16/04/2013 18:38 CEST - Masters 1000 Montecarlo

Nargiso: “Chi ha sbagliato può insegnare più e meglio”

TENNIS - E’ nata in Costa Azzurra, a BeauSoleil fra La Turbie e a 5 minuti da Monaco, la nuova Accademia di Diego Nargiso. Progetti,teorie, contatti con i Colleges Americani per assicurare un futuro a quei tennisti che non sfondassero fra i "pro". Il figlio di Ocleppo, la sosia-Mauresmo. "Non roviniamo i ragazzini" I coach, pregi e difetti. Il premio "proibito". Da Montecarlo, Ubaldo Scanagatta

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Diego Nargiso nella sua nuova accademia a Montecarlo
Diego Nargiso nella sua nuova accademia a Montecarlo

Diego Nargiso, l’ex doppista di Coppa Davis, 25 convocazioni, nonché campione junior a Wimbledon 1987, 3 partecipazioni alle Olimpiadi e 37 ai vari Slam in 15 anni di carriera professionista Atp (1987-2001), lancia la ITA, acronimo che sta per International Tennis Academy, in una location fantastica a Beausoleil, sulla Moyenne Corniche della Costa Azzurra, con in basso la vista del mare che bagna il Principato di Monaco e alle spalle l’elegantissima La Turbie arroccata sulla Grand Corniche, a due passi dal Trofeo delle Alpi, la torre che l’imperatore Augusto nel ‘9 dopo Cristo fece erigere per ricordare per celebrare la vittoria romana sui Galli.

“Yes I can” è lo slogan _ un tantino parafrasato dallo “Yes we can” di Barack Obama (“Non è mica un delitto ispirarsi a una personalità di quel tipo eh!”) _ di Nargiso che, dopo 13 anni di digiuno tennistico (“Avrò toccato la racchetta tre volte l’anno per tutto questo tempo!”) ha scovato questo posto magnifico che lo restituisce allo sport amato da sempre e con un entusiasmo quasi incontenibile: “L’obiettivo-sogno è quello di portare _ formandoli in questa Tennis-Academy ITA _qualche giocatore a livello professionistico, nel circuito Atp o Wta, basterebbero anche solo 3 o 4 sulle decine di migliaia che ovunque nel mondo provano a centrare quell’obiettivo”.

Intanto Diego, mentre 180 ragazzini già giocano sugli 8 campi del centro, ha cominciato a seguire 4 ragazzi che paiono assai promettenti. Uno è Julian Ocleppo, 16 anni, gran bel fisico e ottima mano,  “figlio d’arte, (cioè di Gianni: “Vedessi come gioca! L’ho visto allenare Dolgopolov e palleggiare con grande sicurezza…”). Un altro è Gianluca Meger del quale ho seguito alcuni palleggi con Marie Temin, una ragazza francese di 19 di sicuro talento che ha ritrovato passione e entusiasmo per il tennis e ha un gioco molto simile a quello di Amelie Mauresmo (rovescio coperto ad una mano compreso), poi c’è anche Melanie Klak, fanciulla belga di grandi potenzialità.

“Ma non si può solo sognare, bisogna anche restare con i piedi per terra e non illudere tutti i genitori sul conto dei loro figli: pochissimi possono diventare campioni e non molti possono diventare tennisti professionisti  _ spiega Nargiso _ ma preparandosi gradualmente e intelligentemente diversi possono diventare invece discreti seconda categoria (o gruppo B, 2/8, 2/7, 2/6), quanto basta cioè per conquistare una borsa di studio in qualche college americano, fra quelli che partecipano (con sei singolaristi e altrettanti doppisti) ai campionati di prima o di seconda divisione. Sono in contatto con lo Sport College USA proprio per segnalare quei giocatori che potrebbero fare caso a tanti colleges americani che hanno necessità di reclutare all’estero  squadre formate  anche da 8/10 giocatori per partecipare ai match intercollegiate della NCAA e delle divisioni inferiori. E’ un’opportunità fantastica per dei giovani: giocando decenetemente a tennis possono ottenere borse di studio in Università altrimenti magari carissime, essere ospitati, imparare l’inglese, migliorare il loro tennis e magari intraprendere una carriera professionale dopo gli studi come hanno fatto tanti (Haarhuis, Sanguinetti, Isner, Anderson, Sargsian, Devarmann, Royer, Russell, Matkoski…fra gli altri)”.

