24/06/2013 11:30 CEST - Wimbledon

Wimbledon: 10 memorabili finali femminili

TENNIS - Riviviamo 10 finali femminili dell'era Open che hanno scritto la storia di Wimbledon. Il trionfo di Margaret Court nel 1970, il primo titolo di Martina Navratilova. Steffi Graf e il Golden Slam, il successo di Conchita Martinez e di Jana Novotna, il primo slam della 17enne Sharapova, a maturità di Mauresmo. Alessandro Mastroluca

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Wimbledon 2004: a sorpresa Maria Sharapova sconfigge Serena Williams
Wimbledon 2004: a sorpresa Maria Sharapova sconfigge Serena Williams

1970 Margaret Smith Court b. Billie Jean King 14-12, 11-9
Nell'anno in cui Maggie Smith vince l'Oscar, Margareth Court Smith completa il suo capolavoro sul Centrale di Wimbledon dopo 2 ore e 27 minuti di orgoglio e tensione. Per Lance Tingay, il decano del Daily Telegraph, nessuna finale potrà mai essere ricordata più di questa.

Nel primo set King serve tre volte per il set (5-4, 7-6, 8-7) ma non chiude. Mostra anzi un'inattesa fragilità sull'8-7. Commette doppio fallo sul 15-30. sbaglia una volée di rovescio dopo una velenosa risposta in slice e non riesce a rispondere al pallonetto di Court sulla palla break. Dopo uattro break di fila, il punteggio segue i servizi per nove game. King salva un set point sul 12-11 (segue la seconda a rete e dopo la volée d'approccio chiude il punto con la seconda) ma si arrende tre game più in là al passante incrociato di rovescio di Court. Il rovescio è il suo punto di forza. “Sapevo tutto quello che Margaret aveva in mente di fare” ha detto più volte King, “capivo ogni volta se stava per giocare incrociato o lungolinea. Ma questo non voleva dire che io riuscissi a impedirle di fare esattamente quello che voleva, come voleva”.

Nessuna delle due è al meglio. Billie Jean si porta dietro un problema al ginocchio da un po' di tempo. Court si è sottoposta a quattro iniezioni poche ore prima della finale e gioca con una protezione alla caviglia. King prova a cambiare tattica, a chiamare l'avversaria a rete per scavalcarla con millimetrici lob. Appena può, però, è lei a prendere l'iniziativa e venire avanti. L'americana serve nei giochi pari e per sei volte, dal 4-5 al 9-10, deve salvarsi da un break che vorrebbe dire sconfitta. Per cinque volte Court (quattro nel 19mo game) arriva a un punto dalla vittoria ma al sesto match point riesce a chiudere. King termina il match con un ginocchio a pezzi e dovrà saltare gli Us Open. Trionferà ancora Margaret Court, prima donna nell'era Open a completare il Grande Slam.

1977 Virginia Wade b.Betty Stöve 4-6, 6-3, 6-1
Per il racconto di questa finale mi affido alle pagine di Courting Triumph, l'autobiografia di Virginia Wade, ultimo suddito di Sua Maestà nell'albo d'oro del singolare di Wimbledon. “Sono stata qui sedici anni di fila e non ero mai arrivata nemmeno vicina a questo punto. Ora la finale è arrivata. La tanto sospirata luce alla fine di un tunnel lungo sedici anni. Ho giocato questo torneo per metà della mia vita. La Regina sta guardando (è l'anno del Giubileo della sovrana, NdT), tutti stanno guardando. (Wade cede un break sul 2-2, lo recupera, ma perde ancora il servizio. Stove serve per il set sul 4-5) Sul 40 pari ho fatto del mio meglio ma sono stata trafitta da un colpo migliore. Al punto successivo mi sono difesa per tre o quattro colpi e ho avuto un'opportunità per chiudere la volée di rovescio vincente e salvare il set, ma l'ho tirata sulla sua racchetta e ho perso il punto. (…) Avevo cercato di chiudere il set con troppa fretta e avevo perso. Ora, dopo 40 minuti, sapevo che sarei dovuta rimanere in campo più a lungo, anche tutto il pomeriggio se necessario. Con tutto il rispetto per Betty, in alcun modo avrei lasciato il campo da sconfitta. (…)

