08/03/2013 20:24 CEST - INTERVISTE

Gulbis: "Finalmente mi alleno nel modo giusto"

TENNIS - Ernests Gulbis potrebbe aver ingranato la marcia. in un'intervista con Ben Rothenberg parla dei fattori che hanno contribuito a questa rinascita. Traduzione di Karim Nafea

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Ernests Gulbis
Ernests Gulbis

Esclusi gli exploit del 2010 questo è il miglior momento di forma per Ernests Gulbis. Dopo Delray Beach (vittoria da qualificato) e la vittoriosa campagna nel torneo di qualficazione di Indian Wells il lettone cavalca una striscia di 10 vittorie consecutive. Nell’intervista di Ben Rothenberg Gulbis riflette su quali siano stati i cambiamenti di gioco e, soprattutto, di atteggiamento che hanno reso possibile la sua ripresa.
Dieci vittorie di fila, niente male. Come ti senti ora?
Stanco.

Quando ti allenavi in maniera sbagliata, qual era il problema? Qual è l’allenamento sbagliato?
Quando vado in campo mi alleno sempre duramente.  Se entro in campo significa che sono pronto e che sto dando il 100 percento. Ma dipende dal modo in cui ti alleni, che tipo di obiettivi ti poni. Puoi avere una buona sessione d’allenamento e non ricavarne nulla. Devi allenarti costantemente e nella giusta maniera per un lungo periodo di tempo, cosa che sto facendo ora, dato che ho saltato l’Australia. Ho avuto una preparazione più lunga. Ho lavorato sistematicamente ed adeguatamente per un mese, cosa che sta pagando ora. Sono in forma come non mai, sto giocando bene. Devo ancora migliorare alcuni dettagli ma se dovessi riuscire a battere uno dei migliori potrei fare finalmente il salto di qualità, smettendo di perdere con alcuni giocatori.

Ho visto un’intervista che hai rilasciato a Rotterdam in cui hai parlato del fatto che avresti smesso di fumare e bere. Pensi che questi fattori ti stessero condizionando molto?
Sì, perchè non sono un gran fumatore o un gran bevitore. Sono un ragazzo normale. Ma per essere un atleta professionista non puoi essere un ragazzo normale. Devi stare più attento alle cose che fai, ed io non lo ero. Mi capitava di uscire e finire da qualche parte a fumare roba. Non della roba, sigarette. La Marijuana, purtroppo, non è legale per i giocatori, cosa che onestamente non capisco. Ma quella è la mia opinione. Ora però ho lasciato perdere tutto, ho uno stile di vita sano. Non so per quanto durerà (ride). Se si vedranno risultati continuerò così. Ed ora i risultati stanno arrivando.

Fumare e bere era un problema comune ad altri giocatori?
No, nessun’altro.

Solo tu?
Ora mi fai sembrare l’alcolista del circuito (ride)! No, anche questo non è vero. A molti piace uscire. Ma ognuno ha le sue esperienze, come sono cresciuti, che cosa facevano, che tipo di gente frequentavano. Io ero in compagnia di molti ragazzi divertenti e non era proprio una compagnia di sportivi. E se tu sei l’unico che non beve e che va a dormire alle 11 non farai parte della compagnia ancora a lungo. Devi rimanere fino alle 3 del mattino.

C’è stato un momento in cui le conseguenze di quello che facevi sono servite da segnale d’allarme per te?
No, è frustrante. Sono sul tour da un bel po’. Sono giovane, ma sono in giro da un pò. Ho cominciato presto e mi sento come un veterano. È frustrante andare sempre negli stessi tornei. Vedo i giocatori che giocano, li vedi vincere e so che, se giocassi al massimo, li potrei battere. Perché credo veramente di essere migliore di alcuni di quelli che vincono, e che sono classificati meglio di me. Lo credo ed ho bisogno di cominciare a dimostrarlo, specialmente a me stesso. E quello è stato il momento. Il riuscirci o no. Perchè il mio obiettivo non è essere un top 50, tra il 50 ed il 100 per tutta la carriera. Non m’interessa. Per cui proverò per altri 4, 5 anni. E non avrò rimpianti quando smetterò.

C’è stata una sconfitta che ti ha colpito e motivato?
No, non proprio. A fine stagione ho guardato la classifica ed ero 130. Ho giocato alcuni challenger nei posti più deprimenti, in Germania in inverno. È dura perché c’è una bella differenza tra il tour Atp ed i challenger; è molto differente la maniera in cui i giocatori vengono trattati. C’è differenza anche tra qualificazioni e tabellone principale. Magari non qui perché è un grande torneo, ma nei tornei minori c’è differenza e questo non mi piace. Se sei un giocatore e giochi il torneo vai rispettato. Non capisco, per esempio, perché non ho avuto Hawkeye sul campo; oggi c’era. O metti le stesse regole per tutti o fai un altro torneo. Se qualcuno me lo spiegasse potrei capire, ma al momento non ci riesco.

Pensi di essere un giocatore facile da allenare?
Penso di sì. Non voglio sembrare arrogante ma il mio coach dice di essere molto felice perché non ci sono molti giocatori con il mio gioco ed il mio potenziale. Non penso di essere facile da allenare, sicuramente non sono un personaggio facile. A volte ho pensieri molto contrastanti. In ogni caso, penso di essere interessante da allenare perché ho la possibilità di vincere qualcosa di grande. La penso così, il mio coach la pensa così.

Vincere qualcosa di grande”, intendi un Major? È ancora un obiettivo?
È il mio sogno di certo. Il sogno tennistico più grande.

Sembra che con la grandezza dei primi 4 alcuni giocatori tra la quinta e la ventesima posizione abbiano abbandonato il sogno di vincere uno slam. Pensi sia vero, che gli altri abbiano smesso di crederci mentre tu ci credi ancora?
Non lo so. È una buona domanda. Non lo so davvero. Io ho molti dubbi. Non ho ancora vinto nulla d’importante. Ho vinto solo 3 titoli e la mia carriera è stata molto altalenante. Ma è comunque facile vedere chi ha il gioco per farcela e chi no. Il modo in cui i giocatori colpiscono in allenamento. Quando qualcuno ha il giusto ritmo e pesantezza di palla. Mentre alcuni colpiscono e corrono, senza fare nulla. Penso che quelli non vinceranno mai nulla. Ma alcuni hanno gran pesantezza di palla. I primi 4 hanno la palla più pesante in assoluto. È per questo che sono là.

Senti più pressione quando giochi bene, una cosa che non sentivi quando giocavi i challenger ed eri intorno alla 130esima posizione. Per cui, sentire che dovresti fare di più è positivo?
Lo è, ma non voglio che sia una cosa frustrante, preferirei affrontare il tutto più facilmente. Non mi piace rompere racchette. Non mi piace mostrare emozioni sul campo. È una cosa che capita e devo imparare a controllarmi.

Sei molto bravo a rompere racchette. Riesci a farlo senza sforzo, le tiri e basta.
In quello sono sicuramente il migliore. C’è una tecnica speciale, e un po’ di violenza.

E’ qualcosa che puoi allenare?
la Wilson mi manda qualcosa come 50 racchette e io continuo a romperle praticamente tutte.

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