Di quest’opportunità chi scrive sempre stato un grande fautore: nel ’73, vinti i campionati universitari italiani, ricevetti 6 proposte da altrettante università americane e mi ritrovai in Oklahoma (perché accettai la prima offerta che mi pervenne, non aspettandomi le altre dal Texas, dalla Louisiana, dalla Florida) ed è stata un’esperienza fantastica, al di là del tennis, frequentare corsi in inglese, avere la tuition pagata, viaggiare negli States per affrontare gli altri colleges. Dagli Usa cominciai a scrivere articoli sulla vita universitaria per la La Nazione e tornai con un minimo di background organizzativo, sufficiente a dirigere al mio ritorno in Italia il torneo Atp di Firenze. Il genitore di un ragazzino/a da avviare al tennis, farebbe bene ad immaginare tutte queste ipotesi ed esperienze. Alla fine valgono più di un pezzo di carta con un titolo di studio che può servire a pochissimo.

Sulle tematiche dell’ insegnamento Nargiso ha le sue teorie, mutuate anche dalle esperienze vissute da ragazzo non sempre disciplinato (“Altri erano sicuramente più….professionisti di me già da ragazzini, ma proprio per questo forse non riesocno ad immaginarsi tutti gli errori che quelli più scavezzacolli potrebbero fare…io mi allenavo a modo mio, a volte ne avevo voglia, a volte no, ma credo che capirei meglio di quelli “sempre perfetti”, le debolezze, i peccati di gioventù dei ragazzi”), e passato attraverso molti allenatori: “Da giovanissimo mio padre mi fece seguire dal napoletano Nave Consiglio…beh io credo che un ragazzo dovrebbe avere lo stesso allenatore il più a lungo possibile, uno che ti protegga, che ti dia sempre fiducia, che pensi sempre positivo…Io non credo che Seppi sarebbe arrivato dov’è arrivato se non avesse avuto sempre al suo fianco uno come Sartori. Se uno sottolinea semrpe le tue carenze, i tuoi punti deboli, alla fine ti convinci di essere un brocco e non c’è di peggio. Roberto Lombardi ha fatto tanto per me, era anche un amico, però non faceva che ripetermi: “Se gli altri riescono a palleggiare per 40/50 scambi, e a tenere la concentrazione, perchè non devi riuscirci anche tu?” Alla fine me ne facevo un cruccio, un problema che si ingigantiva giorno dopo giorno. Io credo che invece che si debba lavorare sulle carrateristiche positive e naturali di ciascuno: Milan Srejber non sarebbe mai riuscito a diventare un regolarista, Ivo Karlovic neppure: avevano un gran servizio e su quello dovevano lavorare, fino a farle diventare armi irresistibili. Poi con il resto, certo da migliorare, si doveva solo lavorare un po’, ma senza credere di poter trasformare un attaccante in un regolarista, un giocatore debole di rovescio in un tennista dal rovescio spettacolare. Berasategui aveva un colpo solo, il dritto, un rovescio osceno, a rete non sapeva giocare, eppure è arrivato ad una finale del Roland Garros e fra i primi 8 del mondo”.

Incrociando tanti allenatori, dopo Nave Consiglio  Gunther Bosch, primo allenatore di Boris Becker sotto la guida di Ion Tiriac, poi Roberto Lombardi, quindi Adriano Panatta come capitano di Coppa Davis, Patrick Hagelauer, Nick Bollettieri, Gabriel Markus, ha imparato da ciascuno qualcosa, pregi e difetti.

Al centro ITA di Beusoleil  dove Diego è socio di Christian Collange _ ascolta l’audio, guarda il video _ ci sono 8 campi da tennis in cemento all’aperto, ma due in terra battuta verranno presto realizzati e due verranno coperti, anche il clima della Costa Azzurra non lo richiede.