Sentivo che l'inerzia stava girando. Ho giocato un game decisamente migliore sul servizio di Betty. I miei colpi erano più solidi e incisivi. Colpivo meglio e con più anticipo. Ho tirato un passante vincente di dritto e sono andata avanti 2-0. (Sul 5-3) ho servito un ace per procurarmi due set point. Sul 40-15 ho cercato una prima forte al centro. Il pubblico esultava e applaudiva. Ho brevemente sorriso, anch'io come loro avevo sperato che la palla fosse dentro. Betty ha scosso la testa. Non potevo biasimarla con tutta quella gente che tifava contro di lei. Ha vinto quel punto con una bella volée di rovescio. Un'altra chance. Il servizio è finito dove volevo. Sulla corta risposta gioco un rovescio profondo sulla riga; lei gioca un classico lob profondo e alto sopra la mia spalla destra. Io mi sposto all'indietro e allungo il braccio, tesa da un'estremità all'altra, e chiudo con lo smash. Non avrei potuto chiedere un punto migliore per chiudere un set. (Il terzo è una formalità per Wade che chiude 46 63 61 al secondo match point con una risposta perfetta su una seconda di Stove).

La Regina stava lasciando il Royal Box. Come un attore bloccato dietro le quinte, sentivo la mano del direttore che mi guidava verso Sua Maestà. Mi sono inchinata, le ho stretto la mano. Il piatto era nelle mie mani. (…) Dopo, ricordo solo che Betty mi ha incoraggiato a reggerlo più in alto. Per lei era stato un pomeriggio difficile. Aveva tutte le ragioni per sentirsi esclusa e invece si è unita a me con la galanteria di una grande atleta. Le voci che gridavano “Qui, Virginia” sono state coperte dal primo coro 'Perché è una brava ragazza' che si sia mai udito sul Centrale di Wimbledon”.

1978 Martina Navrátilová b. Chris Evert 2-6, 6-4, 7-5
E' la sfida numero 27 tra Evert e Navratilova: la “fidanzatina d'America” ne ha vinte 21. è una giornata grigia e ventosa. Dal 2-2, Evert prende il largo e allunga presto 5-2. Martina sale 40-0 ma due nastri lanciano la rimonta di Evert, aiutata dal successivo doppio fallo di Navratilova, dal vento che le tiene in campo la risposta e dal passante perfetto che certifica il 6-2.

Dal secondo set, Navrtilova cambia strategia e si getta a rete appena può, anche in risposta. Opera così il break in apertura, ma Evert non le concede nulla e ogni distrazione può costare cara, come lo smash “lisciato” sul 40 pari nel secondo game. Martina salva due palle break e sale 4-2. Sul 4-3 30-15 la risposta di Evert è sulla riga. L'arbitro la chiama fuori, ma nessuna delle due è convinta della decisione. Il giudice di sedia chiede a Martina che conferma: la palla è buona. L'arbitro chiama così il 30 pari, il pubblico applaude, Navratilova però torna sotto rete, si confronta con Evert mentre il giudice di sedia rettifica e fa ripetere il punto. Navratilova chiude il set 6-4 e porta la finale al terzo. A suon di colpi piatti Evert neutralizza il primo allungo dell'avversaria, da 0-2 a 2-2, ma con due risposte fulminanti e un perfetto lob Navratilova firma un nuovo break per il 4-2. Cede però l'immediato controbreak con Evert che risale fino al 5-4. Da quel momento però vincerà solo un punto. Con un magnifico serve and volley, Navratilova vince il primo dei suoi 18 slam in singolare. È nata una stella.

1988 Steffi Graf b. Martina Navrátilová 5-7, 6-2, 6-1
Per la nona volta c'è Martina Navratilova nella cerimonia di premiazione di Wimbledon. Per la prima, però, le viene consegnato il piatto per la finalista sconfitta. Ad alzare il Rosewater Dish è Steffi Graf, che un anno prima aveva tolto a Martina il posto di numero 1 del ranking e mette a Wimbldon il terzo mattoncino del Golden Slam. “E' così che dovrebbe andare” commenta Navratilova, che manca così l'occasione di superare Helen Wills e diventare la giocatrice con più titoli in singolare a Wimbledon. “Ho perso da una giocatrice migliore in finale. Un capitolo si chiude, passo il testimone”.

“Vincere è una sensazione speciale” spiega Graf. “Prima del match sentivo molta fiducia, ma alla fine del primo set ero arrabbiata. Volevo dimostrare che potevo giocare molto meglio”. Il rovescio tradisce nel primo set “Fraulein Forehand”, che non riesce a difendere il break di vantaggio (4-2). E quando Navratilova le toglie il servizio salendo 2-0 nel secondo, la finale sembra finita. Ma Steffi piazza due risposte vincenti di dritto e completa il controbreak. Inizia così una serie di nove giochi a zero con cui vince il secondo set e allunga 3-0 nel terzo. Navratilova trova il controbreak per il 3-1, poi arriva la pioggia. “Ho visto Martina in spogliatoio” ha raccontato Graf, “era abbattuta”. Quando il gioco riparte, dopo 44 minuti, Martina non riesce più a tenere il servizio. Nell'ultimo game regala anche due doppi falli. Sul match point anche il nastro aiuta Graf deviando la risposta vincente di rovescio.

