06/07/2013 11:43 CEST - Wimbledon

Management Atp in discussione “Prendiamo esempio dal golf”

TENNIS - WIMBLEDON. Molto critico Paul McNamee, che ha diretto a lungo Hopman Cup e Australian Open. “Paragoni con il calcio non si possono fare, ma con il golf sì. Nel tennis ci vorrebbero tanti circuiti separati. Ora solo 80 tennisti guadagnano bene. Ci vuole la rivoluzione ma chi conta non la vuol fare”. Da Wimbledon, Ubaldo Scanagatta

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Paul McNamee
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WIMBLEDON _ “Per l’unico britannico che guadagna bene nel tennis, Andy Murray, ci sono 1500 calciatori inglesi che vivono alla grande. Ma se un confronto con il calcio forse non ha troppo senso farlo, sebbene 1500 a 1 sia un rapporto impressionante e che già la direbbe lunga sul fallimento del management del tennis perché Murray non è solo il primo inglese ma è anche il secondo del mondo, anche nel confronto con il mondo del golf il tennis fa una pessima figura…” sostiene Paul Mc Namee, l’australiano che qualcuno ricorderà due volte vincitore del doppio a Wimbledon in coppia con Peter McNamara e che era stato a suo tempo un potenziale candidato a CEO dell’Atp, quando invece fu eletto il recentemente scomparso Brad Drewett.

Ho incontrato Paul McNamee a Roehampton, nel quartiere generale del Centro Tecnico Britannico in Priory Lane, nel corso dell’assemblea generale dell’International Club. Chi volesse sapere di più su che cosa sia l’International Club, legga l’articolo nel quale si segnala il premio Jean Borotra CQS Award consegnato da Michael Stich, vicepresidente dell’IC tedessco a Roger Federer.

Questa volta Paul McNamee non sembra intenzionato a candidarsi alla succesione di Brad Drewett “perché tanto non verrei mai eletto. Per cambiare le cose ci vorrebbe una rivoluzione e nessuno di coloro che poi influenzano le decisioni finali ha interesse a farla questa rivoluzione”.

Non c’è bisogno di parlare con McNamee per sapere che da sempre l’Atp è stata soprattutto in mano alle grandi società di management che controllano i giocatori più importanti, i tornei più importanti, i diritti tv di tantissimi tornei. E sono società americane, in testa la IMG, a fare il bello e il cattivo tempo. Da sempre.

Il fatto che tutti i migliori tennisti del mondo siano oggi europei non è riuscito ad influenzare granchè la situazione rispetto a quando i migliori erano invece gli americani, dai tempi di McEnroe a quelli degli Agassi, Sampras, Courier e Chang. I primi tennisti americani nel ranking sono oggi Querrey 19 e Isner 21 ma il potere è rimasto negli USA.

Nel golf ci sono diversi circuiti, non uno solo. In quello del PGA Tour 2012, che si svolge negli USA, hanno guadagnato in un solo anno più di un milione di dollari tutti i primi 100 del mondo, ma i primi 23 hanno incassato più di 3 milioni di dollari. Nel tennis soltanto i primi 6, fino a Del Potro, hanno guadagnato nel 2012 più di 3 milioni. E solo i primi 22 tennisti (Verdasco il 22mo) più di un milione di dollari.

Ernie Els gioca di qua e di là, nei due circuiti, così fa oltre 3 milioni di dollari in quello americano e quasi un milione in quello europeo, dove il nostro Manassero ha guadagnato oltre 1 milione e 300.000 dollari.

Vedete questo sito e guardate i guadagni di tutti i vari circuiti, americano, asiatico, europeo, champions, e veterani. La differenza fra quello che può guadagnare un buon golfista _ sport cento volte meno praticato del tennis _ e un tennista è stridente.

Tutti i primi 30 del Tour Europeo di golf hanno guadagnato più di 500.000 dollari. E quasi altri 50 golfisti oltre a quelli che hanno guadagnato più di un milione di euro hanno guadagnato nel circuito americano più di 500.000 euro.

E’ difficile dar torto a Paul McNamee, insomma, quando dice: “In Asia il tennis è in fortissima espansione, soprattutto in Cina, ma non solo: eppure là riescono a vedere il tennis soltanto per un mese l’anno. Tante città pagherebbero per avere dei tornei e non riescono. La dimostrazione è che quando qualche anno fa Etienne de Villiers lanciò la proposta e la richiesta di application (iscrizione) per i Masters 1000 furono 22 le città che si dichiararono pronte a garantire 2 milioni di dollari di premi, avendo quindi a disposizione un budget di almeno il doppio. L’Atp se le è lasciate scappare. Agli agenti non interessano i giocatori classificati dal 30mo posto in giù e sono loro che comandano. Il tennis dovrebbe avere un circuito per ogni continente. In Asia vogliono vedere i tennisti asiatici e non li possono vedere. In America quelli americani e c’è un’invasione di tennisti europei. In Sud America vorrebbero vedere i giocatori sudamericani…insomma ovunque è la stessa cosa. Gli Slam sono comunque un Oceano avanti a tutti i Masters 1000, il distacco negli anni è sempre cresciuto, per i media, i giocatori, gli spettatori, e allora si lasci agli Slam il privilegio di riunire tutti i giocatori di tutto il mondo in quelle quattro occasioni l’anno, per quei due mesi l’anno, ma sia dia la possibilità agli asiatici di vedere tennis 10 mesi l’anno (sai quanti più tennisti asiatici verrebbero fuori, diventerebbero famosi ciascuno nel loro Paese, in Cina, in Giappone, in Thailandia, in Corea, in  Australia), e così in tutte le altre aree geografiche del mondo. Crescerebbe il livello generale, e del tennis, e dei professionisti. Ma chi è disponibile a fare questa rivoluzione? Non quelli che hanno posizioni di privilegio oggi, i grandi tornei, i grandi agenti, i grandi giocatori che hanno altro cui pensare piuttosto che occuparsi dei giovani che non riescono a venire fuori dalle pastoie del 300mo posto. Non è vero che a tennis guadagnano i primi 100, guadagnano solo i primi 50 che entrano costantemente nei tornei Masters 1000. Gli altri spendono più di quanto guadagnano se devono pagarsi le spese, il coach, il fisioterapista per restare competitivi”.

