07/03/2013 12:30 CEST - personaggi

Stakhovsky: "La vita è dura per gli attaccanti"

TENNIS - Intervista a tutto tondo con Sergiy Stakhovsky, ucraino nato col serve&volley, che parla senza peli sulla lingua della vita nel tour, dal rallentamento dei campi, al doping, alle difficoltà dei challenger. Trad. di Francesca Sarzetto

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Stakhovsky (foto di Francesca Sarzetto)
Stakhovsky (foto di Francesca Sarzetto)

Lo scorso settembre, Andy Murray ha coronato il sogno di una vita, vincendo lo US Open. Otto anni prima, aveva vinto il titolo Junior, battendo Stakhovsky in finale. Ho parlato con l'ucraino mentre partecipava a un challenger in Francia, e non ho potuto fare a meno di chiedergli se è stato un po' strano per lui, vedere il suo ex rivale junior entrare nell'olimpo delle leggende.

"No, non è stato strano", risponde subito. "Andy ha avuto una stagione incredibile l'anno scorso, e già da Wimbledon e le Olimpiadi c'era la sensazione che avrebbe potuto vincere a New York".

"Io spero che il meglio per me debba ancora venire. Non ho giocato male nella mia carriera (ha un best ranking di 31 nel 2010), ma l'anno scorso è stato difficile. Sono uscito dai top 100 e ora devo lavorare duro per tornarci. Il tennis è diventato decisamente più difficile dal punto di vista mentale, devi davvero capire cosa vuoi e come puoi ottenerlo. E' un po' come una partita a scacchi sul campo".

Stakhovsky pensa che le ragioni siano due: i campi e le palle sono diventati incredibilmente più lenti da quando lui è entrato nel circuito nel 2003, e la professionalità dei tennisti è molto aumentata. "E' difficilissimo sfondare per i giovani, perché sono tutti molto competitivi. Tutti sono in perfetta forma, viaggiano con allenatori e preparatori atletici" dice. "Quando ho cominciato, nelle qualificazioni di Wimbledon trovavi giocatori con scarpe e calzini da terra battuta, avevano appena finito un challenger e venivano solo per racimolare qualche soldo. E se vedevi un nome spagnolo accanto al tuo nel tabellone eri felicissimo, perché non c'era modo che questo potesse saper giocare sull'erba. Ma le cose sono cambiate. Non c'è più questa differenza tra i giocatori, tutti sanno giocare dappertutto".

Ora la velocità dell'erba di Wimbledon è simile a quella di molti campi in cemento, che a loro volta sono diventati lenti quasi come la terra battuta. Questo ha reso la vita difficile agli attaccanti naturali come Stakhovsky, cresciuto a serve&volley e al suo massimo splendore nei paraggi della rete. Come si è adattato alle esigenze del tennis del 2013?

"Facile", ride. "Vai e corri. Non c'è molto altro da fare, ci sono grossi limiti all'improvvisazione su queste superfici. Non puoi giocare troppo piano o troppo aggressivo, perché ogni volta che entri nel campo, a meno che tu non sia un Del Potro che riesce a colpire così forte che la palla non torna indietro, il tuo avversario ti può fare un passante. Anche se piazzi una volèe perfetta nell'angolo opposto, verrai passato, è difficile".

Si sente svantaggiato da questo rallentamento dei campi? "Sì, ma in fondo seguiamo i gusti del pubblico, e se al pubblico piace di più questo tipo di tennis allora noi giochiamo così. Ma non sono così sicuro che la gente voglia vedere solo scambi di venti colpi da fondocampo, da un angolo all'altro".

"Non so se i direttori dei tornei parlino di questo con i top player. Quando ho giocato a Rotterdam, pensavo che forse avevano parlato con i giocatori olandesi prima del torneo, ma loro hanno detto che non sono stati consultati sulla velocità della superficie. Nei challenger è un po' diverso. Di solito questi si giocano in circoli che hanno quella superficie da un po' di tempo, e diventa progressivamente più veloce. Nei tornei ATP invece mettono sempre una superficie in acrilico nuova di zecca prima del torneo. E' praticamente carta vetrata e rallenta tutto".

Rafael Nadal di recente si è lamentato con l'ATP per la presenza eccessiva di tornei in cemento, accusando la grande quantità di gioco sul duro per i suoi problemi alle ginocchia. Stakhovsky però non crede che la colpa sia della superficie.

"Secondo me sarebbe ancora più difficile se giocasse di più sulle superfici naturali. La più naturale è l'erba, ed è molto più dura da affrontare del cemento. E' molto pericolosa, devi essere sempre stabile, devi sempre controllare i piedi, mentre sui campi duri si scivola sempre un po'. Non mi dispiacerebbe giocare di più sulla terra, se tornassero a velocizzare un po' i campi indoor o in cemento. Rafa dice che è logorante, ma è solo perché superfici e palle sono molto lente, gli scambi sono più lunghi e quindi anche le partite".

