVACI Si citi infine Andreas Seppi, che in Louisiana non c’è mai stato e che non è riuscito a battere Chardy e ha visto così sfumare il suo sogno di entrare in un quarto di Slam. Che volete: il nostro si è arenato dopo aver vinto il primo set e si è collocato in quelal disposizione d’animo in cui chi ti ha di fronte sente l’odore del sangue e ne approfitta. Una sconfitta che non oscura l’aura del nuovo Seppi che da Roma 2012 in poi ha scoperto che con un po’ di grinta in più può andare lontano. Intanto un Seppi così può portare l’Italia avanti in Davis, il che sarebbe già tantissimo.

AO - I numeri della giornata (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 22-01-2013)

18: la classifica di Seppi di lunedi, n˚ 19 se Chardy va in semifinale battendo Murray.

1°: la posizione di Federer come campione di tornei Slam (17), finali (24) e semifinali disputate (32). Come quarti di finale, il record e ancora di Jimmy Connors con 41, Federer e a 39.

4: le giocatrici che ancora non hanno perduto un set: Maria Sharapova (5 game), Serena Williams (8), Agnieszka Radwasnka (21) e Na Li (23).

3: i quarti raggiunti agli Australian Open da Svetlana Kuznetsova: 2005, 2009 e 2013

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