16/07/2013 20:49 CEST - Tennis flash

Margaret Court, the Aussie Amazon

TENNIS - Margaret Court compie oggi 71 anni. Prima donna nell’era Open a realizzare il Grande Slam tra le donne, alcune (quanto ingiuste) riserve sono state avanzate sulle sue vittorie. Daniele Camoni

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Margaret Court
Margaret Court

For sheer strength of performance and accomplishment there has never been a tennis player to match (her)” : con queste onorevoli quanto limpide parole nel 1979 Margaret Smith (coniugata Court dal 1967) venne introdotta nella Hall of Fame di Newport, assieme a miti quali Frank Sedgman, Jack Crawford, Rafael Osuna (postumo), Gladys Heldman (“madre” della WTA) e Al Laney, questi due ultimi quali “contributors”. Mai nessuno aveva ricevuto un'incoronazione così esplicita nella verdeggiante cornice del casinò di Newport.
 
Penultima capostipite della gloriosa scuola australiana – Evonne segnerà il punto finale – da diverso tempo la Court sconta un ingiusto e quasi paradossale destino, ovvero quello di vedere ridimensionato il proprio ruolo nella storia a causa delle sue sole vittorie nello Slam australiano (“vinceva in Australia quando non ci andava nessuno”, cit.). Con il rischio di essere pedante, ho deciso di iniziare questo articolo celebrativo analizzandone i titoli vinti nella terra dei canguri, non senza poi ovviamente fornire un quadro sintetico sulla sua carriera in generale.

Nata ad Albury (New South Wales) nel 1942 e subito impostata a giocare con la destra nonostante il mancinismo (lo stesso accadde a Rosewall), Margaret si rivelò al pubblico australiano già nel 1960 quando, a soli 17 anni, si impose agli Australian Championships, il primo dei suoi 24 Slam in singolare. Fino a che punto, come si è più volte sostenuto, approfittò l’amazzone australiana di una concorrenza pressoché nulla e di tabelloni spianati ? Vediamolo subito in dettaglio.

Nel 1960, al suo secondo Slam in carriera, Maggie entrò in tabellone come testa di serie #7 : è vero, vinse il torneo battendo la misconosciuta Jan Lehane (e l’avrebbe battuta per altri tre anni, sempre in finale), ma pochi sanno che nei quarti si impose su Maria Bueno (#1 del mondo secondo Lance Tingay e già bicampionessa Slam) e forse nessuno è a conoscenza del fatto che – caso unico nella storia – partecipò anche al torneo juniores, venendo sconfitta in finale da Lesley Turner Bowrey !

Nel 1961, 1962 e 1963 effettivamente profittò di tabelloni alquanto desolati, ma nel 1964 si impose sulla stessa Lesley Turner, avversaria pericolosa che già due anni prima aveva seriamente impegnato la Court in finale a Parigi (perse 7-5 al terzo) e che nel 1965 l’avrebbe battuta nella finale francese in due set secchi. Non dimentichiamo anche l’altra vittoria della Turner a Parigi (nel 1963 contro Ann Haydon-Jones), quattro finali Slam perse e sette vittorie nel doppio femminile (nonché cinque finali perse), per un palmarès di tutto rispetto.

Nel 1965 batté Françoise Durr nei quarti, Billie Jean King (#4) in semifinale e Maria Bueno (#2) in finale. Nel 1966 vinse per w.o. su Nancy Richey (in un tabellone scarno), nel 1967 non partecipò (si ritirò temporaneamente, dopo essersi sposata con Barry Court), nel 1969 si impose su Billie Jean King (dopo aver battuto Rosie Casals e aver rischiato con Kerry Melville), nel 1970 su Kerry Melville (buonissima giocatrice) e nel 1971 e 1973 su Evonne Goolagong.

Insomma, se proprio volessimo fare il perverso gioco della “sottrazione dei titoli”, al massimo potremmo detrarre alla Court quattro corone (1961-1963, 1966) : non è un ragionamento che abbia mai amato e che ha ancora meno senso se consideriamo la caratura della giocatrice in questione, non proprio una “One Slam Wonder”. Difficile quindi muovere certe riserve di fronte a chi ha battuto nelle finali dei Quattro Grandi pluri-campionesse Slam e grandi giocatrici quali Maria Bueno, Billie Jean King, Darlene Hard, Evonne Goolagong, Ann Jones, Chris Evert o Rosie Casals.

Al di là di queste chicche enciclopediche, la leggenda di Margaret Court va ben oltre i confini australiani e trova conferma nelle spaventose cifre che ne hanno coronato la carriera : 24 Slam in singolare (11 in Australia, 5 a Parigi, 3 Wimbledon e 5 negli States), 19 in doppio e 21 in misto (Grande Slam nel 1963, con Ken Fletcher), un bilancio di 1177 vittorie e sole 106 sconfitte, sono un ricchissimo contorno di fronte al glorioso 1970 – che la coronò come la seconda donna di sempre, dopo Maureen Connolly, a vincere i Quattro Grandi nello stesso anno – e soprattutto sono il prodotto del suo “tennis totale”.