Ora Stakhovsky è n. 106 del mondo, e deve giocare nei tornei minori per tornare in alto. E' una vita dura, senza i lussi del tour, e molti faticano ad andare avanti.

"Non è che sia difficile campare con i premi dei challenger, è impossibile" dice. "Durante l'estate o l'inverno devi giocare con i club. C'è la Bundesliga tedesca, la lega svizzera, quella italiana, francese. Devi saltare dei tornei per giocare con i club e fare qualche soldo. Non per arricchirsi, ma per campare. E quello è garantito se giochi nei club".

"Decisamente avere una classifica da 100-200 in giù è durissima nel tennis. Sono fortunato ad aver raggiunto risultati migliori in passato, così anche se adesso le cose non vanno bene ho ancora dei soldi da parte per pagarmi le trasferte e le tasse. E posso rischiare di giocare le qualificazioni dei tornei ATP, dove so che se perdo vado in negativo per la settimana. So che alcuni giocatori classificati intorno al 150 non hanno tentato le qualificazioni a Marsiglia, perché se avessero perso non avrebbero preso soldi quella settimana e non possono permetterselo".

Da quando a gennaio Lance Armstrong ha confessato di aver vinto sette Tour de France grazie al doping, più o meno tutti gli sport sono diventati sospetti. Se riesci a entrare nei top 50 nel tennis sai che puoi vivere bene, mentre fuori dai top 100 è dura tirare avanti. Il confine è molto stretto, quindi secondo Stakhovsky è possibile che alcuni giocatori, soprattutto a livelli inferiori, siano tentati dal doping per avere un vantaggio?

"Secondo me non c'è doping nel tennis" risponde. "Siamo controllati molto spesso, e quando ero top 50 dovevamo dire ogni giorno dove saremmo stati per un'ora. Si mettono sempre le ore del mattino, perché sai che sarai in albergo. E loro arrivano la domenica alle sei di mattina, per cui non credo che ci sia la possibilità del doping nel tennis. Sicuramente non ai livelli più alti, forse in basso c'è qualcuno intorno al 1000 che non è controllato così spesso come i top200. Ma forse dovremmo fare qualcosa in più per conservare l'immagine pulita del tennis".

La vita per i giocatori di challenger si è fatta ancora più dura nel 2013, visto che molti tornei sono stati cancellati. Molti fans si sono sorpresi di questo, ma Stakhovsky spiega che è solo per la crisi globale.
"In Europa è molto costoso organizzare un challenger indoor" dice. "Devi affittare un palazzetto, magari metterci una superficie apposta, pagare il personale. Per un challenger da 42.500 euro di montepremi e ospitalità devi spendere sui 100.000 euro. E non sai quanti soldi rientreranno, quindi servono sponsor e bisogna attirare il pubblico. In sostanza devi avere l'appoggio di un club, di una città, della politica, e non è facile, sappiamo tutti che la crisi ha colpito diverse nazioni, è dura per tutti e siamo contenti dei tornei che abbiamo adesso. In estate ci sono tantissimi challenger, perché i costi sono molto inferiori. Niente elettricità o riscaldamento da pagare, solo campi esterni facili da affittare. D'estate ci sono 6-7 challenger alla settimana".

"Io faccio pare del Consiglio dei Giocatori, e stiamo cercando di organizzare un accordo che consenta all'ATP di organizzare i suoi challenger (ora sono sotto l'ITF, n.d.t.) o supportare altri challenger, così che siano disponibili per i giocatori. E forse riusciremo ad alzare il limite minimo dei montepremi. Ma dipende dall'ATP, noi siamo solo un Consiglio. Cerchiamo solo di pensare a cosa sarebbe meglio per i giocatori".

Ci sono un sacco di problemi a cui pensare nel Consiglio ultimamente. Un altro argomento da dibattere è la regola del "No let", che l'ATP sta testando nei tornei dei college statunitensi e nei challenger. "Io ero contro quella regola, ma se qualcuno pensa che possa aiutare il tennis allora dobbiamo provarla" dice Stakhovsky. "Ma per ora non credo che i commenti dei giocatori siano molto positivi. Faremo un meeting a Indian Wells e decideremo cosa farne in futuro".

Ma per quanto si diverta ad avere un ruolo nella politica del tennis, la battaglia più grande di Stakhovsky per ora è ancora sui campi, cercando di tornare nei top 50. Visto che l'asticella continua ad alzarsi non sarà facile per lui, a 27 anni, ma per uno come Stakhovsky è incoraggiante vedere un Ferrer che continua a migliorarsi, nonostante i 31 anni in aprile. E il sempreverde Tommy Haas ha dimostrato che è possibile vincere titoli importanti anche a trent'anni suonati. Il tedesco è riuscito a tornare nei top 20 a 34 anni, e sta puntando ai top 10. Anche se la vita adesso è difficile, Stakhovsky può sicuramente sperare che il meglio debba ancora venire.

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Trad. di Francesca Sarzetto

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