17/06/2013 09:50 CEST - Personaggi

Venus Williams, la classe non ha età

TENNIS - Nel mezzo del cammin della sua vita, Venus Williams, 33 anni oggi, si è ritrovata in una selva oscura. Ha scoperto di essere affetta dalla sindrome di Sjogren. Ma non ha smesso di lottare. E' tornata a vincere un torneo, in Lussemburgo, e ha dato una grande lezione di orgoglio al Roland Garros. "Ora gioco per tutti i malati come me".

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Venus Williams (Photo by Cameron Spencer/Getty Images)
Venus Williams (Photo by Cameron Spencer/Getty Images)

Nel 2002, Venus Williams rinunciò a giocare a Eastbourne per una scaramanzia di gioventù. Il torneo, infatti, iniziava il 17 giugno, giorno del suo compleanno, e di quel giorno la Venere Nera conservava un brutto ricordo: "Una volta ho perso al primo turno il 17 giugno e fu un’esperienza traumatica. Non vorrei proprio ripeterla". Undici anni dopo, dopo aver visto la sorella Yetunde uccisa in una sparatoria e aver scoperto di essere affetta dalla sindrome di Sjogren, dovesse giocare oggi userebbe certo un aggettivo più leggero.

La grandezza di Venus Williams dal 2000 in poi, non è mai stata in discussione. Dal settembre 2011, l’ex numero 1 del mondo sta cercando di vincere la partita più importante; l’americana aveva stupito il mondo a Flushing Meadows, ritirandosi agli US Open dal match contro Sabine Lisicki, rendendo pubblica la serissima diagnosi che le era stata comunicata: Sindrome di Sjögren, una malattia autoimmune sistematica in cui le cellule immuni attaccano e distruggono quelle esocrine che producono lacrime e saliva. Il principale effetto è infatti la totale secchezza della bocca e degli occhi, oltre a senso di stanchezza e fatica e dolori articolari.

"Non potevo alzare il braccio o la testa, non riuscivo più a sentire la racchetta e le mani mi prudevano, le vedevo gonfie", ha raccontato Venus al New York Times: "Giocare contro la Lisicki sarebbe stato un brutto spettacolo, e ho deciso di andare direttamente dal medico fra le lacrime. Piangevo perchè non avrei giocato, ma la visita mi permetteva di sapere se io sarei mai potuta tornare a giocare, capendo anche quale fosse la strada giusta. Saputa la diagnosi, ho tirato un grande sospirò di sollievo."

"Ora non penso di giocare solo per me" ha spiegato quest'anno ai giornalisti dopo aver perso lottando con l'orgoglio dei campioni contro Urszula Radwanska al Roland Garros. "Adesso gioco per tutte quelle persone che hanno affrontato una malattia. Cerco sempre i modi per fare meglio e per sentirmi meglio. Io non mi arrenderò. E non smetterò solo perché è dura. Non è da me. Io continuerò a provarci. L'anno scorso è stato molto difficile ma ho avuto anche tanti successi".

Doppio misto contro la malattia

A marzo del 2012 quando Stephen McPhail, 33 anni, centrocampista inglese del Cardiff City, ha saputo di soffrire della stessa patologia, ha pensato di rivolgersi per consigli riguardo alla sua cura e al suo trattamento, all’unica altra grande atleta professionista che ha confessato lo stesso problema, appunto la cinque volte campionessa di Wimbledon.

McPhail è stato costretto a saltare la storica finale della Carling Cup, a cui la società gallese arrivava per la prima volta nella propria storia; il risultato finale è stato un altro duro colpo per il giocatore visto che la sua squadra ha perso solamente ai calci di rigore dal grande Liverpool in una partita rimasta famosa per l’errore decisivo dal dischetto di Anthony Gerrard, cugino del leggendario capitano del Liverpool, Steven. (Luca De Gaspari)

Adesso ti amano

“Let’s go Venus” si sentiva gridare sull’Arthur Ashe Stadium mentre la più grande delle Williams era impegnata nel terzo set contro Angelique Kerber agli ultimi Us Open. Una novità secondo Pam Shriver, telecronista per ESPN, e per la stessa Williams, che ha ammesso di non aver mai ricevuto un’accoglienza di questo tipo nonostante abbia vinto qui a New York due titoli consecutivi nel 2000 e nel 2001.

“C’era parecchia gente che gridava il mio nome. So che non dovrebbe far parte dell’etichetta del nostro sport, ma è la prima volta da quando gioco qui che la folla mi ha sostenuto in quel modo. Mi sono sentita come una tennista di casa per la prima volta agli Us Open. Ho dovuto aspettare tutta la mia carriera per vivere un momento del genere.” Nonostante il grande feeling con il pubblico però Venus ha perso 6-2 5-7 7-5, comunque un passo avanti rispetto all’anno scorso fu costretta a ritirarsi: quest’anno la Williams ha lottato per quasi tre ore di gioco senza mostrare segni di eccessiva stanchezza ascrivibile a quella sindrome di Sjogren che aveva ammesso pubblicamente di avere proprio in questo torneo. (Massimiliano Di Russo)

Sulla via del ritorno

I problemi virali per l'ex n.1 si sono però ritirati nel corso del 2012, e sono scomparsi alcuni sintomi fra cui mancanza di respiro, stanchezza e dolori muscolari, tipici di questa deficienza congenita del sistema immunitario. Il tutto è stato possibile grazie ad un coraggioso training autogeno che ha portato la campionessa americana a convivere con il suo male.  A gestirlo, soprattutto con una diversa dieta alimentare.