1994 Conchita Martínez b. Martina Navrátilová 6-4, 3-6, 6-3
Un tifoso isolato a fine partita grida: “How 'bout next year, Martina?". Ma non ci sarà nessun anno prossimo per Navratilova, che nella commozione generale per l'addio ai Championships dimentica l'inchino alla Duchessa di Kent. Sperava di chiudere con una vittoria, e invece lascia Church Road senza l'happy ending. C'è anche la Principessa Diana ad assistere all'ultima recita di Martina Navratilova in singolare a Wimbledon. Una recita che ha visto 5 doppi falli, 13 break complessivi, ma anche una serie di discese a rete (22 punti su 34 tentativi) che hanno cancellato il tempo e la carta d'identità e una serie altrettanto brillante di vincenti di rovescio di Conchita. Poi è arrivato il match point, il rovescio largo che fa calare il sipario sui 22 anni di Navratilova a Wimbledon. È il torneo di Conchita Martinez, prima spagnola a vincere Wimbledon (in passato c'era stata solo una finalista iberica, Lili de Alvarez, nel 1928), alla sua prima finale in uno slam. Ma resta il momento di Martina. Si commuove anche William Crove, l'ambasciatore Usa in Gran Bretagna. Anche Navratilova cede alle lacrime. “Non piango perché ho perso, ma perché è tutto finito”.

1995 Steffi Graf b. Arantxa Sanchez Vicario 4-6, 6-1, 7-5
Steffi Graf conquista il suo sesto Wimbledon, ma non aveva mai dovuto soffrire così tanto come nella finale contro Arantxa Sanchez, che perde appena cinque punti al servizio nel primo set. Ma Graf domina il secondo set e sigilla la vittoria con il break nel lunghissimo 11 game del terzo set, durato 32 punti e 20 minuti. Alla 13ma palla game per la spagnola, Graf indovina una splendida volée in allungo alla Becker prima di completare il break decisivo con una profonda accelerazione di rovescio.

1998 Jana Novotná b. Nathalie Tauziat 6-4, 7-6(2)
Nel 1993 Jana Novotna stava pregustando la vittoria in finale contro Steffi Graf, grande favorita, ancor di più vista l'assenza di Monica Seles, accoltellata da Gunther Parche, ossessivo tifoso della tedesca, ad Amburgo. La ceca domina il primo set e costringe Graf a una lunga serie di errori nel terzo, in cui si ritrova avanti 4-1 con due break di vantaggio. Ma nel momento più importante, Novotna si scioglie. Graf vince 76 16 64 e Novotna finisce in un pianto inconsolabile tra le braccia della Duchessa di Kent che prova a tirarla su: vedrai, avrai un'altra chance, le dice.

La profezia impiega cinque anni per avverarsi. È una finale “vintage”, quella tra Novotna e Tauziat, alla prima finale slam: due giocatrici da serve and volley, che si sono affrontate 8 volte in precedenza con 4 vittorie a testa. Novotna, che in semifinale ha sconfitto Martina Hingis, da cui aveva perso nella finale del 1997, inizia con l'handicap. Fallisce una palla break nel primo game e, complici due doppi falli, subisce il brak del 2-0. Ma Tauziat, prima francese in finale a Wimbledon dai tempi di Suzanne Lenglen e la finalista con la più bassa classifica a giocarsi il titolo ai Championships nell'era Open, consegna il controbreak con un paio di errori di rovescio. Nel settimo game, Novotna converte la settima palla break con lo smash vincente: sale 4-3 prima di chiudere 6-4 sulla risposta in rete della francese. Novotna parte con un break di vantaggio nel secondo set, ma nel sesto gioco restituisce il controbreak con il suo settimo doppio fallo. Ma toglie di nuovo il servizio all'avversaria nel game successivo con una volée vincente di rovescio. Va a servire per il match sul 5-4, ma alla terza palla break affossa il dritto a rete ed è 5-5. Si arriva così al tiebreak, ma stavolta è lei a dominare: 7-2. Jana corre subito ad abbracciare il suo coach, Hana Mandlikova, finalista nel 1986. Le sue lacrime di fronte alla Duchessa di Kent sono lacrime di gioia.

