30/01/2013 15:47 CEST - PERSONAGGI
TENNIS - Duck-hee Lee è un ragazzo coreano di 14 anni. È il più giovane junior tra i primi cento del mondo e agli Australian Open è stato eliminato al secondo turno dal numero 9 del tabellone. Ma la sua è una storia speciale. Daniele Vallotto
Il silenzio è sacro, anzi, è d’obbligo per il tennis. La melodia prodotta dalla racchetta che impatta la pallina è un totem irrinunciabile per chi pratica il tennis e per chi lo guarda. Purtroppo c’è anche chi non può beneficiare di questa sinfonia perché è non udente dalla nascita. Come Duck-hee Lee, numero 63 del mondo tra i junior. Duck-hee è nato a Jecheon City, in Corea del Sud e gioca a tennis da quando ha sette anni. Nella top-100 dei junior ci sono solo tre suoi coetanei - è nato il 29 maggio 1998 - e lui è il più giovane tra di loro. La sua disabilità, che lo accompagna da quando è nato, non gli ha impedito di ritagliarsi un posto di assoluto rispetto tra i ragazzi della sua età e i risultati lo testimoniano: agli Australian Open ha infatti conquistato la prima vittoria in un tabellone dello Slam junior alla prima partecipazione battendo con il punteggio di 6-4 7-6(4) l’australiano Jacob Grills.
Il giovane coreano ha cominciato a far parlare di sé già nel 2009, quando raggiunse il terzo posto all’Eddie Herr International Tennis Junior Championships di Brandenton, torneo organizzato dall’IMG Academy e che ha visto trionfare tennisti del calibro di Marcelo Rios, Guillermo Coria, Ivan Ljubicic, Xavier Malisse, David Nalbandian, Andy Roddick e in tempi più recenti le “rising star” Ricardas Berankis, Bernard Tomic e Grigor Dimitrov. L’anno seguente Lee ha vinto il torneo nella categoria “Boys 12” senza perdere un set e battendo in finale lo statunitense Michael Mmoh con un secco 6-1 6-0. “È fenomenale come riesca a giocare senza sentire come la palla esce dalla racchetta dell’avversario perché ciò è molto importante per capire quanto veloce ti arriverà” dice il Direttore della Korea Elementary Tennis Federation. Duck-hee comunica con i suoi allenatori leggendo il labiale ma le difficoltà che percepisce sono poche: “La cosa più difficile è comunicare con gli arbitri e i giudici di linea. Non sento le chiamate, specialmente quando la palla è fuori, per cui continuo a giocare” racconta lui stesso. Anche se Lee sostiene che essere sordo non sia un grande svantaggio gli inconvenienti non sono affatto rari: nel match, poi perso, contro il numero 9 del tabellone, il cileno Christian Garin, più volte Lee ha dovuto servire di nuovo perché non aveva aspettato l’arbitro. “L’arbitro di sedia mi aveva chiesto di aspettare però non l’ho sentito e ho dovuto rigiocare parecchi punti. Ho bisogno che facciano dei gesti più ampi”. Ma la sordità nasconde anche dei vantaggi: “In campo è più facile concentrarsi perché non sento nulla. È più facile giocare così”.
L’unica cosa che manca a Lee è l’udito perché il giovane tennista non difetta affatto in ambizione. Tra i suoi obiettivi di quest’anno c’è la top-10 (attualmente il più giovane è proprio Christian Garin, 17 anni a maggio), in futuro il numero 1. Ma l’Australian Open gli ha riservato anche una piccola delusione. “Ieri Federer è passato nella hall ma non mi ha riconosciuto. Volevo fare una foto con lui. Forse la farò in futuro”. Sei anni fa il campione svizzero si trovava a Seoul per un’esibizione con Rafael Nadal e lì Duck-hee ha conosciuto il suo idolo. Ora come ora è impossibile prevedere se potrà seguire davvero le orme di Federer. Intanto, finita l’esperienza australiana, lui pensa già al prossimo anno e spera di tornare a Melbourne da protagonista.
Daniele Vallotto