Ecco allora un regime rigorosamente vegetariano: pochissima carne, e condizioni migliori. Certo, come lei stessa confessa all'Associated Press, "Una bistecca vorrei mangiarla più spesso, soprattutto quando sono sotto pressione, oppure quando aumentiamo il carico degli allenamenti". (Davide Uccella)

Il primo passo della nuova vita

Il gotha del tennis non la vede protagonista ormai da anni.L'ultima finale Slam è stata Wimbledon 2009, l'ultima semifinale New York 2010. Due anni, gli ultimi trascorsi, assolutamente non all'altezza del nome, con l'orrendo primo turno [2012] Wimbledon (solo quattro game con Elena Vesnina) a coronare il tutto.

Esaltare il successo nel torneo del Lussemburgo - prima vittoria da Acapulco '10 - contro una giocatrice di seconda fascia come Monica Niculescu potrebbe sembrare quasi irrispettoso nei confronti della campionessa, eppure non è così. Perché questo è stato il primo passo della nuova vita sportiva di Venus Williams. Una vita molto meno brillante della prima certo. Un passo che potrebbe anche essere l'ultimo (tornerà a vincere altri titoli? La domanda è d'obbligo). Ma è in ogni caso la conferma che il morbo di Sjögren, la malattia che Venus ha ufficializzato di avere lo scorso anno a New York, non ha dato scacco matto alla vincitrice di cinque Wimbledon. L'ha fortemente indebolita, l'ha resa una giocatrice battibile da parecchie tenniste, ma non ha minimamente scalfito l'orgoglio della fuoriclasse. (Riccardo Nuziale)

"Venus and Serena": una grande storia americana

“Icons”. Icone. È la parola che Magnolia Films ha scelto per i poster di “Venus and Serena”, il documentario sulle sorelle Williams disponibile da giovedì su iTunes che arriverà nelle sale cinematografiche Usa il 10 maggio. Per arrivare ai 99 minuti finali, i due autori, i veterani della ABC Michelle Major e Maiken Baird, hanno girato oltre 450 ore di pellicola. In 99 minuti c'è l'essenza del viaggio che ha portato Venus e Serena da Compton al tetto del mondo, c'è la storia di due sorelle che hanno ridefinito la cultura e il gioco del tennis, che hanno trasceso il mondo dello sport con il talento, la personalità, che non hanno mai dimenticato chi sono né da dove vengono, anzi che hanno fatto della loro identità e della loro provenienza una bandiera.

“E' la storia di due sorelle afro-americane che hanno rotto ogni barriera” ha spiegato Baird. “E' una grande storia americana in cui c'è la famiglia, la razza, la tenacia, il duro lavoro che porta al successo”.

È un ritratto denso, certamente insolito, molto aperto e molto onesto. Venus e Serena parlano davanti alle telecamere anche della morte della sorella Yetunde, colpita da un proiettile vagante durante una sparatoria tra gang a Compton nel 2003. Gli autori avrebbero voluto affrontare anche altri argomenti. “Mi sarebbe piaciuto filmarle in chiesa, per capire cosa la loro religione significhi per loro e che ruolo ha avuto nella loro formazione” ha spiegato Baird. Ma le due sorelle, entrambe testimoni di Geova, “non sembravano a loro agio, non volevano farci entrare in questi aspetti della loro vita e abbiamo rispettato la loro volontà”. Non parlano molto nemmeno della questione razziale. Si racconta come Richard sia cresciuto nel sud quando ancora vigevano le leggi Jim Crow, che hanno mantenuto il principio dei “separati ma uguali” e perpetrato la segregazione razziale fino alla definitiva abrogazione con il Civil Rights Act del 1964 e il Voting Rights Act del 1965. Serena spiega che preferisce gli uomini neri ai bianchi e difende le sue ragioni per il rifiuto di tornare a Indian Wells. Venus è più evasiva. “La razza era l'argomento di cui voleva parlare meno” ha spiegato Major. “Diceva che non era un tema vincente”.

Più di ogni altra cosa, comunque, il film mostra quanto stretta sia la relazione tra Venus e Serena, e quanto importante sia questo rapporto per entrambe, come donne e come giocatrici. Un legame evidente già nel volto triste di un'undicenne Venus, filmata nel pick-up Wolkswagen del papà, mentre pensa a quale sia stata la partita più difficile che abbia giocato: “Contro mia sorella” risponde. “E' stato orribile”. (Alessandro Mastroluca)

Rivivi le finali Slam tra Venus e Serena

 

 

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