2004 Maria Sharapova b. Serena Williams 6-1, 6-4
A 17 anni, alla prima finale Slam, Maria Sharapova non mostra alcun segno di emozione. Gli spettatori del Centrale si aspettavano il terzo titolo di Serena Williams, che però dopo mezz'ora è già sotto di un set. Serena, campionessa in carica, non lascia la sua corona senza lottare e firma il suo primo break del match salendo 4-2 nel secondo. Ma Sharapova  le strappa immediatamente il servizio e si fa addirittura applaudire dalla sua avversaria dopo un perfetto lob nell'ottavo gioco. Nel nono, Maria spegne le ultime difese di Serena e alla quarta occasione ottiene il diritto di andare a servire per il match. Non se la fa sfuggire.

2005 V.Williams b Davenport 4-6 7-6 (7-4) 9-7
Venus Williams scrive per la terza volta il suo nome nell'albo d'oro di Wimbledon al termine della più lunga finale femminile di sempre. Lindsay Davenport, numero 1 del mondo, serve per il atch sul 6-5 nel secondo set, manca un match point nel terzo ma deve arrendersi dopo 2 ore e 45 minuti di gioco.
Venus, che ha eliminato Sharapova in semifinale, si ritrova subito sotto 5-2. Davenport perde uno dei due break di vantaggio ma porta comunque a casa il primo set. Più nervoso il secondo, in cui Davenport contesta una chiamata nel nono game e salva un set point nel decimo. La pressione sembra troppa per Venus, che sul 5-5 apre il suo turno di battuta con due doppi falli e prosegue con un rovescio a rete e una scivolata sulla palla break. Davenport, però, non sfrutta l'occasione e subisce il controbreak a zero e finisce per perdere il tiebreak. “Anche dopo aver perso il secondo set, ho pensato: è una grande partita” ha detto Davenport in conferenza stampa.

Anche nel terzo set il primo break è per Davenport che allunga fino al 4-2 40-15, ma la testa di serie numero 1 non riesce a difendere il break in quel settimo gioco. Al cambio campo esce dal campo per un MTO (infortunio alla schiena) e al rientro ha subito un match point (5-4) che Venus salva con un rovescio vincente. Cinque giochi più in là, è la testa di serie numero 14 a completare il decisivo break con un gran dritto. È l'ultimo colpo di scena della finale. Venus commette doppio fallo sul primo match point ma chiude al secondo quando Venus affossa a rete l'ultimo dritto del match. “Devo ringraziare Serena” commenta Venus, “mi ha sempre incoraggiata. Non sai mai cosa può riservarti la vita”.

2006 Amélie Mauresmo b. Justine Henin  2-6 6-3 6-4
“Lo sport è una questione di incertezza, di sapere che anche giocare al meglio non garantirà la vittoria” scriveva Steve Bierley commentando la finale per il Guardian. “I grandi campioni possono convivere con questi dubbi meglio di altri, ma per qualcuno è un lungo processo di auto-apprendimento. Quest'anno Amélie Mauresmo ha confuso i suoi critici e deliziato se stessa riuscendo finalmente a gestire le sue emozioni e raggiungere una visione chiara sotto estrema pressione. Prima ha vinto gli Australian Open. Ora Wimbledon. All'improvviso, la 27enne francese ha gioia in abbondanza”.

L'avversaria nelle due finali è la stessa: Justine Henin. A Melbourne, però, Henin si è ritirata per problemi allo stomaco con Mauresmo avanti 61 20 togliendo un po' di magia al suo primo titolo in un major. Stavolta, niente ha oscurato la sua vittoria, arrivata nonostante la belga abbia registrato più vincenti (31-28) e meno errori (22-20). “Ci saranno ancora alti e bassi” commenta Mauresmo, “ma questo rende quello che ho fatto quest'a nno ancora più speciale. E' davvero molto dura gestire i momenti di tensione. Per me è sempre stato difficile trovare la soluzione e pensare chiaramente. È stata questa la chiave della finale. Sapevo che avrei avuto dei dubbi ma ho sempre creduto di potercela fare. E ce l'ho fatta. Non voglio più sentir parlare dei miei nervi”. Dopo i sorrisi, dopo la cerimonia di premiazione, dopo i saluti e la commozione, Mauresmo mostra una maglia realizzata dal suo sponsor. C'è scritto “Campionessa di Wimbledon 2006. Sono come sono”.

Alessandro Mastroluca

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