02/05/2013 11:46 CEST - Approfondimenti

Processo Fuentes: niente condanna, niente sangue

TENNIS - Fa discutere la sentenza di primo grado del processo per l'Operacion Puerto. Condannato a un anno il dottor Fuentes, che non andrà in carcere. La giudice Santamaria ordina la distrruzione delle sacche dopo la sentenza definitiva. L'autorità antidoping spagnola farà appello. Alessandro Mastroluca

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Il dottor Eufemiano Fuentes
Il dottor Eufemiano Fuentes

Niente sangue, niente pena. Il titolo dell'articolo pubblicato sull'edizione online del Pais rende bene l'idea della delusione per la sentenza di primo grado del processo a Eufemiano Fuentes, il “dottor doping”. La giudice ha condannato Fuentes a un anno di prigione (ma non andrà in carcere) e a quattro anni di sospensione e Ignacio Labarta, indicato come complice, a quattro mesi di reclusione e quattro anni di sospensione. Assolti gli altri imputati, Manolo Saiz e Vicente Belda, all'epoca direttori delle squadre di ciclismo della Liberty Seguros e della Kelme, e Yolanda Fuentes, sorella di Eufemiano.

Ma soprattutto la giudice Santamaria ha ordinato la distruzione delle 211 sacche di sangue raccolte a maggio 2006 nell'ambito dell'Operacion Puerto, la principale inchiesta antidoping nella storia recente, che ha dato origine al processo che vedeva imputato Fuentes di reati contro la salute pubblica in quanto all'epoca dell'indagine non esisteva ancora una legge anti-doping in Spagna.

Naturalmente, la distruzione delle sacche non potrà avvenire prima della sentenza definitiva: questo infatti è solo il processo di primo grado e Ana Munoz Merino, direttrice dell'agenzia nazionale antidoping che insieme alla Wada aveva richiesto di poter accedere alle sacche di sangue per ulteriori controlli, ha annunciato che si appellerà contro questa decisione.

Secondo quanto rivelato dal Pais a marzo, le 211 sacche (99 di solo plasma, le altre di sangue), conservate durante il processo al laboratorio IMIM di Barcellona, approvato dalla WADA, apparterrebbero a non più di 36 tra ciclisti e atleti. Ci sono fino a 20 sacche per atleta, e tutti sono indicati sulle etichette con sigle e nickname. Dai documenti e dai registri è stato possibile identificare subito 17 ciclisti tra cui Francisco Mancebo (20 sacche), Santiago Botero (17) Manchego Oscar Sevilla (15), Jan Ullrich e Ivan Basso.

 

Il processo riguarda solo loro. Già durante la sua testimonianza, Fuentes si era detto disponibile a collaborare: “Potrei identificare tutte le sacche di sangue, se mi date una lista posso dire a chi corrisponde ciascun nome in codice, senza alcun dubbio”. Il Coni, parte civile nel procedimento, aveva sollecitato il giudice Julia Patricia Santamaria a richiedere l'identificazione di tutti gli atleti che hanno avuto rapporti con Fuentes. Ma il giudice ha respinto la richiesta. 

“Da me”, ha insistito Fuentes, “non sono venuti solo ciclisti, ma anche calciatori e tennisti”. Da allora nuove ombre si sono addensate intorno al dottor Fuentes. Inaki Badiola, ex presidente della Real Sociedad, ha rivelato che la squadra ha pagato oltre 300 mila euro l'anno a Fuentes, per pratiche e sostanze non dichiarate. Questi pagamenti sono registrati anche per la stagione 2002-2003, quando la Real Sociedad è arrivata seconda, rimanendo in lotta per il titolo insieme al Real Madrid fino all'ultima giornata. Una volta arrivato alla presidenza, nel 2008, Badiola ha interrotto i pagamenti e licenziato i medici, ma non ci sono state indagini sui calciatori. Contemporaneamente Manolo Saiz, ex direttore della squadra di ciclismo della Liberty Seguros-Würth, ha dichiarato a Madrid che tre dei suoi corridori -Roberto Heras, Ángel Vicioso e Marcos Serrano- hanno lavorato con Fuentes.

La Gazzetta dello Sport ha poi rivelato l'esistenza di documenti che proverebbero il rapporto tra Fuentes e Mario Cipollini, che sarebbe stato aiutato a vincere il Mondiale del 2002 a Zolder con una scientifica somministrazione di sostanze proibite.

La sentenza, dunque, lascia più domande che risposte, e aumenta i dubbi sulla trasparenza dello sport. Non solo spagnolo.

Alessandro Mastroluca

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