McNamee, che non pare apprezzare particolarmente la candidatura di chi gli è succeduto alla guida dell’Australian Open, il sudafricano Craig Tiley invece sponsorizzatissimo da Wayne Ferreira (una questione di passaporto?) _ “E’ a capo del tennis australiano e che cosa ha prodotto? Anche quella missione era parte del suo incarico…” _ osserva anche: “Ma vi pare normale che un giocatore come Nadal, ch è il più forte del mondo sulla terra battuta, non possa esibirsi sulla terra rossa dove la gente farebbe la fila pur di vederlo, fino all’anno prossimo? E  dopo che ha vinto il Roland Garros per l’ottava volta? A me pare pazzesco”.

McNamee è d’accordo con quanto io ho scritto l’altro giorno a proposito della necessità di aumentare il numero dei challengers _ “Almeno 40 per dar modo ad altri 50/60 giocatori di giocare e guadagnare…che è poi l’unica molla che può convincere un giovane che ci mette 8 anni ad emergere per continuare a lavorare duro. Altrimenti il tennis resta uno sport di pura elite…”.

Ma McNamee è convinto che ai boss dell’Atp i problemi del ricambio generazionale interessi ben poco. “Anziché allargare il numero dei tornei 1000, dei tornei 500, si sta lavorando nella direzione contraria: se si pensa ad allungare i giorni di tornei come Madrid o Roma, è chiaro che si sottrae spazio agli altri. Ma ti pare, ad esempio, che due tornei come Indian Wells e Miami possano occupare 4 settimane del calendario, un mese cioè? Se un professionista perde ai primi turni a Indian Wells _ e stiamo parlando di un numero 30 del mondo, mica del numero 150, che fa? Sta un mese sulle spese per giocare 3/4  partite? E’ ridicolo. Ma è potuto succedere in America perché i Buccholz e i Pasarell (boss di Miami e Indian Wells) con l’aiuto degli agenti hanno potuto fare quel che volevano, costruire stadi pazzeschi con l’aiuto di IMG e degli altri…E nessuno ha intenzione di fare la rivoluzione…Ci sono tornei come Cincinnati da proteggere…”.

Anche Ion Tiriac, che ho interpellato al riguardo, dei problemi del tennis minore sembra interessarsi ben poco. “Il comunismo non funziona, solo il capitalismo produce” dice il baffuto rumeno, diventato capitalista già in un Paese che era comunista.  Certo lui che è in lizza con Roma per conquistare 10-12 e magari anche 14 giorni per il torneo di Madrid, figurarsi se si preoccupa dei tornei challenger che non ci sono, dei ventenni che smettono di giocare perché non hanno di che sopravvivere. Ai businessmen dell’avvenire del tennis, del suo sviluppo, che passa necessariamente attraverso condizioni più favorevoli per i giovani che devono avvicinarcisi, non gliene importa un bel niente..

E' chiaro che se si vuole alimentare e far crescere il tennis bisogna dare spazio a più tornei, quelli del circuito maggiore e i challenger. Per arrivarci bisognerebbe però togliere ai giocatori l'obbligo di partecipare a tutti i Masters 1000. Perchè se i top10 sono obbligati a prendere parte a 8 Masters 1000 (Montecarlo non è mandatory, obbligatorio, come invece gli altri) più i 4 Slam, più un altro paio, e magari hanno pure la Davis e le esibizioni, è chiaro che non possono giocare anche altri tornei. Ma se ai Masters 1000 si imponesse di pretendere la partecipazione di metà soltanto dei top-ten, ecco che gli altri cinque _ a rotazione _ potrebbero prendere parte ad altri tornei raddoppiano il numero di questi. E non è che se invece di tutti i top10 ce ne sono cinque il torneo diventa un disastro. Bisognerebbe abituare i direttori dei tornei a promuovere il loro torneo anche con 5 bigs. Anche perchè presto i bigs crescerebbero di numero e si avrebbe quella famosa rotazioen che oggi non c'è. Chiaro che ai direttori dei tornei più importanti, e a tutte le lobbies, questi discorsi non piacciano, che ciascuno cerchi di difendere il proprio orto. Ma così facendo chi ci rimette alla fine è il tennis in generale. Meno tornei meno soldi, meno soldi meno guadagni, meno giocatori, meno ricambio, meno novità, meno generale apprezzamento.. Paul McNamee ha ragione quando dice che ci vorrebbe una rivoluzione. Nel dirlo sa che le cose non cambieranno. Chiunque sarà eletto CEO dell'Atp non cambierà le cose perchè la sua elezione sarà espressione di coloro che sì, vorrebbero teoricamente che il tennis crescesse, ma di fatto non vorrebbero neppure spostare troppo certi equilibri consolidati che vanno a vantaggio di coloro che siedono nella vera stanza dei bottoni.

Più o meno su questo tema, avevo scritto questo articolo l’altro giorno e che poteva esservi sfuggito perché inserito nell’ambito di un articolo intitolato al cagnolino di Djokovic che aveva viaggiato su un jet privato noleggiato dall’asso serbo….

Da Wimbledon, Ubaldo Scanagatta

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