“Ma per chi volesse fare stages competition per 12 mesi (i costi vanno da 1000 euro al mese ai 3000 euro, un “range” variabile che dipende dal periodo di permanenza, se è previsto il vitto, l’alloggio e la frequentazione della scuola, ma si può spendere  290 euro se uno vuole frequentare solo un weekend di 3 giorni, venerdì, sabato e domenica), bisogna garantire il massimo: preparatori atletici, mentali , assistenza dell’IM2S ,l’istituto di Medicina Sportiva di Monaco, con specialisti per le patologie della spalla e ricerche già compiute su problematiche legate ai traumi procurati dal tennis appreso in età troppo giovanile (quando l’attività è troppo intensa), al polso, al gomito, all’anca, alle ginocchia. C’è tutta una ricca statistica medico-scientifica per ogni tipologia di infortunio”.

Diego sottolinea poi la sua predilezione per i metodi di allenamento americani (“Meglio imparare a tirare tutto forte, anche se _ come accadeva a me _ si colpiscono sempre i teloni di fondocampo, o si bucano addirittura; si fa sempre a tempo, una volta curata la velocità del braccio, ad accorciare, a rallentare”) che quelli europei:

“Giocare 100 palleggi piano per poi piano aumentare ritmo e rapidità…Ma una volta che ti sei abituato a gioare piano, poi la velocità non la recuperi più, pazienza se sbagli all’inizio, pazienza se perdi fino ai 13/14 anni, l’importante è vincere dopo. Salvo casi eccezionali dei 240 semifinalisti di Cap d’Agde al torneo delle Espoirs under 14 quelli che diventano forti davvero, se non sono fenomeni come Nadal, Ferrero o Agassi, saranno 10 quelli arrivati fra i primi 100 del mondo!”

Il primo consiglio di Diego è: “Mai snaturare il gioco del ragazzo, e mai puntare a farlo vincere prima del tempo, con il rischio di prendere un sacco di difetti quando non sai nemmeno quale sarà il suo sviluppo psicofisico: insegni a uno a giocare tutti topponi coperti per scavalcare la rete perchè è alto un metro e 30…poi ti diventa un metro e 90 e hai combinato guasti irreparabili. Sul tocco, sulla mano, devi lavorare invece fin quando sono piccoli…”.

Vabbè, di idee Diego Nargiso ne ha mille, è un vulcano. “Finalmente sono di nuovo abbronzato, stare sul campo, insegnare ai ragazzi, cercare di tirarli su mi dà una gioia immensa”.

Dal 2006 al 2012 Diego era rimasto “chiuso” in un ufficio a Montecarlo, quello del padre che si occupa di vendite immobiliari. Un lavoro molto probbailmente più “sicuro” e più proficuo economicamente, fino a che non decollerà l’ITA.  “Mio padre ha sempre creduto in me, ha sempre pensato positivo fin da quando giocavo a tennis, an che se veniva pochissimo a vedermi. Mi aveva nominato direttore generale della sua società, ma avevo bisogno di tornare a respirare l’aria pura di un posto all’aperto, di lanciarmi in una sfida tutta mia…”

Anche papà Nargiso è contento. Funzionerà? Diego ci crede, è pronto a scommetterci anche se non si fa illusioni. “Ho visto tante accademie, quella di Hagelauer, di Sanchez, credo di sapere che cosa ci voglia”.

E voi lettori, o genitori, potrete sempre andare sul sito www.ita-tennis.com oppure contattare via email l’ITA contact@ita-tennis.com e semmai telefonare per saperne di più al +33-4-93780641.

Alla fine di una bella giornata un piccolo rimpianto a Beausoleil per Diego Nargiso: l’ITF ha istituito un premio per tutti coloro che abbiano ricevuto almeno 25 convocazioni in Coppa Davis dalla propria federazione. Fra i 5 italiani viventi che abbiano avuto questo onore c’è Diego Nargiso (25) insieme a Nicola Pietrangeli _ ca va sans dire (66)_ Adriano Panatta (38), Paolo Bertolucci (32), Barazzutti (32).

L’ITF ha delegato a tutte le federazioni il compito di premiare i propri atleti. Ma nel caso dell’Italia il problema qual è? Semplice: il presidente della FIT Angelo Binaghi non vuole premiare Adriano Panatta (suo primo agit-prop-elettore e decisivo per la sua prima elezione), e allora finchè c’è Binaghi non si premia nessuno. “Cavolo, gli altri hanno vinto di tutto e avuto mille attestati e onorificenze…una volta che ce n’era una per me…non me la possono dare!!!”.

E’ l’Italia, caro Diego, per questo hai fatto una Tennis Academy in Francia.

Da Montecarlo, Ubaldo Scanagatta

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