Mai nessuna donna aveva fino ad allora fatto leva sul servizio come arma vincente e decisiva (la seguiranno Billie Jean King, Virginia Wade – servizio di rara potenza per l’epoca – ed ovviamente Martina Navratilova), mai nessuna aveva sviluppato uno smash ed un diritto da fondocampo così potenti (non a caso la Court era soprannominata “The Arm”, il braccio). Si aggiunga poi un regime di allenamenti fisici assai intensi (e si noti come tutti i tennisti della scuola australiana combinavano tecnica e fisico, da Sedgman e McGregor a Rosewall a Laver, per approdare alla stessa Court), una strenua resistenza alla fatica, un’ottima mobilità nonostante il fisico possente ed un tennis offensivo di pregevolissima qualità, tutto serve&volley : insomma, la giocatrice perfetta ! 

Le classifiche di fine anno, redatte da illustri giornalisti quali Bud Collins, Rino Tommasi o Lance Tingay, la collocarono in vetta per ben 7 stagioni (la prima a 20 anni, nel 1962, l’ultima a 31, nel 1973), a dimostrazione del forte dominio per buona parte della carriera. A livello Slam, considerando insieme singolo, doppio e misto, la Court ne vinse più della metà (almeno 6) nelle stagioni 1963-1965, 1969, 1970 e 1973, realizzando la Triple Crown (tutti e tre gli Slam nella stessa edizione) in almeno quattro occasioni (AO ’63 e ’69, FO ’64, US ’70). Inoltre, è l’unica giocatrice della storia ad aver vinto tutti e 12 gli Slam almeno due volte (Martina Navratilova, cui spettano altri innumerevoli primati, non ci è riuscita, avendo vinto il misto in Australia una sola volta).

Tra i diversi momenti salienti della sua carriera, interessante è ricordarne alcuni:
 
-nel 1970, in quel di Wimbledon, diede vita ad una delle più memorabili e spettacolari finali femminili mai viste (molti sostengono, con buone ragioni, sia stata la migliore nell’era Open) imponendosi su una stoica Billie Jean King per 14-12/11-9. L’anno seguente, sempre ai Championships, cederà di schianto (6-4/6-1) a Evonne Goolagong in finale : solo dopo scoprirà di essere incinta del primo figlio ! Seguiranno anche altre pause per maternità nel 1974 e 1976.

-Nel 1973, in una battaglia di nervi e pazienza, si impose su una giovanissima Chris Evert – per la prima volta in una finale Slam – al Roland Garros. Infine, nel 1975 giocherà il suo ultimo incontro in uno Slam, agli US Open : perderà nei quarti da Martina Navratilova (forse la sua naturale evoluzione sul campo da tennis), non senza imporsi nel doppio con la Wade, vincendo il suo 62esimo ed ultimo Slam. L’addio definitivo alle scene arriverà nel 1977, quando scoprirà di essere incinta del quarto figlio.

Fuori dal campo da tennis hanno fatto molto discutere le sue polemiche esternazioni su temi sensibili quali aborto e matrimoni omosessuali, dettate da una rigida ed intransigente adesione alla fede pentecostale (la stessa Court può officiare cerimonie religiose dal 1991). Se è vero che la “persona Court” può essere sotto questo punto di vista discussa e variamente criticata, sul piano tennistico (quello che a noi interessa) ben poche obiezioni le si possono muovere, anche perché i due piani è giusto rimangano separati (non avendo nulla da dire al tennis le sue convinzioni e idee extra-tennis, qualunque esse siano).

Insomma, senza ombra di dubbio siamo in presenza di un’autentica leggenda vivente, una delle poche candidate a quella tanto ambita corona della “più grande di tutti i tempi” : solo Susanne Lenglen, Helen Wills Moody, Martina Navratilova e Steffi Graf (senza tralasciare la Evert e Billie Jean King) possono competere con la “Aussie Amazon” (Martina più di tutte, almeno per chi scrive). Per atletismo, potenza e tocco, dominio in tutte le specialità e record impressionanti il suo nome è già inciso in lettere dorate nelle sacre scritture del tennis.

E non ci sono Slam australiani (in singolare) che tengano.

Margaret Smith Court def. Chris Evert 6-7/7-6/6-4 (1973 French Open final)

Margaret Court/Virginia Wade def. Billie Jean King/Rosie Casals 7-5/2-6/7-6 (1975 US Open doubles final)




Daniele Camoni

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